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Autore: Eresseie93    03/01/2015    7 recensioni
Una storia Merthur ;) molto semplice e spero che vi piaccia!
dal testo:
Musica, un bar stracolmo di gente che beveva e altrettanta gente in pista che si scatenava. Merlino non era molto adatto a quei luoghi, ma nonostante tutto gli piaceva qualche volta bere un po’, alleggerire l’anima con un po’ d’alcool, divertirsi con i suoi amici.
:D un bacio
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Merlino, Principe Artù, Un po' tutti | Coppie: Merlino/Artù
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Era un ragazzo come tanti, più o meno.

Fisicamente alto, i capelli più scuri della notte, occhi più azzurri del cielo e per alcuni troppo magro, rispetto a tutti quei ragazzi del college magari biondi, occhi chiari, muscoli enormi come angurie e certuni pieni di steroidi.

Lui era semplice, forse un po’ troppo immerso nei suoi studi e con il naso intinto nei suoi libri, ma ciò nonostante aveva degli amici, pochi ma buoni. Era sempre il primo ad entrare nell’aula di letteratura e quella mattina non fu diverso, avrebbe avuto un nuovo insegnante e voleva avere il posto migliore.

Amava divorare le strofe delle poesie, s’immergeva così tanto che delle volte perdeva intere ore a leggere e rileggerle per fare  propri quei versi che gli alleggerivano l’anima.

Si portava sempre uno o due libri di poesia, li leggeva ogni qual volta aveva tempo, mentre aspettava l’autobus, nel momento in cui attendeva ad un incontro con gli amici, per il tempo in cui pranzava, prima di dormire, per rilassarsi e anche durante il tempo in cui attendeva nell’aula l’arrivo del professore o al cambio di lezione. Una volta aveva provato a sprofondare nella lettura mentre procedeva per i corridoi e le scale, ma non fu una buona idea, poiché cadde a terra inciampando su se stesso, ma ebbe la fortuna di incontrare una dei suoi attuali amici, Gwen.

Erano soltanto le 8 e un quarto, indossò i suoi occhiali soliti per leggere e rilesse per l’ennesima volta una delle poesie che si erano incastrate nel suo cuore, non era una poesia che molti conoscevano e forse è per questo che era ancora più bella, non era stata consumata da parole vane e occhi che guardano svogliati le sue parole. “ Non ti amo come fossi rosa di sale ” di Pablo Neruda, avrebbe voluto che qualcuno l’amasse a quel modo. In maniera spontanea, vera, come quando si nasconde un segreto e lo devi tenere stretto, lo devi proteggere, quasi dimenticandosi chi si è, fondendosi uno nell’altro, amarsi anche nelle cose più piccole non importa il dove o che circostanza.

Chiuse gli occhi e inspirò a fondo, quasi a voler respirare a pieni polmoni quelle parole, poi li riaprì e accarezzò quelle parole con le sue dita affusolate, la campanella stava per suonare.

- Oh, buongiorno, non sapevo che già ci fosse qualcuno, non sono neanche le 9. – esordì una voce calda vicino la porta che si affrettava ad accingersi alla cattedra. Merlino alzò la testa – Oh, buongiorno. – rispose cortesemente al saluto, per poi ritornare alla sua poesia. Aveva alzato giusto gli occhi giusto quel tanto a salutare l’altro e poi li riabbassò per non perdere la concentrazione, non si era accorto che l’altro gli si stava sedendo dietro incuriosito e con un sorriso sghembo sul viso.

Guardava i suoi capelli neri, neri come la pece, la notte nella sua ora più buia o la notte senza stelle, il buio. Poi vide che teneva tra le mani un libro di poesie, lo fissò giusto qualche minuto con la mano che teneva il suo viso. Merlino si girò quasi si sentisse violato in un momento d’intimità – Scusa non ti conosco, non hai niente di meglio da fare che restare lì a fissarmi? – rispose un po’ seccato, l’altro per tutta risposta alzò le sopracciglia, guardò l’orologio al polso e si avvicinò un po’ di più al viso dell’altro, nel mentre altri ragazzi entrarono dalla porta schiamazzando, e gli replicò – Adesso sì. – sorridendo scese per le scale e si diresse alla cattedra sedendosi sopra e aspettando che tutti fossero al loro posto.

Merlino per tutta risposta chiuse il libro e arrossì fino alla punta delle orecchie e scivolò sulla sedia, quasi a volersi rendere invisibile ma non sarebbe servito a nulla, era praticamente ai primi posti e non poteva nascondersi da quegli occhi taglienti. Lancelot si era seduto accanto a lui, il suo migliore amico e fidanzato di Gwen che ancora non vedeva arrivare, nel momento esatto in cui il professore stava aprendo bocca per presentarsi la porta si aprì violentemente, ne entrò una ragazza scura di carnagione, capelli ricci castani, correndo, la borsa pendolante da un lato e in forte ritardo. Vide Lance fargli cenno con la mano e si schiantò sulla sedia con il fiatone e un sorriso a trentadue denti – Mi scusi.. io.. non ho sentito la sveglia – rise un po’ arrossendo. Tutti scoppiarono in una risata silenziosa.

- Come stavo per dire, prima che la vostra scompigliata compagna m’interrompesse, sarò il vostro futuro professore, almeno per tutto quest’anno. – allargò le braccia – Artù Pendragon. – prese un libro e lesse con enfasi - Era un giovane alto e sottile; disdegnava l'eleganza della persona, portava occhiali a stanghetta da modesto studioso; i neri capelli arruffati, dai riflessi blu, gli ombreggiavano la fronte e gli occhi vivissimi, così penetranti che era difficile sostenerne lo sguardo a chi non fosse ben sicuro di sé. – Chiuse il libro – Chi sa dirmi chi ha scritto questa frase – guardò a fondo ognuno di loro e più di tutti il moro. Un ragazzetto timido alzò la mano – Wilde? – un altro – Orwell? – tanti altri dissero altri autori ma nessuno indovinò. Stava per dire chi fosse quando all’improvviso – Levi. – tutti si girarono a guardarlo, si sentì avvampare, lo stesso Artù lo osservò compiaciuto – Finalmente – lo disse sussurrando – Levi. Complimenti, tu sei? – lo puntò e Merlino volle eclissarsi – Merlino. – il professore gli sorrise, adesso sapeva il suo nome.

Pranzò con Gwen e Lance poi si diresse con loro nella stanza insieme ad altri amici, Morgana e Gwein, dedicarono metà pomeriggio allo studio e il restante a prepararsi per la festa in maschera di inizio e ultimo anno.

Erano tutti eleganti ma ognuno risaltava la propria persona, Gwen indossava un vestito sopra il ginocchio color verde bosco, con dei punti luce verdi anch’essi, i capelli raccolti ai lati da fermagli marroni ed una maschera che le copriva solo la parte degli occhi, verde chiaro con dei ghirigori neri. Morgana aveva un abitino rosso mogano, le labbra dipinte anch’esse di rosso e una linea di eyeliner sulle palpebre e indossava una maschera simile a quella di Gwen ma nera con delle rifiniture rosse. I maschi invece erano molto classici, dei jeans scuri, Gwein una camicia nera e una mascherina bianca, Lance una camicia blu e una mascherina dello stesso colore e una lacrima di Pierrot e Merlino una camicia bianca indossando una mascherina nera. Quattro risate e poi furono tutti quanti davanti all’entrata dell’edificio di un discopub piuttosto grande, il “ Camelot Palace ”.

Musica, un bar stracolmo di gente che beveva e altrettanta gente in pista che si scatenava. Merlino non era molto adatto a quei luoghi, ma nonostante tutto gli piaceva qualche volta bere un po’, alleggerire l’anima con un po’ d’alcool, divertirsi con i suoi amici. A dispetto di ciò che molti pensavano lui non era un ragazzo con i libri sempre in mano che non faceva altro che studiare senza mai divertirsi.

Ridendo abbandonò i compagni che ballavano e si diresse verso il bar seguito da Lance e Gwein, si alzò la mascherina e ordinarono da bere per loro e per le ragazze rimaste a scatenarsi in pista. Un giovane ragazzo vestito similarmente a lui andò a sbattere contro la sua spalla, i bicchieri che aveva in mano barcollarono e il suo drink cadde a terra. Merlino fulminò con  lo sguardo quel ragazzo, anche se lo trovò attraente specialmente perché il modo in cui era vestito faceva risaltare ancora di più il suo fisico possente, jeans camicia bianca che intrappolava i muscoli del braccio e del petto e una mascherina nera, ma comunque lo punzecchiò lo stesso – Potresti stare attento quando cammini, no? – e passò il bicchiere di Morgana a Gwein, in tutta risposta l’altro sfoggiò un ghigno beffardo – Allora mi sa che stamani ti sei proprio alzato con il piede sbagliato. – e si appoggiò con il braccio al muro vicino a loro, mentre si alzava la maschera.

Merlino sorrise imbarazzato, la seconda o terza volta che volle scomparire e dileguarsi – Oh mi scusi non l’avevo riconosciuta! – rispose in tono gentile. – Merlino, non sono così vecchio che mi dai del lei. – sorrise, di nuovo, lo guardò profondamente negli occhi, come quando si guarda il mare – Posso offrirti da bere? Per farmi perdonare. – Merlino aprì la bocca per dire qualcosa ma fu interrotto – Non accetto un no come risposta. Mai. – e così facendo lo portò al bancone.

Finita la serata, Merlino si sentiva più sbronzo che mai, forse non avrebbe dovuto farsi offrire da bere per tre volte quel maledetto coso verde, che non ricordava come si chiamasse silenzio o vincenzo, da un professore, soprattutto se era così dannatamente sexy. Gli amici erano andati via prima e il professor Pendragon si era offerto di riaccompagnarlo se lui fosse voluto rimanere a fargli compagnia, ovviamente accettò. Non riusciva a dire di no ad una giornata di shopping con Gwen e Morgana figurarsi con un professore.

Erano seduti su una panchina al centro di una piazzetta accanto ad una statua di marmo che rappresentava la metamorfosi di Kafka, Artù guardava le stelle e Merlino per la prima volta in quel giorno lo osservò dettagliatamente. I capelli erano biondi, ma non quel biondo accesso era più color grano, e i suoi occhi erano azzurri come un cielo d’estate e poi le sue labbra, sembravano essere morbide al tatto e soffici. Forse si soffermò un po’ di più del previsto su di lui, su quel collo e il pomo d’Adamo, l’altro se ne accorse e lo guardò con la coda dell’occhio poi si girò del tutto, diede uno sguardo al moro e incatenò gli occhi del suo studente nei suoi, poi si avvicinarono, lentamente, come fossero attirati l’uno verso l’altro.

Adesso erano vicini ad un soffio l’uno dall’altro, il moro gli guardò gli occhi poi le labbra, fu tentato di possederle ma era incerto – Se vuoi, puoi. – gli soffiò l’altro sulle labbra, Merlino s’inumidì le labbra poi si ritrovò Artù sulle sue labbra con una mano che gli carezza la guancia. Spalancò gli occhi, ma istantaneamente li chiuse, assaporò quelle labbra, dio se erano soffici e morbide, un calore gli si propagò lungo il corpo. Era stato un bacio dolce, caldo, quando si staccarono Artù lo vide stupito, l’altro gli stava accarezzando le labbra con il pollice, sembrava un bambino che vede per la prima volta la neve.

- Le tue labbra.. – continuava ad accarezzargliele, Artù si avvicinò di nuovo – sono rosse – continuò il moro, Artù sorrise e l’altro proseguì – rosso è il mio colore preferito. – e sprofondò in quelle labbra, affondando i denti nel labbro inferiore e facendo scivolare la propria lingua nella bocca del biondo.

Dopo che le loro labbra si separarono Artù riaccompagnò il proprio studente nel dormitorio, sostarono un poco sulla soglia con la porta aperta. Merlino avrebbe voluto prenderlo, spogliarlo, sentire il calore del suo corpo, non aveva mai avuto un’attrazione tanto forte per un uomo, e dire che aveva parecchia esperienza. Artù andò per baciarlo di nuovo ma fu bloccato, l’altro lo stava osservando – Non può, siete il mio professore.. questo non è sbagliato? – sussurrò sulla bocca dell’altro. Sorrise beffardo – Sì, no.. chi dice che una cosa è sbagliata o giusta? Se non fa male a nessuno, allora non si può dire che sia sbagliato. – Merlino considerò quella frase e se lo tirò addosso, trascinandolo dentro e chiudendo la porta.

Il giorno dopo si svegliò da solo, ma con il suo profumo ancora impresso nella pelle, nelle lenzuola, tra i ricordi. Si mise seduto nel letto e spalancò gli occhi “oddio sono andato a letto con il mio professore. Che cavolo mi è passato per la mente?”  disse a se stesso. Eppure si era sentito così bene e a suo agio, mentre l’altro lo toccava, lo baciava appassionatamente, lo faceva suo con impeto, gli era piaciuto sentire il suo respiro addosso, i suoi ansimi che s’incollavano alla sua bocca o al suo collo.

Si andò a fare una doccia e si preparò, quella mattina non ci sarebbero state lezioni, ma lui la sua viziosa abitudine non la perdeva, così prese il suo libro scese nella mensa, dove prese una mela rossa e si sedette attendendo l’arrivo degli altri con cui aveva appuntamento. Quella mattina però non lesse niente, giocherellò con la mela che teneva tra le mani e ripensò alla frase che il giorno precedente il professor Pendragon lesse, ma ecco che ad interrompere i suoi pensieri arrivò una stretta di Lance, mentre gli altri prendevano posto ordinando un caffè e salutando l’amico.

Ormai la mensa si era un po’ riempita, Gwen lo vide silenzioso e in mezzo a quel chiacchiericcio gli sorrise – Sei silenzioso. – Merlino alzò lo sguardo sull’amica – mh? Come dici Gwen? – lo fissarono tutti quanti, Morgana gli sorrise maliziosamente – Ma che avete fatto tu e il professore ieri sera? – il moro di tutta risposta divenne rosso, non era bravo a mentire o nascondere le proprie emozioni, era semplice e spontaneo. Gwein non perse occasione – Ahah e furbacchione – rise beffardamente dandogli colpetti sulla spalla, Lance sogghigno sotto i baffi alzando le sopracciglia sorseggiando il proprio caffè, Gwen rimase scioccata – No, non ci credo che tu l’abbia fatto, non può essere, non ci credo – balbettava, Merlino si coprì la mano con il viso, scuotendo la testa – Oh ma insomma cosa vuoi che sia stato un bacio – l’ultima parola la sussurrò e abbassò lo sguardo e Gwen – Per l’amor di Dio, per fortuna non ti sei spinto oltre – l’amico non rispondeva e giocava nervosamente con la mela – vero? – squittì ancora lei. Il moro era ormai sotto i riflettori degli occhi incuriositi dei suoi amici – Be.. si, cioè no.. – farfugliava – o che diamine, abbiamo fatto sesso – bisbigliò anche quella parola mentre gettò in aria la mela, si alzò un oooh generale a quell’affermazione.

La mela andò a finire sulla testa del biondo che stava passando proprio di lì in quel momento – Ehi.. non si lancia il cibo! – sorrise ironico mentre massaggiandosi la testa, gliela porse – Buongiorno, anche a voi ragazzi. – e si allontanò sorridendo a Merlino.

Ormai si vedevano ogni notte e di giorno in posti nascosti, nella camera dell’uno o dell’altro, solo una volta più o meno, presi dalla foga del momento, Merlino si fece prendere sopra la cattedra, fu così eccitante che lo ripeterono altre volte, finché un giorno stavano per essere scoperti e decisero che fosse meglio evitare di scambiarsi effusioni in aula.

Ormai l’anno era quasi concluso e una notte distesi nel letto, abbracciati l’uno all’altro, Artù lo guardò fisso negli occhi – Merlino.. – gli lambì la guancia – devo essere onesto con te, ora più che mai, io ti amo ma sai meglio di me che dobbiamo rompere – l’altro annuì mestamente e abbassò lo sguardo – lo so, me l’hai detto e fatto capire svariate volte. Ho voluto comunque amarti perché se c’è una cosa che ho imparato nella vita e nella vita di tutti gli autori che ho letto, è che bisogna cogliere il momento. – Artù gli poggiò un bacio in fronte – L’anno è finito Merlino, io verrò trasferito in un altro college tu prenderai una strada diversa, e non potrei mai chiederti di rinunciare ai tuoi sogni per seguire me. Ma voglio che tu sappia che mi hai salvato da una vita priva di significato, che mi hai fatto capire cosa significa amare, e ti ringrazio per esserti lasciato amare – lo abbracciò così forte che ebbe paura di soffocarlo – Un giorno magari ci incontreremo di nuovo, chissà in qualche caffetteria, prenderemo un caffè e ci racconteremo delle nostre vite. –bisbigliò ironicamente, poi lo baciò così forte che ebbe paura di non riuscire più a staccarsi.

Quando il biondo lasciò la stanza, entrambi sentirono un grande vuoto dentro, uno spazio incolmabile. Artù, la mattina seguente, partì molto prima di lui, ma lasciò un biglietto sotto la porta dell’amato:

Non aspettare di finire l'università, di trovare lavoro, che arrivi il venerdì sera o la domenica mattina,
 la primavera,
l'estate,
l'autunno o l'inverno. Non c'è momento migliore di questo per essere felice.
La felicità è un percorso, non una destinazione.
Sii felice amore mio.

Non ti amo come fossi rosa di sale, topazio

o freccia di garofani che propagano il fuoco,

t'amo come si amano certe cose oscure,

segretamente, tra l'ombra e l'anima.

Ti amo come pianta che non fiorisce e reca

dentro di sé, nascosta, la luce di quei fiori,

e grazie al tuo amore vive oscuro nel mio corpo

il denso aroma che sale dalla terra.

Ti amo senza sapere come, né quando, né da dove,

ti amo direttamente senza problemi né orgoglio,

ti amo così perché non so amare altrimenti

che in questo modo in cui non sono e non sei,

tanto vicino che la tua mano sul mio petto è mia,

tanto vicino che si chiudono i tuoi occhi col mio

sonno.

 

So che è la tua preferita anche se non me l’hai mai detto, non chiederti come faccio ad esserne consapevole. Ricordo la prima volta che ti conobbi, leggevi questa poesia e la carezzavi con molta cura, gelosamente. Sappi che io ti ho amato esattamente così, in modo da consumarmi e lasciarti è stato più doloroso che mai, ma vivrai in me, perché ormai sei una parte di me. Tuo per sempre Artù.

 

Quando Merlino, accostato alla finestra, finì di leggere quel biglietto se lo strinse al petto, Gwen che lo aspettava sulla soglia – Ehi.. sei pronto? – mormorò dolcemente, l’altro non si girò – Si ancora un attimo. – l’amica avanzò di qualche passo ma si arrestò quando l’altro gli alzò una mano per fermarla. Lei lo osservò un poco – So che l’amavi, ma ne è valsa la pena, alla fine? – chiese ingenuamente, lui si girò dolcemente verso l’amica con gli occhi increspati di lacrime - Avrei preferito avere un solo respiro dei suoi capelli, un solo bacio dalle sue labbra, un solo tocco delle sue mani piuttosto che restare un'eternità senza. So che può sembrarti stupido Gwen, ma lui mi sarebbe mancato, anche se non l’avessi conosciuto. – frusciò all’amica che gli tese la mano, lui la prese e prima di uscire dalla stanza, la guardò un’ultima volta e sorridendo chiuse la porta.

 

 

 

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Bene!! :D Salve.. se siete arrivati alla fine di questa storia vi ringrazio enormemente!

I vostri commenti sono sempre ben accetti e molto graditi ;D. Spero che questa storia vi sia piaciuta e sia stata di vostro gradimento, un grosso bacio ;*

  
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