Anime & Manga > Naruto
Ricorda la storia  |      
Autore: LalyBlackangel    15/11/2008    2 recensioni
***Questa Fanfiction è arrivata 3^ al contest "NaruSaku & KibaIno Prompt Contest" indetto da VavvyMalfoy91, nella sezione KibaIno.***
Se l’avessero chiesto a lui cos’era l’istinto, probabilmente avrebbe innanzitutto ghignato, avrebbe poi incrociato le braccia e alzato lievemente il mento, stingendo gli occhi e arricciando le labbra in una posa derisoria.
Infine avrebbe probabilmente risposto “beh, non credo che tu ti scopi tua moglie per puro dovere, no?”.
A quel punto una persona normale avrebbe pensato che Kiba fosse un cafone e che si fosse riferito piuttosto volgarmente alla riproduzione, punto.
Ma per lui c’era molto di più sotto.
Genere: Romantico, Erotico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Ino Yamanaka, Kiba Inuzuka
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Basic Instinct




Istinto: disposizione innata negli esseri viventi che provoca un insieme di comportamenti tendenti a preservare l’individuo per la conservazione della specie.
Esempi di tali comportamenti sono l’autodifesa, la caccia e la riproduzione.
Questa era la definizione accademica di istinto, quella che ti poteva dare qualsiasi persona di buon senso alla domanda: “cos’è l’istinto?”.
Ma per Kiba questa definizione era solo una minima e superficiale parte dell’insieme.
Se l’avessero chiesto a lui cos’era l’istinto, probabilmente avrebbe innanzitutto ghignato, avrebbe poi incrociato le braccia e alzato lievemente il mento, stingendo gli occhi e arricciando le labbra in una posa derisoria.
Infine avrebbe probabilmente risposto “beh, non credo che tu ti scopi tua moglie per puro dovere, no?”.
A quel punto una persona normale avrebbe pensato che Kiba fosse un cafone e che si fosse riferito piuttosto volgarmente alla riproduzione, punto.
Ma per lui c’era molto di più sotto.
L’istinto non era solo un modo per preservarsi, ma un modo per preservarsi al meglio, per vivere la vita fino in fondo.
Il piacere, in poche parole.
La ricerca del piacere per se stessi.
Era quello, per lui, il vero istinto primordiale degli uomini.
E
lei era l’Unica, la sola che potesse soddisfare appieno quell’istinto.

Ino davvero non capiva che ci trovasse di così tanto bello in lui.
L’aveva visto un giorno per caso mentre si faceva il bagno nel laghetto del bosco.
Vero, il corpo era atletico, muscoloso, con un po’ di peli sul petto e sull’ombelico, ma neanche troppi.
Le braccia erano forti e flessuose, i muscoli asciutti come fasci di nervi.
Ma Kiba, di per sé, non era un ragazzo bellissimo, come Sasuke o Neji, e non aveva nemmeno quel carattere un po’ misterioso e un po’ comico che faceva di Shikamaru e Naruto due ragazzi ultimamente molto richiesti.
Eppure nei suoi sogni lo vedeva spesso, magari proprio in quel laghetto in cui si stava facendo il bagno, o lo vedeva appollaiato alla finestra.
Ma la maggior parte delle volte lo sognava mentre le lasciava una scia bollente di segni sulla pelle, mentre la abbracciava e toccava con forza e passione, in un modo un po’ animalesco.
Moltissime volte non aveva nemmeno bisogno di dormire per vederlo, poiché pensava a lui quasi costantemente, specie quando era sola in camera sua.
Erano quasi sei mesi che continuava a sognarlo, a occhi più o meno aperti.
Erano quasi sei mesi che sentiva indispensabile la presenza di Kiba e dei suoi occhi dorati nei suoi pensieri.
Ed erano quasi sei mesi che dopo ogni sogno si trovava con la mano bagnata e appiccicosa in mezzo alle gambe.
Kiba Inuzuka le faceva sesso.
Ecco forse che ci trovava di così tanto bello in lui.

Passava davanti al negozio di fiori degli Yamanaka un po’ troppo spesso anche per i suoi gusti, ultimamente.
Ci passava sempre la mattina molto presto, praticamente all’alba.
Guardava la seconda finestra a destra del primo piano, arricciava il naso per percepire l’odore che da quella stanza veniva, feromoni deliziosamente passionali che quasi subito facevano reagire le sue parti basse, in una reazione spesso prepotente.
Poi a passo svelto, ma non frettoloso, si dirigeva verso il boschetto, un po’ lontano dalle radure degli allenamenti.
Si sedeva, si appoggiava al tronco dell’albero e metteva una mano nei pantaloni, facendo uscire il pene eretto.
Poi iniziava a darsi piacere da solo, fino a quando non sporcava l’erba col suo seme.
Copriva lo sperma smuovendo la terra, si risistemava, tornava a casa a prendere Akamaru, si lavava bene le mani, faceva colazione e andava ad allenarsi con la sua squadra.
Era una routine che ormai il sedicenne Kiba Inuzuka aveva iniziato da cinque, sei mesi.
Doveva ammettere che era frustrante darsi piacere da solo in mezzo al bosco, ma non poteva fare altrimenti.
Ne sentiva il bisogno pressante.
Aveva bisogno di sentire almeno l’odore altamente erotico di Ino, ed era davvero diventata una necessità.
Aveva ancora più bisogno del corpo in carne ed ossa di lei, ma Kiba aveva anche una moralità, non solo bassi istinti.
Ma Ino Yamanaka non la smetteva i essere il suo sogno erotico.
Sentiva che prima o poi sarebbe scoppiato.

Titititi.
Titititi.
Titit…

Con una manata spense la sveglia che le stava risuonando fastidiosa nell’orecchio.
Ore quattro del mattino.
Perché diavolo aveva messo la sveglia alle quattro?
Ah, gia, le cosmee.
Doveva metterle davanti al negozio all’alba, in modo da farle riaprire bene al sole e farle sembrare ancora più appetibili dai clienti.
Si strofinò gli occhi e si accorse delle dita appiccicose.
No, non di nuovo…
Accidenti a te, Inuzuka.

Biascicò un improperio non esattamente femminile e, ancora terrificantemente assonnata, si lavò e si vestì.
Una volta scesa diede un’occhiata al negozio.
Dodici vasi di cosmee.
Ci avrebbe messo un po’ di tempo.
E come se non bastasse, fuori faceva pure freddo, nonostante fosse solo metà settembre.
Lo spiffero che entrava dal vetro crepato della finestra sul retro non mentiva.
Ino sospirò e alzò il primo vaso, dirigendosi verso la porta del negozio.

Aprì gli occhi e guardò la sveglia.
Quattro meno cinque.
Il cielo fuori dalla finestra era ancora scuro, ma i primi bagliori rosati dell’alba iniziavano a farsi vedere in lontananza, al di là della collina.
Il suo orologio biologico era puntuale come al solito.
Si sedette sul letto e si stiracchiò alzando le braccia sopra di sé, godendosi la piacevole sensazione dei muscoli intorpiditi che si risvegliavano.
Silenziosamente si lavò e si vestì, uscendo altrettanto silenziosamente dalla finestra.
Akamaru aprì un occhio guardando il padrone uscire e lo richiuse subito.
C’era una sorta di tacito accordo tra loro due: quando si tratta di donne, tu non mi segui e io non seguo te.
Kiba era libero di andare sotto la finestra di Ino e di proseguire nella sua routine mattiniera, e Akamaru era libero di andare dalla bella collie degli Yoshi e di corteggiarla come si deve.
La verità era che già era abbastanza frustrante il “fai-da-te”, figuriamoci con Akamaru davanti.
Per quanto fosse solo un cane, peraltro piuttosto intelligente, non era il massimo avere un pubblico a guardarti.
Si avviò per la solita strada, breve ma praticamente deserta a quell’ora.
La sorpresa di trovare Ino davanti al negozio gli fece arrestare il passo per un momento, ma subito dopo quell’attimo d’indecisione proseguì dritto per la sua strada, fino a fermarsi davanti alla fioreria.
La sua routine sarebbe continuata comunque, solo forse ci avrebbe impiegato un po’ più tempo a liberarsi.

“Salve Ino-chan. Già sveglia a quest’ora? E’ ancora buio, le gentili donzelle dovrebbero essere a dormire.”
Ino venne scossa dalla voce un po’ canzonatoria di Kiba.
Era l’ultima persona che avrebbe pensato d’incontrare, se mai avesse pensato che ci fosse qualche folle sveglio a quell’ora di mattina.
“Le gentili donzelle non dormono se devono portare fuori le cosmee all’alba. Cosa ti porta qui così di buon’ora, Kiba-kun?”
“La mia solita passeggiata mattutina. Sembrano piuttosto pesanti quei vasi. Serve una mano?”
E come rifiutare davanti a quel ghigno così dannatamente irresistibile?
“Grazie, accetto volentieri.”
Per dieci minuti uscirono e rientrarono dal negozio in silenzio, senza fiatare, entrambi persi nei loro pensieri.
Pensieri che andavano inevitabilmente a sfociare in fantasie poco caste, che facevano loro fremere d’impazienza mista a frustrazione le mani e i muscoli, in tremori a tratti piacevoli e a tratti insopportabili, specie quando si trovavano un po’ troppo vicini.
“Finito! Grazie mille, Kiba-kun.”
“E di ché? Sono sempre pronto ad aiutare le signorine in difficoltà!”
Sottolineò la frase battendosi il petto con un pugno e assumendo un contegno fiero, ergendosi in tutta la sua altezza.
Ino soffocò una risatina, che si spense subito al ghigno usuale del ragazzo.
Il suo corpo iniziò a pulsare d’eccitazione, la pressione sanguigna dei suoi vasi aumentata.
“Beh, Ino-chan, non torni a dormire?”
Cercando di mascherare il suo stato, Ino sorrise.
O la va, o la spacca.
“Ormai sono sveglia, non riuscirei a riaddormentarmi. Posso farti compagnia?”
Kiba rimase un momento spiazzato da quella richiesta.
Se continuava così si sarebbe tenuto addosso quell’eccitazione per tutto il giorno, difficilmente sarebbe rimasto concentrato per più di due secondi durante l’allenamento.
I compagni gli avrebbero chiesto puntualmente se ci fosse qualcosa che non andava, lui avrebbe detto una balla, loro se ne sarebbero accorti e, pur non facendogli notare null’altro, avrebbero continuato a guardarlo straniti per i due o tre giorni seguenti.
Come avrebbe detto Shikamaru, questa era una dannatissima seccatura, ma il suo “istinto primordiale”, come soleva chiamarlo, gli impediva di rifiutare quella proposta: si sarebbe beato per molto più tempo del profumo di donna di Ino, e si sarebbe goduto la sua eccitante vicinanza.
“Certo che sì. Vuole seguirmi, Inohime?”
E le tese scherzosamente un braccio piegato, che la ragazza, ridendo, non rifiutò.
Entrambi avvertirono la scossa.
Entrambi arrossirono.
Entrambi cercarono di far finta di nulla.

Aveva notato una cosa Kiba: parlare con lei era facile quanto era difficile dominare il suo basso istinto.
La maggior parte delle volte si impelagavano in assurde battute botta e risposta che ricordavano molto quelle di Shikamaru e Temari, ma era piacevole camminare col fresco del mattino sul viso e Ino accanto.
Lei era mille volte più profumata dell’aria del mattino, la sua risata era mille volte più gradevole del lieve fruscio delle foglie.
Il desiderio di saltarle addosso era forte, certo, ma quegli occhi azzurri lo lasciavano così piacevolmente spiazzato che, almeno per un istante, non ci pensava.
Avevano camminato più lenti di come Kiba era solito fare, erano arrivati nel bosco in poco meno di mezz’ora.
Erano seduti sotto un melo che c’era vicino al laghetto.
Lo stesso laghetto dove ti ho visto, Kiba.
“Vieni sempre qui, Kiba-kun?”
“Certo, è un bel posto. Per un momento si può dimenticare tutto, qui. Si sta bene, è rilassante. E l’acqua del lago è fantastica.”
“Ti fai il bagno spesso qui, Kiba-kun?”
Il sorriso sul volto di Ino non aveva nulla della dolcezza che gli aveva mostrato fino a quel momento.
Era malizioso e seducente, come il tono di voce che aveva usato per quella semplice frase.
Mi vuole fare impazzire, la piccola Ino..
Chissà se…

“Ogni mattina, Inohime. Che c’è, vuoi fare il bagno con me?”
Il suo ghigno ricomparve sul volto mentre si alzava in un gesto fluido.
Si tolse giacca e maglietta e le lanciò vicino ad Ino, restando a torso nudo.
Lei arrossì, ma non demorse.
Se si doveva giocare, le redini del gioco le doveva tenere lei.
“Ma fa freddo, Kiba-kun…”
In un attimo Kiba era con le ginocchia tra le gambe di Ino, le braccia che facevano leva sul tronco dell’albero.
Il viso a pochi centimetri dal suo.
Il profumo della pelle di Ino lo colpiva in pieno come una tempesta che si abbatte sulla spiaggia umida.
Però era caldo e seducente, aromatico e speziato.
Un delirio per i suoi sensi troppo sviluppati.
E per la sua mente, troppo annebbiata.
“Ora dovrei dirti – Ti scaldo io se vuoi, Inohime… -Giusto?”
I respiri già si fondevano, tiepidi.
La voce di Kiba si era abbassata ad un sussurro suadente, invitante.
La ragazza assottigliò gli occhi, in uno sguardo felino.
“Ma non me lo dirai, vero?”
Il ghigno sul volto di Kiba ricomparve, ma più dolce e allo stesso tempo lascivo.
Il sorriso di chi ha perso il controllo sulla propria mente, di chi si sta lasciando naufragare nel proprio oblio.
“A cosa serve parlare, Inohime, quando il tuo corpo è molto più eloquente…”
Quasi non se n’era accorta di aver allargato le gambe di più, di essersi protesa col busto verso di lui, di avergli allacciato le braccia attorno al suo collo.
La sua mente era troppo impegnata per preoccuparsene, la sua gola troppo secca per rispondere.
La sua mano aveva spinto con forza la testa di Kiba, legando le loro labbra.
L’altra già gli graffiava la schiena con forza, percorrendola per ogni suo centimetro.

I vestiti erano scivolati via quasi naturalmente, inutili.
Giacevano in un mucchietto privo di forma sotto il melo.
Un piede pallido li aveva smossi tutti in un solo momento, prima di arrivare a cingersi con l’altro piede attorno ad un bacino abbronzato che si muoveva senza sosta, spingendo a tratti con dolcezza, a tratti con forza.
Il cinguettio degli uccelli dell’alba si era smorzato, sovrastato da gemiti e urla di piacere soffocate. E mani.
Mani bianche che si aggrappavano alla pelle scura della schiena dell’altro, unghie che la artigliavano quando i gemiti si facevano più forti, fino a far scendere un leggero filo di sangue lungo la scapola.
Braccia scure che cingevano possessivamente due fianchi chiari, facendo aderire un ventre piatto a degli addominali lavorati da sudore e fatica.
La schiena pallida era appoggiata al melo solo con le spalle, inarcata dal piacere.
Le labbra continuavano ad incontrarsi in contatti febbrili ed impazienti, si staccavano in cerca d’aria, lambivano qualsiasi parte fosse raggiungibile.
Segni rossi facevano ampio sfoggiò si sé sui due colli.
Talvolta erano piccoli, grandi quanto un neo, altre volte grandissimi, come ematomi dati da pugni.
Leggeri morsi facevano aleggiare ancora di più nell’aria il suono dei gemiti e dei sospiri, riempiendola e quasi soffocando ogni altro rumore, anche il lieve stormire del vento.
Capelli biondissimi e lunghi scivolavano sciolti sulle spalle chiare, andando anche a solleticare il petto abbronzato di lui, mentre i capelli castani sfioravano il collo bianco di lei, umidi di sudore.
Le grida iniziarono ad essere alte, forti.
Ormai non erano più trattenibili.
Lievi morsi, spasmi di piacere.
I due corpi uniti in una lotta frenetica, selvaggia.
Ad un urlo più forte le gambe pallide si serrarono decise sui fianchi abbronzati, spingendoli verso di sé ancora di più.
Un’altra spinta e il ragazzo si ritrasse veloce.
Lo sperma uscì in un getto, sporcando la pancia chiara della ragazza.
Due dita si sostituirono subito al membro, facendo liberare anche lei poco dopo.
Esausti, i due corpi si accasciarono l’uno sull’altro, i respiri pesanti e frenetici, di chi cercava aria.
Carezze distratte, ma necessarie come il sesso appena finito.
Necessarie come l’aria che cercavano a pieni polmoni.
Poi un sorriso soddisfatto, seguito subito da un altro.
Gli occhi azzurri si incrociarono con quelli dorati, brillando di una luce maliziosa.
“Non male, Inuzuka.”
Il ghigno del ragazzo si allargò.
“Non male, Inohime.
Altri respiri, altri sospiri.
“Dovremmo farlo più spesso, Kiba-kun.”
“Non sai da quant’è che lo desidero…”
Il sopracciglio biondo si inarcò, stupito.
“Da quanto?”
Kiba l’abbracciò, affondando il viso tra i seni e carezzandole il fianco.
“Troppo. Ma ne è valsa la pena…”
Sollevò appena il volto, guardandola negli occhi.
Ino non aveva mai visto un sorriso più dolce di quello.
“Sei ancora più bella così.”
Arrossirono, ma solo Ino abbassò lo sguardo.
“Anche tu, Kiba.”
Poi di nuovo il ghigno, sfrontato e accattivante.
“Devo seguire più spesso il mio istinto. Ne sa una più del diavolo.”
“Istinto?”
“Certo…”
Le si avvicinò all’orecchio, tirandosi un po’ su, sfiorandone il lobo con le labbra.
“…Tu non sai quante volte ti avrei sbattuta contro il primo muro, Yamanaka…”
Si aspettava una reazione violenta, ma non arrivò.
Ino avvicinò le sue labbra all’orecchio, come poco prima aveva fatto lui.
“Allora è una delle cose che ci accomunano, Inuzuka…”
Uno sguardo.
E le labbra tornarono a fondersi, trasformando quel bacio in un piacevole bis.

La routine divenne diversa, da quel giorno.
Ore quattro meno un quarto: Kiba si alzava e si faceva una doccia veloce.
Quattro meno cinque: Kiba era sotto casa di Ino.
Quattro e un quarto: Kiba faceva l’amore con Ino.
Beh, non poteva essere solo sesso quello.
Non dopo un anno e mezzo.
Ma nemmeno dopo sei mesi, tre mesi, un mese, una settimana, un giorno, un’ora.
Forse non lo era mai stato, nemmeno prima che iniziasse.
Era un istinto che si era svegliato, potente e travolgente, come un uragano.
Un istinto che mai sarebbe morto, in loro e negli uomini.

Istinto: disposizione innata negli esseri viventi che provoca un insieme di comportamenti tendenti a preservare l’individuo per la conservazione della specie.
Questa era la definizione accademica di istinto, quella che ti poteva dare qualsiasi persona di buon senso alla domanda: “cos’è l’istinto?”.
Ma per Kiba questa definizione era solo una minima e superficiale parte dell’insieme.
Se l’avessero chiesto a lui cos’era l’istinto, probabilmente avrebbe innanzitutto sorriso, dolcemente, ma con quel suo tocco di arroganza che mai lo abbandonava.
Avrebbe poi alzato il viso, a confrontarsi con la persona che aveva davanti.
Infine avrebbe probabilmente risposto “beh, non credo che tu ti scopi tua moglie per puro dovere. Se l’hai scelta tu, come tua moglie, un motivo ci sarà, no?”.
A quel punto una persona normale avrebbe pensato che Kiba fosse un cafone e che si fosse riferito piuttosto volgarmente alla riproduzione, punto.
Ma per lui c’era molto di più sotto.
L’istinto non era solo un modo per preservarsi, ma un modo per preservarsi al meglio, per vivere la vita fino in fondo.
Il piacere, in poche parole.

Il piacere di amare e sentirsi ricambiati.
Aveva capito che era quello, per lui, il vero istinto primordiale degli uomini.
E lei, Ino, era l’Unica, la sola che potesse soddisfare appieno quell’istinto.










La dedico a Mala_Mela, che è stata così gentile e adorabile da dedicarmi la sua.
A Luly, che è arrivata seconda podista dopo Mela e prima di me.
A tutte le Red Camelia.
A Vavvy, che non ci ha fatto aspettare troppo.
E anche al mio Amore, che me l’ha ispirata.

Sono contentissima per il Terzo Posto.
Dopo i Sonata, questo non fa che aumentare il mio umore.
Grazie^^

Laly
  
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Naruto / Vai alla pagina dell'autore: LalyBlackangel