Serie TV > Downton Abbey
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Autore: Christa Mason    03/01/2015    0 recensioni
É dicembre quando Thomas incontra David e, nonostante i due siano ormai definitivamente separati dalla sorte, Thomas continua a scrivere all'amico, senza ricevere risposta.
Genere: Romantico, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Nuovo personaggio, Thomas Barrow
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Caro David, 
  questa lettera non ti giungerà gradita, lo so bene. Sono passati appena pochi mesi e da te neanche un segnale, neanche un timido biglietto d’amore mascherato da lista della spesa, niente. É chiaro che le nostre notti, quelle che hai passato a Downton, rimarranno un segreto, un nostro segreto, e tu non mi scrivi perchè non vuoi più avere a che fare con me. Non mi sono mai aspettato una tua lettera d’amore e ho ormai anche capito che quando parlavi di una casa in campagna dove avremmo potuto vivere e pescare insieme scherzavi, era solo una innocua fantasia che ci eravamo concessi dopo esserci spogliati, una fantasia che ho disgraziatamente preso sul serio per qualche tempo. Ora so che non cambierà niente, ma scrivimi lo stesso, voglio sapere come stai, e spero che tu voglia sapere come sto io. Mi manca l’aria di dicembre, quando sei arrivato a Downton con la tua famiglia. Ho aperto lo sportello di una macchina, certo che dalla vettura sarebbero uscite le consuete figure che rappresentano gli ospiti tipo di Downton Abbey: c’era infatti la tua  gracile madre, con la dignità e la classe di una gran dama, vestita del bianco più candido che avrebbe potuto abbagliare anche il sole, poi tuo padre, con l’aria scura e arcigna di chi è in vacanza ma sta ancora pensando ai conti in rosso e a una proprietà in rovina, e infine tu, un diciassettenne viziato con un cappello ridicolo. Ti ho concesso un cenno a mo’ di inchino, e tu mi hai fissato come se non avessi mai visto qualcuno il cui compito è aprirti lo sportello dell’auto. Ecco un bell’uomo con un segreto, uno sguattero omosessuale che sarà ben lieto di tenere anche il mio, di segreto. Sono certo che i tuoi pensieri sono stati questi. 
  Dopo la cena hai bevuto più di quanto sarebbe stato consono. Ti avevo osservato senza capire che tipo di belva fossi, eri selvatico, incontrollabile, il tuo passo era irrequieto e non mi liberavo dallo sguardo che mi avevi lanciato quel pomeriggio, quando avevi messo piede a Downton. Quella sera, tenevo un vassoio con coppe di champagne, continuavi a tornare da me per prenderne una piena lasciando in giro per la stanza quelle che invece finivi, e mi scambiavi una delle tue occhiate che poi avrei imparato a riconoscere. Dimmi qualcosa, cameriere, dimmi qualcosa. 
  - Non avrai bevuto abbastanza, David? - questa era tua madre, preoccupata che l’alcol potesse scatenare uno dei tuoi comportamenti sconsiderati e del tutto imbarazzanti. 
  - Oh Marge, lascia stare il ragazzo. É una giornata di festa, dopotutto. - ti difendeva senza convinzione il mio padrone, il conte di Grantham. 
  - Conosco mio figlio e cerco di prevenire qualche irreparabile disastro. Cameriere… - e con quel suo cameriere, tua madre si rivolgeva a me per la prima volta. - … la prego di non servire più mio figlio, per il bene di questa serata. - 
Cercai lo sguardo del conte di Grantham e di sua moglie che mi fecero un cenno, per farmi capire che per quanto lamentosa e stupida sembrasse tua madre, dovevo accontentarla. 
  - Sì, signora. - risposi. 
  - Sì, signora. - mi facevi il verso. - Che stupido damerino. - hai concluso scolandoti l’ultimo bicchiere. Tutti allora ti guardarono, come se avessi detto qualcosa di terribile. Avevi infranto un delicato equilibrio di pacata cortesia, la tua frenesia giovanile era qualcosa che andava nascosto, e tu eri come un leone da ingabbiare. 
  - Forse è ora di ritirarti per te, David. - disse tuo padre, facendo risuonare il tuo nome con la sua voce bassa come fosse la più terribile delle minacce. 
  - Sì, padre. - rispondesti a tono. Ti sei alzato traballante, ubriaco. Stavi per cadere a terra, e saresti caduto, se io, pronto, non fossi riuscito ad afferrare il tuo braccio salvandoti i denti da un brutto scontro con lo spigolo del tavolo vittoriano che avevi riempito di bicchieri vuoti. 
  - Thomas, accompagna David nella sua camera, se non ti dispiace. - suggerì la contessa. 
  - Se non ti dispiace, Thomas. - mi dicesti tu, facendoti scappare un sorriso. Ma non c’era cattiveria nella tua voce. Pronunciasti per la prima il mio nome con genuina curiosità. Allora si chiama Thomas, il cameriere frocio. 

 
  
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