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Autore: zwingli    29/12/2014    1 recensioni
"Molto raramente anche Jason Grace aveva dei momenti vuoti, momenti in cui non aveva nulla da fare, e gli piaceva riempire quegli spazi guardando le foto degli anni passati, soprattutto di quando era piccolo. Quelli sì che erano bei tempi! Sì, gli piaceva credere che si stava meglio quando si stava peggio; infatti spesso si chiedeva se davvero fosse stato più felice con il padre, ricco uomo d'affari, rispetto a come fosse stato con la madre, prima che questa morisse. D'altro canto se quando era piccolo la sua mamma spesso e volentieri era assente, sia di giorno sia di notte, aveva pur sempre sua sorella Talia, che invece, quando furono affidati al padre, scappò con la sua band per girare l'America, dopo due anni di stentata convivenza"
Genere: Generale, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jason Grace, Jason/Piper, Talia Grace
Note: AU | Avvertimenti: Incompiuta
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Saalve, questa volta non scrivo della Pernico/Percico ma di un'altra coppia che adoro nel fandom di PJO, non in modo molto romantico, purtroppo e soprattutto su Jason, di cui ho riportato dei possibile episodi della vita.

Be', stranamente questa volta non ho nient'altro da dire, quindi buona lettura! Spero vi piaccia c,:

 

 

 

Welcome to my life

 

Molto raramente anche Jason Grace aveva dei momenti vuoti, momenti in cui non aveva nulla da fare, e gli piaceva riempire quegli spazi guardando le foto degli anni passati, soprattutto di quando era piccolo. Quelli sì che erano bei tempi! Sì, gli piaceva credere che si stava meglio quando si stava peggio; infatti spesso si chiedeva se davvero fosse stato più felice con il padre, ricco uomo d'affari, rispetto a come fosse stato con la madre, prima che questa morisse. D'altro canto se quando era piccolo la sua mamma spesso e volentieri era assente, sia di giorno sia di notte, aveva pur sempre sua sorella Talia, che invece, quando furono affidati al padre, scappò con la sua band per girare l'America, dopo due anni di stentata convivenza. Ricordava perfettamente il giorno della sua fuga: lui aveva tredici anni, lei già 18, un giorno di giugno, mentre il padre era in viaggio, Jason si era affacciato alla sua stanza, sorprendendola mentre preparava un borsone; il ragazzino capì subito le sue intenzioni e rimase ferito nel profondo, non poteva credere che lo stesse abbandonando dopo tutte le vicende passate insieme; quel giorno pianse, senza provare a nasconderlo, cercò di far rimanere Talia a tutti i costi, ma lei era irremovibile, allora le disse che sarebbe venuto con lui, lei gli rispose che meritava di meglio e che da grande avrebbe capito, proprio come loro madre gli diceva quando tornava a casa ubriaca. Si ricordava benissimo il modo in cui la sorella gli passò una mano fra i capelli e gli disse che non l'avrebbe mai abbandonato, aveva gli occhi lucidi, poi la vide uscire di casa con il borsone su una spalla e il basso sull'altra, sulla soglia lei gli sorrise e gli mimò con la bocca la parola "scusa". Da quel giorno non la vide più, tuttavia Jason capì, col passare degli anni, che Talia non gli aveva mentito: lei non l'aveva abbandonato e soprattutto non l'aveva dimenticato. Gli scriveva di continuo, sia SMS che mail, e gli mandava sempre le foto dei posti che visitava. L'ultima che gli aveva inviato era di un ragazzo biondo e molto alto, per certi versi somigliava a Jason, si trovava su una spiaggia deserta, Talia gli aveva spiegato che era il suo ragazzo, un fotografo, diceva che era quello giusto e Jason non aveva potuto fare a meno di sorridere a quell'affermazione, visto che lei gli ripeteva sempre che avere un fidanzato era assolutamente inutile. Nel frattempo sua sorella doveva essersi trovata un lavoro, quando scappò non prese nessun soldo dal padre, non voleva avere nulla a che fare con quell'uomo schifoso, e forse non aveva poi tutti i torti. Il giorno dopo che Talia se ne andò, quando il signor Grace tornò a casa dal suo viaggio di affari, o almeno così aveva detto ai figli, venendo a sapere l'accaduto non rimase nemmeno tanto sconvolto, anzi, rimproverò il figlio per il fatto che stesse ancora piangendo, ignorando quello che aveva potuto passare.

Jason sospirò e, alzandosi dal letto della sua stanza del college, si mise sulla sedia girevole davanti alla scrivania, accendendo il laptop. Aprì una cartella dal titolo "Tutte le nostre foto", non era mai stato un ragazzo inventivo, o forse la colpa era del padre che non gli aveva mai permesso di svolgere attività che stimolassero la fantasia, sostenendo che per diventare ricchi non bastava saperseli immaginare, i soldi.

Le prime foto ritraevano Jason che ancora era un neonato, la maggior parte in compagnia della madre e Talia, alcune con altri bimbi della sua età. Andando avanti con gli anni le foto con la mamma diminuivano e se appariva non sembrava più la stella televisiva di un tempo: la pelle candida era diventata giallognola, i bei capelli ricci sembravano solo un groviglio rovinato e persino i suoi bellissimi occhi blu sembravano spenti. Jason se la ricordava mentre si truccava pesantemente davanti allo specchio in camera sua, una bottiglia di Martini sempre accanto.

A seguire le poche foto del suo funerale, Beryl Grace ormai era morta, così come la sua carriera lo era già da molto tempo. Infine, con il padre, non ci fu quasi più nessuno scatto. Talia adorava fare fotografie, ma il signor Grace la trovava solo un'inutile perdita di tempo; dunque se dagli undici anni di Jason le loro foto erano diminuite, quando la sorella scappò di casa per qualche tempo nessuno prese più in mano una macchina fotografica, Jason perché veniva sempre riempito di impegni dal padre e quest'ultimo perché trovava stupido cercare di lasciare una traccia di se stessi a tutti i costi. Di quel periodo, le uniche immagini che aveva salvato sul pc erano quelle che Talia gli mandava. Gli scatti che lo ritraevano riapparvero quando andò al liceo e conobbe i suoi amici: Annabeth, Leo, Percy e Nico. La maggior parte erano selfie scattati fra di loro, molto ridicoli e divertenti. La maggior parte di quel periodo erano di festini organizzati di nascosto, fra cui le foto della festa dei suoi diciotto anni, con la quale fece imbestialire il padre che voleva inserirlo nell'alta società con una pomposa soirée al Plaza, mentre lui organizzò una festicciola con pochi intimi sul tetto di casa. In quell'occasione conobbe Piper.

Jason si lasciò cadere sullo schienale della sedia sospirando, strizzò leggermente gli occhi quando la luce che filtrava dalle fessure delle tapparelle gli illuminò il viso. Si spostò appena e premette la freccia destra sulla tastiera per far proseguire le immagini. Dopo alcune foto di gruppo apparve enorme sullo schermo uno scatto ingrandito e sfocato. Jason ridusse lo zoom finché la foto non fosse chiaramente visibile: era una ragazza di profilo, indossava una felpa grigia troppo grande per lei, i capelli erano sciolti e disordinati, doveva essere stato un giorno ventoso quello; gli occhi della ragazza si vedevano appena, ma il colore non sfuggiva, all'esterno erano di un verde tendente all'azzurro, mentre verso l'interno di un castano miele. Era un'istantanea di Piper presa di profilo. Piper McLean era la figlia di un famoso attore, nonché il primo vero amore di Jason Grace. Gliel'aveva presentata Annabeth al suo compleanno, l'aveva fatta imbucare alla sua festa, insomma. La prima volta che la vide rimase ipnotizzato dai suoi occhi, gli sembrava che cambiassero colore e molto stupidamente aveva creduto che fosse una vampira, ricordandosi di quello che, anni fa, una sua amica gli aveva detto riguardo agli occhi cangianti di Edward Cullen in Twilight. Piper era una ragazza semplice, a volte un maschiaccio, molto legata alle sue origini cherokee, la famiglia paterna veniva da un clan di nativi americani. A Jason sembrava riduttivo, ma se avesse dovuto descriverla con una parola avrebbe detto "speciale". E lo era davvero, per lui. Purtroppo, però, suo padre non era della stessa opinione. Sì, lei era ricca, ma non aveva il titolo, ecco; per suo figlio ci voleva una ragazza dell'élite, non la figlia di un sex symbol indiano per ragazzine. Cercò di separare i due ragazzi in tutti i modi, finché, finito il liceo, spedì Jason dall'altra parte dell'oceano, a Cambridge, in Inghilterra. Jupiter Grace sapeva che suo figlio non sarebbe riuscito ad imporsi, timoroso di perdere anche l'altro genitore, non si era mai ribellato e, infatti, non lo fece nemmeno quella volta.

L'ultima cosa che Jason disse a Piper, prima di partire, fu "Tornerò a prenderti", ma in un anno intero ancora non l'aveva fatto. Si sentiva un codardo, perché non ne aveva il coraggio, come sua sorella Talia, forse, che in tutti quegli anni, lettere a parte, non era mai andato a trovarlo, mai una telefonata. Avevano entrambi paura che qualcosa fosse cambiato, che l'affetto dell'altra persona nei loro confronti fosse diminuito o addirittura svanito.

Jason si teneva ancora in contatto con Annabeth e Leo, entrambi iscritti all'università a Los Angeles, e spesso sentiva anche Percy e Nico che, diventati finalmente una coppia dopo anni di problematiche, avevano deciso di prendersi un anno sabbatico e di viaggiare insieme, tuttavia con Piper i rapporti si erano affievoliti miseramente. Dopo un lungo periodo in cui si erano scambiati e-mail e telefonate, Jason lentamente perse la speranza di rivederla, impegnato com'era con gli esami e pressato dal padre, e piano piano tutte quelle promesse rimasero sospese nel vuoto.

Jason chiuse la cartella di fotografie e aprì una pagina internet. Sulla barra di ricerca scrisse il nome della ragazza, non l'aveva mai fatto prima, ma sicuramente il suo nome non era ignoto al resto del mondo. Subito apparvero scatti istantanei fatti dai paparazzi, probabilmente lei non se ne era nemmeno accorta, cercava di evitare tutto ciò che riguardasse la carriera del padre e soprattutto gli eventi mondani a cui venivano invitati ogni volta. Cliccò su una di quelle immagini, facendola ingrandire: era su un red carpet, alla prima di un film del padre, non aveva un filo di trucco ma appariva comunque bellissima ed elegante. Jason sbuffò immaginandosi in che modo Tristan l'avesse convinta a parteciparvi, forse le aveva promesso un nuovo videogioco, chissà.

Si alzò dalla sedia stiracchiandosi, lasciando il computer acceso.. Pensò di andare a fare due tiri a football con Bradley, il suo vicino di stanza, ma, aprendo le tapparelle, si rese conto che aveva iniziato a piovere, come al solito.

Aveva finalmente finito la sessione invernale degli esami, il che stava a significare che era libero, le sue vacanze natalizie erano appena iniziate. Pensò a cosa avrebbe potuto fare, aveva messo da parte un bel po' di soldi e di certo non gli dispiaceva far consumare denaro a quell'avaro di suo padre, avrebbe potuto andare da Talia, ma lei non gli avrebbe mai detto dove si trovava, ne era sicuro. Magari un viaggio in Europa, immaginò, gli andava bene tutto, gli bastava uscire dalle praterie inglesi, tanto suo padre a Natale sarebbe sicuramente stato invitato da qualche riccone, quindi gli sarebbe toccato rimanere solo comunque. Grattandosi la nuca si girò verso la scrivania, la schermata era ancora accesa sulla foto di Piper. Ecco cosa doveva fare, doveva tornare a casa, a New York, doveva cercarla. Sapeva che era la cosa giusta da fare, altrimenti non l'avrebbe mai più rivista. In ogni caso, anche se lei gli avesse sbraitato contro, sapeva che non si sarebbe tenuto il peso dentro, stava diventando opprimente, sentiva il puro e genuino bisogno di parlarle, di toccarla, magari, se lei non gli avesse cioncato la mano. Ordinò in tutta fretta un biglietto low cost da Londra all'aeroporto Newark-Liberty di New York, sarebbe partito alle 16:00 del giorno seguente e sarebbe arrivato alle 11:00 in America, per una volta ringraziò il fuso orario, avrebbe dormito in aereo, poi dritto a casa McLean. Si recò nella segreteria della sua facoltà, doveva firmare prima delle carte, poi avrebbe avuto tutto il tempo di preparare l'occorrente per la partenza.

 

 

Il volo era stato abbastanza piacevole e, a differenza di come si era immaginato, era sempre stato suggestionato dal padre che declassava i voli economici e tutti coloro che ci viaggiavano, dicendo che il servizio era davvero scadente e che le hostess per niente attraenti. Oltretutto erano atterrati con una piena mezz'ora di anticipo. Non aveva fatto imbarcare il bagaglio, aveva portato poco con sé, se gli fosse servito qualcosa sarebbe comunque potuto tornare a casa sua, il padre non poteva impedirglielo.

Con i mezzi, per arrivare da Newark a Manhattan, ci voleva almeno un'ora, se Jason ricordava bene, ma non aveva calcolato il caotico traffico newyorchese, così, alla fine arrivò a Central Park alle 12:40. Casa di Piper era nella sessantaquattresima strada di Madison Avenue, dall'entrata principale di Central Park ci si arrivava facilmente a piedi. Era una strada piacevole, spartita fra palazzi e piccole case costruite a sé, quella dei McLean era una di queste, si trovava quasi all'inizio della via, sulla sinistra. Jason salì lentamente i gradini che portavano all'ingresso. Era rimasto tranquillo per tutto il viaggio, ma in quel momento si accorse che le mani gli sudavano, aveva i brividi. Sul campanello c'era ancora il loro cognome, abitavano sempre lì, per fortuna. Chissà se Piper era in casa. Chissà se, vedendo chi era, gli avrebbe aperto. E se avesse aperto il padre? Chissà cosa avrebbe pensato di lui. Forse stavano pranzando? O forse avevano ospiti e non era un momento opportuno? Tuttavia furono tutte domande futili, perché Jason aveva ormai schiacciato il campanello, non sapendosi più cosa aspettare. Era strano, Jason raramente si sentiva insicuro, sempre convinto di riuscire pienamente in quello che faceva, mentre in quel momento voleva solo andarsene via, tuttavia quell'attesa e tutta quell'indecisione straziante lo appesantirono, quindi non fece in tempo a scappare che il portone si aprì.

  
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