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Autore: masayachan    01/01/2015    4 recensioni
"Sono Atem, il figlio di Aknamkanon e avevo diciassette anni il giorno in cui il mio corpo è morto, sfiorito troppo presto fra le dune del deserto in una terra lontana, troppo lontana da qui." AtemxYugi
Genere: Angst, Dark, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Atemu, Dark/Yami Yuugi, Yuugi Mouto
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Intanto BUON ANNO. Peraltro con il 2015 sono esattamente DIECI ANNI su EFP. Mi sento così vecchia ç_ç Come, come? Ho due fic in sospeso da millenni? Avete ragione, chissà che il 2015 non metta la parola fine alla mia incostanza. Provo a carburare con una oneshottina di aperitivo, spero vi piaccia perché mi sento parecchio arrugginita! E' ambientata dopo il viaggio nel mondo della memoria, nel mese prima di partire per l'Egitto. Un bacio!(se volete aggiungermi su FB per fangirlare sul fandom siete le benvenute, magari scrivetemi da dove venite però perché non accetto tutti)

Atem. Il mio nome è Atem.

E' così strano poterlo dire, è così strano avere un'identità, una storia da poter rivivere, un passato, dei ricordi nella quale poter vagare con la mente. Sentirsi rapiti da delle sensazioni che credevo aver perso per sempre o di non aver mai avuto davvero. Ed è così strano provare tutto questo ora, dopo tutto questo tempo, dopo questi due anni trascorsi a convincermi con tutte le mie forze di essere parte di un'altra persona.

Ma adesso lo posso dire: Sono Atem, il figlio di Aknamkanon e avevo diciassette anni il giorno in cui il mio corpo è morto, sfiorito troppo presto fra le dune del deserto in una terra lontana, troppo lontana da qui. Una terra che ora non ha nulla a che fare con quella che ricordo io, un ricordo che fino a ieri non sapevo nemmeno di possedere.

Sì, il ricordo di un paese in cui brillava sempre il sole, caldo e forte, dove nell'aria si potevano percepire gli odori pungenti delle spezie, del lusso, ma anche della povertà. Un luogo magico baciato dagli dei, bagnato da un fiume fertile in grado di donare prosperità ad un regno ricco e potente, un regno dove anche io, seppur per poco tempo, ho governato.

Se adesso chiudo gli occhi e mi concentro per un istante, un piccolo e breve istante, le immagini si fanno terribilmente limpide, così limpide che mi fanno quasi paura, perché nella mia mente, nella mia anima, negli ultimi tremila anni nulla lo è mai stato. Nulla o quasi.

Ma questo non è l'unico motivo per cui ho paura.

Ora lo riesco a vedere, rivivo sulla mia pelle, sulla sua pelle, l'istante in cui ho chiuso gli occhi per l'ultima volta, l'ultimo istante della mia vita terrena. Riesco a sentire il mio fiato caldo, affannoso. Posso vederlo infrangersi sulla superficie fredda del puzzle che ho ereditato da mio padre, sento il rumore del mio cuore rimbombare nelle mie orecchie stanche, troppo stanche per udire altre grida di bambini, donne e uomini innocenti morire; le grida delle persone a me care sopperire sotto i colpi di Zork.

E poi il terrore, le gambe tremare e la mente annebbiarsi, il dolore delle ferite. La consapevolezza che questi saranno i miei ultimi attimi di vita su questa terra.

Mi sembra di percepire in maniera fin troppo nitida i miei denti stringere dolorosamente il labbro inferiore in una morsa, una morsa tanto stretta da farlo sanguinare perché... solo ora me ne rendo conto: io ero Atem, avevo diciassette anni e un regno, il mondo forse, da proteggere.

E allora la mia nuova memoria va indietro, ancora e ancora di più, e ricordo le ancelle e i servitori viziarmi, i miei capricci di ragazzino soddisfatti, sempre. Le volte in cui, egoisticamente, ho usato il mio potere solo per me stesso, alla leggera, non pensando alle conseguenze. Le volte in cui ho giocato con le ombre per puro diletto.

Quindi ora penso e mi chiedo, quasi con ammirazione per quel me stesso del passato, un me stesso in grado di compiere un gesto tanto importante: come ho potuto io, ragazzino a cui tutto è sempre stato dovuto, trovare il coraggio e la forza di sacrificarmi per qualcun altro?

Mi accorgo di quanto ero immaturo, di quanto poco sapessi della vita, di come avessi vissuto in una bolla di cristallo dove tutto era perfetto e tutto era mio.

Li posso rivedere, C'erano Mana e i miei consiglieri, c'era Seto: il mio cuore si scalda nel poter rivivere anche quei giorni sereni con i miei amici fidati, con la mia famiglia. Riesco persino a provare qualcosa di nuovo e inaspettato come la nostalgia davanti alle immagini di una Mana che mi offre un cesto di frutta o di un Mahad che porge la mano ad un me ancora bambino scivolato goffamente a terra.

È una storia così vecchia, vecchissima, una storia passata da millenni, ma allo stesso tempo è tutto così inedito e mi sembra di potermi vedere dall'esterno, con occhi diversi, di potermi giudicare dall'alto di un nuovo me.

Quante cose non ha potuto fare Atem nella sua breve vita? Quante sono le cose che vorrei poter ricordare, ma che in questi ricordi non sono presenti? Quante cose lui, io, non ho mai vissuto?

A diciassette anni nessuno dovrebbe morire. A diciassette anni nessuno dovrebbe avere certe responsabilità.

Questi nuovi ricordi sono così belli, così preziosi e cari e sono stati così difficili da riavere con me. Avevo dimenticato tutto: il caldo abbraccio di mio padre, il sorriso di mia madre, il rilassante ondeggiare delle acque del fiume Nilo, il tempo passato a nascondersi da Mahad dentro ad un vaso di terracotta. E anche di quando ho trovato la forza di offrire la mia vita per salvare tutto questo.

Eppure...ricordare fa anche così male.

Non ero la persona che credevo di essere, non ho avuto modo di esserlo, di diventarlo. Quel piccolo faraone che appare davanti ai miei occhi sono io, ciononostante non mi ci riesco a rivedere.

Immaturo, uno sciocco che con lo schiocco delle dita ordina ad un suo servitore di decapitare un ladro. E mentre dal quel collo zampillano schizzi di sangue, lo vedo chiaramente, il mio viso è tagliato da un sorriso divertito.

Chi era davvero Atem?

Un ragazzo che aveva appena iniziato a vivere. Un giovane che non è potuto diventare un adulto, o meglio, che lo è diventato nel momento in cui ha posto fine alla sua stessa esistenza.

Atem non ha avuto l'occasione di crescere, di soffrire, di uscire da quel palazzo che lo proteggeva dal mondo esterno. Atem credeva di essere forte, un faraone potente ed invincibile, ma era solo un bambino che giocava a fare il re seduto su un trono più grande di lui.

Un fanciullo che tutto ad un tratto s'è reso conto di quanto il suo essere sia insignificante di fronte al mondo reale, dove non basta mandare i tuoi uomini in battaglia, non basta spartire un ordine, non basta una strategia, non basta il potere degli oggetti millenari né la tua posizione sociale a proteggerti: non c'è nulla che si possa fare se non contare sulle proprie forze, sbattendo la faccia contro la dura realtà, affrontandola con ogni mezzo.

E quel mezzo può avere un alto prezzo da pagare.

La vita.

I ricordi.

La prigionia.

La condanna a non poter ritrovare la pace e riabbracciare i miei cari.

Nonostante questo, nel mio cuore non c'è amarezza, o meglio, non troppa. In fondo, bé, non mi posso davvero lamentare.

Già, perché se ora posso guardarmi alle spalle e capire cosa ero, è grazie a chi sono diventato adesso. A quanti morti è concesso di vivere un “adesso”? Quanti possono dirsi così fortunati da poter avere una seconda possibilità? Una possibilità in grado di darti quello che prima, tra tanti lussi, non hai potuto mai avere? Di fare quello che prima non hai mai fatto? Di farti capire che hai sempre sbagliato tutto?

Certe occasioni vanno afferrate al volo, come una mano che si offre a te mentre ti tieni aggrappato con le tue ultime energie al ciglio di un precipizio, sospeso nell'oscurità che, in fondo, ti ha sempre avvolto. Io quella mano l'ho afferrata, l'ho fatto con tutte le mie forze e lui, con il suo sorriso gentile, mi ha portato in salvo conducendomi verso la luce.

Mi guardo intorno rapito: le colonne, gli affreschi variopinti, i bassorilievi contornano quella che sembra la mia camera da letto. Dalla finestra che incornicia la grande balconata entra timida, romantica, triste, la luce flebile di una luna che esiste solo nei miei ricordi che ho appena ritrovato.

Niente più scale, porte, infiniti labirinti senza meta e trappole insidiose, nella mia stanza dell'anima ora sembra tutto così chiaro: i luoghi del mio passato risplendono maestosi e cristallini, vividi come se fossero reali, così reali che sembra quasi di sentire l'odore della sabbia. Dell'oscurità e la confusione che prima regnavano, invece, non vi è più traccia, sembrano quasi non essere mai esistite.

Ma anche quando la mia anima era pervasa dal caos, quando nulla era chiaro e non sapevo niente, lui mi è sempre apparso luminoso, un'immagine scolpita nel mio cuore ancora prima di conoscerlo.

Disteso di fianco a me, su questo ampio letto impreziosito da ricami finemente intagliati sul legno pregiato, dorme apparentemente sereno tenendo strette tra le dita le lenzuola bianche. È nudo, sul suo corpo ci sono ancora i segni di una passione appena consumata e rido già al pensiero di come potrà reagire al suo risveglio, vedendoli.

Lui per tutti è Muto Yugi. Aibo solo per me.

La sua pelle bianca riflette i raggi lunari che si infrangono dolcemente su di lui-perché adesso io voglio che sia così-mentre la mia di pelle, ora e in questo luogo che non esiste, è tornata ad assumere il colore del bronzo.

Il colore della pelle che avevo da vivo, il mio colore della pelle.

Questa ne è la prova: non sono più Muto Yugi. Non sono più “l'altro”. Sono solo“io”, ora sono Atem.

Dovrei essere felice di aver ritrovato me stesso, dovrei ringraziare gli dei per tutti gli attimi che mi restano ancora in questo mondo e per avermi dato la possibilità di ricostruire il puzzle della mia anima, la possibilità di crescere e cambiare colmando i buchi nel mio cuore.

Ma se ciò è avvenuto è grazie a lui, questo viaggio lo abbiamo intrapreso assieme, io e te, Aibo.

Sai cosa significa tutto questo, vero?

Che io non ho più bisogno di te.

Che tu non hai più bisogno di me.

Io non sono Muto Yugi e tu non sei Atem. Le nostre strade adesso si divideranno, ma questo già lo sai.

In questo preciso istante, però, siamo ancora uniti e tu dormi vicino a me nella mia nuova stanza dell'anima, sei girato dall'altra parte e non posso vedere il tuo viso. Ma proprio perché siamo ancora uniti non mi serve vedere la tua espressione per capire che il tuo animo è irrequieto.

Mi hai detto che volevi fare l'amore per la prima volta nella stanza di un faraone. Bè, è stata una richiesta piuttosto buffa, un desiderio certamente stupido, l'ennesima cosa che sarebbe pesata come un macigno sulla nostra imminente separazione. Qualcosa che ovviamente non andava fatto.

Io però sono ancora più stupido perché non ho saputo dirti di no, non ho potuto impedire che accadesse.

Tu ti sei lasciato trasportare dalle tue emozioni e...anche io. Non avrei dovuto, ma l'ho fatto anche io, perché sono Atem, avevo solo diciassette anni quando sono morto e non mi ero mai innamorato di nessuno, prima.

Quindi mi dispiace Aibo, non ho potuto proteggerti dai tuoi desideri irrazionali perché sono anche i miei.

Mi sento in colpa perché non andava fatto, perché io, noi, abbiamo peggiorato ancora di più questa situazione straziante e in fondo il mio comportamento non è poi così di verso da quello del vecchio Atem egoista della mia memoria.

Forse è proprio perché sono così egoista se nonostante tutto non riesco a sentirmi completamente triste: se ora potessi tornare indietro di qualche ora ti farei mio di nuovo, ancora e ancora e ancora. Sì, il mio cuore non smette di vibrare, vibra come mai prima d'ora e te lo giuro, ho provato a ispezionare con minuzia ogni mio singolo ricordo, ogni istante del mio passato, ma non sono riuscito a trovare nulla che mi facesse sentire tanto vivo come lo sono in questo momento, anche quando vivo lo ero per davvero.

Mi sento pieno di nuove sensazioni, pieno di amore per te, di esperienze vissute assieme e il mio unico grande dispiacere è che non sarebbero mai abbastanza e ne vorrei sempre di più.

Mi sento ricco, ricco di nuovi ricordi, ricordi bellissimi come quello dei tuoi occhi brillare di una vena di lussuria mai vista prima e, credimi, perderei la mia vecchia memoria altre cento, mille volte, ci rinuncerei senza alcuna esitazione se fosse il pegno da pagare per poter tenere per sempre con me quella legata a te, di quello che abbiamo fatto nelle ultime ore, negli ultimi due anni.

Aibo, io non appartengo a questo mondo e scusami se ti sto facendo del male, perdona il mio egoismo. Hai fatto tanto, ma nemmeno tu sei riuscito a correggerlo.

Ma vedi, Yugi, sei tu che mi hai reso Atem. Non un altro Yugi, ma un altro Atem.

Hai creato un Atem migliore, il tuo.

Sì, io sono Atem, ma questa volta non ho nessuna intenzione di dimenticarlo.

   
 
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