Capitolo 1 - Dovere
"Sangue
del tuo sangue, carne della tua carne, da qui fino
all'eternità noi
siamo."
Il dovere era orrore.
Il
dovere era panico e nausea al pensiero atroce che dopo non ci sarebbe
stato mai più nulla e che niente vi sarebbe stato, se non
fosse
stato portato a termine.
Un
vicolo cieco.
Il dovere era orrore, panico e nausea, e si era
concretizzato nel momento stesso in cui Reynard si era trovato a
chiedersi se sarebbe mai riuscito a farlo, se ne sarebbe stato in
grado, se sarebbe stato capace di passare da una stanza all'altra, da
una finestra all'altra, cercando in ciascuna il sangue.
Per farlo
precipitare, quel sangue, sul pavimento.
Nel momento stesso in cui
aveva cominciato a chiederselo, Reynard aveva iniziato a dare
consistenza ai propri incubi.
La
notte era scesa in fretta, tingendo di buio palazzi e persone, e
sembrava non doversene andare mai più, quel buio, tanto era
denso.
Altrettando velocemente erano arrivati gli ordini; l'ulima caccia era
stata del tutto infuttuosa, come le altre prima di questa. Ormai
c'era una sola via, e nonostante Reynard sperasse che quella non
potesse essere una possibilita, sapeva bene che non c'erano
più
altre strade da percorrere.
Gli
era stato detto di seguire le sue tracce, lui che poteva più
degli
altri. Perché in fondo erano simili, uguali, lui e la preda.
Quindi
aveva dovuto recuperare le sue armi, tornare a concentrarsi sul suo
terribile, orribile, dovere.
Aveva
camminato per giorni, cercando un'alternativa all'unica via che gli
avrebbe garantito la morte, perché di attraversare la
Foresta
Ombrosa non se ne parlava, nonostante si fosse accorto che le sue
tracce svanissero proprio dove questa iniziava. Aveva quindi dovuto
aggirarla, perdendo settimane di viaggio, che erano comunque un buon
affare rispetto a ciò che avrebbe potuto perdere nella
Foresta.
Ci
si perdeva in quel luogo, e non si perdeva semplicemente la
percezione della direzone, l'orientamento, si perdeva se stessi, in
quel luogo maledetto e abitato da spiriti, nessuno che l'avesse
attraversata era mai tornato indietro, non vivo almeno, non sano di
mente.
La
sua deviazione, pensava, gli avrebbe fatto perdere le sue tracce che,
stranamente lievi, gli sfuggivano come vento tra le dita. Invece no,
dopo la Foresta si estendeva una piana che permetteva un'ampia
visione ai territori circostanti, e a quel punto, anche senza
percepire le sue tracce, avrebbe potuto proseguire nella sua caccia.
La
meta, quella che era stata della sua preda e che ora era anche la
sua, svettava dritta davanti a lui; un insieme eterogeneo e caotico
di alti palazzi, pregni di umidità.
Sospirò,
pensando che sulla strada che rimaneva si sarebbe dovuto preparare
mentalmente per affrontare un'altra volta, -terribile volta, di
nuovo, come sempre- una preda che non sarebbe mai dovuta essere sua
nemica.
Aveva
camminato con passo spedito verso quella città immersa nel
calore
del tramonto, avvertendo lievemente le tracce della sua preda come un
vento tiepido sulla pelle, una brezza che accompagnava i suoi passi
con melodioso silenzio. Quasi senza accorgersene se ne
inebriò,
arrivando a inspirare sempre più, nel tentativo di cogliere
ogni
sfumatura di quella debole essenza. Fu forse per quello che quando
giunse nella città avvertì la sua presenza
impregnare ogni strada
di quel luogo. Si allungava e si perdeva nelle vie della
città come
un infinito serprente, ormai non più invisibile come lo era
stato
all'inizio, e per niente intaccato dall'umidità che
impregnava quel
posto. Lui riusciva quasi a vederli, i passi che lei aveva percorso,
ed erano tanti,
erano ovunque; si intrecciavano e si sovrapponevano, rendendo
impossibile distinguere l'inizio dalla fine.
Vi si immerse, in
quella traccia che era come una brezza, tentando di distinguere i
vari 'strati', doveva trovare quello più recente, in modo da
non
perdere troppo tempo a ripercorrere tutta la strada che lei aveva
fatto in quelle settimane.
*
"Ti
prego." La sua voce implorava, i suoi occhi bramavano vendetta.
Ed è una cosa che non si dovrebbe chiedere, quella.
"Non
dipende da voi, è una cosa che devo fare comunque."
Nonostante
il dovere fosse orrore.
"Ma io ti prego, salva mia figlia."
Era rabbia e rancore, ed era strano vederlo in una come lei, o forse
era semplicemente quel sentimento, che troppo forte, rendeva tutto
innaturale.
Una buona donna, una madre,
non dovrebbe implorare vendetta a un mostro per ucciderne un
altro.
Nonostante il dovere fosse panico e nausea al pensiero che
non ci sarebbe mai stato un modo per cambiare le cose, sapeva che
nessuno, nemmeno lui, poteva decidere diversamente.
*
Era
scesa la sera, e una penombra si era posata sui profili dei palazzi,
accarezzando le superfici con tenui e chiarissimi raggi lunari, e fu
così che la vide, giusto per qualche istante, come un tenue
e chiaro
raggio di luna, che andava a sparire in un vicolo.
Dovette
tornare a concentrarsi, per assicurarsi che ciò che aveva
appena
visto non fosse una mera illusione, non uno spettro, ma una persona
reale, quella
persona. Avanzò lentamente, appoggiando con cautela i piedi
in modo
da fare meno rumore possibile, le mani che correvano, sicure,
all'impugnatura del suo fedele falcione. Imboccò il vicolo
respirando piano, cercando tra le tenebre un'ombra di luna. Ed
eccola, fasciata in abiti di scuro cuoio e pelle candida, a portare
sulla schiena tre spade dalla guardia lucente, e per mano una bambina
dal sorriso radioso.
Il
dovere era orrore.
Il dovere era panico e nausea e il pensiero
atroce che non ci sarebbe stato mai più nulla, dopo quel
dovere, e
nulla mai più vi sarebbe stato se quel dovere non fosse
stato
portato a termine.
Un vicolo cieco. Vi si stavano incamminando
entrambi, esseri simili, uguali. Eppure così diversi, uno
predatore,
carnefice, l'altra una preda.
E
sapeva che era sbagliato, che andava contro ogni morale uccidere per
soldi e per la propria sopravvivenza quelli della sua stessa specie,
che prima o poi anche lui avrebbe fatto la loro stessa fine,
perché
la sua razza era sbagliata,
agli occhi degli Umani, e per quello non potevano sopravvivere. Lui
era solo uno strumento temporaneo, un'arma a doppio taglio.
Eppure
era quello il suo dovere; l'aveva reso il suo mantra, la sua
preghiera, qualsiasi cosa per riuscire a portarlo a termine, quel
dovere, che non aveva mai avuto niente di giusto o sensato, per lui.
Solo un modo per allungarsi la vita, se così poteva essere
chiamata.
Il
suo dovere, forse già lo sapeva, sarebbe stato la sua
rovina.
____
Capitolo
corto, forse un po' strano, ma necessario, nel prologo ho introdotto
Maeve, la fuggitiva, la preda, qui vi ho presentato il cacciatore
(spero non in modo troppo vago).
Avrete notato però che le cose
non sono semplici come sembrano all'inizio. Tutto si
spiegherà e si
sistemerà nel prossimo capitolo che, prometto,
sarà più lungo ed
esaustivo.
Ho notato che molte di voi sospettavano in qualche modo
della bambina, povera Rhia, lei è a posto, ve lo assicuro ^^
Ma magari Maeve non è stata esattamente fortunata ad
incontrarla, vedremo (vedrete) :)
Alcune
di voi mi hanno detto che vorrebbero vedere questa storia trasformata
in una long, visto che questa vicenda conterà solo cinque
capitoli... beh, ammetto che è un pensiero che da molto mi
ronza in
testa, ho creato un mondo completamente aperto, e mi è venua
nostalgia delle long fontasy. Quindi in un lontano fututro potrebbe
succedere :)
Grazie a chi è arrivato fin qui e a chi intende
seguirmi *-*