Anime & Manga > Soul Eater
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Autore: Elisaherm    02/01/2015    10 recensioni
{Terza classificata al 'Contest delle Brevi Storie Edite' indetto da Red Angel sul forum di EFP}
Non era mai stato bravo a dirle di no.
Aveva un potere su di lui che nessuno aveva mai avuto, di cui lei non si rendeva nemmeno conto.
E Soul aveva fatto di tutto perché non se ne rendesse conto.
Forse se si fosse comportato in maniera diversa, se avesse cercato di starle vicino e comprenderla quando era ancora in tempo, le cose non sarebbero andate così. Forse sarebbe riuscito a salvarla dalla follia.
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Maka Albarn, Soul Eater Evans | Coppie: Soul/Maka
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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La canzone che accompagna il testo è Drown dei Bring Me the Orizon. Vorrei la ascoltaste perchè trovo si adatti benissimo alla storia. Buona lettura!

 

 

 

 

Drown

 

 

 

What doesn't kill you

Makes you wish you were dead

Got a hole in my soul growing deeper and deeper

 

 

 

 

Non era mai stato bravo a dirle di no.

Aveva un potere su di lui che nessuno aveva mai avuto, di cui lei non si rendeva nemmeno conto. E Soul aveva fatto di tutto perché non se ne rendesse conto.

Forse se si fosse comportato in maniera diversa, se avesse cercato di starle vicino e comprenderla quando era ancora in tempo, le cose non sarebbero andate così. Forse sarebbe riuscito a salvarla dalla follia.

 

 

 

~*~*~*~

 

 

 

L'inferno colpì Maka in pieno volto.

Era bloccata al muro da una delle fasce di pelle del Kishin, che le stringeva una mano intorno alla gola abbastanza forte da farla respirare a malapena ma non da lasciare che perdesse conoscenza. La faccia era in fiamme e il sangue le scorreva lungo la guancia. Doveva avere un taglio lì, sotto l'occhio sinistro. Non poteva muovere né gambe né braccia, e in ogni caso probabilmente non ci sarebbe riuscita: la battaglia era stata lunghissima e ora il suo corpo era esausto. Non poteva difendersi, non poteva muoversi, non poteva fare nulla. Nemmeno urlare.

Sentiva Soul, tornato in forma umana, ansimare a poca distanza da lei, ma non riusciva a vederlo. La sua visuale era completamente occupata dal volto di Ashura, che la fissava con un sorriso sadico e gli occhi di un pazzo.

«Mi aspettavo un po' di più da un'anima Grigori, devo averti sopravvalutata, Maka Albarn.»

Il suo alito le arrivava dritto in faccia, sapeva di morte, di sangue. Di follia. 

I tre occhi del Kishin che la osservavano le si piantavano nella mente come un ricordo che non sarebbe mai andato via, come un incubo divenuto realtà. Cercò di evitare il suo sguardo, di girarsi per controllare come stesse Soul, ma Ashura glielo impedì stringendo più forte, fin quasi a soffocarla. Era a corto di fiato, la gola bruciava come se avesse inghiottito del filo spinato. La pelle a contatto con la sua mano era gelida, mentre il resto del suo corpo era un ammasso di sudore e dolore. 

«I miei amici... arriveranno da un momento all'altro... e ti sconfiggeranno» mormorò a fatica.

Il Kishin si limitò a sogghignare, per niente impressionato.

«Quindi è davvero questo tutto quello che sai fare, aspettare che arrivino i tuoi amichetti a salvarti? Mi deludi davvero molto. Ma forse dopotutto dovevo aspettarmelo, non sei che una debole umana.» Le sue parole erano cariche di disprezzo, Maka strinse i denti cercando di concentrarsi sulla propria lunghezza d'onda, cercando un po' di forza che le fosse rimasta, ma dopo aver provato a sconfiggerlo con il Majogari e il Majingari non sapeva più cosa usare per combatterlo.

«Sei assolutamente inutile, Maka Albarn. Tutti si aspettavano qualcosa di grande da te, che diventassi forte come tua madre, che salvassi il mondo, che fossi in qualche modo speciale solo perché avevi l'abilità di percepire le anime e qualche altra tecnica ereditata dai tuoi genitori... e invece eccoti qui, alla mia mercé,  incapace perfino di proteggere te stessa.»

Cercò di ignorare le parole del Kishin, sapendo fin troppo bene che in quel momento stava sfruttando le sue paure più segrete per cercare di renderla più debole. Ma lei non avrebbe ceduto mai.

«Ma aspetta, lascia che sia qualcun altro a dirti come stanno le cose...» 

La vista le si oscurò e le parve di svenire per qualche secondo, quando riaprì gli occhi Ashura era sparito e al suo posto c'era Soul. Era in piedi a diversi metri da lei e la fissava con uno sguardo gelido, incurante del rivolo di sangue che gli scendeva dalla tempia lungo la guancia.

«S... Soul?» La testa le pulsava in maniera terribile e il mondo intorno a lei iniziava a diventare sfocato.

«Complimenti, Maka.» La sua voce la trapassò da parte a parte. Era cinica, fredda, sprezzante, ma innegabilmente la sua. Non era Ashura, non era un'allucinazione, era davvero lui. «Non sei stata capace neanche di scalfire il Kishin. Ho dovuto fare tutto da solo, mentre tu te ne stavi lì a dormire. Io ti voglio bene, lo sai, ma mi dici che me ne faccio di una Maestra d'Armi così debole? Persino quella ragazzina che mi segue ovunque potrebbe essere una partner migliore di te, Maka. Forse dovresti semplicemente lasciar perdere, oppure trovarti un'Arma che sia più... come dire? Alla tua altezza, ecco.»

Ogni parola era accuratamente misurata per andarla a colpire esattamente dove le faceva più male. Il dolore fisico che aveva provato fino a un momento prima era scomparso, dimenticato, rimpiazzato da quello del suo cuore che sembrava andare in mille pezzi. Tutto quello che aveva sempre temuto che Soul pensasse di lei, tutto quello che la rendeva insicura, lui glielo stava sputando addosso, senza che lei potesse fare nulla per fermarlo. 

«Io non posso più continuare in questa maniera, sei solo un peso per me, lo capisci? Sarei potuto diventare una Death Scythe molto prima se non fosse stato per te. E non si tratta solo di me, ma di tutta la squadra. Black Star, Tsubaki, Kid, Liz, Patty... Ci metti tutti in pericolo, non sei abbastanza potente per combattere con noi, non sei al nostro livello. Anche loro lo pensano, solo che non vogliono dirtelo. Io... Capisco che con la tua situazione familiare per te è difficile... ma non posso pagare io le conseguenze degli errori dei tuoi genitori. Nemmeno tua madre è rimasta a occuparsi di te, perciò perché dovrei farlo io? Non sono mica la tua baby sitter, insomma! E non sono neanche tuo fratello o tuo padre, ci conosciamo da appena due anni, e per tutto questo tempo tu non hai fatto altro che bacchettarmi in continuazione comportandoti come una maestrina invece che come una partner, facendomi allenare fino alla nausea quando l'unica che aveva bisogno di allenarsi eri tu. Mi dispiace Maka, ma non possiamo più andare avanti così.»

Si accorse di essersi inconsciamente portata le mani alle orecchie per non sentire, mentre scuoteva la sua testa in un no silenzioso.

«Smettila!» esplose «Quello che stai dicendo non è vero!»

«È la pura verità, e lo sai benissimo.» 

«No! No! Non è vero!»

«Smettila di mentire a te stessa, Maka. In fondo l'hai sempre saputo, non sei altro che una ragazzina incapace, debole e viziata che vuole giocare a fare la Meister. Sei una secchiona arrogante e presuntuosa, nessuno vorrebbe mai avere a che fare con te.»

«Non è vero! Basta! No!»

 

 

 

 

And I can't take

One more moment of this silence

The loneliness is haunting me

And the weight of the world's getting harder to hold up

 

 

 

 

Maka si svegliò urlando, completamente sudata ed intrappolata dalle coperte disfatte. Scalciò via queste ultime e lasciò che l’aria le rinfrescasse le gambe accaldate. Si asciugò con il palmo della mano la fronte madida di sudore. Guardò l’orologio sul comodino lì accanto. Erano le tre del mattino e lei emergeva e affondava in quel dormiveglia vischioso come nebbia notturna. Ogni volta che si svegliava rimaneva a fissare senza vederlo il lenzuolo di fronte a sé, ascoltava il respiro della gatta Blair che dormiva ai piedi del letto, 

guardava verso la finestra la notte senza luna. Ma non appena sentiva allentarsi le briglie della coscienza quel sogno di un ricordo – quell'incubo – tornava ad invaderle la mente.

Era da quella notte che le accadeva. La notte in cui avevano sconfitto il Kishin, e in cui aveva perso completamente la fiducia in se stessa. 

Con la percezione delle anime erano riusciti a localizzare l’area in cui si era nascosto Ashura ed erano partiti immediatamente con la maggior parte dei combattenti della Shibusen, più le Death Scythes di Shinigami.

Quando erano arrivati sul posto, però, avevano trovato ad aspettarli più di cento Clown che li avevano bloccati, e solo Maka e Soul erano riusciti a superarli e a raggiungere la grotta in cui si trovava il Kishin, che in attesa della sconfitta dei nemici stava facendo dilagare la paura e la follia in tutto il mondo. 

I due si erano resi conto sin dall'inizio della battaglia che non sarebbero riusciti a batterlo da soli, ma avevano continuato a lottare sperando che i loro amici riuscissero a superare presto la barriera dei Clown e ad aiutarli. Finché non si erano trovati ad essere sbattuti a terra, troppo esausti per combattere o anche solo per alzarsi. Maka aveva temuto di essere uccisa da un momento all'altro. Invece, era successo qualcosa di peggio.

 

 

 

 

It comes in waves, I close my eyes

Hold my breath and let it bury me

I'm not ok and it's not all right!

Won't you drag the lake and bring me home again

 

 

 

 

Quando Kid e Black Star erano arrivati con le loro armi avevano trovato una Maka tremante rannicchiata a terra con le mani sulle orecchie e un Soul coperto di sangue che la insultava, ma non avevano fatto in tempo ad avvicinarsi che il Kishin era ricomparso e non c'era stato tempo per chiedere spiegazioni. Soul era tornato in sé per poi svenire. Anche Maka era rimasta ferma, incapace di alzarsi, a guardare Kid giungere al massimo dei suoi poteri di Shinigami con l’unirsi delle sue tre linee bianche e prepararsi a colpire Ashura, ma prima che il colpo fosse partito aveva chiuso gli occhi e si era lasciata andare alla stanchezza accumulata, accasciandosi al suolo.

Si era svegliata quella che le era sembrata un'era dopo nell'infermiera della Shibusen, con le gambe, la testa e il torace completamente fasciati. Dopo diversi secondi di stordimento aveva iniziato a ricordare quello che era successo e tutto le si era stampato chiaramente in testa, come un'immagine sfocata che stesse acquisendo nitidezza. Il piano per sconfiggere il Kishin. I Clown. La battaglia. Ashura. Soul

Aveva stretto gli occhi, non doveva pensarci adesso. Doveva prima di tutto scoprire se i suoi amici ce l'avevano fatta, se stavano bene.

Si era tirata a sedere con fatica e in quel momento era arrivata Neigus che, appoggiandole un bicchiere d’acqua sul comodino, le aveva detto di non sforzarsi e di riposare.

«Come stanno gli altri? Il Kishin è morto?» aveva chiesto concitatamente.

«Stanno tutti bene a parte qualche ferita, e sì, il Kishin è stato sconfitto,» l’aveva rassicurata l'infermiera «I tuoi compagni sono rimasti qui per qualche giorno e ora sono tornati a casa perfettamente guariti. Ora però dormi ancora un po', o non riuscirai a recuperare le energie.»

«Aspetti, io quanto dovrò restare qui? E da quanto è che dormo?»

«Santo cielo! Sono passate due settimane, e dovrai rimanere qui ancora un paio di giorni, che però diventeranno mesi se ora non ti riposi abbastanza da riuscire a rimetterti in sesto!»

Detto questo, l'infermiera se ne era andata, e poco dopo, senza neanche rendersene conto, Maka era scivolata in un sonno profondo.

Quando si era svegliata la seconda volta aveva trovato suo padre addormentato su una sedia lì vicino e il professor Stein che le dava le spalle mentre guardava alla finestra, di fronte al letto. Ricordava di essersi chiesta come mai i suoi amici non fossero ancora venuti a trovarla, ma poi Stein si era girato e, accorgendosi che era sveglia, le aveva detto che quel pomeriggio sarebbe potuta tornare a casa, a patto però di non affaticarsi e di non andare assolutamente in missione per almeno un mese e mezzo. Era il minimo, dopo tutto quello che aveva passato. Cercò di non pensarci, ma il modo in cui aveva pronunciato l'ultima frase le aveva fatto intuire che il professore sapesse bene cosa era successo in quella grotta.

 

Poche ore dopo era finalmente fuori da quel posto, che ormai le sembrava quasi una prigione, specialmente dopo aver dovuto sopportare tutti gli abbracci e i piagnistei di suo padre, felicissimo che fosse ancora viva.

«Vai a raccontarlo a qualcun altro, traditore,» lo aveva freddato, per poi uscire senza rivorgergli neanche un'altra occhiata.

Diversi minuti dopo si era resa conto che forse aveva reagito in maniera esagerata, dopotutto era la prima volta che lo rivedeva dopo aver rischiato di morire, e nonostante tutto quello che suo padre aveva fatto sapeva che lui le voleva davvero bene. In realtà lì per lì non si era davvero accorta di avergli risposto così male, aveva semplicemente agito, come se fosse stata un'altra persona a farlo. Cosa mi sta succedendo?

Una volta arrivata a casa, aveva trovato Soul in camera sua con le cuffie nelle orecchie e gli scuri della finestra semichiusi che lasciavano la camera in penombra. Rivederlo le provocò una serie di emozioni contrastanti che la lasciarono senza fiato. Si sentì invasa da un’immensa gioia nel vederlo lì, sano e salvo e chiaramente in attesa del suo ritorno. Non appena aveva aperto la porta, illuminando la stanza, Soul aveva alzato la testa e l'aveva guardata come se fosse un miraggio. Era stato in quel momento che la gioia era sparita e il ricordo di quegli stessi occhi che la guardavano con odio le avevano fatto desiderare di correre via, scappare da lui e da tutto ciò che, sotto l'influsso del Kishin, aveva detto.

«Maka...» aveva mormorato, levandosi le cuffie ed alzandosi dal letto, per poi accennare qualche passo nella sua direzione, lentamente, come se non avesse voluto spaventarla «Come stai?»

 

 

 

 

Who will fix me now?

Dive in when I'm down?

Save me from myself

Don't let me drown

 

 

 

 

Si erano guardati negli occhi per un tempo che era parso infinito. Alla fine Maka aveva distolto lo sguardo e aveva mormorato che stava bene.

Soul imbarazzato si era passato una mano fra i capelli e aveva aperto la bocca come per dire qualcosa, poi l'aveva richiusa, assomigliando terribilmente a un pesce rosso. Maka avrebbe sorriso di quanto poco cool sembrasse il suo partner in quel momento, se non fosse stato per quel terribile mal di testa e quella sensazione che aveva avuto dal momento in cui lo aveva rivisto. C'era un sotto testo che entrambi riuscivano a leggere, parole non dette, ricordi di una notte di poche settimane prima che avrebbero voluto solo dimenticare. Un sussurro di troppo avrebbe potuto spezzare quel precario equilibrio, e rompere per sempre il loro legame.

Maka aveva sperato di poter lasciar perdere, di poter far finta che niente fosse mai accaduto ed andare avanti con la loro vita come sempre. Ma Soul evidentemente non era dello stesso avviso.

«Senti...» aveva mormorato avvicinandosi ancora di qualche passo, fino ad essere a soli pochi centimetri da lei. Maka lo aveva fissato con un'occhiata che gli intimava chiaramente di tacere, ma che lui aveva ignorato. «Non so cosa mi sia successo esattamente in quel momento. Ma –» 

«Soul.» 

Maka aveva alzato la mano per bloccarlo, guardandolo ancora con quegli occhi che contenevano una semplice supplica. Non farlo. Lascia stare.

Ma Soul aveva ricominciato, stavolta più determinato che mai. 

«No, ascoltami Maka. Non so cosa mi sia successo esattamente in quel momento. Ma ti giuro che non ho mai pensato nessuna delle cose che ti ho detto. Io –»

«Basta così, Soul.» Lo aveva interrotto con voce gelida, si era girata e prima che lui potesse fermarla aveva attraversato il corridoio e si era chiusa a chiave in camera sua, a piangere in silenzio tutte le lacrime che aveva trattenuto fino a quel momento. Semplicemente non ce la faceva, non riusciva a sopportare quello sguardo così pieno di rimorso e di compassione, quella voce dirle che non pensava ciò che aveva detto, quando lei sapeva che sebbene lui non lo pensasse quella era esattamente la verità. 

Non sei altro che una ragazzina debole ed inutile, una piccola arrogante che vuole giocare a fare la Meister. 

Nessuno vorrebbe avere a che fare con te.

 

 

 

 

Who will make me fight?

Drag me out alive?

Save me from myself

Don't let me drown...

 

 

 

 

Da allora, Soul non aveva più tirato fuori l'argomento. 

I loro amici sapevano solo che poco prima che arrivassero Soul era stato posseduto dal Kishin e, pensando che a lui avrebbe dato fastidio parlarne, non ne facevano mai menzione. 

Per un po' di tempo sembrò funzionare. 

Shinigami aveva concesso loro, incurante delle proteste di Black Star, due interi mesi senza missioni di alcun tipo, perciò il pomeriggio si riunivano a giocare a basket o semplicemente passavano le giornate rilassandosi nelle rispettive case.

Sembrava davvero che tutto stesse tornando lentamente alla normalità, se non fosse stato per quel muro invisibile che si era creato tra Maka e Soul, che inizialmente lei aveva cercato di ignorare sperando fosse solo un periodo e che con il tempo sarebbero tornati i partner di sempre, ma che invece non aveva fatto che diventare più presente ogni giorno che passava. Davanti al gruppo fingevano fosse tutto a posto, ma quando tornavano a casa potevano rimanere per ore davanti alla TV senza parlarsi. Come se non avessero più nulla di cui parlare. Come se davvero non ci fosse più niente da dire, dopo quello che era successo. Andavano avanti con parole di cortesia ed osservazioni banali. Soul aveva preso a svegliarsi presto la mattina e prepararle da mangiare, aspettandola in cucina per fare insieme colazione in un religioso silenzio, interrotto solo da Soul che le chiedeva come stava e se voleva qualcos’altro, con una gentilezza che non aveva mai avuto prima, e che lei non sopportava. Lui si sentiva troppo in colpa per tirare fuori nuovamente l'argomento che li divideva, mentre lei temeva che se lo avesse fatto le cose fra loro non avrebbero fatto altro che peggiorare. Era una fortuna che non potessero andare in missione, perché probabilmente non sarebbero riusciti neanche a fare la Risonanza dell'Anima. 

Alla fine Maka se ne era resa conto: niente sarebbe mai tornato come prima, per quanto ardentemente entrambi lo volessero. 

Ma poi, lei lo voleva davvero?

 

Poi erano cominciati gli incubi. 

Di solito sognava la notte della battaglia contro il Kishin, in mille e mille varianti diverse. Altre volte, era costretta a rivivere vecchi ricordi come quello di sua madre che saliva sull'aereo il giorno in cui era partita lasciandola con Spirit, o quello, più recente, della spada demoniaca di Crona che feriva Soul nella Basilica di Santa Maria Novella.

Negli ultimi giorni, sognava semplicemente di essere immersa nell'oscurità, un'oscurità da cui emergevano voci di figure che non riusciva a vedere, che le dicevano di lasciarsi andare, di abbandonarsi alla follia. Maka non le ascoltava ed iniziava a scappare, ma più correva e più si ritrovava avviluppata in quell'oscurità sempre più buia, sempre più densa, finché non riusciva più a muoversi. Era allora che compariva Ashura, i tre occhi puntati su di lei proprio come quella notte, a sussurrarle nuovamente parole che avrebbe solo voluto dimenticare.

La mattina si svegliava stanchissima e di cattivo umore, e quasi non sentiva Black Star prenderla in giro per le sue occhiaie sempre più scure. Anche quando stava con i suoi amici le sembrava di essere più sola che mai, quando le chiedevano cosa avesse sentiva che non avrebbe potuto raccontare a nessuno di loro quello che stava davvero provando.

Ci metti tutti in pericolo, non sei abbastanza potente per combattere con noi, non sei al nostro livello. Anche loro lo pensano, solo che non vogliono dirtelo.

Allora perché continuavano a starle intorno? Perché non si liberavano semplicemente di lei?

La notte le voci rispondevano ai suoi interrogativi dicendole che i suoi amici la stavano solo sfruttando. Soul aveva bisogno di lei per diventare una Death Scythe. Black Star aveva bisogno di lei per dimostrare quanto era più forte di lei e vantarsi di essere un dio. Tsubaki aveva bisogno di lei per avere qualcuno con cui confidarsi che non andasse a spifferare tutto ai quattro venti come Liz e Patty. Death the Kid aveva bisogno di lei per il suo volto simmetrico e perché era l'unica del gruppo con cui potesse parlare di libri. Le sorelle Thompson avevano bisogno di lei per il suo supporto durante le crisi di Kid. Ma a nessuno di loro importava di cosa avesse bisogno lei.

Maka aveva iniziato a pensare che probabilmente le voci avevano ragione.

 

 

 

What doesn't destroy you

Leaves you broken instead

Got a hole in my soul growing deeper and deeper

 

 

 

 

Pian piano aveva preso ad isolarsi il più possibile da tutti e a rinchiudersi tutto il pomeriggio dentro la sua stanza a leggere, come faceva da piccola quando i suoi genitori litigavano in continuazione. Qualsiasi cosa pur di chiudere fuori il mondo e non pensare.

 

La Follia non è sempre una malattia Maka, a volte è solo il disperato bisogno di evadere da questa triste realtà. Abbraccia la Follia e il mondo sarà un luogo migliore.

 

Era da circa una settimana che le voci l'avevano raggiunta anche da sveglia, non la lasciavano un minuto, e Maka aveva capito che non si trattava di semplici incubi. Ashura poteva anche essere stato ucciso, ma la follia restava, in tutto il mondo. E di certo era ancora nella sua anima. Inizialmente aveva pensato di dirlo a qualcuno, ma dopo aver escluso a priori i suoi amici e suo padre, si era resa conto che non voleva parlarne né a Shinigami, che ormai sospettava l'avesse ammessa nella scuola solo perché era la figlia di Kami e Spirit, né al dottor Stein, che sembrava finalmente aver trovato la pace con Marie. Si era resa conto che sia Stein che Soul, che insieme a lei erano stati quelli più contagiati dalla follia, sembravano stare bene. Quindi l'anomalia era lei. Quella sbagliata era lei. L'errore, il cattivo, il mostro. 

Era lei.

 

 

 

 

And I can't take

One more moment of this silence

The loneliness is haunting me

And the weight of the world's getting harder to hold up

 

 

 

 

Si alzò dal letto lentamente, senza fare rumore. Sapeva che non sarebbe più riuscita ad addormentarsi per quella notte, perciò aveva deciso di vestirsi ed uscire a fare una passeggiata per la città. Controllò il cellulare sul comodino, c'erano due messaggi da parte dei suoi amici. Erano tre giorni che non li vedeva, non era andata nemmeno a scuola, era rimasta tutto il tempo nel suo letto, al buio, a stento era uscita dalla sua camera per mangiare ciò che le preparava Soul ed andare al bagno.

 

 

Ciao, ci chiedevamo come stessi. Va meglio?

Tsubaki e IL GRANDE BLACK STAR

 

 

Ehi, come stai?

Death the Kid, Liz e Patty

 

 

Rispose ad entrambi con lo stesso messaggio.

 

Sto bene.


 

Sì, menti. Esattamente come hanno fatto loro con te. 

 

Fece qualche passo e poggiò il cellulare sulla scrivania, accanto alle lettere di sua madre. Le guardò mentre si infilava il cappotto direttamente sopra il pigiama, certa che a quell'ora non avrebbe incontrato nessuno in giro.

Non aveva bisogno di controllare per sapere che l'ultima che sua madre le aveva scritto era di più di tre mesi prima. Per lettera non aveva potuto spiegarle nei dettagli cosa stava succedendo, le aveva solo raccontato sommariamente che Soul era stato ferito e che dovevano sconfiggere il Kishin. Alla fine della lettera, prima di salutarla, le aveva chiesto di venire a Death City, almeno per qualche giorno, voleva stare un po' con lei, c'erano tantissime cose che voleva dirle e chiederle di persona. Ma non c'era stata risposta. 

Era abituata a ricevere almeno una lettera al mese da sua madre, a volte anche due, perciò dopo due mesi in cui non le era arrivato nulla si era preoccupata ed aveva chiesto a Shinigami informazioni sulla missione su cui lavorava sua madre. Il dio della morte l'aveva rassicurata dicendo che sua madre stava benissimo e che la missione si era conclusa felicemente, ma non sapeva che dicendole questo Maka, sebbene non temesse più che le fosse successo qualcosa, si era arrabbiata con Kami più che mai. Perché se stava bene non le aveva risposto? Possibile che fosse così impegnata da non avere cinque minuti per scriverle?

 

Quale madre abbandona la figlia e non risponde neanche alle sue lettere?

 

«La mia, a quanto pare,» rispose a bassa voce.

 

E non è neanche venuta a trovarti dopo che tu gliel'avevi chiesto... Significa che davvero non le importa di te, non credi? Non è poi così diversa da tuo padre.

 

Maka sapeva cosa stava cercando di fare la voce, la sentiva insinuarsi come un serpente tra i suoi pensieri e scavare nella sua mente per evocare tutte le sue emozioni più negative. Cercò di ignorarla e diede le spalle a quelle lettere che non facevano altro che ricordarle quanto sua madre le era lontana, in tutti i sensi.

E i suoi cosiddetti amici... si preoccupavano tanto, eppure non erano ancora nemmeno passati a trovarla.

Non si accorse della lacrima che le stava scivolando sulla guancia finché la voce non gliela fece notare.

 

Andiamo, Maka, non fare così. Io ci sarò sempre per te, non ti abbandonerò mai. Te l'ho giurato, ricordi? Avanti, abbandonati alla Follia, lasciati andare.  Lascia che ti consumi completamente. Sarà piacevole, te lo prometto. Sfoga la tua rabbia, la tua tristezza, la tua frustrazione. Io resterò con te.

 

Maka sapeva cosa stava cercando di fare la voce, e cercava di ignorarla. Cercava di resistere al richiamo sempre più tentatore, a quelle promesse che sembravano così sincere. Ma la voce, dolce e suadente, non apparteneva ad Ashura o a chiunque altro. Quella era la voce di Soul.

 

E Maka non sarebbe mai riuscita ad ignorare Soul.

 

Non vorresti che tutto il dolore sparisse?

 

 

 

 

It comes in waves, I close my eyes

Hold my breath and let it bury me

I'm not ok and it's not all right!

Won't you drag the lake and bring me home again

 

 

 

 

Soul fu svegliato dalle grida di Maka. Per un momento fu preso dal panico e si alzò pronto a correre in suo soccorso, poi si rese conto che stava solo avendo un incubo e si fermò lì, con la mano sulla maniglia della propria stanza, indeciso sul da farsi. Probabilmente in passato avrebbe lasciato correre, sapendo quanto Maka fosse orgogliosa e quanto odiasse farsi vedere debole, salvo poi chiederle con nonchalance che cosa avesse sognato la mattina dopo, nascondendo la curiosità e l'apprensione sotto uno strato di indifferenza. 

Solo raramente, quando sapeva che per lei era stata una giornata molto dura, la notte andava da lei, le diceva che andava tutto bene e le faceva posare la testa sul suo petto, aspettando che si riaddormentasse per chiudere anche lui gli occhi.

Ed anche in quel momento avrebbe voluto soltanto andare in camera sua, coricarsi accanto a lei, abbracciarla e dirle che andava tutto bene.

Ma ora, semplicemente, non poteva più farlo. E non perché sarebbe stato davvero poco cool, e neanche perché si sarebbe beccato un pugno da Maka. Ora era tutto diverso. Loro erano cambiati. Il loro rapporto era cambiato.

Quella spontaneità, quella fiducia nel loro legame era sparita, forse per sempre.

Non sarebbero più stati quelli di prima.

E lui lo sapeva, l'aveva saputo dal momento in cui si era svegliato nell'infermeria della scuola e l'aveva vista dormire nel letto accanto al suo. Così bella, così forte, eppure così fragile.

Poteva proteggerla dalle uova di Kishin, ma non poteva nulla contro le sue insicurezze e le sue paure. E temeva che, dopo quello che era accaduto, se avesse provato a parlarne con lei, a comprenderla, ad entrare nella sua mente e farle capire quanto in realtà fosse straordinaria, sarebbe stato respinto una volta per tutte.

Per questo aveva lasciato che si rinchiudesse pian piano dentro di sé, cercando di non assillarla per uscire con il gruppo e preoccupandosi solo che mangiasse sempre e avesse tutto quello di cui aveva bisogno. Negli ultimi giorni, in particolare, era rimasta sempre in camera sua, dicendo di avere la febbre così alta da non poter andare a scuola o uscire. 

Sperava che, dato che stavolta lui non poteva aiutarla, sarebbe riuscita a superare da sola anche questa battaglia ed andare avanti, determinata come era sempre stata – e come sempre l'aveva amata.

Si accorse che nella casa era calato il silenzio. Maka si era svegliata.

Stava per riaddormentarsi quando la sentì aprire la porta della sua stanza e scendere di sotto, di solito quando si svegliava la notte andava sempre in cucina a scaldarsi un po' di latte per poi tornare a letto più tranquilla.

Iniziò ad allarmarsi solo quando sentì il portone di casa che si chiudeva. Dove stava andando? Si rialzò, infilò le scarpe, attraversò il corridoio buio e scese di sotto. Aprì il portone e fece qualche passo fuori. La strada era completamente vuota.

Che fare? Non poteva usare la percezione dell'anima per trovarla, e anche se fosse riuscito a raggiungerla che le avrebbe detto? 'È pericoloso andare in giro a quest'ora'? Maka era capace di difendersi da sola, si sarebbe solo offesa, e lui doveva evitare di minare ancora di più la sua fiducia in se stessa.

Soul non poteva impedirle di fare una passeggiata per la città. Maka poteva fare qualsiasi cosa volesse. E soprattuto, poteva fare qualsiasi cosa la facesse stare meglio. Probabilmente sarebbe tornata nel giro di mezz'ora. Arrivato a queste conclusioni, sospirò e tornò dentro, addormentandosi poco dopo.

Quando si svegliò la mattina dopo, si rese subito conto che qualcosa non andava. Non ebbe bisogno di alzarsi ed andare in camera sua, dove avrebbe trovato lettere gettate a terra, un cellulare rotto e vetri infranti di foto attaccate alle pareti da anni, per capire che Maka non era tornata a casa.

 

 

 

~*~*~*~

 

 

 

 

'Cause you know that I can't do this on my own.

 

 

 

 

E ora si trovava lì, in quella grotta dove era stato sconfitto il Kishin, in quel luogo maledetto dove erano cominciati tutti i suoi problemi, a fronteggiare una Maka completamente succube della follia.

Avrebbe dovuto prevederlo. Avrebbe dovuto evitarlo. Avrebbe dovuto salvarla. Era il suo compito, dopotutto.

La sentì sospirare sul suo collo. Non le era così vicino da mesi.

Non aveva pensato a chiamare gli altri quando aveva capito dove poteva trovarsi, aveva preso la moto e si era diretto il più velocemente possibile dove credeva che lei fosse. E quello era stato l'ultimo di una lunga serie di errori. 

Appena aveva posato gli occhi su di lei aveva capito cos'era successo, il suo sguardo era vuoto, i capelli sciolti e spettinati, gocce di sangue nero macchiavano il terreno.

Gli occhi verdi, che prima sembravano privi di vita, avevano riacquistato qualcosa nel momento in cui l'aveva visto. Era stato questo a dargli speranza, il fatto che lei lo avesse riconosciuto.

Aveva lasciato che gli si avvicinasse, senza neanche provare a trasformarsi: se anche lei avesse tentato di fargli del male, lui non avrebbe reagito. Non avrebbe mai colpito la sua Meister.

Aveva sussultato quando inaspettatamente gli aveva passato le mani intorno al collo e lo aveva abbracciato, stringendosi al suo petto. Forse non era troppo tardi...

Poi lei aveva iniziato a lasciargli dei baci lungo la mandibola e lui l'aveva allontanata tenendole le mani sulle spalle per guardarla negli occhi. Improvvisamente aveva sentito la follia che si protraeva da quelle iridi attirarlo verso di sé e quando lei si era avvicinata di nuovo non era riuscito a trovare la forza per spostarsi.

 

 

 

 

Who will fix me now?

Who will fix me now?

 

 

 

 

Poteva sentire la sua lingua lungo il collo e i propri brividi incontrollabili lungo la spina dorsale, represse un gemito. 

«Maka» provò a dire, la voce che non si decideva a uscire «ti prego, devi combatterla, so che puoi–»

«Rilassati, Soul. Va tutto bene,» mormorò lei nel suo orecchio, per poi iniziare a mordicchiargli il lobo con i denti. I suoi occhi si alzarono automaticamente verso l'alto, si costrinse a guardare avanti. Doveva farla tornare in sé.

«Maka,» riprovò. «Maka.»

«Oh, amo quando dici il mio nome.»

Era chiaro dal modo in cui ridacchiava piano contro di lui che lei sapeva benissimo cosa gli stava facendo. C'era un ronzio nelle sue orecchie. Sapeva che doveva fare qualcosa, ma al momento non riusciva a ricordare cosa fosse e le sue dita che si muovevano leggere su di lui non facevano che distrarlo.

«Smettila di essere così testardo» sussurrò, strusciando una gamba contro la sua.

«Ngh» fu tutto ciò che riuscì a replicare. Si rese conto di aver chiuso gli occhi e li spalancò nuovamente. Doveva concentrarsi. Lei aveva passato una mano sotto il bordo della divisa da combattimento e gli stava accarezzando il petto in corrispondenza della cicatrice.

Chiuse gli occhi e cercò di ignorarla per tentare di raggiungere la sua anima, immergendosi attraverso la connessione delle loro menti in quell'abisso buio. Aveva giurato che l'avrebbe salvata sempre, anche a costo della vita, ma ora non riusciva a trovarla da nessuna parte, e non riusciva nemmeno a sentire le onde della sua anima. 

 

 

 

 

Who will fix me now?

Dive in when I'm down?

 

 

 

 

«Maka, ascoltami–»

«Soul, sai cosa voglio.»

«Di che parli?»

«Ho bisogno di te, Soul.»

«Sto cercando di aiutarti Maka, ma tu devi ascoltarmi» la pregò tenendole il viso tra le mani, cercando di guadagnare la sua attenzione. La mano che non gli stava sfiorando il torace era salita tra i suoi capelli, mentre la sua bocca si era ora spostata sulla sua spalla.

«Rimani con me. Rimani con me per sempre» continuò lei come se non lo avesse neanche sentito.

«Maka, ti supplico! Torna in te! Tu sei più forte di così, io lo so, trova dentro di te la forza per uscire dalla follia!» L'eco delle sue grida rimbalzò per la grotta, l'unica reazione di Maka fu un sorriso ancora più ampio.

«Va tutto bene, Soul. Mi sento libera. Sto bene. E starai bene anche tu se ti lascerai andare. Saremo potentissimi insieme, vedrai.» Lo strinse più forte, accarezzandogli la testa come per calmarlo. «Resta con me, Soul. Per sempre,» sussurrò ad un centimetro dal suo orecchio. Soul si trovò a lottare contro i nuovi brividi che gli stavano percorrendo la schiena. Per quanto tempo l'aveva desiderata così, dolce e arrendevole tra le sue braccia? Per quanto aveva solo voluto cancellare quella sua sfiducia nei confronti degli uomini causata dal rapporto col padre? 

Ultimamente, invece, lei non aveva fatto altro che allontanarsi ancora di più, allargando quella voragine tra di loro fino a renderla incolmabile.

E ora era lì, a chiedergli di rimanere per sempre con lui.

«Baciami, Soul.» Si stava ancora strusciando contro di lui, quasi impercettibilmente, ma era qualcosa che aveva sognato per così tanto che anche il più minimo movimento era come un terremoto.

Quella non era Maka. Non doveva cedere alle sue lusinghe, alle lusinghe di un demone con le fattezze della sua partner. 

«I nostri amici... ci stanno aspettando. Non possiamo...» ansimò senza fiato.

«Baciami, e spariranno. Baciami, e tutti i problemi e le preoccupazioni andranno via.» Lei gli si premette ancora più addosso e lui non poté fare altro che guardarla disperato negli occhi, non del loro solito verde ma di quel piatto color oliva che era il segno della follia di cui era preda.

Cercò ancora freneticamente oltre quella profondità la sua anima, sotto quella superficie ghiacciata. Sapeva che lei era laggiù, da qualche parte, persa in quella follia che era solo causa sua, sua e delle sue parole di due mesi prima, quelle parole che era stato costretto a dire contro la sua volontà e che avevano cambiato per sempre la sua Meister. Drizzò le orecchie per cercare di sentire la sua voce, qualunque cosa lo guidasse da lei.

 

Ma la sua voce era lì accanto a lui, lì di fronte a lui.

 

«Avanti, Soul,» disse lei, e assomigliava così tanto alla vera Maka che Soul si sentì morire.

 

«Baciami.»

 

 

Non era mai stato bravo a dirle di no.

 

 

 

 

Save me from myself

Don't let me drown.

 





 


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La citazione "La pazzia? Non è sempre una malattia, a volte è il disperato bisogno di evadere da questa triste realtà" è di Jane Austen, l'ho solo modificata lievemente. Spero che la storia vi sia piaciuta e che vogliate lasciarmi una recensione per dirmi cosa dovrei migliorare. A presto!

 

Elisaherm

  
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