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Autore: Hypnotic Poison    16/11/2008    7 recensioni
Il castano fece una smorfia: “Non sono più il capitano da molto tempo, Chad. Comunque, ringrazia Taylor, ma oggi proprio non ne ho voglia.”
Il viso del ricciolino si fece triste: “Troy… per favore. Tu… tu devi…”
Ma il suo amico lo interruppe, mettendogli una mano sulla spalla: “Ti prometto che lo farò, Chad. Solo… non adesso. Senti, che ne dici se domani ci facciamo una partita io e te al campetto?”
Genere: Triste, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Troy Bolton
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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Il mio pensiero

Il mio pensiero

 

 

 

 

Chad Danforth bussò alla porta di legno scuro, aspettando poi con le mani in tasca.

 

In pochi istanti, il suo migliore amico, Troy Bolton, gli andò ad aprire.

 

Chad sorrise: “Ehi. Come va, fratello?”

 

Troy fece un cenno con il capo: “Bene, grazie. Vuoi entrare?”

 

“No, no. Ti rubo solo due secondi: Tay ha organizzato un pranzo, ci siamo tutti. Tu non puoi mancare, capitano.”

 

Il castano fece una smorfia: “Non sono più il capitano da molto tempo, Chad. Comunque, ringrazia Taylor, ma oggi proprio non ne ho voglia.”

 

Il viso del ricciolino si fece triste: “Troy… per favore. Tu… tu devi…”

 

Ma il suo amico lo interruppe, mettendogli una mano sulla spalla: “Ti prometto che lo farò, Chad. Solo… non adesso. Senti, che ne dici se domani ci facciamo una partita io e te al campetto?”

 

Chad annuì e gli strinse il braccio: “Chiamaci, se hai bisogno.”

 

“Certo. Saluta tutti, divertitevi!” rimase sulla porta, ad osservare il suo migliore amico e quasi fratello che si allontanava.

 

Lanciò un’occhiata al cielo, e ritornò dentro.

 

 

Cosa c’entra questo cielo lucido

Che non è mai stato così blu

E che se ne frega delle nuvole

Mentre qui manchi tu?

 

 

Si sedette sul divano, prendendo la bottiglia di birra che aveva lasciato per andare ad aprire la porta.

 

Sembrava che la natura fosse contro di lui. Che andasse contro corrente.

 

Non c’era stato un solo giorno di pioggia, per due mesi interi. Per quei due mesi.

 

D’accordo, era estate. Ma lei non c’era più. Ed anche il cielo avrebbe dovuto capire che perdita era stata.

 

Era lei a dare luce alle sue giornate. Ora invece di luce ce n’era troppa.

 

Lui voleva il buio. Lo stesso che c’era dentro di lui.

 

 

Pomeriggio smompo di domenica

Come fanno gli altri a stare su?

 

 

Sospirò, prendendo una lunga sorsata dalla bottiglia.

 

Non capiva come i suoi amici fossero riusciti a metabolizzare tutto così in fretta.

 

Erano lì, una domenica pomeriggio, a fare un allegro pranzo tutti insieme. Ma non avevano capito che non sarebbero mai stati tutti insieme.

 

O forse loro facevano bene. Perché almeno cercavano di andare avanti.

 

Lui ancora non ci riusciva. Non voleva riuscirci. Non voleva ancora lasciarla andare.

 

 

Non arriva neanche un po’ di musica

Quando qui manchi tu

 

 

Lei, che era la musica in lui.

 

Ora quella musica non la sentiva più. Letteralmente, non accendeva più lo stereo.

 

Aveva il terrore di incappare in qualche canzone che lei amava, che loro cantavano insieme. Una canzone che li rappresentasse. Qualsiasi sciocco motivetto estivo.

 

La canzone era finita. E le stelle non erano state raggiunte.

 

 

E adesso che sei dovunque sei

Chissà se ti arriva il mio pensiero

Chissà se ne ridi

O se ti fa piacere

 

 

Gli venne da sorridere. Chissà se lei poteva sentire che stava pensando a lei, ovunque si trovasse.

 

Perché lui non pensava che fosse scomparsa per sempre. No, gli piaceva pensare che da qualche parte ci fosse ancora. Lo faceva stare meglio.

 

Pensò che magari stava sorridendo perché lo reputava sciocco.

 

O magari era arrossita di piacere, come faceva sempre ogni volta che le faceva un complimento, o le diceva che l’amava.

 

Scosse la testa, si alzò e si diresse alla libreria di legno scuro, prendendone fuori un grosso libro azzurro.

 

Le loro foto. Tutta una vita contenuta lì dentro. Una vita che non avrebbe mai dimenticato.

 

 

Cosa c’entra quel tramonto inutile?

Non ha l’aria di finire più

E ci tiene a dare il suo spettacolo

Mentre qui manchi tu

 

 

Alzò lo sguardo dall’album solo quando si accorse che la luce stava via via diminuendo.

 

Non si era accorto che era passato tutto il pomeriggio, ed ormai era il tramonto.

 

Un tramonto troppo bello per essere guardato senza di lei.

 

Un tramonto come quelli che osservavano stesi in giardino, o in spiaggia, oppure sul tetto della scuola, in mezzo alle piante del club di scienze.

 

 

Così solo da provare il panico

E c’è qualcun’altra qui con me

 

 

Sentì una strana sensazione stringergli cuore e stomaco.

 

La solitudine. Non riusciva a sconfiggerla. Permaneva dentro di lui, non lo lasciava mai.

 

E lui ne aveva paura, una tremenda paura.

 

Avvertì un rumore di chiavi, sua madre entrò in casa con una busta bianca e gli sorrise.

 

Anche Troy sorrise, poco convinto. Nemmeno con la donna che l’aveva fatto nascere, che l’aveva stretto mentre piangeva davanti ad una lastra di marmo bianco, il panico scompariva.

 

 

Devo avere proprio un’aria stupida

Sai com’è, manchi te

 

 

“Come stai?” gli domandò, accarezzandogli i capelli come quando aveva otto anni.

 

“Bene.” rispose secco.

 

Lucille Bolton scoccò un’occhiataccia alla bottiglia che teneva vicino alla gamba: “Tesoro, lo so che è difficile, ma non puoi bere solo quella robaccia. Ti fa male. E non sei nemmeno maggiorenne.”

 

Lui la guardò, incredulo che potesse fare un discorso del genere in quel momento: “Stai scherzando, vero mamma?”

 

Lei gli si sedette accanto e lo abbracciò: “Lo so che ti manca… manca anche a me… ma devi reagire, tesoro. So che è passato poco tempo, ma prima inizi, meglio sarà…”

 

Troy respirò il profumo dei suoi capelli, così familiare. E non potè fare a meno di paragonarlo a quello di lei.

 

 

E adesso che sei dovunque sei

Chissà se ti arriva il mio pensiero

Chissà se ne ridi

O se ti fa piacere

 

 

“Papà è andato ieri a cambiare i fiori e a fare un po’ di pulizia. Sai, lui non lo vuole ammettere, ma ogni tanto si ferma e le parla, proprio come faceva quando… quando era ancora qui con noi. Le parla di te, le racconta quello che fai in vacanza, che sei ancora negato in matematica e che adesso è Taylor a darti le ripetizioni estive.”

 

Il ragazzo sorrise appena: “Chissà che ne pensa lei…”

 

Lucille ridacchiò, accarezzandogli la schiena: “Oh, sono sicura che si diverte molto. Lei lo sapeva che Berkeley ti avrebbe fatto sudare.”

 

 

E adesso che sei dovunque sei

Ridammelo indietro il mio pensiero

Dev’esserci un modo

Per lasciarmi andare

 

 

Rimasero così per molto tempo, in silenzio.

 

Allora anche sua madre la pensava come lui.

 

Non avrebbe voluto altro che poter sentire la sua risposta. Sentire davvero la sua risata cristallina che gli faceva battere il cuore.

 

Eppure, sapeva anche che lei avrebbe voluto che lui andasse avanti. Si ricordava ancora la conversazione avuta nella sua camera, il giorno prima che se ne andasse. E come scordarla? Era stato l’ultimo momento in cui aveva visto aperti i suoi occhioni da cerbiatta, che aveva sentito la sua voce dolce ma affannata, che si erano baciati.

 

“Dev’esserci un modo per lasciarmi andare, Troy. Lasciami andare, ti prego. Non continuare a vivere nei ricordi. Io sarò sempre accanto a te, ma lasciami andare. Vai avanti.”

 

 

Cosa c’entra questa notte giovane

Non mi cambia niente la TV

E che tristezza che mi fa quel comico

Quando qui manchi tu

 

 

Quando sua madre se ne andò, accese la TV. Non che gli facesse differenza, ma almeno poteva sentire delle voci sopra quel silenzio opprimente.

 

Trasmettevano uno dei loro programmi preferiti, uno show di comici. Non lo facevano più ridere, ormai. Perché lui rideva quando rideva lei.

 

Invece ora nessuno rideva più. C’era solo tristezza.

 

 

E adesso che sei dovunque sei

Chissà se ti arriva il mio pensiero

Chissà se ne ridi

O se ti fa piacere

 

 

Spalancò la finestra, per guardare la Luna tonda e piena nel cielo nero, puntellato di stelle.

 

Lei era lassù, lo sapeva. Sopra la stella che avrebbero voluto raggiungere insieme.

 

-Fammi capire che mi senti, Gabby… ti prego…-

 

 

E adesso che sei dovunque sei

Ridammelo indietro il mio pensiero

Dev’esserci un modo

Per lasciarmi andare

 

 

Una folata di vento si alzò in quel momento, entrando in casa, sfogliando le pagine di quell’album azzurro.

 

Troy si girò, sgranando gli occhi: la foto che si era aperta era una di loro due da soli, vestiti da Minnie ed Arnold, intenti a cantare Breaking Free.

 

Una foto di due anni prima, ma che ancora sembrava così vicina.

 

Sentì un sorriso nascergli sulle labbra.

 

Aveva avuto la sua risposta? Forse.

 

Forse davvero Gabriella non l’avrebbe mai lasciato.

 

Forse davvero poteva sentirlo.

 

Di sicuro, lui non avrebbe mai smesso di mandarle il suo pensiero.

 

 

 

 

Fine

 

 

Okay, ragazze, scusate la tristezza. Mi è venuta così, stamattina, l’ho scritta di getto in tre ore e ho deciso di pubblicarla subito.

 

Sarà tutto quello che succede, ma va così. Spero che vi sia piaciuta e che non sia una cretinata orribile totale.

 

La canzone è, appunto, “Il mio pensiero” di Ligabue.

 

I commenti sarebbero graditissimi, così per rassicurarmi che è decente.

 

Baci,

 

Hypnotic Poison

   
 
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