Serie TV > The Mentalist
Ricorda la storia  |      
Autore: _diana87    02/01/2015    3 recensioni
Sul tavolo c’erano due cappelli di Babbo Natale. Ne prese uno e se lo mise in testa.
“Vorrà dire che Sexy Babbo Natale verrà a vedere se sei stato bravo quest’anno.” Sussurrò con voce soave.
Genere: Demenziale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Patrick Jane, Teresa Lisbon, Un po' tutti | Coppie: Jane/Lisbon
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A


“Oooh sì... continua... ancora... aaah, Patrick le tue mani... raggiungono posti che... non pensavo ci fossero... oddio...”
Qualcuno si schiarì la gola, riportando la donna alla realtà. Lui aveva smesso di muovere le mani sulle sue spalle, dove le aveva appena fatto un massaggio da Dio, rimuovendo tutte le tensioni sui muscoli che si erano create nelle ultime settimane di lavoro.
La testa di Teresa si reclinò in avanti molleggiando, e spalancò gli occhi impaurita quando si accorse che i suoi colleghi li stavano fissando.
Jason Wylie si strinse il colletto della cravatta, sentendosi andare a fuoco. Lanciò un’occhiata a Michelle Vega, la nuova arrivata all’FBI, cercando risposte nei suoi occhi nocciola su ciò a cui aveva appena assistito. La ragazza rispose prostrandosi in avanti col busto e portò il dito indice sulla tempia tamburellando, facendo un’espressone che diceva “Qui dentro sono tutti pazzi.”
Dennis Abbott semplicemente scosse la testa e imprecò.
“Gesù, prendetevi una stanza!”
Aveva ragione. Da quando Patrick e Teresa si erano decisi ad uscire allo scoperto con la loro relazione, le cose avevano decisamente preso una piega inaspettata sul posto di lavoro.
Dennis aveva addirittura pensato che forse quei due si chiudevano nello stanzino o nel bagno per “darci dentro come conigli”, e la cosa lo fece rabbrividire al sol pensiero. Chiuse gli occhi per togliersi quell’immagine dalla testa, ma poi si rese conto che il condizionatore nel suo ufficio era a livelli esagerati.
“Wylie, cazzo! Siamo in pieno inverno e tu abbassi la temperatura a -10?! Ma porca puttana, cosa devo fare per richiedere un po’ di disciplina qui dentro? E che cazzo!”
“Se vuoi mostrare disciplina, io comincerei ad eliminare tutte quelle parole scurrili dal vocabolario!”
Dannato Patrick Jane.
Il rispettoso capo dell’FBI saltò dalla sedia del suo ufficio, come se avesse un trampolino sotto il sedere. Ci mancò poco che cadde a terra. Rivolse uno sguardo ammonitore verso il consulente, che lo salutò con la manina facendo l’ebete. Sospirò. Almeno non era con Lisbon, e ciò significava che quei due non stavano copulando da qualche parte.
Dennis fece l’indifferente sistemando dei fascicoli che aveva sotto gli occhi.
“Jane, ti do un consiglio. Perché non ti prendi qualche giorno di riposto? Credo che tu e Lisbon ne avete bisogno. Lontano dall’FBI.”
Lui lo guardò con sospetto. Fece qualche passo avanti studiando la sua espressione.
Si fece più vicino fino a raggiungere per pochi centimetri il suo volto. Lo squadrò per qualche secondo cercando di cogliere qualche mini espressione che lo facesse pensare che lo stava prendendo per il culo, finché Abbott crollò.
Una gocciolina di sudore attraversò metà del suo volto, dalla fronte a sotto il mento, e vide il pomo d’Adamo muoversi a ritmi convulsi.
“Beccato!” esclamò Jane trionfante. “Ci vuoi cacciare perché io e Lisbon vi stiamo mettendo in imbarazzo. Lo capisco, le effusioni in pubblico non sono sempre ben accette.”
“No, non è questo. Tu e Lisbon avete atteso anni per finalmente concludere qualcosa, e io sono il primo ad esultare”, disse nascondendo subito quell’imbarazzo di essere il primo fan della loro storia d’amore, nonché il fondatore del fan club ‘J&L forever’ su Facebook, “penso solo che avreste bisogno di un po’ di... tranquillità.” Concluse stringendosi la camicia.
In realtà alludeva ad altro.
In realtà Patrick Jane lo sapeva che Dennis Abbott sapeva che alludeva ad altro.
Il consulente risposte facendo spallucce con una smorfia, prima di lasciare l’ufficio del grande capo.
Quando si assicurò che aveva lasciato la stanza, Abbott riaccese il computer, si collegò a Facebook con il suo falso account, e aggiornò la pagina ‘J&L Forever’ scrivendo ‘I piccioni tornano al loro nido d’amore.’
Avevano perso Abbott.
 
“Quindi Abbott ti ha detto che possiamo prenderci la giornata libera per rilassarci?” cercò di dire Lisbon, impegnata ad abbuffarsi dei sandwich che il suo fidanzato gli aveva portato. Uno col prosciutto crudo, insalata e scamorza, un altro con carciofini e prosciutto cotto, un altro ancora con tonno e pomodori... okay, forse Jane aveva esagerato con le porzioni. Forse a volte era troppo premuroso. Forse se Lisbon finiva per metter su qualche kilo, almeno era consapevole che la colpa era la sua.
“Non erano proprio le parole che ha usato, ma il senso è quello. A quanto pare creiamo un certo imbarazzo in ufficio,” le rispose, avvicinandosi. Lisbon si guardò circospetta. Erano nella cucina dell’FBI e le porte erano trasparenti, ergo chiunque poteva vederli. “E credo che il povero Wylie non sia abituato.” Le fece intendere altro, con un pizzico di malizia.
Invece di mostrare un po’ di contegno proprio perché le porte erano trasparenti, ergo chiunque poteva vederli, intrapresero un gioco di sguardi. Lei si passò la lingua sulle labbra e poi guardò quelle del suo fidanzato come se stesse puntando un bersaglio.
Sul tavolo c’erano due cappelli di Babbo Natale. Ne prese uno e se lo mise in testa.
“Vorrà dire che Sexy Babbo Natale verrà a vedere se sei stato bravo quest’anno.” Sussurrò con voce soave.
Le guardò le labbra e poi gli occhi. “E se sono stato cattivo?” bisbigliò infine, sorridendo. Accorciò le distanze tra lui e la donna.
Lisbon si tirò indietro e gli puntò il dito. “Allora avrai la doppia punizione. Ricorda, ho una pistola sul comodino.” Asserì con tono apparentemente serio da vera agente dell’FBI.
Jane deglutì mettendosi seriamente paura. Non seppe dire se per la doppia punizione o per la pistola.
 
Passarono circa due ore.
Abbott potette tirare un sospiro di sollievo, sedendosi nel suo ufficio, dopo tutta la giornata passata in piedi. Quando vide la sua poltroncina immacolata, pulita e stirata... stirata?!
“Wylie! Che cazzo stai facendo... secondo te mi siedo lì, che poi mi va a fuoco il culo?!”
Il nerd si alzò, prese la pezza gialla e il liquido trasparente, e divenne bianco.
“M-ma signore, pensavo-“
“Non pensare! Agisci! Rispondi alla domanda!”
Jason si guardò intorno e poi fissò la poltrona nera del suo boss. L’aveva pulita a fondo, almeno un po’ di riconoscenza, pensò tra sé, arricciando le labbra.
Si voltò e alzò il dito indice verso Abbott, come volesse esprimere la sua opinione.
“Devo davvero rispondere alla domanda?”
Dennis sbottò e scosse la testa. Mosse le mani confusamente e indicò a Wylie di uscire. Il nerd lo prese come un invito a lucidare anche la porta.
“Wylie! Porca puttana!”
L’imprecazione del grande capo fece freddare gli agenti dell’FBI, che fermarono le loro attività per guardare la piccola scenetta.
La gocciolina di sudore scese dalla fronte di Wylie fino al suo collo.
Lo squillo del telefono di Abbott riportò tutto alla normalità. Gli agenti tornarono a fare il loro lavoro e Wylie, sentendosi libero, prese pezzetta e lucidante e se la filò a gambe levate.
Abbott se lo aspettò. La voce tremolante che sentiva dall’altro lato del telefono era... strana.
Cercò di capire cosa Patrick Jane stesse confabulando e si chiese perché diavolo stesse parlando a bassa voce.
“Dove sei rimasto incastrato?” ci volle una frazione di secondo per capire che aveva posto la domanda sbagliata. “O dovrei dire... dentro chi?”
Il silenzio lo aiutò a formulare la risposta. Si mise una mano sulla fronte, sconsolato, ma allo stesso tempo eccitato.
Okay, era fuori luogo. Lui era un grande boss, comandava l’FBI, e non doveva mostrare il suo lato da fanboy.
Jane mormorò qualcosa di insensato, quasi balbettando. “E’ complicato... non sappiamo da dove iniziare... è meglio se vedete coi vostri occhi. Mandate una squadra!”
“Jane, santa miseria!”
Quella era Teresa Lisbon, che si coprì immediatamente la bocca e spalancò gli occhi quando capì di aver fatto la cazzata del secolo.
Come se ciò che aveva fatto con Jane non fosse già stata la cosa più assurda di quell’anno. Probabilmente, data la situazione in cui si erano trovati, se ci fosse stata una gara, lei e Jane avrebbero vinto il primo premio come ‘Miglior coppia di idioti.’
“Non posso chiamare una squadra d’emergenza solo per separarvi perché voi due... insomma, avete capito!”
“Andiamo, non sappiamo come staccarci!”
La risposta del consulente peggiorò la situazione. Sentì dei pizzicotti da parte della sua fidanzata, che con gli occhi minacciosi gli stava trasmettendo un messaggio che, tradotto nel linguaggio comune, più o meno significava ‘Se non la smetti di raccontare i nostri fatti privati, ti gonfio come un pesce palla di razza aliena’. Se prima eravamo indecisi se i pesci palla erano alieni, adesso ne abbiamo avuto la conferma.
Abbott cercò di parlare con il tono di voce più basso che aveva, ma Wylie, sempre pronto con il super udito e l’occhio lungo, intercettò il suo labiale.
“Magari se la smettete di appiccicarvi come conigli, evitereste situazioni del genere!” sbottò il capo dell’FBI, chiudendo la conversazione in tono brusco.
Guardò il proprio computer chiedendosi come avrebbe aggiornato il suo fan club.
“Signore, cos’è successo?”
Vega spuntò poggiando entrambe le mani sullo stipite della porta. Dietro di lei, Wylie fece capolino. Ora aveva anche le sentinelle e la cosa lo inquietò a tal punto che per poco non ebbe un attacco di cuore.
“Jane e Lisbon hanno avuto delle, diciamo così, complicazioni.” Pronunciò l’ultima parola facendo un segno di una V che si piega con le dita, per indicare le virgolette. “Vega, và con Cho e raggiungeteli. Sono nell’ufficio delle fotocopie, nel terzo piano.”
La nuova recluta annuì senza fare ulteriori domande. Era meglio non chiedere. Aveva visto il capo troppo agitato.
“E io?”
“Tu Wylie resta qui.”
Jason trattenne dei singhiozzi e si avvicinò alla scrivania del boss, indicando se stesso.
“Lei ce l’ha con me, signore, perché sono bianco!”
Dennis lo fissò per un attimo. Pupille dilatate, mani tremolanti. Labbro inferiore che stava per scoppiare.
“Wylie, ma ti sei rincoglionito?”
“Un giorno anche i bianchi conquisteranno il potere e allora sarà un mondo diverso.” Disse Wylie, lasciando la stanza come in un dramma di Shakespeare.
Abbott lo guardò preoccupato. “Ma perché ho assunto certe persone?”
 
Kimball Cho cercò di capire cosa Michelle Vega gli avesse appena detto. Il problema era che da quando gli aveva spiegato che dovevano cercare Jane e Lisbon perché avevano un problema, il coreano era rimasto a fissarla da dieci minuti ormai. Immobile come una statua e con le braccia incrociate.
Vega controllò l’orologio.
Undici minuti.
Sventolò una mano davanti gli occhi dell’agente.
Niente, impassibile.
Preoccupata, la giovane recluta decise di bussare ugualmente nella stanza delle fotocopie, chiamando Jane e Lisbon.
Silenzio. Appoggiò l’orecchio sulla porta e la mano sulla maniglia e udì qualche bisbiglio. Più preoccupata che mai, Vega si decise ad aprire la porta pian pianino.
Ciò che vide davanti a sé la sconvolse.
Jane era seduto su una sedia con i pantaloni abbassati – e probabilmente era anche senza mutande – e sopra di lui, c’era Lisbon posizionata come se cavalcasse. Forse stavano facendo esattamente quel tipo di cosa.
La cosa strana, e non seppe se ridere, era lei vestita da Sexy Babbo Natale. Un completino strettissimo, con spalline tutto rosso, stivali dello stesso colore, con aggiunta di pon pon bianchi, e un cappellino da Santa Claus sulla testa.
Jane era rimasto con le mani alzate da quando Vega era entrata. Sapeva che la situazione aveva del comico e del tragico, ma onde evitare di peggiore ulteriormente, meglio tenere le mani a posto. E per ‘mani a posto’ si escludeva ‘sopra il sedere di Teresa Lisbon’.
La giovane chiuse subito la porta dietro di sé, seguita da Cho, che stava fissando la scena, sconvolto.
Vega si avvicinò alla coppia, sussurrando. “Oh mio Dio... Jane! Lisbon! Ma come avete fatto? Neanche in un episodio di Grey’s Anatomy!”
Cho ripeteva la stessa frase da qualche secondo. “Io pensavo fossero solo fratello e sorella...”
“Ci siamo fatti prendere dal momento.” Rispose Jane, come se fosse la cosa più naturale del mondo.
Lisbon rise nervosamente e si strinse le spalle.
“Per favore, mi date una coperta? Mi raffreddo dappertutto...” lasciò la frase in sospeso guardando prima la sua parte sottostante, incastrata in quella del consulente, il quale, al contrario, sembrava beatificare di quella posizione. Senza toglierle gli occhi di dosso, Patrick fece schioccare le dita.
“Giusto. Vega, la coperta!”
“C’è una coperta che si chiama Vega?” chiese la giovane, confusa.
“No, intendevo ‘passami la coperta, Vega!’” cercò di spiegare la sua frase facendo dei gesti con le mani. Pensava così di dare significato alle sue parole. Senza virgole e punti, era difficile parlare!
“Io pensavo fossero solo fratello e sorella...”
Nessuno stava badando a Cho. La giovane agente gli rivolse un’occhiata, giusto per assicurarsi che fosse lui ancora vivo e vegeto, poi guardò Jane e seguì i suoi movimenti delle mani. Sembrava un direttore d’orchestra e scatenò in Lisbon una risata convulsa.
Vega gli toccò la fronte. “Jane, ma ti senti bene? Perché sembra che tu stia recitando?”
Lui roteò gli occhi e posò le mani sui fianchi della sua fidanzata. “Oh Gesù, passami quella cazzo di coperta!”
“Va bene, va bene, non c’è bisogno che urli... ma che modi!”
“Quale Gesù devo prendere?”
Jane e Lisbon guardarono il coreano. Si era mosso, ma l’espressione di catalessi era rimasta. Si trovava tra due statue di Gesù – e qui sorge la domanda spontanea, cosa ci facevano due statue sacre dentro la stanza delle fotocopie dell’FBI? – e indicava l’una e poi l’altra.
Toccò a Teresa roteare gli occhi, esasperata. “Cho, era un’imprecazione!”
“Ecco Vega la coperta! Non trovo l’etichetta, dove l’hai comprata, Lisbon?” Vega portò una soffice stoffa rosa e se la sfregò sulla guancia per constatare la morbidezza del tessuto. Non fece neanche caso a Jane quando, porgendola a Lisbon, la coperta gli coprì la faccia, impedendogli di parlare.
“Bella, vero? In uno di quei mercatini delle pulci... quando usciremo da qui, ti ci porterò!” le promise Lisbon. Sembrava una conversazione da salottino.
Patrick riuscì a togliersi la coperta dal viso e a farfugliare qualcosa con un sorriso a denti stretti. Si vedeva che la situazione iniziava a degenerare. “Amore, perché non inviti tutti gli agenti per il tè? Tanto già che ci siamo...”
Teresa lo prese in parola. “Ok, come preferisci. Cho, il telefono!” ordinò e allungò la mano verso il coreano, che continuava a ripetere la frase del giorno tra le due statue sacre. “Io pensavo fossero solo fratello e sorella...”
“Il telefono si chiama Cho?” chiese Vega, con espressione severa e convita.
Lisbon sorrise nervosamente verso Jane, che si limitò a fare spallucce. “Questa è la giornata più imbarazzante della mia vita.”
 
Ci volle circa un’ora perché Abbott chiamò una piccola squadra di rinforzo a liberare i suoi due agenti, rimasti incastrati in quell’assurda posizione. Doveva aggiornare il suo fan club, ma non se la sentì. Forse perché la situazione era imbarazzante e stupida, frutto di quell’amore sano e genuino che provavano quei due scemi. Sì, non c’era altra spiegazione.
Sorrise guardando il suo cellulare e scrisse solo ‘Tutto va bene nel Paradiso Jisbon.’ E poi cancellò la pagina.
“Perché Lisbon è vestita da Babbo Natale?” un giorno di questi, Wylie gli avrebbe fatto prendere un infarto, se lo sentiva. Balzò e si voltò solo per vedere Jason con il dito indice pronto per picchiettarlo sulla spalla. “È per questo che voleva che io restassi in ufficio, signore? È una sorpresa anticipata per il mio compleanno?” chiese speranzoso.
Abbott si voltò verso Patrick e Teresa. Erano felici, sorridenti, nonostante la situazione imbarazzante e assurda in cui si erano ritrovati.
Cho era ancora sotto shock.
“Io pensavo fossero fratello e sorella...” era ancora dura da accettare, dopo anni passati al loro fianco. Avrebbe avuto bisogno di tanta terapia. Vega gli mise una mano sulla spalla in segno di conforto, e gli offrì una tazza di tè, facendolo sedere.
“Allora, signore?” Jason era impaziente.
Dennis si voltò e lo ammonì. “Wylie, chiudi il becco!”
“Non ho mai capito il detto ‘chiudi il becco’, quando gli esseri umani posseggono una bocca.” Domandò poi il nerd e rimase con il dito indice premuto sotto il mento, in una posizione da pensatore.
A Dennis Abbott non restò altro che scuotere la testa. “Io chiedo la pensione anticipata.”
Si avvicinò ai due piccioncini e gli dispiacque interromperli mentre parlavano amorevolmente uno davanti all’altra. Teresa aveva ancora il cappellino di Babbo Natale e a Patrick piaceva toccarglielo per scompigliarle i capelli.
“Jane, Lisbon, vi avevo detto di prendervi una stanza.”
“E noi lo abbiamo fatto. Ci siamo chiusi nella prima stanza libera dell’FBI.” spiegò tutto convinto il biondo e vide Teresa trattenere un sorriso abbassando lo sguardo.
Non c’era niente da fare. Quei due erano proprio partiti e innamorati pazzi.
Sospirò. “Perché tornare a casa quando c’è l’FBI, giusto?” fece la domanda retorica.
“Giusto, signore!”
“Sbagliato, invece! Però è Natale e quindi... bando alle ciance, ciance alle bande, vi perdono! E ora Jane, bacia la tua donna...” gli fece notare quel ramoscello verde di pianta coriacea con bacche rosse sopra le loro teste. “C’è il vischio!”
Teresa arrossì appena, imbarazzata. Come se quel giorno non le avesse provocato abbastanza vergogna.
“Lo sapevo che alla fine anche Dennis aveva un cuore d’oro.”
Patrick diede una forte pacca sulla spalla al grande capo, che lo fece perdere l’equilibrio e, nel tentativo di sorreggersi, finì col cadere con il sedere a terra. Quando accarezzò il pavimento e si rese conto che qualcuno aveva passato la cera, seppe chi incolpare. Sgranò gli occhi e tentò di localizzare il colpevole.
“Wylieeeeee!”
“Non aveva detto che a Natale avrebbe perdonato tutti?” domandò Teresa. Le sue braccia circondavano il collo di Patrick. Seguì il suo sguardo divertito verso l’inseguimento tra Abbott e Wylie, poi girò gli occhi verso Vega e Cho, che finalmente si era ripreso dallo shock iniziale.
Fece spallucce e guardò la sua amata.
“Per una volta, smettiamo di pensare agli altri!”
Le cinse più forte la vita prima di stamparle un bacio sotto il vischio.
Il primo di una lunga serie.
Non era stato poi così male l’idea di restare incastrati a Natale all’FBI.


Angoletto dell'autrice (poco) sana di mente:
Come indicato dal titolo, avrei dovuto postare la one shot sotto Natale, invece mi sono dilungata e non ho avuto più tempo per completarla. I dialoghi c'erano, mancava solo l'ambientazione.
I personaggi sono un po' OOC, e tengo a precisarlo. Quando scrivo storie demenziali, ne consegue che anche che i personaggi siano come richiesto dal genere.
Ho due notizie: 1) sto tornando al demenziale *-* 2) sto lavando sulla terza parte del crossover CastleTM su Hangover.
E' un lavoraccio, e ora so cosa si prova a scrivere dei seguiti, ma pian piano e la farò u.u
Buone feste (Natale è passato a sto punto lol) dalla vostra (in)sana di mente *-*
D. 
   
 
Leggi le 3 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > The Mentalist / Vai alla pagina dell'autore: _diana87