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Autore: Sottopelle    28/12/2014    0 recensioni
Ed ancora nelle mie orecchie sento il pianto degli spettri che non ho saputo rendere eterni, di parole che non ho mai scritto - non t'ho mai scritto - e si son dissolte, labili: avrei voluto che anche tu fossi altrettanto volatile, solo per non dover ammettere il significato che ormai hai assunto per me.
Genere: Poesia | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ti sei fatto
ultore dei
ricordi a cui non
ho innalzato alcuna
pietra funeraria,
degli istanti che
mi sono appartenuti
- effimeri - e non
ho saputo
rendere immortali,
se non nella
mente mia.
Che il cuore ha
smesso da tempo,
ormai, d'
esserne
la sede effettiva, ma
io ho imparato che
finché il sangue ancora
scorre, non ho
di che temere.
Hai preso la loro
stessa importanza, con
una prepotenza che non
pensavo ti si
addicesse, ed hai
occupato i vuoti da
loro lasciati una volta
vissuti su pelle
- passati - e sei
divenuto una
costante tra le
innumerevoli incognite
della vita mia.
Ed io non ho mai
fatto nulla per fermare la
tua ascesa di rilevanza, forse
ancora inconscia delle
conseguenze che ne avrebbe
- avresti - portato.
Ma ora sei
pensiero persistente, e non
so se io debba angosciarmene o
meno, dato che ancora lo
spazio è ampio, tra
noi, e non so se sapremo
abbattere ogni ostacolo per
poterci definire un
qualcosa di più del nostro
"noi" diviso in un
"io" colmo di tutti i miei
tentennamenti, e da un
"tu" assieme ai tuoi crolli che
mai hai saputo ammettere.
Tra elementi difettosi ci
siamo sempre
compresi l'uno
l'altro, ma da una
somma di difetti non può
nascere un qualcosa di
funzionante.
Ed ancora nelle
mie orecchie sento il
pianto degli spettri che non
ho saputo rendere
eterni, di parole che
non ho mai scritto
- non t'ho mai scritto -
e si son dissolte,
labili: avrei voluto che
anche tu fossi altrettanto
volatile, solo per non dover
ammettere il significato che
ormai hai assunto
per me.
Ti sei fatto
portavoce dei
miei sogni che la
voce l'hanno perduta per
gridarmi: "Non ci hai mai
ascoltato", senza sapere che
la tua nuova posizione ha
innescato nuove serie di
desideri che ho messo da
parte come tutti gli
altri, nella speranza di
dimenticarli come
già ho fatto.
Presti parole a qualcosa,
di per sé, muto.
Sei sempre stato
consapevole del mio
non saper leggere tra le
righe, continuando a
scriverci richieste che non
ho mai saputo esaudire,
a dirmi: "Avrei voluto averti più
vicina" sapendo che io
oltre le tue braccia non so
andare. E ti sei fatto
martire, per le parole che ho
represso per non darti mai la
sensazione di
vittoria,
vittima della mia
incapacità di vedere oltre
i miei spazi, e io mi
chiedo perché ancora rimani
chiodo fisso nei miei pensieri,
facendomi apparire così
immeritevole dell'attenzione tua che
ancora t'ostini a
dedicarmi. E ancora mi
chiedo il perché del tuo
interessamento, che nessun
mio sguardo vacuo ha
saputo spegnere od
attenuare. E ancora tu
non urli: "Non sei mai stata in
grado di rendermi
felice".

Agerath
  
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