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Autore: just_silvia    30/12/2014    2 recensioni
Bella Swan è stata aggredita da James e mentre Edward cerca di risucchiarle il veleno dal morso alla mano,sviene.
Si risveglia in ospedale e scopre che...E'STATO TUTTO UN SOGNO!
*Nonostante abbia abbandonato questo mondo da un po', l'idea mi è venuta vedendo le pubblicità dei film in TV.
Ai tempi dell'uscita di BD (libro) circolava la voce che la Meyer aveva deciso di concludere la saga come questa one shot (ma così non è stato!);
*Un ragazzo perfetto può essere anche umano;
*La one-shot è parzialmente il 24° capitolo di Twilight con le mie modifiche.
Buona lettura!!
Genere: Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan, Renèe | Coppie: Bella/Edward
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Twilight
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24- Impasse     
 



Aprii gli occhi e vidi una luce bianca, abbagliante. Ero in una stanza che  non conoscevo, bianca anch'essa. La parete al mio fianco era occupata da  lunghe veneziane a stecche, il neon accecante era sopra la mia testa. Mi avevano sistemata su un letto duro e irregolare: un letto con le sbarre. I cuscini erano piatti e bitorzoluti. Da qualche parte, accanto a me, sentivo un  fastidioso e continuo bip. Speravo che ciò significasse che ero ancora viva.
 La morte non poteva essere così scomoda.  Le mie mani erano coperte di tubicini trasparenti, e sentivo qualcosa appiccicato sotto il naso. Cercai di strapparlo.  
«Ferma lì». Una mano mi bloccò.  
Mi voltai un poco e vidi un volto squisito a pochi centimetri dal mio, il mento appoggiato al cuscino. Mi resi conto di essere davvero viva, e stavolta ero felice e grata. «Oh, Edward, mi dispiace tanto!».  
Mi sembrò stranito. «Sssh... perché ti scusi?».   Perché mi ero nuovamente messa in pericolo? «Devo avvisare Charlie e la mamma», la consapevolezza si fece strada  attraverso la nebbia.
 «Bella sei stata in coma un mese, sono stati avvisati tutti. Renée è qui... be', è in ospedale. È andata proprio  ora a mangiare qualcosa». 
 «Qui?». Cercai di sedermi, ma la testa iniziò a girarmi più veloce, e le  mani di Edward mi riaccompagnarono sul cuscino.
 «Tornerà presto, stai tranquilla. Non muoverti». 
 «Un mese? Ma cosa le avete detto?», chiesi, nel panico. Non mi interessava essere  consolata. Mia madre era lì e io mi stavo riprendendo dall'assalto di un  vampiro. «Che cosa le avete raccontato?». 
 «La verità Bella, che sei  stata investita da Tyler».
 Feci un sospiro, e sentii il dolore. E tutto quello che era successo nel frattempo? Il salvataggio di Edward con la sua supervelocità e superforza dal furgoncino? La rivelazione alla radura? Il suo essere vampiro vegetariano? La partita di baseball con i suoi? L'aggressione di James, il suo morso? Ma soprattutto l’amore tra me e Edward? Quello che si era creato tra noi?
Non potevo credere che era stato solo un sogno o meglio un'allucinazione da coma.
Osservai il mio corpo sotto le coperte,  il fardello che avevo al posto della gamba.   «Quanto male mi sono fatta?». 
 «Le conseguenze meno gravi sono state: una gamba rotta, quattro costole incrinate, contusioni dappertutto e hai perso molto sangue. Per le cose più gravi - che non sta a me elencarti - ti hanno  fatto molte operazioni e trasfusioni.».  
«Quindi mi hai salvato tu? Eri dall'altra parte della strada...?», chiesi a mezza voce.
«No, purtroppo no, per fortuna dallo spavento sei scivolata al suolo e l'auto di Tyler non ti ha presa in pieno. Il tuo poco equilibrio ti ha salvato la vita.». Distolse lo sguardo, prese la mia mano fasciata dal letto e la strinse con dolcezza per non staccare uno dei fili che mi  collegavano ai monitor.  Sospirò, senza tornare ai miei occhi imbarazzato, tutta quell’ intimità raggiunta nei miei sogni era sparita.
«Credo di aver sentito tua madre», disse, con un nuovo sorriso. 
  «Non andartene», strillai, colta da un'ondata di panico irrazionale. Non  volevo che si allontanasse.   In un istante si accorse del terrore nei miei occhi.
«Non me ne andrò, sono stato qui un mese»,  promise, serio, poi ammiccò: «vado solo a prendermi qualcosa da mangiare». Ecco, allora mangiava, la realtà era quella.
  Riuscivo anch'io a sentire mia madre. Stava parlando con qualcuno, forse un'infermiera e sembrava stanca. Avrei voluto saltare giù  dal letto e correre da lei per calmarla e giurarle che andava tutto bene. Ma  non ero in condizione di muovermi, perciò attesi, impaziente.   La porta si aprì appena, lei sbirciò nella stanza e quando mi vide cosciente ebbe quasi una crisi isterica dall'incredulità. Quando si calmò, Edward uscì.   «Mamma!», sussurrai, con voce piena d'amore e sollievo.    
 «Non se ne va mai, eh?», mormorò tra sé. 
 «Mamma, che bello vederti!».
 Si chinò ad abbracciarmi delicatamente, e sentii il calore delle lacrime  sulle mie guance.   «Bella, ero così in pena!».
 «Mi dispiace, mamma. Adesso è tutto a posto, tutto okay».
 «Sono contenta di vedere che apri gli occhi, finalmente». Si sedette sul  bordo del letto.
 All'improvviso mi resi conto di aver perso la cognizione del tempo. Non avevo idea di quando fosse successo tutto. «Quindi è passato un mese…», ero sbalordita. Cercai di ricordare in che giorno... ma non  volevo pensarci.
«Hanno dovuto riempirti di sedativi, piccola... eri piena di ferite». 
«Lo so». Le sentivo ancora. 
  «Per fortuna c’era il dottor Cullen. È davvero un brav'uomo... anche se somiglia più a un attore che a un medico...».
 «Hai conosciuto il padre di Edward?».
 «E Alice, la sorella. Che cara ragazza». 
 «Sì?», risposi, mi resi conto che a quel punto non conoscevo nessun Cullen, non sapevo come fossero i genitori adottivi di Edward e il resto della famiglia. Avevo solo sognato di loro.
«Ogni pomeriggio dopo scuola veniva per qualche ora a leggerti dei libri, in sostituzione del fratello …storie su vampiri mi sembra. Ne portava sempre uno nuovo. Passava in biblioteca prima di venire qua. Non mi avevi detto di avere amici così cari, a Forks».
 Era tutto chiaro, avevo avuto quel sogno su Edward il vampiro, a causa di quello che mi leggeva la sorella ogni giorno.  «In realtà non so perché Edward è stato qui per un mese, lo conosco appena» sbottai in un attacco di sincerità che stranì mia madre.
«Mi ha raccontato che il motivo per cui non sei riuscita a scappare in tempo dal furgoncino di Tyler, è stato lui. Dice che eri distratta... lo guardavi da lontano perché ti stava comunicando qualcosa...»
Bugiardo, non mi stava dicendo niente, ci osservavamo con sospetto e basta.
Erano stati i sensi di colpa a tenerlo al mio capezzale per un mese, scontenta cercai di muovermi e lanciai un gemito.  
«Cosa ti fa male?», chiese lei ansiosa, voltandosi di nuovo verso di me.
 «Tutto bene. Devo solo memorizzare di restare immobile» mi compatì. «Dov'è Phil?» ricordai di suo marito.
«In Florida. Ah, Bella, non indovinerai mai! Proprio quando stavamo  per andarcene è arrivata la buona notizia!». 
 «Ha firmato un contratto?».
 «Sì, come hai fatto a indovinare? Con i Suns, ci credi?».
 «Grande», risposi con tutto l'entusiasmo che potevo, malgrado non avessi la minima idea di cosa ciò significasse. 
 «E vedrai che Jacksonville ti piacerà», aggiunse, mentre la seguivo con  sguardo vacuo. «Mi ero preoccupata un po', quando Phil aveva iniziato a  parlare di Akron, con la neve e tutto il resto, perché sai quanto odio il  freddo... ma Jacksonville! C'è sempre il sole, e l'umidità, in fondo, non è  così tremenda. Abbiamo trovato una casetta bellissima, gialla con le finiture bianche, una veranda come quelle dei vecchi film, una quercia enorme, e poi è a pochissimi minuti dal mare, e in più avrai un bagno tutto  per te...». 
  «Aspetta, mamma! Cosa stai dicendo? Non verrò in Florida. Io  vivo a Forks» il più bello della scuola era stato al mio capezzale per un mese ed io che ora ero sveglia lasciavo la cosa cadere così?
 «Ma non c'è più motivo, sciocca», disse ridendo. «Phil sarà molto più  presente, d'ora in poi. Ne abbiamo parlato molto e abbiamo deciso che nelle trasferte faremo un compromesso: passerò metà del tempo con te e metà  con lui».
 «Mamma». Ero incerta su quale fosse il modo più diplomatico per parlarle. «Io voglio vivere a Forks. A scuola mi sono ambientata, ho un paio  di amiche...», la parola "amiche" la fece immediatamente pensare ad  Edward, glielo lessi in viso, perciò provai a cambiare direzione, «...e Charlie ha bisogno di  me. È tutto solo, lassù, e non sa neanche cucinare». 
 «Vuoi restare a Forks?», chiese, sbigottita. L'idea, per lei, era inconcepibile. «Perché?».
 «Te l'ho detto... la scuola, Charlie. Ahi!». Mi ero stretta nelle spalle. Cattiva idea.   Si affannò in cerca di una zona del mio corpo che potesse sfiorare senza  farmi male. Si accontentò della fronte, lì non c'erano bende né cerotti. 
«Bella, piccola mia, tu odi Forks», provò a rammentarmi.
«Non è così male». 
Si scurì in viso. «È per lui?» sussurrò indicando la porta.
Ero pronta a dirle una bugia, ma da come mi osservava capivo che non  sarei riuscita a dissimulare.   «C'entra anche lui». Inutile raccontarle quanto, sarei sembrata immatura. Restò in silenzio.
 «Credo che dietro i suoi sensi di colpa, quel ragazzo sia interessato a te ormai. Gli abbiamo raccontato molte cose, abbiamo portato i tuoi cd, i tuoi libri preferiti. Ha imparato a conoscerti ed è rimasto anche più di me e tuo padre. Portava i suoi libri scolastici e trascorreva pomeriggi interi con te», dichiarò, badando a tenere la voce bassa, si sentiva che qualcuno ormai era alla porta.  Ero impressionata e mi sentii arrossire. Edward si era preso una cotta per me in stato vegetativo, non sapevo se esserne contenta.  «E tu, cosa pensi di lui?». Nascondeva piuttosto male la curiosità che  l'attanagliava. 
  Sospirai e abbassai lo sguardo. Per quanto volessi bene a mia madre, non  era questo il tipo di conversazione che desideravo sostenere con lei. «Direi  che mi piace da morire». Ecco... l'adolescente tipo che descrive la sua prima cotta.
 «Be', sembra un bravo ragazzo, e santo cielo hai ragione, è incredibilmente bello...».
Eh già! Edward era solo un semplice e bellissimo essere umano...
 
 
   
 
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