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Autore: x1Didols    29/12/2014    0 recensioni
Samantha Harrison non vede l’ora di andare a vivere da sola: basta genitori, fratelli, nonni, zii appiccicosi ...
E’ la classica ragazza che vorrebbe essere sempre meno dipendente da mamma e papà.
Bella, con un carattere difficile e amante dei Beatles, dovrà stare a stretto contatto con Zayn Malik che abita esattamente a cinque metri di distanza da casa sua.
Ragazzo bellissimo, attraente e all’apparenza gentile.
ALL’APPARENZA.
Subito cominceranno i contrasti tra i due, anche se capiranno che uno di loro due da solo non è completo.
Genere: Erotico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Liam Payne, Louis Tomlinson, Zayn Malik
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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SAMANTHA'S POV

Finalmente era arrivato, il giorno in cui sarei stata COMPLETAMENTE indipendente dai miei genitori. Mi sarei trasferita in un appartamento nella periferia di Londra, senza intralci.

Con la parola "intralci" è ovvio che voglio indicare tutto quello che riguarda parenti appiccicosi e insopportabili, come fratellini, zii e soprattutto GENITORI.

I miei genitori erano quel tipo di genitore che ti sta con il fiato sul collo sempre e dappertutto. Non potevo stare fuori oltre la mezzanotte, non potevo bere, non potevo fare nulla che loro considerassero al "limite", il che significa che sarei dovuta restare segregata in casa per il resto della mia vita.

E avevo diciotto anni.

Purtroppo loro non sapevano che io, dalla "tenera età" di quattordici anni me la spassavo con i miei amici ogni week end, lasciando la mia playlist musicale preferita a tutto volume in camera mia. Chiudevo la porta, aprivo la finestra e ... voilà, un gioco da ragazzi scendere dalla grondaia mezza staccata.

D'ora in avanti avrei potuto divertirmi fino a tarda notte senza ideare un piano su come fuggire ai controlli dei miei.

Avevamo comprato un piccolo appartamento nella zona di Abbey Road ... giusto per capirci, le strisce pedonali che i miei amati Beatles attraversarono per la copertina del loro ultimo album.

Avevo costretto mio padre a comprarlo in quella zona... diciamo che ero stata una fanatica dei "Fab Four", quando avevo circa quattordici anni. Mi ricordo che avevo tutti i loro dischi e sapevo a memoria tutte le avventure e disgrazie che gli erano capitate nel corso della loro vita.

Il mio piccolo e grazioso appartamento non sarebbe stato l'unico di quella costruzione: altri quattro piccoli appartamenti simili al mio mi avrebbero circondata.

Avevo passato nottate intere a sperare con tutta me stessa di non trovare qualche vicino strano, non volevo avere problemi con persone a me del tutto sconosciute.

- Sam, tesoro. Sei pronta?- urlò mia madre dal cortile.

-Sì, mamma!- risposi mentre finivo di mettere il mascara.

Non si sa mai, magari trovi qualche bel ragazzo che abita vicino a te, mi aveva detto Clary, la mia cuginetta di soli dieci anni che però, da quello che avevo sentito dire da una delle sue amichette, Clary era stata con almeno cinque bambinetti, di cui tre più grandi di lei.

Cominciavo a pensare che forse era meglio seguire i suoi di consigli, invece che quelli delle mie amiche.

-Adesso scendo!- urlai prendendo la mia mitica borsetta e riempiendola di più cose possibili. Quando radunai tutti i miei trucchi e li buttai nella borsa, corsi giù a salutare mio fratello.

-Te ne vai ora?- mi chiese Nick con aria indifferente.

Da quando era entrato nella sua "fase adolescenziale" era diventato completamente apatico. Io facevo finta che non esistesse, anche perché se non l'avessi fatto, Nick probabilmente non sarebbe neanche arrivato a sedici anni, l'avrei ucciso prima.

-Sì.- dissi mettendomi in testa il cappellino che assomigliava vagamente a uno di George Harrison.

-Oh, wow. - commentò. -Lo sai che questa sarà l'ultima volta che ti abbraccerò.-

-Sì.- sorrisi.

Lui mi ricordava me stessa a dodici anni, quando avevo la fissa per il Punk, ma non potevo vestirmi come una di loro, quindi mi limitavo ad ascoltare solo le canzoni e a sbavare dietro qualunque ragazzo portasse molta matita nera sotto gli occhi.

Avvolsi le mani attorno al corpo gracile di mio fratello. -Da quanto tempo fumi?- la puzza di fumo mi invadeva i sensi.

Che schifo.

Odiavo il fumo, o comunque tutto ciò che poteva provocare cancri, tumori e cose simili.

Il perché? Beh, oltre a quello che il fumo e le droghe possono procurare, erano state anche la causa del tumore al cervello di George Harrison, il chitarrista dei Beatles, o almeno così mi aveva raccontato mia madre.

-Da circa tre mesi. - rispose. -Ora levami le mani di dosso, sto sentendo troppo amore nell'aria.

-Sei patetico. -

-Mai quanto voi.- ribattè. -Ora vai via.-

-Che gentile!- esclamai facendo una smorfia.

-Mi serve la tua camera.-

Lo guardai con tutta la finta rabbia che potevo avere in corpo, poi corsi in macchina, sbattendo la portiera.

-Hai preso tutto?- domandò mio padre mettendo in moto l'auto.

Annuii, sorridendo. -Puoi partire.-

Volevo molto bene a mio padre. Lui ci teneva molto a me, non che mia mamma non ci tenesse, molte volte lui mi aveva vista scendere la grondaia e non mi aveva rimproverata.

In meno di mezz'ora saremmo dovuti arrivare all'appartamento, ma così non fu. Due enormi camion erano parcheggiati proprio dove saremmo dovuti entrare noi. Per colpa di questo inconveniente guadagnammo circa venti minuti di ritardo

- Sam, tesoro. Promettimi che farai la brava.-

-Che palle.- commentai.

-Samantha Grace, non rispondere così a tua madre!- esclamò mio padre.

-Non sono più una bambina stupida di dieci anni, papà!- ribattei sbuffando. -E per favore, non chiamarmi così.-

Odiavo quando mi parlavano così, mi facevano sentire veramente deficiente, e speravo di non esserlo.

-Lo so, ma noi siamo sempre i tuoi genitori!- disse mia madre. -Non dovresti dirci queste cose.-

-Scusate.- sbuffai, lasciandoli parlare di me tra di loro, e fissai la copertina di "Abbey Road", l'ultimo album dei miei Beatles.

Non potevo credere che sarei stata dove l'avevano fotografata.

-Vi prometto che farò la brava.-

-Bene.- mormorò mia madre. -Ci mancherai, Samantha.-

Che cosa? L'aveva detto davvero? No, era assolutamente improbabile.

Non mi aveva mai accennato che io le fossi mancata minimamente ... oh, è vero: tutti i genitori sanno fingere alla perfezione.

-Soprattutto a Nick, immagino.- dissi sarcastica.

-Non stiamo scherzando, Samantha.- intervenne mio padre. -Ogni tanto verremo a farti visita.-

Mia madre cacciò dalla borsa un mazzo di chiavi. -Abbiamo fatto la copia della tua chiave!- esclamò.

Scossi la testa più e più volte. Non ero indipendente per niente. Sarebbero venuti a casa mia ogni weekend e avremmo pranzato assieme, come facevamo con Zia Rose.

-E se venissi io a trovarvi?-

Sul volto di mia madre comparve un sorriso che illuminò l'interno della macchina, e per una attimo pensai che il nonnino che fissava la macchina mi potesse vedere attraverso i vetri oscurati.

-Sarebbe fantastico.-

-Sì, e poi non dovresti sempre pulire tu la casa.- disse mio padre.

Scoppiammo a ridere, io e lui, mentre mia madre rimase seria.

-Papà mi capisce.- affermai sospirando.

Okay, forse erano IPERprottetivi, ma il senso dell'umorismo non mancava per niente a noi Harrison (fatta eccezione per Nick, naturalmente ... e mia mamma, lei non era una Harrison).

Oh, giusto, mi ero dimenticata: di cognome facevo Harrison, come George Harrison, il chitarrista dei MIEI Beatles. Nessuno poteva immaginare come mi ero sentita quando avevo saputo che ci chiamavamo con lo stesso cognome.

-Ovviamente verremo anche da te, Sam.- intervenne mia madre, forse si sentiva un po' esclusa.

Era un po' maniaca delle pulizie, ed era anche permalosa, quindi alla prima frecciatina che si diceva si offendeva, anche per la minima cazzata.

Fortunatamente non avevo ereditato io il gene malato della pulizia, né quello dell'essere permalosa: io ero tutta mio padre, almeno caratterialmente.

Nick, a differenza mia, era molto permaloso e ci teneva all'ordine e alla pulizia, difatti non avevo mai visto un maschio adolescente così ordinato e pulito.

-Quindi dovrai per forza pulire la tua casa, anche perché fa in fretta a sporcarsi ...- aggiunse mia madre.

-Tesoro, è normale che pulirà casa sua, non sarà maniacale come te, ma neanche lei vivrebbe in un porcile.- disse mio padre in mia difesa.

Lo ringraziai: almeno lui mi capiva ... certe volte.

-Quando arriviamo all'appartamento?!- sbuffai annoiata.

-Dovremmo essere nei paraggi...- rispose mia madre allungando il collo per cercare di intravedere qualche abitazione simile a quella dove avrei dovuto vivere per il resto dei miei giorni che avrei passato da single: quando avrei trovato qualcuno adatto a me, avrei lasciato casa mia e mi sarei trasferita nella sua.

-Grazie al cielo!- sospirammo io e mio padre all'unisono.

-Ti sei già stancata di viaggiare?- domandò mia madre rivolgendosi a me.

-Veramente dovrei andare al bagno con urgenza.- mormorai.

Lei scoppiò a ridere. -Forza, accelera James!- urlò. -Siamo all'incrocio prima di casa tua, tesoro mio!- esclamò sorridendomi.

-Che cosa?!- urlai. -Quindi siamo arrivati?-

-Esatto, Samantha.- rispose mio padre compiaciuto forse dalla reazione che avevo avuto.

-Oh mio Dio!- strillai saltando sul sedile.

Battei la testa contro il soffitto dell'auto, e per poco non bestemmiai, portando giù da me tutti i Santi. Cercai di trattenermi, imprecando silenziosamente e mandando a fanculo tutto quello che mi passava davanti, ad esempio "STUPIDO ALBERO, MUORI!", oppure "MA GUARDA QUESTO, IN BICICLETTA, TUTTO TRANQUILLO ... VAFFANCULO!".

-Tutto apposto, Samantha?- domandò mia madre, guardandomi mentre mi massaggiavo il capo.

-Sì, non ti preoccupare.- risposi sorridendole.

-Sono grande, ci penso io.-

Slacciai la cintura di sicurezza e mi avvicinai al finestrino, per ammirare tutt'altro paesaggio di quello che avevamo noi attorno a casa nostra.

Palazzi e case in tipico stile inglese si affacciavano su larghe strade, che erano percorse dai bellissimi 'Double Decker', i classici autobus di Londra.

-Samantha Grace Harrison ...- mio padre parcheggiò l'auto senza alcuna cautela e finii con la faccia spiaccicata al finestrino.

-Che è successo?!- strillai staccandomi dal finestrino freddo.

-Siamo arrivati.- annunciò spegnendo del tutto la macchina.

Scesi in fretta e furia dall'auto e mi precipitai da mio padre. -Qual è casa mia?-

-La numero 141 ...- rispose lui.

Era proprio di fronte a me.

-Hai le chiavi?-

-Sì, ho la mia copia.- disse mia madre.

-Ma io voglio le originali!- ribattei.

-In questo caso dobbiamo chiedere al tuo vicino di casa, il signor Wilson ci ha detto che le ha lasciate al ragazzo che ti abita di fronte.-

-Che palle.- sbottai. -Va bene, dammi le tue, poi andrò a chiedere a quello.-

Dopo aver preso le chiavi, ci misi cinque minuti a cercare quale fosse la chiave giusta per aprire il cancello. Mia madre le aveva messe in un mazzo insieme a quelle di casa nostra.

Il condominio era di color rosso mattone, proprio uno di quelle case inglesi che si vedono anche nei film di Harry Potter. La porta in legno bianco risaltava, così come le finestre, che erano riquadrate da stecche di legno bianco.

Appena aprii la porta, scoprii delle scale strette e un ascensore a fianco ad esse.

Nel sottoscala notai delle porticine, dove c'erano i cognomi "Cook", "Dixon" e "Malik".

Una porta bianca era senza etichetta. Mi avvicinai ad essa... c'era un'etichetta ... bianca. Mi chiesi se quello stanzino sarebbe dovuto diventare il mio ripostiglio.

Sperai con tutto il mio cuore di sì, non potevo trovare il posto per tutti i vestiti in più, prima l'avrei dovuto trovare per i dischi dei Beatles.

Data la mia curiosità, provai ad aprire la maniglia della porticina senza nome e quella si aprì, mostrandomi un piccolo stanzino stracolmo di scatoloni con scritto il cognome "MALIK" a caratteri cubitali.

Niente ripostiglio, pensai desolata, forse papà e mamma non l'hanno preso perché costava troppo ...

-Amore, noi siamo già qui su, potresti raggiungerci così apri la porta?- urlò mia madre da due piani sopra la mia testa.

-Arrivo!- presi la rincorsa e in tutta la mia velocità da non-corritrice raggiunsi i miei genitori, che si guardavano attorno e comentavano i minimi difetti del condominio.

Aprimmo la porta e subito corsi al centro del salotto, decisamente piccolo rispetto a quello di Casa Dei Miei.

Cominciai a saltare e a girare su me stessa. -Grazie mille.- dissi abbracciando prima mio padre e poi mia madre.

La testa mi girava molto, perciò cercai di camminare il meno possibile pur di non farlo notare a mia madre.

-Ho lasciato le due valigie in camera tua ...- mi avvisò mio padre.

-Ci penso io a mettere tutto apposto. - risposi prima che potesse chiedermelo.

-Ora vieni con noi a fare il giro della casa.- aggiunse lui e mi offrì il braccio.

L'abitazione era moderna, tutt'altro di ciò che sembrava da fuori. Mi piaceva.

-Sai...- iniziò papà. -Ho aggiunto dei soldi per farti avere una cosa in più.-

-Il ripostiglio?-

-No, Sam. Quello è compreso nel prezzo!- esclamò mia madre ovvia.

Compresa nel prezzo? Questo significava che "Malik" stava occupando spazio non di sua proprietà.

-Il riscaldamento a pavimento, Samantha!-

-Oh mio Dio!- urlai abbracciando mio padre.

-Grazie mille.- lo strinsi forte a me, poi gli stampai un bacio sulla guancia, come facevo fino a otto anni prima.

Per un attimo riuscii a non pensare a "Malik" e al mio ripostiglio ... quella storia mi aveva irritata molto.

Dopo aver finito il giro turistico della casa, tornammo nel salotto. Notai gli occhi di mia madre che cominciarono a diventare leggermente arrossati e una lacrima le scese dalla guancia.

Continuava a sorridere, nonostante le lacrime che scendevano senza fermarsi. -Sono felice per te.-

-Lo vedo.- esclamai abbracciandola. -Ma non piangere, altrimenti piangerò anche io.-

-Ieri stavi iniziando l'asilo e adoravi le Barbie... e ora sei diciottenne e stai per diventare completamente indipendente da noi, andando a vivere in una casa di Londra.- mormorò, strusciando la faccia sulla mia felpa adorata.

Me l'aveva regalata Nick quando non era nella sua fase adolescenziale e ci tenevo moltissimo... e si stava rovinando con tutta quella matita sbavata.

-Mi raccomando.- si intromise mio padre. -Fai tutto quello che ti chiedono al lavoro e stai attenta a chi frequenterai.-

Sbuffai alzando gli occhi al cielo. -Okay, starò attenta.- mentii. Ci cascavano sempre.

- Gesù...- mia madre si asciugò gli occhi. -Dobbiamo andare da Wilson e dirgli che sei arrivata e iniziare a pagare.-

-Okay.- mormorai sorridendo. -Vi voglio bene.-

Mio padre mi baciò la fronte. -Ci vediamo tra un mese, va bene?-

Un mese? Che cosa? Così tardi?

-Perfetto. - risposi. -Tra un mese. -

Dopo saluti, abbracci, momenti commoventi e ancora abbracci, FINALMENTE la macchina di mio padre scomparì dietro l'angolo.

Sospirai di sollievo. Sarebbe stata la prima volta che avrei avuto i miei a più di trecento metri di distanza. WOW.

Salii le scale e imprecai dando dei pugni alla porta bianca quando cercai di aprirla ma mi ricordai che le chiavi ce le aveva il ragazzo che abitava di fronte a me.

Sistemai i miei capelli con le mani, per farli sembrare un po' più mossi di quello che erano già.

Magari era carino. O MAGARI NO.

Magari era gentile. O MAGARI NO.

Cercai di essere ottimista e sistemai anche la mi felpa... mi sarei dovuta cambiare la felpa, era tutta imbrattata di nero...

Per fortuna che è blu, aveva detto mia mamma quando me la sporcai di marmellata. Non si notava molto, era vero. Sfortunatamente la matita era una delle cose più orribili e sporcava molto di più della marmellata.

Bussai alla porta che si trovava esattamente a cinque metri dalla mia.

Misi a fuoco il nome sulla porta... "MALIK", diceva.

Bene bene... se fosse stato carino E gentile forse avrei potuto fargli sgomberare da solo il mio ripostiglio.

-Un secondo!- urlò una voce maschile lontana.

Dopo circa due minuti la porta si aprì e il mio cuore cominciò a battere come non mai e io boccheggiai più volte: un ragazzo, che avrà avuto sì e no un anno in più di me, aveva aperto la porta, ma non era tutto. ERA NUDO ... o meglio, aveva un asciugamano che avvolgeva la sua vita, ma era completamente bagnato e faticai a restare calma e a respirare con continuità.

I tratti del suo viso ricordavano un mio compagno di scuola mezzo indiano ... però questo ragazzo era sexy, il mio ex compagno era abbastanza orrendo ...

I suoi occhi continuavano a fissare i miei, e mi ritenni fortunata: se ti fissa un ragazzo sfigato non ricambiare, ma se il ragazzo è sexy e carino, beh ... allora sì, fissalo anche tu. Parole sante.

-Posso aiutarti?- mi domandò. -Stai bene?- Ripresi fiato e continuai a fissare i suoi occhi nocciola incorniciati dalle ciglia lunghe.

-Sto ...- presi un respiro e cercai di concentrarmi su quello che dovevo dire. -Sto bene, grazie.-

-Posso sapere chi sei?-

-Lei è il Signor Malik?- domandai lanciando delle occhiate ai suoi addominali leggermente scolpiti.

-Sì.-

-Piacere. - gli porsi la mano, che strinse. -Sono Samantha Harrison ...-

-Sì, mi ha detto Wilson!- esclamò interrompendo il mio discorso. -Quanti anni hai?- lasciai la sua mano.

-Mi scusi, le sembrano domande da fare queste?- lui mi guardò aggrottando le sopracciglia. Okay, forse non dovevo essere come mia madre. -Ho diciotto anni. Lei?-

Sul suo viso comparve una smorfia che ricordava vagamente un sorriso. -Ti prego, dammi del tu. -

-Io non do del tu a un perfetto sconosciuto.- lo informai. -Piuttosto lei, mi parli come io sto facendo.-

-Non sono un perfetto sconosciuto, mi chiamo Zayn Malik e sono il tuo vicino di casa.- ribatté. Le goccioline sul suo corpo continuavano a correre fino a scomparire sotto l'asciugamano. -E non do del lei a una ragazza più piccola di me.-

Non era simpatico per niente ...

-Senti, se avevo voglia di parlare della mia vita venivo dentro casa tua...-

-Oh, finalmente!- esclamò battendo le mani. -Stai parlando come una diciottenne, ALLELUIA!-

Sorrisi ... forse aveva ragione, dovevo dare più confidenza alle persone della mia età.

-Tu hai le mie chiavi.- conclusi.

-Giusto.- mi fece segno di seguirlo dentro casa sua.

Mi venne voglia di accarezzargli la schiena ... stavo per allagare il suo appartamento di bava.

-Bella felpa.- commentò.

Stava sorridendo, ma non era un sorriso contento. Era uno di quei sorrisi che i bulletti delle medie facevano agli sfigati.

-Immagino che quei segni neri sono colpa di tua madre.- disse ridacchiando.

Arrossii cercando di nascondere la macchia nera con la mia mano.

Lui mi guardò e sorrise. -Non c'è problema, ormai l'ho già vista.- mi disse, frugando dentro ad un cassetto. La sua casa era molto diversa dalla mia. Se la mia era moderna, la sua era completamente in stile vintage. -E non ti preoccupare, la cosa non ti fa sembrare meno bella.-

-Aspetta ... che ... che cosa?-

-Reagite tutte così?- mi domandò. -Oh, eccola qui!- esclamò tirando fuori una bustina di plastica con dentro le mie chiavi.

-Come sarebbe a dire reagite tutte così?-

-Tieni, queste sono le tue chiavi.- mi diede le chiavi. -Tutte voi ragazze, ogni volta che vi si dice che siete belle, cominciate ad andare in tilt... deve essere qualche difetto che avete nel vostro cervello.-

-Non è un difetto.- ribattei in difesa delle ragazze come me.

-Va bene, se lo dici tu. -alzò le mani in segno di resa, azione che fece abbassare leggermente l'asciugamano. Lui notò che ci avevo fatto caso. -Ora vado a mettermi qualcosa, sennò rischio un tuo infarto o un allagamento.-

Distolsi gli occhi dal suo bacino e fissai la sua bocca. Quelle labbra rosa e carnose ... doveva essere un privilegio poterle baciare, o poter essere baciata da lui. -Okay, io me ne vado.-

-Veramente Wilson ha detto che ti dovevo spiegare due o tre cose...- mi informò lui.

-Allora sarà meglio che vieni tu da me.- risposi. -Tra un quarto d'ora.-

-Che senso ha se sei già qui?-

-Almeno se devo allagare qualche appartamento, preferisco che sia il mio.-

***

MERDA.

Presi il telefono e composi il numero di Clary.

Occupato. Merda, merda, MERDA!

No, dovevo stare calma. Presi a sistemare tutti i dischi in vinile dei Beatles su una mensola. Non avevo mai avuto un giradischi, ma adoravo i grandi dischi neri e me li ero comprati tutti con i miei soldi.

Per fortuna che avevo un vicino di casa che era maschio, almeno mi avrebbe aiutata a sistemare i cavi dello stereo, sarei morta senza musica.

Avevo messo "All You Need Is Love", una delle mie canzoni preferite dei Beatles con il mio telefonino.

-"All you need is love

All you need is love

All you need is love, love

Love is ..."-

-"All you need ..."-

Mi voltai di scatto e vidi che Zayn era entrato in casa mia e si era messo ad osservare tutti i dischi in vinile impilati a poca distanza dalla porta. Si era vestito. Portava una maglietta nera a maniche corte e dei jeans che gli stavano letteralmente da Dio.

Spensi la musica. -Che ci fai tu qui?- urlai infuriata.

-Un quarto d'ora.- mi ricordò lui. -E non sono uno scassinatore, avevi lasciato le chiavi alla porta.-

Indicò sopra la pila di dischi e vidi le due chiavi tenute assieme dal laccetto di stoffa.

-Qui a Londra non bussate mai?-

-L'ho fatto.- rispose accomodandosi sul divanetto a due posti che era posizionato davanti al televisore. -Ma eri troppo impegnata a cantare a squarciagola.-

-Oh mio Dio. - in quel momento mi sarei dovuta nascondere e non farmi mai più vedere. -Devo togliermi questo vizio.-

-No. - rispose lui.

-Che cosa stai dicendo? Faccio schifo a cantare.-

-Okay, forse non sei Beyoncé ...- ammise lui. -Ma secondo me puoi migliorare.-

-Grazie.- risposi atona. -Ora puoi spiegarmi quelle due o tre cose?-

-Certamente.- prese un foglietto stropicciato.

Mi sedetti sul divano, cercando di vedere quello che aveva scritto sul bigliettino. Appunti?

-Allora ... la prima cosa è che devi leggerti tutto il mattone che troverai dentro al cassetto del tuo comodino...- iniziò.

-Quale mattone?-

-Le regole del condominio ... sei fortunata che io abbia più o meno la tua età, perché i Dixon e i Cook sono in crisi di mezza età e gli dà fastidio anche la loro ombra.- mi disse tranquillo "Malik".

-La musica?- chiesi.

-Oh, quella la ascoltano anche i Cook. - rispose.

Sospirai di sollievo. -Che culo. -

Scoppiò a ridere. -Già.-

Aveva un bel sorriso, sicuramente migliore di quel mio compagno di classe indiano.

-E la seconda è che nel ripostiglio ...-

-Oh, giusto.- lo interruppi. -E' pieno di scatoloni con il tuo nome. -

-Lo so. -

-Devi toglierli ... magari non stasera, va bene anche domani.-

-Sei ...- rifletté su cosa dire. -Arrogante.-

-Senti, è normale essere irritati perché un altro ragazzo occupa il proprio ripostiglio.-

-Io non aiuto le persone come te. - si alzò dal divano e si diresse verso la porta. -Mi danno fastidio le persone come te, un sacco.-

-Perché fino a due minuti fa non ti davo fastidio?-

-Perché di colpo sei diventata un'arrogante del cazzo.- rispose brusco.

-Tu non ti stai comportando meglio.-

Chiuse gli occhi, respirando per calmarsi. -Chiedimelo gentilmente e allora sì, ti aiuterò.-

-E' tutta roba tua, dovresti toglierla tu da lì. -

-Mi sbaglio o il ripostiglio è tuo?-

Sbuffai. -Per favore, domani mi potresti aiutare a sistemare il mio ripostiglio?-

-Okay.- mi sorrise.

-Tu sei strano.- ammisi.

-Sei una fan dei Beatles?- mi domandò contando i dischi in vinile dei "Fab Four".

-Saranno circa una trentina.- anticipai la sua esclamazione. -Ho pagato ogni vinile che mi mancava con i miei soldi.-

-Mi piace molto "Hey Jude".-

Presi il telefono e la feci partire.

-Ehi, ehi. Aspetta.- mi guardò come se volesse fulminarmi. -Vuoi che canti?-

-No ... voglio solo ascoltarla.- dissi. -Non te ne stavi andando?- gli ricordai, aprendo la porta.

Misi una mano sulla sua schiena, tanto sognata pochi minuti prima. Lo spinsi fino al corridoio che collegava i nostri appartamenti.

-Te la cavi da sola?- mi chiese cercando di spingersi di nuovo in casa mia, ma il mio corpo glielo impedì. -Ho visto uno scatolone con scritto Computer e robaccia con i fili ... attenta a non prendere la scossa, bambolina.-

-Bambolina lo dirai a tua sorella.- sbottai.

Sentii che mi stava per arrivare in faccia un pugno che mi avrebbe cambiato i tratti somatici ... invece no, rise.

-Sì, hai ragione. Mi serve una mano. - affermai e vidi Zayn scattare come un soldato. -Magari più in avanti, per attaccare lo stereo e tutte le cazzatine che mi servono per sopravvivere a questo mondo tecnologico.-

-Stai parlando seriamente?- domandò ridendo. -Mondo tecnologico? Se hai l'ultimo modello della Samsung e un Macbook!- mi accusò.

-Saranno gli unici aggeggi tecnologici per almeno una decina di anni...- risposi calma. -Ci vediamo domani, Zayn Malik.-

Stavo chiudendo la porta, quando il piede di "Malik" si intromise tra la porta e lo stipite, seguito da una sfilza di insulti e imprecazioni.

-Che hai adesso?- sbuffai riaprendo la porta.

-Samantha Grace?- aveva letto il nome sul campanello.... merda!

-Sì, PURTROPPO è il mio nome. - risposi con una smorfia di disgusto stampata in viso.

-L'accostamento tra i due è alquanto poco azzeccato.-

-Secondo te non me ne rendo conto da sola?- gli chiesi seccata.

-Ci vediamo domani, Samantha Grace!-

   
 
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