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Autore: VaVa_95    01/01/2015    2 recensioni
Ciò che veramente è più di prezioso, che resiste contro ogni cosa, è il ricordo.
Forse, è l'unica cosa che dura per sempre. Si organizza un angolo della mente dedicato solo ad esso, e va bene così. Questo Brian Haner lo sa bene.
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"Brian non voleva bere, non più di tanto almeno. L'alcol gli offuscava la mente, e lui aveva bisogno di essere completamente lucido, per ricordare.
Già, ricordare Jimmy".
Genere: Generale, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Arin Ilejay, Synyster Gates, The Rev, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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A Place Where You Belong

 
 
 
"I have so much to say but you're so far away"
Avenged Sevenfold - So Far Away
 
"I live my life in misery, I'd sacrifice this world to hold you"
Bullet For My Valentine - Say Goodnight
 
"For every whisper he would scream for every drought he shared a drink
For every sorrow there is a light from our St. James"
Avenged Sevefold - St. James
 
 
 



December 27, 2014
h. 19.40
Huntington Beach, California
 
 
Si poteva dire che, da quando era entrato nell'adolescenza, Brian Elwin Haner Junior si svegliava di malumore un giorno sì e l'altro pure. In genere mugugnava qualcosa, scalciava via le lenzuola che lo coprivano e si trascinava fuori dal letto. Per raggiungere il bagno poi in genere andava a sbattere contro qualcosa, o finiva per inciampare in ciabatte varie o nella chitarra che la sera prima aveva intenzione di riporre ma che poi finiva sempre lì sul pavimento accanto a lui, perché era troppo stanco e voleva solo andare a dormire.
Era riuscito persino a travolgere il cane, una volta, e Pinkly aveva avuto paura di lui per circa due giorni, tanto da non farsi nemmeno avvicinare.
Quella strana routine mattutina veniva in genere accompagnata da una sfilza di insulti.
Ma quello era Brian, e nessuno ci faceva mai troppo caso. Anzi, chi gli stava intorno si era ormai abituato a quei riti, tanto che pensavano che ci fosse qualcosa che non andava quando non succedeva niente di simile.
Il tutto finiva quando gli si porgeva un caffè. Esso veniva bevuto lentamente, senza essere accompagnato da nulla. E lì, si poteva dire che Brian Elwin Haner Junior tornava ad essere una persona pressapoco normale. Pressapoco, per l'appunto.
Certo, quando nemmeno un caffè migliorava la situazione si poteva dire che c'era un problema.
E quella mattina c'era un problema.
Michelle l'aveva già capito, ma ne aveva avuto la conferma quando il marito si era seduto su uno dei divani del loro salotto e non si era mosso da lì per tutta la giornata, fatta eccezione per prendere la chitarra e qualche foglio bianco. Oh, e la birra, ovviamente.
Non aveva neanche voluto pranzare. 
La donna si era limitata a sospirare  e gli aveva fatto compagnia per un po', poi aveva deciso di recarsi a casa della gemella, in modo da aiutarla con i suoi due bambini, da brava zia quale era. Gli aveva chiesto se voleva venire con lei per vedere Matt e i nipoti, ma nemmeno quello era riuscito a farlo alzare da lì.
 
Brian aveva solo bisogno di stare da solo, a riflettere.
Nessuno sapeva bene cosa passasse per la mente del chitarrista, quando si trovava da solo. In fondo, se gli si chiedeva di descriversi, si definiva, letteralmente, "un ammasso di demoni". A volte scribacchiava qualcosa senza senso su un foglio volante, in modo da lasciare uscire tutta la rabbia, poi lo accartocciava e lo buttava nel cestino più vicino, come se in quel modo quei mostriciattoli fossero stati uccisi. E chi veniva ucciso non tornava.
Peccato che uccidere un demone non era poi così facile.
Se proprio doveva dirla tutta, una persona che riusciva a farlo c'era. Era sempre stato capace di compiere l'impresa. Quando c'era lui in giro, tutto ciò che c'era di cattivo nella mente di Brian spariva, completamente.
Jimmy riusciva a farlo, nessuno sapeva perché. Non lo sapeva nemmeno lui, in realtà. In genere ci scherzava su, dicendo che il migliore amico aveva qualche rotella fuori posto e, frequentando uno come lui, improvvisamente la sua follia sembrava normale.
In fondo, paragonati a Jimmy, tutti sembravano normali.
Perché Jimmy era speciale. Non c'era altro modo per definirlo.
Il chitarrista si ritrovò a sospirare, prendendo poi un sorso di birra. Non aveva bevuto tanto in quella giornata, il che era strano. A volte la moglie ci scherzava su, dicendo che avrebbe potuto tranquillamente lasciarla per una fornitura a vita di birra, se gliel'avessero offerta. Questo suo rifiuto all'alcol avrebbe, quindi, dovuto far scattare un campanello d'allarme.
Ma Brian non voleva bere, non più di tanto almeno. L'alcol gli offuscava la mente, e lui aveva bisogno di essere completamente lucido, per ricordare.
Già, ricordare Jimmy.
Perché il suo migliore amico era morto cinque fottutissimi anni prima, e lui era rimasto con niente, se non i ricordi. Quando era piccolo, poco dopo il divorzio dei suoi genitori, la madre gli aveva detto che nulla era per sempre, che tutte le cose prima o poi finivano... tranne una, e quella era il ricordo. Aveva constatato che era vero solo in parte.
Già, non era vero perché lui sapeva di avere un'amicizia speciale con determinate persone, che erano anche i membri della sua band, che non sarebbe mai finita. Ma sapeva anche che l'unico modo per mantenere viva una di quelle persone era usufruire dei ricordi riposti ordinatamente in un angolino della sua mente tutto dedicato a lui, dedicato a Jimmy.
Perché Jimmy era morto.
Così, andato. E non sarebbe tornato mai più.
 
Brian sentì le lacrime cominciare ad affiorare, così decise di scuotere energicamente la testa, in modo da non farle cadere. Aveva versato troppe lacrime, e lui lo sapeva che, se fosse stato lì, il suo Jimmy gli avrebbe detto di smetterla e, al contrario, di mettersi a fare qualcosa di produttivo.
In fondo l'aveva visto piangere tante volte, lui, un po' per tutti i motivi. Non l'aveva giudicato in nessuna di esse, anzi, spesso l'aveva abbracciato e aveva pianto con lui, perché era giusto così.
Ripose la chitarra, che aveva preso in mano poco prima in modo da strimpellare qualcosa. I ragazzi stavano già cominciando ad avere idee per il nuovo album, di conseguenza anche lui avrebbe dovuto farsi venire in mente qualcosa. Stava cominciando a diffondersi nella loro combriccola quel piccolo entusiasmo per le cose nuove. Certo, stavano lavorando ad un dvd che sarebbe uscito per la fine di gennaio, ma avevano visto e rivisto i contenuti, così tanto che ormai sapevano ogni passo a memoria. Per quello l'eccitazione sarebbe tornata quando avrebbero letto le impressioni dei fan. 
Era il momento di dare spazio a nuove idee. 
Brian in quel periodo però riusciva a pensare solo ad una cosa, ovvero che quello sarebbe stato il secondo album senza Jimmy. O forse il terzo, ma Nightmare era già a buon punto, quando lui era... si ritrovò a scuotere di nuovo la testa.
Non doveva piangere.
No, non doveva.
E pensare che, quando era successo, quando era venuto a sapere che una delle persone più importanti della sua vita non c'era più, era crollato a terra in preda ai singhiozzi. E aveva pianto per giorni, così intensamente che pensava avesse svuotato il suo intero corpo di tutta l'acqua che conteneva.
Ma poi anche le lacrime erano finite ed era rimasta solo l'incredulità, da parte di tutti. E il dolore.
Dio, il dolore.
Il male peggiore del mondo.
Ed era stato lì, in quel preciso momento, che aveva cominciato a ricordare. Tutto, davvero tutto. Dal primo giorno all'ultimo. E aveva scoperto con piacere che i ricordi erano tutti lì. Che non aveva dimenticato nessun momento passato con il suo Jimmy. E sapeva che era giusto così. In quel momento aveva creato un piccolo angolo della sua mente che era solo dedicato a lui, alla memoria del suo migliore amico.
Sentì qualcuno armeggiare con la porta di casa, non facendoci molto caso. Era probabile che Michelle fosse tornata da casa Sanders, che era letteralmente a due ville di distanza.
- Sai, dovresti imparare a chiuderti a chiave, avrei potuto essere un assassino o qualcosa del genere - esclamò Arin, richiudendosi la porta di casa Haner alle spalle e facendo il suo ingresso nel salotto. 
Il chitarrista lo guardò per un attimo, sorpreso.
- Che ci fai qui? -
- Ed io che pensavo fossi felice di vedermi - disse, non potendo fare a meno di ridacchiare - mi ha chiamato Michelle. Ha detto che è da stamattina che non ti scolli da lì e voleva che io passassi a controllare. -
Brian alzò gli occhi al cielo, per poi battere una mano sul posto vuoto accanto a lui, come ad invitarlo a sedersi.
Arin Ilejay era entrato nelle loro vite come un fulmine. Non di quelli a ciel sereno, che sconvolgevano completamente la vita di ognuno. No. Il loro cielo era pieno di nuvole, era in tempesta. Quel fulmine aveva riportato tutto al suo posto.
Già, il batterista aveva una strana filosofia, secondo la quale tutto, prima o poi, tornava nel luogo in cui doveva stare. "Tutto torna al proprio posto", diceva, sorridendo.
Ironia della sorte, li aveva fatti tornare al proprio posto per davvero.
Quando lo avevano incontrato la prima volta, lui e i ragazzi avevano pensato che l'avrebbero letteralmente mangiato vivo. Non avrebbe retto alla pressione e in una settimana sarebbe scappato urlando. Non era stato così.
Perché Arin Ilejay conosceva gli Avenged Sevenfold da quando di anni ne aveva solo quattordici. Conosceva la loro musica e il loro stile, era cresciuto seguendo le orme di Jimmy ed era più che convinto di riuscire a portare avanti il suo lavoro e di rendergli onore.
Dopo quella fatidica settimana, quindi, ai componenti degli Avenged Sevenfold era stato chiaro che quel ragazzo non gli era stato mandato da Mike Fasano, che si era da subito impegnato nella ricerca dopo la fine della collaborazione con Mike Portnoy. No, non era stato lui. Era stato Jimmy. Arin aveva un pezzo dell'anima di Jimmy in lui, e non provava neanche a nasconderlo: aveva una personalità esuberante, sorrideva sempre e gli occhi erano costantemente illuminati, come se non conoscessero l'oscurità.
- Allora, qual è il problema? -
Avevano tutti constatato, nel corso degli anni, che il giovane batterista era particolarmente bravo a gestire le crisi.
Era tutto cominciato in tour, quando Matt aveva avuto uno dei suoi crolli nervosi. Lo sapevano tutti in fondo che lui sarebbe stato il primo. In genere, essendo il frontman, faceva il numero maggiore di interviste e si ritrovava spesso a parlare di Jimmy. Lui non avrebbe voluto farlo, perché Jimmy era stato uno dei suoi migliori amici per quasi vent'anni e non era di nessuno, se non suo e dei ragazzi. Ma in quelle occasioni si ritrovava a raccontare, a condividere storie che voleva avere tutte per sé, che voleva fossero riservate a loro. E non si notava, ma faceva male.
Arin era sembrato accorgersene. Così, quando il cantante era rientrato nel tour bus e aveva cominciato a tirare pugni contro la prima parete che gli era capitata a tiro, il batterista era intervenuto subito. Cinque minuti dopo Matt era appolpato a lui, con le guance gonfie e gli occhi arrossati per il pianto. E quando gli altri membri della band avevano constatato che ad Arin tutto quello non era pesato, avevano capito che quel ragazzo sarebbe rimasto lì con loro per la vita.
E più il tempo passava, più la cosa veniva loro confermata.
Da quando Jimmy era morto Zacky aveva cominciato a soffrire di incubi, così terribili che spesso si rifiutava di dormire. Arin aveva escogitato un trucchetto, che comportava lasciare il cellulare costantemente acceso, in modo che Zacky potesse chiamarlo anche nel cuore della notte, quando i demoni tornavano. Aveva funzionato, perché il chitarrista ritmico era tornato a dormire.
Poi c'era Johnny, che alternava stati di felicità con stati di completa disperazione. In fondo, i ricordi legati a Jimmy erano felici, ma poi pensava che lui non c'era più, e il tutto lo faceva improvvisamente crollare. Affogava il dolore nell'alcol, quindi. Era l'unico modo, in quanto esso era il male peggiore del mondo, e l'unico modo per dimenticare di averlo era bere, tanto. Arin era intervenuto anche a lì, e come per magia, il bassista beveva meno. Molto meno.
Era... incredibile.
- Il problema è che domani quell'idiota non ci sarà. Anzi, domani saranno cinque anni. -
Arin si ritrovò ad annuire. Se la ricordava bene anche lui, la morte di Jimmy, e poteva dire di essersi chiuso nel suo appartamento e di non esserne uscito per giorni. Aveva negato il più possibile, finché non aveva dovuto constatare che la sua maggiore ispirazione era andata via.
- Pensa che non sia arrabbiato. -
Di fatto, Brian non era arrabbiato. Era furioso. Insieme ai ragazzi, Jimmy era la persona di cui aveva bisogno di più al mondo. Più di qualsiasi altra. E il pensiero che non ci fosse più lo uccideva.
Il chitarrista lo sapeva che il ragazzo aveva un metodo per gestire anche quello.
- Parlami di lui. -
Appunto.
- Non voglio. -
- Lo farai, invece. E lo farai anche questa sera, perché abbiamo un appuntamento con i ragazzi e tu verrai con me, dovessi alzarti di peso e trascinarti lì. -
Il chitarrista si ritrovò a deglutire rumorosamente. Certo, Arin era la metà di lui e non ce l'avrebbe mai fatta a trasportarlo da casa a dovunque dovessero andare (per tutta la settimana era stato completamente assente, ma aveva capito tra qualche conversazione fra i migliori amici che doveva esserci una qualche celebrazione, non sapeva dove). Ma sapeva anche che era dannatamente determinato, e un modo l'avrebbe trovato.
- Andiamo, raccontami di Jimmy. -
Brian aveva così tante cose da dire, su Jimmy. Sempre e comunque.
In genere, cominciava a dire che era il suo migliore amico. Ma quella era conoscenza comune, lo sapevano tutti. Ciò che non sapevano, forse, era che i due erano un'anima sola divisa in due corpi. Dio o chiunque altro essere ci fosse lassù o laggiù o non sapeva dove si era sicuramente divertito a dividere un'anima sola e a posizionarla in due corpi separati. Ciò aveva fatto sì che le suddette persone si cercassero costantemente. Non potevano vivere l'uno senza l'altro.
O almeno così pensava. Lui stava imparando a farlo, in fondo. Stava provando a continuare a vivere senza la presenza fisica di Jimmy. Già, solo quella fisica, perché la sua essenza non l'avrebbe mai abbandonato. La sua luce sarebbe rimasta, sempre.
Dopo aver spiegato questo affermava che il suo Jimmy era la persona più strana e pazza che avesse mai vissuto, ma anche una delle migliori - se non la migliore. E lì si ritrovava a raccontare qualche storia su Jimmy, come quando i due si erano conosciuti, o il fatto che fosse stato espulso da ben quattro scuole, oppure il fatto che avesse chiamato Zacky "fighetta" la prima volta che l'aveva incontrato, il fatto che tirava su Johnny di peso e se lo portava in giro senza la minima difficoltà, oppure il fatto che una notte si era recato a casa di Matt e, saliti sul tetto, avessero cominciato a tirare oggetti su quello del vicino e una volta scoperti il batterista era corso via urlando, svegliando praticamente tutto il quartiere.
Riportava fuori ricordi felici, perché quelli tristi erano troppo dolorosi. Anche lì, dopo solo cinque anni. I primi di tanti altri. E solo a pensare a quello faceva male.
Quella volta però non aveva intenzione di dire niente del genere. Voleva dire solo una cosa, voleva urlarla. Perché era troppo tempo che se la teneva dentro e voleva farla uscire.
- Jimmy aveva il cuore troppo grande - cominciò, ottenendo l'attenzione del suo interlocutore, che mentre aspettava si era soffermato sui fogli bianchi sui quali era scribacchiato qualcosa nella sua orribile calligrafia - aveva il cuore troppo grande. Amava troppo. Era come... era come un bambino. Danno tutto l'amore che hanno subito, senza alcuna distinzione. Jimmy era così. Amava tutti, in modo incondizionato. Ho sempre pensato che amasse me e i ragazzi un po' di più... ed era vero. Ci amava più della sua stessa vita. Per farci felici avrebbe trovato un modo per andare sulla Luna, se era ciò che volevamo. Ha amato con ogni fibra del suo corpo. Ha amato la sua famiglia, ha amato la musica, ha amato la band. Ha amato i fan. Quindi sì, di fatto ha amato anche te. -
Quest'ultima affermazione aveva fatto ridere il batterista, cosa che gli aveva fatto acquistare sicurezza.
Aveva così tanto da dire. Così tanto che nemmeno l'eternità sarebbe bastata.
Aveva fatto un discorso simile, al funerale. Erano completamente distrutti, tutti loro. Avevano passato l'intera funzione a stringersi, a confortarsi a vicenda, a dirsi che sarebbe andato tutto bene, che avrebbero trovato un modo, che Jimmy non se n'era veramente andato ma che sarebbe sempre rimasto a vegliare su di loro. Era stato chiesto loro se volessero dire qualcosa. Brian, allora, si era fermato ad esaminare le figure dei migliori amici: Zacky non dormiva da quando era successo, indossava degli occhiali da sole scuri per nascondere le enormi occhiaie violacee che gli contornavano gli occhi; Johnny aveva passato il tempo a piangere e a bere, quindi non sarebbe riuscito a mettere insieme due parole di senso compiuto; Matt era semplicemente in uno stato pietoso.
Così, si era fatto avanti lui. E aveva parlato. Aveva parlato quando in realtà avrebbe voluto urlare, rompere tutto, piangere. Si era limitato a dire invece che il suo Jimmy aveva un cuore grande, che li aveva amati così tanto che tutto quello che aveva dato loro in tutti quegli anni sarebbe bastato per la vita, che sapevano che non sarebbero mai stati soli. Aveva concluso rivolgendosi direttamente a lui, al suo Jimmy: "una parte della mia anima è scivolata via, quella che avevi dentro di te, ma ti garantisco che con la metà che mi rimane mi rimetterò in piedi, perché so che è ciò che vuoi... te lo prometto".
Già, gli aveva fatto una promessa. Ne avevano fatte tante, in fondo, loro due. Un'ultima non sarebbe guastata.
Il tutto però si stava rivelando più difficile del previsto.
- Jimmy aveva il cuore troppo grande. Ed è stato anche quello che... che l'ha ucciso. -
Brian aveva appoggiato la testa sulla spalla del batterista, che si era limitato a stringerlo forte. Arin la sapeva quella storia. A dire la verità, sapeva tutte le storie di Jimmy possibili ed immaginabili, perché i ragazzi l'avevano reso così partecipe che era come se lo avesse sempre conosciuto. Come se fosse stato anche il suo migliore amico.
- Aveva il cuore troppo grande, capisci? -
- Lo so. Lo capisco - aveva sussurrato, battendogli una mano sulla schiena.
- È tutto così ingiusto. -
Su quello non c'erano dubbi.
- Brian, in un prato colmo di fiori, quali raccogli? -
Il chitarrista alzò lo sguardo su di lui. La sua faccia aveva assunto un'espressione interrogativa.
- Rispondimi: che tipo di fiori raccogli? -
Lo vide riflettere, e il batterista non sapeva se fosse un bene o un male.
- I fiori più belli.* -
Arin si ritrovò a sorridere.
- Appunto. -
Non aveva bisogno di spiegare, era sicuro che avesse capito.
- Mi manca, Arin. Mi manca così tanto da non riuscire a respirare. -
Il batterista lo conosceva da tempo, e poteva dire che quella era una delle poche volte in cui il chitarrista aveva detto quelle parole ad alta voce. Lo sapevano tutti, che gli mancava Jimmy. Non ne parlava mai però.
- Manca anche a me - si ritrovò a dire, anche se non l'aveva mai conosciuto di persona, anche se non era mai entrato in contatto con lui, neanche una volta.
Cadde il silenzio.
Stavano entrambi pensando. Quando Arin pensava nessuno sospettava che avesse cattivi pensieri, soprattutto perché non avevano mai incontrato una persona più serena di lui (a parte, per l'appunto, Jimmy). Quando Brian invece metteva in funzione le rotelline che aveva nella sua testa, però... si poteva stare sicuri sul fatto che si trattasse qualcosa di tetro.
E questo il batterista lo sapeva.
- Sai una cosa? - domandò, schioccando le dita, come se gli fosse venuta un'idea - penso che Jimmy sia qui con noi in questo preciso istante. E non penso voglia stare qui. Vuole che andiamo al Johnny's a festeggiare la sua vita insieme agli altri. -
Brian alzò di scatto la testa verso di lui, come a chiedersi che accidenti avesse detto.
Esitò per un momento.
- Si può fare? Celebrare una vita, intendo. -
- Certo che sì. Con Jimmy, si può fare tutto. -
 
 
 
 
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December 27, 2014
h. 23.59
Huntington Beach, California
 
 
Arin ce l'aveva fatta.
Era riuscito a fare scollare Brian dal divano e a trascinarlo al Johnny's. Nel periodo in cui era stato in completa catalessi, i ragazzi avevano organizzato una vera e propria celebrazione al locale preferito di Jimmy.
C'erano tutti, persino Joe, il padre di Jimmy. Appena l'aveva visto Brian gli si era buttato addosso, stringendolo forte.
"Brian, staccati, non sei più un ragazzino ed io sto invecchiando", aveva detto l'uomo, per poi guardare Arin come a dire "che ci posso fare". Il batterista aveva riso, ma solo quando il chitarrista si era deciso a staccarsi da lì era riuscito a salutarlo in maniera appropriata.
Avevano passato una bella serata. Jonathan, il proprietario, aveva creato una playlist apposta per la serata, composta ovviamente dalle canzoni della band.
- Possiamo almeno sapere che hai fatto? - domandò Zacky, per l'ennesima volta in quella serata.
Brian scosse energicamente la testa, per poi fargli una linguaccia scherzosa. L'amico rispose alzandogli il medio, cosa che fece scoppiare a ridere gli altri.
- Sei assurdo, Haner - si ritrovò a constatare Johnny - ma almeno non sei venuto qui prima e ho potuto bere mooooooolto più di te. -
Aveva allungato un po' troppo la "o". E tutte le altre vocali. La mattina successiva Lacey si sarebbe ritrovata a dover gestire il marito in un post-sbronza colossale. Probabilmente anche le altre avrebbero avuto i loro problemi. In fondo, avevano sposato loro.
Matt si ritrovò a passare un braccio sotto l'ascella del bassista, come ad impedirgli di cadere a terra. Stava cercando in tutti i modi di non ridere.
- Ehi, è quasi mezzanotte - si ritrovò a constatare Arin, guardando l'orologio.
Come a seguirlo, tutti i presenti (gli amici più stretti, le famiglie, i fan del posto che erano stati invitati) si voltarono verso l'orologio, osservando attentamente la lancetta di colore rosso che indicava i secondi procedere la sua corsa.
Tic, toc, tic, toc.
E, improvvisamente, si era entrati nel 28 dicembre.
Tutti i presenti alzarono le proprie birre al cielo.
"Appena ti raggiungo te la vedrai con me, stronzo", aveva pensato Brian nell'esatto momento in cui brindava con le altre quattro persone più importanti della sua vita.
 
 
 
 
Jimmy aggrottò le sopracciglia e assunse un'espressione corrucciata, ma poi non poté fare a meno di scoppiare a ridere.
Ci sarebbe voluto un bel po', prima che Brian potesse farlo nero. Sia per lui che per gli altri. Ma non gli importava: aveva più tempo per prepararsi.
- Fatti sotto, Haner. Ti sto aspettando. -
 
 
 
 
 
 
 
 
Note dell'autrice:
 
Ammetto che all'inizio questa OS non la volevo nemmeno pubblicare, ma alla fine qualcuno mi ha fatto capire che ne valeva la pena, quindi eccola qui.
Scriverla è stato difficile, soprattutto per l'argomento trattato. L'ispirazione però è venuta, come probabilmente avete dedotto dall'ultimo paragrafo, dalla festa che si è effettivamente tenuta la sera del 27 dicembre al Johnny's (la notizia è stata postata sulla pagina del saloon, e devo dire che quel post mi ha fatto piangere e sorridere al contempo). 
Non ho molto da dire, penso che la storia parli da sé. Il titolo deriva da una canzone dei Bullet For My Valentine, "A Place Where You Belong", per l'appunto. Da lì si può anche derivare la filosofia di Arin, "tutto torna al proprio posto, prima o poi". E quando si dice "tutto", si intende davvero tutto.
Tengo a precisare che gli appellativi con cui Brian si rivolge a Jimmy, ovvero "idiota" all'inizio e "stronzo" alla fine, sono effettivamente appellativi ("moferfucker, ndr) con cui si è rivolto a Jimmy quando ne parlava in qualche intervista risalenti al 2010, quando era visibilmente arrabbiato.
Di fatto, questa storia è un esperimento. Ho ripreso molti argomenti delle mie precedenti OS, ma l'essenza è diversa. Avevo bisogno di una piccola valvola di sfogo. Non posso dire che questo esperimento sia finito bene, o che sia finito male. Questo, magari, spetta a voi dirlo. Quindi, spero davvero mi facciate sapere cosa ne pensate di questa piccola OS.
 
Voglio ringraziare particolarmente la splendida Roxy, per avermi dato ispirazione con la sua splendida frase (contrassegnata nella storia con con un asterisco: *). A lei va il credito di quella bellissima espressione. E voglio ringraziarla anche per le sue splendide fanfiction, nelle quali Jimmy è ritratto in una maniera meravigliosa - e non solo lui -.
 
Detto ciò, mi ritiro nel mio angolino buio (a studiare per gli esami, ma ssssh).
Alla prossima ff,
Kisses
Vava_95
 
 
P.S. in caso vogliate scrivermi anche su twitter, sono @SayaEchelon95
P.P.S. nonostante io l'abbia controllata e ricontrollata, sono quasi sicura che qualche errore di battitura o di altra natura, ci sia. Chiedo perdono.
  
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