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Autore: lapoetastra    31/12/2014    2 recensioni
Una risata mi paralizza.
È stridula e gracchiante, ricca di odio e piena di follia.
La riconosco.
Lui è qui.
Mi ha trovata.
Genere: Angst, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Batman aka Bruce Wayne, Joker aka Jack Napier, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Un boato assordante trafigge il silenzio notturno, facendomi destare di soprassalto.
Cerco di guardarmi intorno, di capire la causa di quel rumore spaventoso che rimbomba ancora tra le pareti della camera da letto, ma non riesco a vedere niente.
È tutto buio.
Provo ad accendere la luce con mani tremanti, terrorizzata per non so neanche cosa.
Ma non c’è corrente.
E la tensione sale, impedendomi di ragionare lucidamente.
Mi dirigo lentamente al piano di sotto della mia abitazione e ad ogni scricchiolio che i miei piedi nudi producono sul freddo parquet sobbalzo inevitabilmente.
Arrivo in soggiorno, dove la luce dei lampioni in strada che entra dalle grandi finestre mi permette di vedere almeno in parte ciò che mi circonda.
Tutto tace, adesso, ma questo silenzio mi pervade i timpani inquietandomi ancora di più.
Rabbrividisco, ma non solo di paura: una corrente fredda mi colpisce la schiena coperta unicamente da una leggera vestaglia e mi spettina i lunghi capelli sciolti sulle spalle.
Mi giro di scatto verso quel refolo di vento invernale e capisco da dove arriva: una finestra è stata sfondata, ridotta in mille pezzi di vetro acuminati che luccicano sul pavimento.
Ecco cos’ha causato il rumore forte e sordo che mi ha svegliata.
Rimango paralizzata come una statua di cera ad osservare lo squarcio che unisce la sicurezza della mia casa al mondo esterno, rendendomi inerme di fronte alla criminalità che circola liberamente nel mio quartiere non appena cala il sole.
Spero, prego, che sia stato solo lo scherzo di qualche sciocco ragazzino che non aveva cattive intenzioni.
Mi avvicino ai frammenti di vetro, avendo cura di non tagliarmi, per cercare una pietra, o un masso, o un qualcosa che il burlone può avere lanciato dalla strada e che sia impattato accidentalmente contro la finestra.
Ma non c’è assolutamente niente, tranne una pozza di sangue che si allarga sempre più.
È il mio, perché mi sono ferita la pianta del piede.
Non provo dolore, però, e quasi non me ne accorgo neanche, in quanto la mia mente è di colpo invasa dall’assolutizzante consapevolezza che c’è qualcuno in casa, oltre me.
Qualcuno che non ci dovrebbe essere, e che si nasconde nel buio.
Potrebbe essere dappertutto, in qualsiasi anfratto, pronto ad assalirmi e ad uccidermi per chissà quale motivo.
Ma io non voglio arrendermi senza combattere e, con il taglio al piede che sta iniziando a farsi sentire tramite una lunga e acuta fitta di sofferenza, mi dirigo in cucina, per prendere un coltello con cui difendermi.
Prego intanto che la luce ritorni, e mi maledico per non tenere in casa neanche una candela da usare nei momenti di emergenza.
Prendo l’utensile più affilato che nella penombra riesco a trovare, e anche se le mani sudate scivolano sull’impugnatura di metallo, mi sento più al sicuro con il coltello puntato davanti a me, pronto a colpire chiunque osi avvicinarmisi troppo.
Nessun rumore giunge alle mie orecchie tese, e per un momento penso che forse mi sono sbagliata, forse è stato davvero tutto solo uno scherzo.
Di cattivo gusto, certo, ma almeno non pericoloso.
Prendo in considerazione l’accogliente idea di tornarmene nel mio caldo letto, sotto le morbide coperte, per dimenticare tutto l’accaduto.
Ma una risata mi paralizza.
È stridula e gracchiante, ricca di cattiveria e piena di follia.
La riconosco.
L’ho sentita tante volte, nei notiziari, ma non credevo che dal vivo sarebbe stata così… terrorizzante.
So che non c’è più scampo, per me, se lui mi ha designato come sua prossima vittima.
È troppo furbo, e di certo predirà ogni mia mossa.
< Perché sei così seria? >, riecheggia la sua voce da pazzo nell’aria immobile, agitandomi talmente tanto da farmi credere che i battiti forsennati del mio cuore di possano sentire nell’ovattata ed innaturale tranquillità della casa.
< Mmm, non dici niente? >, sussurra ancora, sempre più vicino.
Vorrei rispondergli per le rime, tanto ormai nulla mi salverà, ma la voce non esce e la bocca mi si è seccata di colpo, rendendomi difficile anche la semplice deglutizione.
Non riesco a capire dove sia, non lo vedo da nessuna parte, ma so che è ad un passo da me.
E di colpo mi appare davanti, facendomi involontariamente balzare all’indietro contro la credenza.
Con un dolore lancinante alla testa, lo fisso.
È proprio come è stato mostrato innumerevoli volte alla televisione: mostruoso.
I suoi capelli sono di un acceso color verde e gli aleggiano intorno alla testa come un nido di serpi, ed i suoi occhi sono cerchiati di uno spesso strato di trucco nero che lo fa quasi assomigliare ad un panda.
La sua faccia è interamente coperta di cerone bianco, donandogli un innaturale pallore che quasi luccica nella penombra che ammanta la cucina.
E quella bocca è mille volte più inquietante di come mi era sembrata in tv.
È colorata di rosso, e si prolunga in due profonde cicatrici che gli solcano le guance come un ghigno famelico.
Non posso impedire al mio corpo di tremare, ancora più forte, ora che è a pochi centimetri da me.
< Joker… >, riesco a sussurrare, cercando di caricare il suo nome di tutto il disprezzo e l’odio che provo nei suoi confronti, e non della paura che ormai mi ha invaso da capo a piedi.
< Mmm mmm mmm, sì, sono proprio io >, ride divertito, come se avessi appena raccontato la barzelletta più divertente del mondo.
< Non c’è il tuo Batman qui a salvarti, mm? > mi chiede poi ghignando, alitandomi direttamente sul viso il suo respiro bollente.
No, ha ragione, non c’è Batman qui a salvarmi.
Probabilmente in questo esatto momento è lontano, a cercare in qualche modo di individuare l’abitazione proprio di Joker.
Se solo sapesse che la sua nemesi è qui, adesso, nella sua stessa casa.
In un breve sprazzo di lucidità provo pena per il mio amato Bruce: chissà che cosa dirà domani quando scoprirà che il suo più acerrimo nemico ha ucciso la sua fidanzata mentre lui era in giro a cercarlo pur non avendo alcuna traccia di dove si trovasse.
E quasi vorrei vivere solo per evitargli questa figura…
< Sai chi mi ha fatto queste cicatrici? >, mi domanda di colpo Joker, distogliendomi dai miei pensieri.
So che quella è la domanda che il pagliaccio pone alle sue vittime prima di mandarle all’altro mondo.
Ed allora chiudo gli occhi, aspettando che arrivi l’inevitabile fine.
 


Mi tiro su di scatto, con il cuore che mi batte all’impazzata e mi sta per uscire dal petto.
Qualcosa mi avvolge, ed incomincio ad urlare in preda al panico, divincolandomi come posso.
Mi fermo.
Capisco che ciò che mi sta stritolando non sono altro che le coperte del letto, fradicie del mio stesso sudore che mi imperla completamente il viso ed il corpo.
Cerco di rilassarmi e di calmare il respiro, che mi brucia come fuoco dei polmoni.
Il volto truccato di Joker mi appare di colpo davanti agli occhi, ma lui non è davvero qui.
È stato solo un sogno, un incubo, causato da ciò che vedo ogni momento nei notiziari.
Eppure era così vivido che mi sembra ancora di sentire il suo caldo respiro, di percepire la lama affilata del coltello premermi contro la giugulare, di udire nelle orecchie la sua stridula risata.
Ma non importa, perché tutto questo non era reale, e non è mai accaduto, se non nella mia mente turbata ed addormentata.
Sorrido, passandomi una mano tra i capelli bagnati.
Sto per rimettermi giù, nel calore del mio morbido letto, quando un raggio di luna entra all’improvviso dalla finestra accanto a me.
E la vedo.
È poggiata accanto a me, e rifulge rossa come se fosse ricoperta di sangue.
La prendo con mani tremanti e me la porto davanti agli occhi.
Soffoco un urlo.
È una carta da gioco.
La carta del Joker.
   
 
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