Le nostre lame hanno lo stesso canto, stessa voce di fronte alla morte.
Il sangue mio ha lo stesso rosso, stessa consistenza di quello tuo.
Allora perché mi hai chiamato "nemico"?
Genere: Poesia | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
La spada ha cantato fino all'alba
il sangue ha mormorato nei fiumi, sulle mani e le foglie:
il corno ha ululato guerra, la stessa che hai proclamato tu voce controvento
ma i cuori, le armi, la sete di violenza
hanno saputo sentirti chiaramente.
Come le lame si diedero baci tra loro crepe nel silenzio d'una battaglia taciuta
e fanno bruciare la carne debole
sangue su sangue, stesso rosso, stessa viscosità
eppure noi siamo stati nemici.
Un re senza corona, senza sudditti, senza regno
piange sul trono, l'ultimo patto fatto con una vita a lui avversa
e dèi altrettanto astiosi che
la furia dei morti non temono,
di fronte al fuoco che avanza, piange il cuore suo perduto
in nome della lotta che aveva sempre voluto poter vincere.
Le lacrime il pugnale non sa asciugarle,
ma forse la morte dalla mano gentile, ma spietata
avrà cura di cancellarle dal viso con
l'oblìo eterno che concede ai suoi protetti.
Ma siamo tutti stati scelti dalle sue dita danzanti, tessitrice di cadute e dei caduti,
e saremo richiamati tra le sue braccia di madre
che scioglie l'abbraccio dei figli, lasciandoli all'arte del ferro
e ne riceve le ossa bianche.
Quando gli dèi torneranno a guardarci tu
ti proclamerai vincitore, nonostante l'alloro sul capo non t'abbia mai donato,
ferita su ferita, hai cucito la tua storia di conquistatore
senza pietà come gli dèi
ma con sangue diverso, pelle diversa
sempre la stessa è e sarà
l'insaziabile sete d'un sangue che tu credi
non sia abbastanza rosso e denso
come il sangue versato tuo.