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Autore: AriCalipso    30/12/2014    1 recensioni
-Perché è stato già tutto prestabilito da entità talmente grandi e sconosciute a noi essere umani. Io e te siamo stati destinati e questo non può essere modificato da nessun’altra cosa al mondo, siamo legati da un vincolo inviolabile, un sigillo che non si aprirà, nemmeno dopo la morte –rispose sfiorando la mia bocca con le labbra. Un bacio leggero, delicato e del tutto inaspettato
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ville Valo
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 8


Passarono due giorni, Ville stette parecchio a casa di Paula, dato che aveva ripreso a lavorare al progetto insieme a Lauri, così io ne approfittai per poter passare del tempo con la mia amica, che avevo trascurato quest’ultimo periodo, troppo intenta a cercare delle risposte impossibili. Avevo proprio bisogno di lei, di una figura femminile che, come una sorella, mi guidasse passo dopo passo, pronta ad affrontare qualsiasi pericolo. Era preziosa più del diamante più costoso e meraviglioso che si potesse trovare in natura. Nonostante la presenza di Paula, nel mio corpo continuava a regnare il caos, le due grandi entità a volte mi davano un momento di respiro, acquietando le loro forze irrequiete per un istante, per poi scatenarla in maniera più violenta, senza alcuna pietà per il mio povero animo, troppo stanco per sopportare ancora. Stetti poco insieme a Ville, anche perché avevo ancora bisogno della nostra intimità, nonostante Lauri e Paula avessero capito tutto, volevo conservare gelosamente il fatto che ci vedevamo, come un’adolescente che nasconde ai proprio genitori la sua prima infatuazione e anche perché la ragione, superiore e brutale, mi faceva ricordare tutte le sofferenze recatomi, facendomi sempre più male.

Quella sera me ne stavo seduta sulla sedia della sala da pranzo, intenta a chiacchierare del più e del meno con Paula e Lauri, entrambi abbracciati sul divano, quando ad un tratto ricevetti una chiamata da Ville, che mi diceva di scendere dato che era venuto a prendermi. Salutai i miei amici ed uscii di casa. Lo vidi dentro la macchina, con una mano fuori dal finestrino, in cui teneva una sigaretta fumante. Salii in macchina, senza dire nulla e lui fece lo stesso. Non riuscivo a capire cosa stesse accadendo, una confusione enorme si impossessò di me, riuscendo per un attimo a placare il combattimento interiore. Arrivammo a casa sua, Ville prese le chiavi ed aprì la porta. Vidi sopra il tavolinetto, posto davanti al divano in pelle bianca, due bicchieri di vetro riempiti con del Jack Daniel’s. Sembrava avesse programmato un qualcosa di cui io, come sempre d’altronde, non ne ero a conoscenza, la misteriosità che lo contraddistingueva però mi aveva sempre affascinata e fatto innamorare come non mai. Ville mi precedette, sedendosi sul divano, con la sigaretta ancora in bocca, fece cenno con la mano di avvicinarmi a lui. Sinceramente avevo paura, non potendo nemmeno immaginare che cosa avesse in mente, sentivo il cuore battermi in gola e il mio corpo iniziò a tremare tutto, impedendomi qualsiasi movimento netto e deciso, la mia mente fu pervasa da mille possibilità, centinaia di domande infastidivano il mio animo che cercava in tutti i modi di raggiungere la tranquillità tanto agognata. Per la forza di inerzia, riuscii a muovere i primi passi, raggiungendolo sul divano. Senza dire una parola mi porse il bicchiere pieno di liquore, mentre con l’altra mano buttava via un po’ di cenere, facendola cadere elegantemente dentro al posacenere. Avvicinò il suo bicchiere al mio, facendoli sbattere insieme delicatamente per poi portarselo verso la bocca e bere un po’ di Jack. Rimasi immobile, non avevo neppure la forza di avvicinarmi il bicchiere, ero troppo agitata per bere e rilassarmi, volevo sapere a cosa dovevo tutto questo. Ville spense la sigaretta dentro il posacenere, buttando fuori l’ultima coltre di fumo, poggiò il calice sul tavolinetto e mi guardò. I suoi occhi di ghiaccio mi lacerarono la carne, aprendo una ferita che difficilmente si stava rimarginando, fui catapultata indietro nel tempo, al giorno cui mi confessò il suo tradimento e tutto quel contesto sembrava essere talmente reale da far lacrimare i miei occhi ancora una volta. Posai il bicchiere sopra il tavolo e feci per andarmene, se non fosse per il fatto che Ville mi afferrò per un braccio e mi attirò a sé, stringendomi tra le sue braccia, come volesse proteggermi, ma purtroppo ora non ero in grado di vederlo come l’uomo capace di regalarmi la tranquillità, in mente mi era ritornata la figura dell’assassino che aveva ucciso il mio cuore e se aveva ora intenzione di farlo di nuovo, che lo facesse all’istante.

-Perché cerchi sempre di evitarmi? Non riesci ancora a capirlo che più ti nascondi da me, più il tuo cuore batte più faticosamente? –domandò poggiando le mani sulle mie guance, alzando il volto verso di lui. Notò i miei occhi bagnati ed arrossati, con i pollici li asciugò, accennando un leggero sorriso.

-Ville … -esclamai staccandomi dalla sua presa, abbassando lo sguardo, sfuggendo da quegli occhi di ghiaccio che continuavano a fissarmi con fare interrogativo, cercando di capire perché mi stessi nascondendo.

Il cuore mi implorava di rilassarmi, di stargli accanto, poiché aveva bisogno di ossigeno e linfa per poter adempire ai proprio compiti, mentre il cervello mi avvertiva di stargli lontana, mi stuzzicava tutti i lividi segnati sul mio animo, supplicandolo di smettere, tanto era il dolore e la pena che stavo provando.

-Ho paura … paura che tu possa ancora farmi del male –risposi prendendo coraggio, sfiorando i suoi occhi, che mi penetravano sempre più fin dentro le viscere –cerco sempre in tutti i modi di poter vivere questo agognato presente, di rilassarmi il più possibile, ma puntualmente i pensieri riaffiorano, ricordandomi quanta sofferenza ho provato … -proseguii con voce tremante. Stavo piangendo di nuovo e mi maledii ancora, perché non volevo farlo davanti a lui.

Il ragazzo si avvicinò a me, facendomi indietreggiare sul divano, fino a che non fui bloccata dal bracciolo. Ero in trappola, qualsiasi tentativo di fuga fu vano. Sentii il respiro di Ville sopra di me, il suo corpo sopra il mio, la sua bocca a un centimetro dalla mia fronte. Carezzò la guancia, scendendo fino alle spalle, i fianchi, si spostò verso la pancia assente, andò sotto la mia maglia, salendo fino al cuore, dove poggiò la mano. Sorrise.

-Perché ti rifiuti sempre di ascoltarlo? Hai bisogno della mia presenza per far sì che lui batta senza nessuna fatica –avvicinò la bocca alle mie labbra, senza toccarle –Ary mettitelo bene in testa, sei stata affidata a me ed ogni volta che cerchi di evitarmi, diventi debole istante dopo istante, perché tu hai bisogno di me, tu … -proseguì poggiando l’altra mano sotto la mia maglia –non potrai mai smettere di amarmi –concluse baciandomi.

Colpita. Stesa. Affondata ancora una volta. La ragione continuava ad essere dalla sua parte, mostrando di nuovo la sua superiorità. Dannazione perché non poteva sbagliare almeno una volta? Perché doveva conoscere tutti i miei pensieri così bene? Più lo odiavo e più l’amore nei suoi confronti accresceva sempre di più, raggiungendo livelli estremi. Ero totalmente schiava del suo volere, imprigionata nel vortice del suo amore, senza nessuna via di fuga. Una passione immensa e incessante, coinvolse entrambi i nostri corpi, facendoci alzare dal divano, senza rompere quell’armonia, che si creava ogni volta che le nostre bocche si sfioravano, acquietando il dominio della ragione, lasciando libero sfogo al cuore e al desiderio. Eravamo totalmente estranei dal mondo terreno, catapultati in un universo tutto nostro. Senza neppur renderci conto ci ritrovammo in camera da letto. Ville mi adagiò sul letto, togliendomi i pantaloni, mentre io gli sfilavo la maglia, in meno di un secondo eravamo già nudi, pronti ad unirci di nuovo. Il ragazzo poggiò il suo bacino contro il mio, portando la sua bocca accanto al mio orecchio, mentre con una mano mi carezzava la fronte.

-Sei mia, ricordalo –mi sussurrò dolcemente, sorridendo.

Non ci furono più parole, tutta la magia che veniva creandosi era animata dal movimento dei nostri corpi che si dimenavano insieme, ubbidendo alla passione loro padrona, che li guidava nel tortuoso cammino del desiderio. Gli ansimi leggeri e delicati andavano rompendo il silenzio della stanza, colorando sempre di più quell’atmosfera di pace che finalmente era riuscita a mostrarsi, dopo un caos incessante, in tutta la sua essenza. I pensieri smisero di tormentarmi, completamente abbandonata all’amore e alla passione, mi dimenticai del male subito, del fatto che Jonna sarebbe tornata tra pochissimi giorni. Nulla, non mi importava più di nulla. Fare l’amore con lui mi faceva dimenticare ogni cosa, riuscivo solo a ricordare quanto stessi bene, quanto fosse essenziale per me sentirlo sul mio corpo, viverlo. Le ferite si rimarginavano, il dolore si placava, tutto quanto riacquistava forza e vigore, come tanti anni fa.

Dentro di me regnava la pace perpetua, il conflitto tra le grandi potenze sembrava essere cessato, interrotto dalla passione che con la sua saggezza e forza riusciva a trovare un compromesso tra le due. Stirai le mie piccole e corte gambe, intrecciandole con quelle chilometriche di Ville che mi guardò sorridendo, mentre con la mano sinistra giocava con i miei ricci castano ramato, intrecciandovi le dita come se fosse un bambino. Gli carezzai il braccio completamente tatuato con l’indice, mentre con la coda dell’occhio scrutavo il suo esile corpo, caratterizzato da un eccessiva magrezza, non che il mio fosse da meno in quest’ultimo periodo, dato che volevo raggiungere i canoni fisici di una ballerina. Il ragazzo sorrise, socchiudendo leggermente gli occhi. Avvicinò il volto al mio petto ancora scoperto, poggiandovi delicatamente.

-Ary, l’unico modo per uscire da queste ansie è fidarti di me –esclamò poggiando la mano destra sul mio seno sinistro –la ragione, non volendo essere messa da parte, cercherà sempre di ricordati tutto il dolore e le ferite che ti avevo provocato e che, purtroppo, so che sanguinano ancora –proseguì cingendomi i fianchi con le braccia –sappi che non voglio farti del male, non potrei mai perdonarmelo –mi strinse a sé, dandomi un leggere bacio sul ventre.

Per la prima volta, sentii la sincerità in quelle parole, entrandomi in testa e facendomi ricordare quanto io lo amassi alla follia. Ora come ora, l’unica cosa da fare era quella di accettare il fatto di essere sua, di appartenergli ormai fino alla morte, cercando di viverlo al meglio in questo arco di tempo, provvedendo dopo a leccare le nuove ferite che mi sarebbero state inflitte. Sì era certo che avessi sofferto di nuovo, perché Jonna sarebbe tornata a tormentare la mia vita, schiacciandomi sotto la sua prepotenza, ma mi resi conto che preferivo morire dal dolore piuttosto che non poter vivere al suo fianco in queste due settimane che il destino mi aveva regalato, quasi che iniziavo davvero a crederci a tutti questi concetti metafisici. Mi stirai le braccia, per sciogliere un po’ la tensione, mi accoccolai vicino a lui, sentendo il suo odore entrarmi nelle vene, il quale cullava ogni parte vitale fino ad addormentarla. Ville mi diede un delicato bacio sulla fronte, facendomi leggermente rabbrividire, tanto era la freddezza delle sue labbra, per poi stringermi in un abbraccio, poggiando il suo mento sopra la mia testa.

-Buonanotte Darling –disse per poi chiudere gli occhi assieme a me.

Fu la notte più bella che avessi mai passato assieme a lui, stretta al suo corpo perfetto, accoccolata in quell’abbraccio che non si sciolse fino al mattino. Ero riuscita a contare i suoi respiri, i battiti incessanti del suo cuore, che a volte sembrava battesse in sincronia con il mio, il quale appagato e soddisfatto, stava riacquistando tutta l’energia di cui aveva bisogno. Era tutto così perfetto, tutta l’atmosfera profumava di una vicenda già vissuta, che rinsaviva il mio animo, cullandolo nelle dolci braccia del passato, così lontano da poter raggiungere di nuovo. Il giorno seguente mi sveglia rilassata, poggiai una mano nella parte del letto dove dormiva Ville, per accertarmi della sua presenza. Vuoto, probabilmente si era già alzato. Feci un enorme sbadiglio e mi sgranchii le gambe, allungandole quanto più potevo. Girai lo sguardo verso il comodino, trovandovi una tazza di caffè latte, ancora fumante. Sorrisi felice, soffiai sulla bevanda e ne bevvi un sorso. Avvertii un leggero strimpellio di chitarra provenire dal salone, accompagnato da una voce cupa e penetrante che mi entrava in testa, risvegliando le viscere più profonde. Mi alzai dal letto, rivestendomi con i miei soliti jeans ed una maglia rossa bordeaux a maniche lunghe. Presi la tazza dal comodino e raggiunsi Ville in cucina. Lo ritrovai seduto sul divano, a dorso nudo, vestito solo un paio di pantaloni neri strettissimi. Le sue mani carezzavano le corde della chitarra con estrema decisione, ricercando l’accordo più perfetto per la sua prossima composizione. Non era solo, Bam era venuto a fargli visita, intento ad ascoltare con precisione la nuova melodia. Vestito sempre con i suoi jeans larghi ed una maglia a maniche lunghe grigia, dove la centro vi era raffigurato un Heartagram. Alzò lo sguardo verso di me, non sorpreso di vedermi lì, sorridendo.

-Buongiorno splendore! –esclamò salutandomi con la mano. Ville girò il capo in mia direzione, augurandomi il buongiorno con un soave sorriso che fece vibrare ogni parte del mio corpo, perfino le più piccole cellule in fase di duplicazione. Bam si alzò in piedi e, facendo come fosse a casa propria, andò in cucina per poi tornarsene con due bottiglie di birra ghiacchiate. Una ne tenne in mano e l’altra la posò sul tavolinetto per Ville. Ancora mi chiedevo come facevano a bere alcol a prima mattina, al solo pensiero mi saliva la nausea.

-Qualcosa non va, Ary?–chiese Bam annuendo alla smorfia apparsa sul mio volto. Ville per tutta risposta si mise a ridere, prendendo la bottiglia, sorseggiandone un po’.

-Lascia stare, è una leggerina –esclamò scherzando –è una creatura delicata lei, ha bisogno del suo bel latte e caffè caldo e fumante, al solo vedere un goccio di birra la mattina, le se attorcigliano i visceri, facendola quasi vomitare –concluse guardandomi di nuovo, colpendomi con quegli occhi.

Maledettamente ragione, di nuovo. Mi conosceva davvero troppo bene, non avevo ormai più segreti per lui, ricordava perfino le piccole gesta quotidiane che caratterizzavano il mio vivere. Per tutta risposta sorrisi, mi faceva piacere il fatto che rimembrasse ancora le cose più semplici, che non mi avesse mai dimenticato? Non potevo saperlo, non ne ero in grado, troppo ancorata al mondo della razionalità meschina.

Ville appoggiò la chitarra ad un bracciolo del divano, si alzò in piedi e, venendomi vicino, mi strinse in un abbraccio, come per aiutarmi a svegliarmi, ancora troppo assonnata. Bastò essere di nuovo tra le sue braccia per scacciare un altro nuovo dubbio dalla mia mente, facendo respirare il mio animo. Il mio corpo era totalmente rilassato, abbandonato in quella stretta che sembrava non allentarsi mai. Le sue labbra gelide si posarono sulla mia fronte, marcandomi con un delicato bacio, segnando a vita la mia appartenenza a lui.

-Buongiorno Darling –esclamò con la sua voce cupa e penetrante, svegliando pian piano anche le parte più dormienti del mio corpo.

-Ciao Ville –gli risposi sfiorandogli il naso, potendo avvertire il suo respiro ed il suo odore, tanto piacevoli quanto pericolosi allo stesso tempo.

La tranquillità, quanto l’avevo cercata ed era davvero incredibile che riuscissi a raggiungerla solo accanto a lui, all’uomo che mi uccideva e mi faceva sentire viva allo stesso tempo. Era tutto così strano, ma maledettamente perfetto, tanto da dimenticare che non fosse mio, ritornando indietro nel tempo, quando la mattina Bam si precipitava a casa nostra, facendo colazione con noi, interrompendo sempre la nostra intimità, ma a noi non importava, perché sapevamo che non lo faceva con cattiveria, consapevoli del fatto che avremmo recuperato una volta andato via. Mi fece male ricordare però, affacciarmi ad un passato ormai troppo lontano ed irrecuperabile, pieno di ricordi che mi logoravano dentro, facendomi sentire sempre più sola. Pianse il mio animo, esausto, pregandomi di smetterla. Voleva pace, almeno ora che Ville mi stava accanto.

Bevvi un altro po’ di caffè latte, che nel frattempo si era freddato, per cercare di rompere un groppo alla gola che si era creato a causa di quei pensieri assassini. Mi avvicinai ai ragazzi, poggiando la tazza sopra il tavolinetto, guardando Ville dritto negli occhi.

 Bam si alzò dalla poltrona, prendendo con sé la bottiglia di birra, non l’avrebbe lasciata lì per nessun motivo al mondo.

-Beh ragazzi, vi lascio, mi raccomando non mancate stasera, devo darvi un ultimo abbraccio prima che parta, so che non resisterete senza di me–rise salutandoci con la mano, uscendo dalla porta.

Quella sera dovevamo andare alla festa di addio di Bam, organizzata nel pub della città, dove passavamo le nostre serate. Il giorno dopo sarebbe dovuto partire per gli Stati Uniti. Avrebbe lasciato un grande vuoto, ma finalmente era riuscito a realizzare il suo sogno, andare nella grande Mela per potersi misurare con altri skater del suo livello, perfezionando sempre più la sua tecnica, diventando il migliore. Mi sarebbe mancato, perché nonostante la sua pazzia era un ottimo amico, sempre pronto a dedicarmi del tempo, a strapparmi un sorriso, convincermi che sarebbe andato tutto bene anche quando dentro mi sentivo di morire. Ricordo ancora il giorno in cui venni a conoscenza del tradimento di Ville, nonostante fosse un idolo per lui, Bam provò un odio immenso, una rabbia davvero incontenibile, più grande della mia delusione e sofferenza. Da lì capii che dietro a quel giullare si nascondeva in realtà un ragazzo sensibile, che mi voleva davvero molto bene.

Ville riprese la chitarra, ricominciando a strimpellare qualche nota, mentre canticchiava qualche verso. Io mi feci una sigaretta con quel poco di tabacco che mi era rimasto, aprii la porta finestra ed uscii in giardino. Il sole baciò il mio volto, irradiandomi di tutto il suo splendore. Portai la sigaretta alla bocca, mentre osservavo le piante del giardino di Ville, che rappresentavano la perfezione assoluta, come lo era lui del resto. Non sarei mai voluta andarmene da quella casa, volevo marcire il resto dei miei giorni lì dentro, solo che non era possibile perché un ostacolo troppo grande mi impediva la convivenza con quell’uomo, una barriera di cui non ero a conoscenza e che avrei tanto voluto buttar giù. Il cervello si rimise maledettamente in moto, facendomi ripensare al ritorno di Jonna, al fatto che lui ora era suo, alle mille ferite che, se prima avevano smesso di buttare, ricominciavano a sanguinare rapidamente, togliendomi sempre più energia per poter vivere il presente. Perché proprio ora che ero finalmente riuscita ad ascoltare il cuore, la ragione, offesa e gelosa, doveva ricordarmi la potenza e supremazia che aveva su di me, obbligandomi a mettere in moto il sistema nervoso che, incessantemente, partoriva domande su domande, sommergendo il presente, del tutto invivibile. Tremavo, ero agitata, cercavo di aspirare quanta più nicotina possibile per ricercare un minino di tranquillità nel fumo, ma niente, era tutto inutile. D’un tratto uscì fuori Ville, con una sigaretta fumante in bocca. Poté avvertire il mio stato d’angoscia, gli occhi sgranati, cercavo di fare degli enormi respiri per impedire al mio animo di morire da un momento all’altro.

-Fidati di me, è l’unico modo –si limitò a dire, senza toccarmi. Udendo quelle parole, mosso da non so cosa, il mio cuore iniziò a battere più velocemente, placando l’ira della ragione funesta. Solo con la sua presenza era in grado di dimostrare la sua forza.

Bene cari lettori, ecco qui un nuovo capitolo!!

Sì, lo so, sono un disastro, ma tra i vari impegni ho davvero poco tempo per scrivere e ciò mi fa davvero innervosire :(

Ringrazio come sempre chiunque leggerà la mia storia e vi prometto solennemente che non appena l'università mi concederà un po' di respiro, provvederò a scrivere!!

Un bacio a tutti e buona lettura :)

 

  
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