Questa storia partecipa al contest a turni “1 su 24 ce la fa” [Hunger Games Contest]di ManuFury, alla Challenge "30 modi di amare, più qualche delizia" indetta da Eireen_23"e alla Challenge "Sulle ali della Fantasia" indetta da Dark_Wolf.
Premessa. Questa storia è ambientata in un ipotetico futuro
post-epilogo; da circa un annetto e mezzo Gale è tornato a vivere nel Distretto
12 assieme al suo figlio, Joel, e a Johanna Mason che vive con loro. Rory, Vick e Posy sono ormai grandicelli e i primi due
hanno una famiglia e dei bimbi, mentre Posy – ormai ventunenne - è fidanzata
con un signorino pel di carota di nome Dru. I
protagonisti della storia sono i nuovi piccoli di casa Hawthorne:
Joel, come ho accennato prima, è il figlio di Gale. Prim
e Evan sono i due bimbi di Rory.
June e i due gemelli – Adam e Noel – sono figli di
Vick. Haley Mellark, infine, è ovviamente la bimba di Katniss e Peeta.
Un Barattolo di cielo
Il pavimento
della Casa Blu Cielo[1]
di zia Posy scricchiolava più del solito, quel pomeriggio. Joel stava incominciando
a pentirsi di aver scelto il fortino per la riunione straordinaria fra cugini;
sette bambini stipati in una vecchia casetta non erano il massimo, ma non gli
era venuto in mente nulla di meglio, così si sarebbero dovuti accontentare.
Contò i presenti
per assicurarsi che ci fossero tutti; individuò i gemelli seduti a gambe
incrociate sul pavimento, intenti a giocare a pollice di ferro. Evan li stava osservando incuriosito, tenendosi le punte
delle scarpe con le manine. June e Prim si erano sistemate sulla panca e stavano parlando di
un cartone spaventoso che avevano visto in televisione. Infine c’era Haley,
seduta di fianco a lui. Non era parte della famiglia, ma Joel aveva deciso di
includere ugualmente la migliore amica nel loro progetto; lei e June, quando erano assieme, avevano inventiva da vendere.
“Silenzio,
per favore!” esclamò il ragazzino, per attirare l’attenzione dei presenti.
“Dichiaro aperta la riunione straordinaria dei nobili membri della casata degli
Hawthorne.”
“Di cosa
dobbiamo parlare?” domandò Noel, schiacciando il pollice del fratello con il
proprio. “Le riunioni sono noiose”.
“Questa sarà
divertente” promise Joel, sedendosi di fianco a Haley. “Dobbiamo pensare a un
regalo da fare a zia Posy per il suo compleanno.”
“Zia Posy fa
il compleanno?” domandò June, indirizzandogli
un’occhiata sorpresa. “Zia Posy fa il compleanno!” ripeté poi, battendosi una
mano sulla fronte, come se si fosse ricordata solo in quel momento
dell’avvenimento imminente.
“Quanti anni
fa?” s’informò Prim, rimirando le stelline dipinte
sul soffitto della casetta.
“Ventuno”
rispose Joel, scrivendo il numero sulla lavagnetta che Vick aveva affisso a una
parete qualche mese prima. “È una data importante.”
“Che cosa
vuol dire che è una data importante?” domandò Adam.
Joel si
strinse nelle spalle.
“Nella Panem
di una volta a ventun anni si raggiungeva la maggiore età” spiegò.
“Che
significa maggiore età?” chiese ancora Noel.
“Significa
che dobbiamo farle un regalo speciale” tagliò corto Haley. “Giusto, Joey?”
“Giusto,
Halley[2]”
confermò Joel, sorridendole riconoscente. I gemelli erano nella fase del
‘perché?’ e del ‘che vuol dire?’ ormai da qualche mese e la sua migliore amica
sapeva bene quanto le loro domande continue lo mettessero in difficoltà. Spesso
a Joel capitava di esprimersi in una maniera un po’ bizzarra – fin troppo
adulta – per l’età che aveva e si sentiva in imbarazzo quando non riusciva a
farsi comprendere dai cuginetti più piccoli.
In quel
momento Prim alzò la mano.
“Però Haley
non è parente di zia Posy” osservò, indirizzando un’occhiata confusa alla
bambina. “Perché è qui anche lei?”
“Perché sono
sua amica” si difese l’altra ragazzina. “E voglio farle anch’io un regalo.”
“Sì che è
nostra parente” s’intromise a quel punto June,
esibendo un sorrisetto malandrino. “Vuole sposare lo zio Gale!”
Prim e i gemelli ridacchiarono. Haley le indirizzò
un’occhiataccia, mentre le sue guance si tingevano di rosso.
“Ma va…”
ribatté, incrociando le braccia sul petto.“…Quello quando ero piccola.”
“Cioè l’anno
scorso” non riuscì a trattenersi dal commentare Joel. Quando la bambina guardò
male anche lui, distolse lo sguardo. Haley aveva una cottarella
per suo padre da sempre e, fino a qualche mese prima, non aveva mai cercato di
nasconderlo. Tuttavia, da quando era nato il suo secondo fratellino, aveva
cambiato atteggiamento. Era diventata meno schietta e non assillava più Gale
con le sue domande come era solita fare prima.
“Comunque
Haley è nostra amica, quindi può restare” cambiò discorso il ragazzino, per
tornare all’argomento principale della riunione. Aveva fretta di risolvere la
questione del regalo e poi non gli andava di punzecchiare troppo Haley; era la
sua migliore amica e aveva il compito di proteggerla, non quello di
infastidirla.
“Torniamo a
parlare del regalo per zia Posy. Perché non facciamo una lista di cose che le
piacciono?” propose, tamburellando con il gesso sulla lavagnetta. “Magari così
ci verrà in mente cosa potremmo prenderle.”
Gli altri
bambini si trovarono d’accordo; uno a uno esordirono entusiasti con le loro
proposte, mentre Joel le metteva per iscritto.
“Alla zia
Posy piace il rosa brillante” esclamò June,
saltellando per far vedere al cugino la sua mano alzata.
“No, le
piace il blu!” la corresse Noel, scuotendo la testa. “E le piace questa casa!”
Joel annuì,
segnando tutte e tre le cose sulla lavagnetta. Il blu e il rosa riflettevano
alla perfezione la personalità di sua zia: la tinta più brillante lo faceva
pensare alla sua vivacità e alla grinta che metteva sempre in tutto ciò che
faceva. Il blu, invece, gli ricordava la pazienza che mostrava sempre con loro
e la sua dolcezza.
“E le
piacciamo anche noi” aggiunse Adam, agitando le ginocchia.
“Giusto”
confermò Joel, aggiungendolo alla lavagna; zia Posy stravedeva per i suoi
nipoti. Amava coccolarli e partecipare ai loro giochi. Il ragazzino ricordò con
un sorriso le tante volte in cui aveva atteso con impazienza il suo arrivo,
quando viveva ancora nel Distretto 2. Non era mai stato un bambino
particolarmente espansivo, ma gli abbracci affettuosi della zia gli erano
sempre piaciuti molto. La sua allegria era contagiosa e sembrava avere un
effetto rilassante anche su Gale. E l’umore di Joel migliorava sempre a
dismisura quando vedeva suo padre sorridere.
“Qualcos’altro?”
chiese, voltandosi verso i cugini. “Evan?” interpellò
il più piccolo che, dal basso dei suoi tre anni e mezzo, riusciva a stento a
seguire di cosa stessero parlando. “Che cosa piace alla zia Posy, secondo te?”
Il bambino
gli rivolse un sorriso allegro.
“Lo zio Dru!” esclamò, tornando a stringersi le punte delle scarpe.
“Beh, ma lo
zio Dru la zia ce l’ha già” obbiettò June.
Joel lo
segnò ugualmente sulla lavagnetta. C’erano comunque ben poche cose che Posy
amasse più del suo fidanzato. I suoi occhi avevano un luccichio particolare
quando si trovava assieme a lui.
“Le
piacciono anche i tatuaggi!” esordì in quel momento Haley, sistemandosi la
treccia. “Ed è bravissima a farli!”
“Anch’io
voglio un tatuaggio!” s’introdusse nel discorso Adam, alzando la mano.
“Anch’io!”
lo imitò meccanicamente il gemello, mentre, di riflesso, anche Evan sollevava il braccio.
“Abbiamo
detto tutto, credo” osservò infine June, facendo
spallucce.
Joel esitò,
prima di annuire: aveva l’impressione che gli stesse sfuggendo qualcosa. Fu Prim a sciogliere il suo dubbio.
“A zia Posy
piace il cielo” mormorò la bambina, sfiorando con i polpastrelli il ritratto di
una ragazzina bionda appeso alla parete.
June a quel punto scattò in piedi, sollevando entusiasta la
mano.
“Regaliamole
il cielo!” esclamò.
Gli altri
bambini incominciarono a discutere concitati, travolti in positivo da quella
proposta.
Joel
rifletté sulle parole della cugina: la sua idea era molto bella, ma un po’
difficile da realizzare. Il cielo, dopotutto, non si poteva di certo toccare.
Avrebbero potuto regalare alla zia Posy qualcosa che glielo ricordasse, però.
“Tecnicamente
è impossibile” mormorò, tornando a sedersi di fianco a Haley.
“Che vuol
dire tecnicamente?” lo interrogò Adam, alzando la mano.
“In teoria”
spiegò meglio il ragazzino.
“Che vuol
dire in teoria?”
“Non si può
fare” tagliò corto Joel, innervosendosi leggermente. Era arrossito ancora una
volta, messo a disagio dalle domande continue dei suoi cuginetti. Sapeva che la
loro confusione non era dovuta al suo modo di spiegare: Adam e Noel erano molto
piccoli e facevano spesso domande sul significato delle parole. Eppure, non
riusciva a fare a meno di sentirsi a disagio ogni volta che qualcuno lo fissava
stranito o sembrava non capire quello che diceva. Non capitava spesso, ma
andava a sommarsi alle tante piccole cose che notava e che lo facevano sentire
un po’ diverso dai suoi coetanei. Dettagli come il suo modo di comportarsi, che
alle volte risultava troppo maturo. O il suo senso
dell’umorismo, più marcato e simile a quello degli adulti rispetto a quello di
un qualsiasi bambino di nove anni. E perfino il modo in cui si ostinava a
preoccuparsi e prendersi cura degli adulti che, a loro volta, si occupavano di
lui.
Si abbandonò
a quelle riflessioni per qualche minuto, dimenticando la riunione in corso e
ignorando il chiacchiericcio vivace che lo circondava. Fu Haley a riscuoterlo
da quei pensieri, tirandogli la manica della felpa.
“Sei arrabbiato per qualcosa?” chiese, rivolgendogli un’occhiata
impensierita. Joel si affrettò a scuotere la testa.
“Vuoi stare un po’ da solo?” domandò ancora l’amica.
Istintivamente il ragazzino annuì. Haley gli strinse la mano per qualche
istante, poi si alzò in piedi e fece cenno agli altri bambini di seguirla.
“Mi è venuta un’idea per il regalo di Posy” spiegò, scendendo giù dalla
scaletta. “Venite con me, vi faccio vedere!”
In breve tempo il fortino si svuotò, lasciando Joel solo con i suoi
pensieri. Il ragazzino ne approfittò per rimuginare sulle parole trascritte
sulla lavagnetta, fino a quando non si accorse del familiare scricchiolio delle
assi. Sbirciò fuori dalla finestra, aspettandosi di trovare Haley sulla
scaletta. Quando si accorse di aver sbagliato intuizione si affrettò a
cancellare il contenuto della lavagna con le mani, pulendosi poi sui pantaloni.
Posy, a quel punto, s’intrufolò nella casetta.
“Ti ha mandata Halley?” chiese il ragazzino, rivolgendole un’occhiata
insospettita. La giovane scosse la testa.
“No, ma vi ho sentiti confabulare fra di voi e ho pensato che steste
complottando qualcosa. Così, mi sono incuriosita” spiegò, accarezzandogli i
capelli. “Dove sono finiti tutti?”
“A cercare qualche scorpione rosa[3]”
rispose il bambino, stringendosi nelle spalle. “Posso chiederti una cosa?”
Posy annuì, andando a sedersi di fianco al nipote.
“Com’eri da piccola?”
La ragazza gli rivolse un sorrisetto divertito.
“Una vera peste!” ammise, portandosi le ginocchia al petto. “Ero vivace
come i gemelli e chiacchierona come June” spiegò,
circondando le spalle del nipotino con un braccio. “Ma ero anche una sognatrice
come Prim e tanto ostinata, proprio come te.”
“Sono ostinato?” chiese Joel, un po’ sorpreso. Di solito, quando parlavano
di lui, le persone lo descrivevano come un bambino intelligente o educato.
Erano in pochi a riconoscergli una certa testardaggine, tipica della maggior
parte dei membri della famiglia Hawthorne.
“Eccome, se lo sei” confermò Posy. “Quando ti metti in testa qualcosa è
difficile farti cambiare idea: questo l’hai preso dal tuo papà.”
Joel sorrise fiero, passandosi una mano dietro al collo.
“Adesso me lo dici come mai ti sei rifugiato tutto solo qua dentro?”
domandò la ragazza. Il bambino distolse lo sguardo, avvertendo una nuova fitta
di disagio punzecchiargli lo stomaco.
“È che a volte mi sento solo anche là fuori” ammise infine, appoggiando la
nuca alla parete. “Non sempre. Solo a volte; di solito quando sto con gli altri
bambini.”
Posy lo ascoltò con attenzione, giocherellando con un braccialetto che
portava al polso; Joel lo osservò incuriosito, notando la forma particolare dei
ciondoli appesi alla catenella: erano dei piccoli ovali trasparenti, contenenti
ognuno una stellina dorata. Erano come barattoli, pensò. Tanti piccoli
recipienti che proteggevano un tesoro al loro interno.
“È perché ti senti un po’ diverso da loro?” domandò infine la ragazza,
passando una mano fra i capelli del nipotino. Joel scosse la testa.
“Non mi sento diverso: sono diverso” mormorò infine, prima di stringersi
nelle spalle. “A volte vorrei essere un po’ meno cervellone.”
L’ultima parola scivolò a fatica oltre le sue labbra. In famiglia lo
chiamavano così un po’ tutti, eppure, nell’ultimo periodo, si era sentito così
intelligente molto di rado. A scuola si annoiava spesso, poiché le spiegazioni
degli insegnanti sembravano ripetere allo strenuo sempre le stesse cose:
concetti che lui aveva già compreso e assimilato durante i primi minuti di
lezione. Era diventato distratto e svogliato, e faceva i compiti con una
riluttanza sempre maggiore. Sì, era in grado di capire ed elaborare riflessioni
ben fuori dalla portata dei suoi cugini, ma i suoi voti stavano calando
drasticamente. Per quello non riusciva a sentirsi particolarmente intelligente.
Posy scosse la testa, prima di sollevargli con delicatezza il mento.
“A me piaci così come sei” dichiarò, sorridendogli con dolcezza. “Sei il
soldato più in gamba e coraggioso che abbia mai varcato la soglia della Casa Blu
Cielo. E se un giorno dovessi affidare a qualcuno il Regno di Posy, sceglierei
proprio te, proprio perché sei così intelligente e premuroso. Perciò non dire
mai più che vorresti essere diverso da come sei. Va bene?” concluse, prima di
posargli un bacio sulla fronte.
Il bambino annuì, abbozzando un lieve sorriso. Zia Posy aveva il dono di farlo
sentire meglio con poco: di solito bastavano delle rassicurazioni e qualche
carezza. Doveva aver ereditato quella capacità dalla madre, perché anche la
nonna di Joel, Hazelle, aveva lo stesso talento.
“Che cos’è quello?” domandò improvvisamente il ragazzino, notando qualcosa
di blu sulla caviglia di Posy. Sembrava una scritta, ma riusciva a intravederne
solo una parte oltre il lembo del calzino. “Un tatuaggio?”
“Già!” confermò la giovane. Scoprì la caviglia per permettergli di guardare
meglio.
“Il cielo non crolla” lesse il bambino, sotto lo sguardo divertito della
zia. Quella frase gli piacque subito; se la sentì risuonare nella testa per un
po’, mentre ne assaporava il significato.
“È per questo che ti piace tanto il cielo?” chiese infine, ricambiando lo
sguardo di Posy. “Perché non può cadere?”
La ragazza annuì.
“E noi nemmeno” aggiunse, scompigliando i capelli del nipotino. “Anzi, un
giorno voleremo! E tu mi porterai a vedere il cielo da vicino. Me l’hai
promesso, ricordi?”
Joel le sorrise.
“Non appena avrò il brevetto da pilota” confermò, ricambiando lo sguardo della
giovane.
Gli occhi di
zia Posy, in quel momento, gli ricordarono un po’ i ciondoli trasparenti appesi
al suo braccialetto. Attraverso quegli ovali, così simili a dei piccoli
barattoli, si potevano vedere le stelle. Dentro gli occhi di Posy, invece, Joel
riusciva quasi a scorgere quella distesa azzurrina e incrollabile di cui la
ragazza era tanto innamorata. Sua zia era come il cielo, si disse, facendo
oscillare uno dei ciondoli del suo braccialetto. E, come se quel pensiero fosse
stato il tassello mancante della sua lista, l’idea di un regalo perfetto gli
balzò tutt’a un tratto alla mente.
“Devo
scappare” esclamò, scattando in piedi e raggiungendo la scaletta. “Noi eredi
della prestigiosa casata degli Hawthorne stiamo
lavorando per te!” rivelò, sorridendo malandrino.
“Per me,
eh?” ripeté la ragazza, serbandogli un’occhiata divertita. “Sono sempre più
curiosa!”
Joel la salutò con un cenno della mano e corse in direzione del Prato dove,
ne era certo, avrebbe trovato i suoi cugini. Lungo il tragitto si arrampicò su
un muretto e lo percorse lentamente, un piede dopo l’altro. Sorrise compiaciuto
quando riuscì ad arrivare al lato opposto senza aver mai toccato terra. Esultò
per quel gioco così semplice, così come facevano sempre i gemelli quando
passavano da quelle parti.
Come avrebbe fatto un bambino qualunque.
*
Il cortile
di casa Hawthorne, decorato a festa per celebrare il
compleanno di Posy, era stipato di gente. La ragazza aveva diversi cari amici e
già solo i vari membri della sua famiglia occupavano tre quarti buoni dello
spazio disponibile.
Joel sistemò
il regalo per sua zia assieme agli altri pacchetti, in attesa che June radunasse tutti i cugini. Cercò Haley e la trovò
intenta a disegnare qualcosa sul braccio di suo fratello Rowan, sotto lo
sguardo pensieroso della madre. Joel decise di raggiungerli, notando Gale
vicino a loro. Suo padre, che come al solito stava facendo del suo meglio per
tenersi in disparte, aveva in braccio il piccolo David; il neonato sembrava
dormire placidamente, nonostante il trambusto che gli vorticava attorno.
“Mamma,
guarda!” esclamò in quel momento Haley, mostrando a Katniss il braccio
sinistro. Rowan fece altrettanto, scoprendosi il polso pasticciato dalla
sorella. “Ci siamo fatti dei tatuaggi come quelli che fa Posy, visto che è il
suo compleanno. Nel mio c’è scritto Halley, come la cometa. Come me” aggiunse,
sorridendo sbarazzina a Joel. Era stata lui a soprannominarla così, il
pomeriggio in cui si erano incontrati per la prima volta: la vigilia del
passaggio della cometa di Halley.
Joel
ricambiò il sorriso, prima di rivolgersi al padre. Gli fece vedere la mano,
mostrandogli un elaborato braccialetto di parole disegnato a pennarello sulla
sua pelle.
“È il mio
nome nell’alfabeto aeronautico” spiegò, ruotando il polso perché potesse vedere
meglio.
Gale lo
esaminò con attenzione, aggrottando le sopracciglia.
“Sei sicuro?
Io ci leggo Joep…” osservò, sistemandosi meglio David
fra le braccia. Joel analizzò la scritta con aria apprensiva.
“Ti sto
prendendo in giro” lo tranquillizzò a quel punto il padre, stringendogli una
spalla. “Hai avuto una gran bella idea per festeggiare zia Posy. Sei proprio un
genietto” aggiunse, sorridendogli fiero. Joel ricambiò, contemplando orgoglioso
la sua espressione serena. Quando era suo padre a chiamarlo genietto o
cervellone, quei soprannomi assumevano una sfumatura diversa. Non erano
fastidiosi, perché erano intrisi di un affetto speciale che l’uomo non aveva
mai serbato a nessun altro. Per suo padre era perfetto così com’era; proprio
come lo era per zia Posy.
In quel
momento la festeggiata si avvicinò a loro, quasi avesse avvertito i pensieri
del ragazzino.
“Wow, Joey…”
esordì, facendogli l’occhiolino. “…Papà che scherza? Siamo sicuri che sia
davvero lui?”
Il ragazzino
le sorrise, ma sbuffò esasperato quando la zia gli scompigliò i capelli.
“Mi hai
spettinato tutto” osservò, sistemandoseli sul davanti.
In risposta
Posy glieli arruffò di nuovo, sorridendo malandrina.
“Sei peggio
di Johanna” la rimbeccò Gale. La sorella gli fece la linguaccia, prima di
chinarsi sul neonato addormentato fra le sue braccia.
“Ma ciao,
David” mormorò, sfiorandogli il dorso di una manina. “Come si sta in braccio al
tuo padrino? Non ti ha spaventato con quel muso lungo, vero?”
Il piccolo
agitò appena un pugno, ma continuò a sonnecchiare tranquillo.
“Invece di prendermi in giro, perché non vai dai tuoi nipoti?” esordì a
quel punto Gale, indicando il gruppo di bambini radunati intorno al tavolo dei
regali. “Credo che vogliano darti qualcosa”.
Posy rivolse a Joel un’occhiata incuriosita e il ragazzino la prese per
mano, guidandola verso i suoi cugini. I gemelli corsero subito incontro alla
zia per esibire i loro tatuaggi di pennarello.
“Caspita, ma siete praticamente più bravi di me!” osservò la ragazza,
facendosi mostrare intenerita tutti i loro ‘capolavori’. Fece poi vedere a June, Prim e Haley l’anello di fidanzamento
che le aveva regalato Dru, sorridendo delle loro
espressioni ammirate.
“Cavoli, ma è un sacco bello!” esordì June,
voltandole la mano per rimirarlo. “Scommetto che è preziosissimo e che zio Dru per averlo ha dovuto sconfiggere un drago di quelli che
sputano ghiaccio e fulmini e…”
“I draghi sputano fuoco, non i fulmini!” la interruppe Noel, scuotendo
contrariato la testa.
“Anche il nostro regalo è molto bello, comunque” s’intrufolò nel discorso Haley,
mentre Joel andava a prendere il pacchetto. “Perché parla di te e l’abbiamo
fatto noi.”
“Sì, il nostro regalo è più bello!” esclamò Adam, abbracciando la zia.
“Adesso sono proprio curiosissima!” dichiarò Posy, accarezzando la testa
del gemellino, prima di sedersi. Joel le mise il pacchetto sulle ginocchia e la
ragazza incominciò a scartarlo. Tirò fuori dall’involucro un barattolo
trasparente, di quelli da conserva. Era pieno di una polverina azzurra e blu
che immaginò dovesse essere sale colorato.
“Ti abbiamo preso il cielo” annunciò Prim con un
sorriso dolce, appoggiandosi alla sua sedia.
Posy rimirò stupita il contenitore, facendolo roteare; i bambini avevano
incollato al suo interno delle stelline di cartone giallo e, sul coperchio, la
scrittura infantile ma ordinata di Prim recitava: ‘il
cielo di zia Posy’. Lo sguardo della giovane cercò subito quello di Joel, che
le rivolse un sorriso vispo.
“Aprilo” la incoraggiò, premendo un dito sul tappo di sughero. "Il cielo
non scappa, te lo prometto!”
Posy sollevò il coperchio e frugò nella polvere azzurrina fino a quando le
sue dita non incapparono in una busta di carta rosa. La tirò fuori con
attenzione e la aprì, estraendone una serie di stelle di cartone. Ognuna di
esse aveva un disegno sul davanti e il nome di uno dei bambini sul retro.
“Nelle stelle c’è rappresentato tutto quello che sei tu, zia Posy” spiegò
Joel, sorridendo dello stupore disegnato sul volto della ragazza. “Ci sono le
cose che ti appassionano e le persone a cui vuoi bene.”
“Joel dice che tu sei un po’ come il cielo e che quindi le cose che ti
piacciono sono le tue stelle” proseguì con il discorso Haley, appoggiando un
gomito sulla spalla del migliore amico. I due ragazzini si scambiarono
un’occhiata complice e il più grande dei due annuì. “Per questo te le abbiamo
disegnate”.
“Io ho disegnato Lilo” esordì in quel momento June, mostrandole una delle stelline. “Era la tua bambola,
vero? Papà mi ha raccontato che quando eravate piccoli non avevate molti
giocattoli, ma che tu avevi Lilo e le volevi bene.”
“Proprio così” confermò Posy, sorridendo intenerita al disegno prima di
accarezzare i capelli della nipotina. Si era commossa e, nonostante la sua
felicità fosse evidente, non riusciva a parlare molto come faceva di solito.
“Era una bambola speciale, perché me l’aveva fatta nonna Hazelle.
Sono contenta di averla nel mio cielo”.
Sorrise, mostrando ai bambini la stellina di June,
prima di prenderne un’altra.
“Questa è una farfalla” spiegò timidamente Prim,
sfiorando i contorni del disegno con i polpastrelli. “L’hanno fatta i gemelli,
perché è il tuo animale preferito. Le ali sono blu e rosa, visto che sono i due
colori che ti piacciono di più.”
“Io ho fatto quelle blu!” la informò Noel, alzando la mano.
“E io quelle rosa” aggiunse meccanicamente Adam, sorridendo orgoglioso alla
zia.
Posy continuò a contemplare le stelline, soffermandosi a lungo su ognuna di
esse. Joel la osservò sorridere dei propri ricordi, mentre la ragazza
sfogliava, grazie al loro regalo, qualche pagina stropicciata del suo passato;
la vide inseguire con i polpastrelli i contorni di un pupazzo di neve colorato
da Haley, uno di quelli che la giovane si divertiva spesso a costruire assieme
ai suoi nipoti. Per un momento Posy sembrò anche sul punto di versare qualche
lacrima, mentre rimirava la rosa disegnata da Prim;
avevano scelto di inserirla nelle stelline perché era il fiore preferito della
zia, ma anche per via del significato del nome della giovane. A un certo punto
la ragazza scoppiò a ridere, trovandosi fra le mani il disegno di uno
spilungone magro con i capelli rossi.
“Ed ecco zio Dru” asserì Joel, sorridendole
vispo. “È il tuo fidanzato e non poteva mancare fra le stelle del tuo cielo.
“Certo che l’avete proprio riempito di lentiggini!” osservò la ragazza con
un guizzo divertito nello sguardo. “E questi siete tutti voi?” chiese infine,
indicando delle figurine striminzite stipate dentro una delle stelline.
I bambini annuirono.
“Ci siamo messi nelle stelline perché ci vuoi bene” spiegò June, sfiorando ogni omino con il dito. “E abbiamo messo
anche papà, zio Gale, zio Rory e nonna Hazelle.”
“Senza di loro il tuo cielo non sarebbe stato completo” dichiarò Joel,
mentre la giovane finiva di esaminare tutte le stelline. “Buon compleanno, zia
Posy” concluse, indirizzando un’occhiata d’intesa ai cugini. I bambini a quel
punto si precipitarono a stringere la ragazza in un abbraccio di gruppo,
rischiando di far cadere a terra il barattolo.
Posy si affrettò a posarlo sul tavolo.
“Venite qui, piccole pesti!” li invitò poi, stringendoli a sé uno alla
volta. “Adam aveva ragione: il vostro regalo è decisamente il più bello di
tutti”.
Joel sorrise fiero, mentre attendeva che il giro di abbracci terminasse.
Aspettò che i suoi cugini fossero tornati a sparpagliarsi per il cortile, prima
di avvicinarsi nuovamente alla zia.
“Non ho proprio idea di chi possa aver architettato un regalo tanto
meraviglioso per me” commentò a quel punto Posy, sorridendogli sbarazzina. Lo
attirò a sé per abbracciarlo e Joel si lasciò stringere volentieri.
“Nemmeno io” stette al gioco, sollevando la testa per indirizzarle un’occhiata
furbetta. “Ma ho sentito dire che è un cervellone.”
Posy scoppiò a ridere. Joel non poté fare a meno di aggiornare la sua lista
mentale, per aggiungere quella reazione alle cose che caratterizzavano sua zia:
aveva un bel suono, la sua risata. Faceva venir voglia di sorridere.
“Grazie”
mormorò ancora la giovane, facendogli una carezza sui capelli.
Joel si strinse
nelle spalle per minimizzare. Prima di sciogliere l’abbraccio, tirò fuori dalla
tasca un foglio piegato in quattro e glielo porse.
“È una
lettera” spiegò, un po’ in imbarazzo, mettendosi le mani in tasca. “So che il
regalo te l’abbiamo già fatto, ma ho pensato di scrivertela comunque. Potresti
infilarla nel barattolo di cielo assieme alle stelle” propose, indicando il
contenitore con un cenno del capo.
La zia gli
sorrise con dolcezza, visibilmente intenerita dal suo gesto.
“Lo farò
senz’altro” promise, mettendola assieme ai disegni dei nipoti.
Joel spostò
il peso del corpo da un piede all’altro, senza sapere cos’altro aggiungere.
“Buon
compleanno” scelse di ripetere infine, prima di correre a giocare con i suoi
cugini.
Ben presto
fu talmente occupato a sfidare Haley in una gara di corsa, che non fece nemmeno
caso al momento in cui la zia spiegò il foglio per leggerlo.
“Cara zia Posy,
Penso di aver finalmente capito come mai ti piaccia così
tanto il cielo: ci assomiglia, credo. Assomiglia a me, perché è un po’ diverso
dalle altre componenti atmosferiche che ci circondano, eppure a chi lo guarda
piace così com’è. Assomiglia a mio padre, perché alle volte diventa scuro e
nuvoloso e ci fa sentire tristi solo a guardarlo, ma quando torna limpido non riusciamo
a smettere di sorridere. E soprattutto assomiglia a te, perché quando un membro
della nostra famiglia ha bisogno di aiuto tu ci sei sempre, proprio come la
distesa azzurra sopra le nostre teste.
Forse siamo tutti un po’ dei pezzi di cielo, noi Hawthorne. Ed è per questo che guardiamo sempre in su,
sperando di poterci volare dentro, un giorno. Tu sei stata la prima a capirlo e
forse è per questo che sei un po’ più speciale di tutti noi. L’avevi capito già
da piccola - quando ti sei fatta costruire la Casa Blu Cielo - che quando
immaginiamo di volare là in alto ci si sentiamo più tranquilli, per qualche
tempo. Le cose difficili fanno un po’ meno paura; anche quando si hanno un papà
o un fratello da rassicurare per via degli incubi. O quando ci si crede un po’
diversi dagli altri bambini. Mentre si vola queste cose non hanno importanza,
perché c’è qualcosa nel cielo che ci fa sentire invincibili.
Per questo, ti abbiamo regalato quel barattolo. Perché,
anche se un giorno potrebbe rompersi, quello che c’è dentro rimarrebbe comunque
intatto. E anche noi siamo così. Fuori siamo come dei contenitori trasparenti e
ci possiamo graffiare o scheggiare. Ci possiamo sentire tristi e diversi dagli
altri. Dentro, però, abbiamo il cielo e quello non può rompersi, né cadere.
Tutto questo me l’hai insegnato proprio tu. In fondo lo
dice anche il tuo tatuaggio, no?
Il cielo non crolla mai.
E noi nemmeno.
Ti voglio bene!
Tuo nipote Joel
Note Finali.
Questa storia l’ho scritta per il penultimo turno del
contest a cui partecipo con il personaggio di Posy. Per la prima volta in
questo giro dovevamo abbandonare il punto di vista del nostro personaggio per
scrivere dalla prospettiva di uno dei suoi parenti, e io ho scelto Joel Jr.
perché… Beh, si sa che ho un debole per lui e mi mancava un pochettino *\*
Vabbè, motivazioni di carattere affettivo a parte, ci
tenevo ad approfondire il rapporto zia Posy/nipotino che già era stato
accennato in “Lo strano caso della
ghiandaia Rory Hawthorne”.
Inoltre, volevo approfittare di questa storia per approfondire lo stesso Joel,
che è comparso in varie one-shots, ma quasi mai come
protagonista (fa eccezione forse solo “Shelter from the Rain”, in cui, però, ha come co-protagonista Johanna
Mason <3). Ci tenevo a parlare di lui, perché ci sono tante cose che prima o
poi vorrei approfondire sul suo conto e così ho finalmente incominciato!
Intanto, come accenna lui stesso nelle sue riflessioni,
Joel è un bambino con alto potenziale cognitivo e questo ha sia dei vantaggi
che degli svantaggi. È sicuramente molto sveglio – in “Lo strano caso della
ghiandaia Rory Hawthorne
sta imparando a leggere e ha quattro anni - ma la sua intelligenza lo fa spesso
sentire un po’ diverso rispetto ai coetanei e anche scoraggiato, in alcune
occasioni, perché accademicamente parlando non sempre rende quanto o più degli
altri bambini. In classe è svogliato o distratto, perché spesso gli viene
richiesto studiare cose che ha compreso e memorizzato o che non lo stimolano da
un punto di vista intellettivo e quindi lascia perdere. Spesso quindi, i
bambini con un quoziente intellettivo più alto non vengono identificati facilmente
perché a scuola possono andare anche male. Non è il caso di Joellino
che comunque, pur essendo in un momento di crisi dal punto di vista scolastico,
avrà delle persone che saranno in grado di riconoscere il suo potenziale *coff coff* una certa maestra Delly *coff coff*.
Questa parentesi è veramente inutile, lo so, ma ci tenevo ad approfondire
questo aspetto della caratterizzazione di Joel.
Un’altra cosa che ci tenevo ad approfondire in questa
storia è il rapporto fra Haley e Joel, che sono migliori amici come i due
genitori. Come si evince abbastanza dalle storie precedenti in cui Haley
interagisce con Gale (Di comete,
principesse e anime gemelle | Forse
sbagliano anche gli angeli | Mi fai
un sorriso? | S.O.S. Hawthorne ) la bimba di casa Mellark ha da sempre una
sorta di cottarella infantile per il bel papà di
Joel. Tuttavia, in questo periodo è un po’ gelosetta
del nuovo fratellino, David, che sembra aver attirato tutte le attenzioni di
Gale, essendone il figlioccio *fischietta* E quindi fa un po’ la sostenuta u.u
Ecco, oltre a Joel e a Halley, ci tenevo anche a dare di
nuovo un po’ di spazio ai nuovi bimbi di casa Hawthorne,
che per ora erano comparsi praticamente solo in “S.O.S. Hawthorne” e nell’epilogo de Il Cielo non Crolla. Sono un manipolo
di pesti, fatta eccezione per Prim che è dolce e
timida.
Infine, Posy! Nelle discussioni fra i nipotini ho cercato
di inserire la maggior parte degli elementi che hanno fatto da filo conduttore
nelle storie su di lei scritte per i turni precedenti del contest. La bambola Lilo, introdotta in “Posy aveva una bambola”, il
significato del suo nome (da “A Flower that blooms in adversity”), il pupazzo di neve per agganciarmi a “Sorrisi
di neve”, i suoi colori preferiti e il suo rapporto con Dru
(“Qualcosa da chiamare Blu”; “Lo strano caso della ghiandaia Rory Hawthorne”) e, soprattutto,
il suo amore per il cielo che viene raccontato principalmente in “Il cielo non
crolla (ed io nemmeno)”. L’idea che Posy faccia la tatuatrice mi è balzata
stupidamente alla mente dopo aver letto le situazioni proposte da Manufury per il quinto turno del contest. In una delle
opzioni bisognava scrivere del nostro personaggio che diventava tatuatore e
quando l’ho letta mi si è stampata in testa l’immagine di una Posy ormai
cresciuta tutta presa a disegnare tatuaggi. Lei è un tipetto un po’ ribelle e
vivace, quindi ce la vedevo bene a fare un lavoro simile. E così ho scelto di
inserire questo dettaglio nel mio headcanon!
Basta, ho detto troppo come sempre! Spero davvero che la
storia risulti comprensibile e di non essere andata troppo fuori tema :/
Un abbraccio e a presto!
Laura
[1] Fortino
di legno blu costruito nel periodo post-rivolta, a un mesetto di distanza dal
ritorno degli Hawthorne al Distretto 12. Il fortino è stato
costruito per la piccola Posy Hawthorne, che all’epoca aveva 5 anni, e se ne parla nella
mini-long “Il
cielo non crolla (ed io nemmeno)”.
[2] Come viene
raccontato in “La
Cometa del Distretto 12”, Joel ha soprannominato la migliore amica “Halley”
perché, la prima volta che si sono incontrati, aveva capito che si chiamasse
così; aveva pensato subito a “Halley” perché lui e il padre erano al Distretto
12 proprio per avvistare il passaggio della cometa di Halley.
[3] Riferimento
a ‘S.O.S. Hawthorne’. Essendo June una
bambina molto fantasiosa, s’inventa sempre di tutto e di più e in un’occasione
ha incominciato a dire di aver visto degli scorpioni rosa in una cesta dei
lego. Da quella volta, ogni tanto, i bambini si mettono a cercare questi
scorpioni.