Il mio pensiero
Chad Danforth bussò alla porta
di legno scuro, aspettando poi con le mani in tasca.
In pochi istanti, il suo
migliore amico, Troy Bolton, gli andò ad aprire.
Chad sorrise: “Ehi. Come va,
fratello?”
Troy fece un cenno con il
capo: “Bene, grazie. Vuoi entrare?”
“No, no. Ti rubo solo due
secondi: Tay ha organizzato un pranzo, ci siamo tutti. Tu non puoi mancare,
capitano.”
Il castano fece una smorfia:
“Non sono più il capitano da molto tempo, Chad. Comunque, ringrazia
Taylor, ma oggi proprio non ne ho voglia.”
Il viso del ricciolino si fece
triste: “Troy… per favore. Tu… tu devi…”
Ma il suo amico lo interruppe,
mettendogli una mano sulla spalla: “Ti prometto che lo farò, Chad. Solo… non
adesso. Senti, che ne dici se domani ci facciamo una partita io e te al
campetto?”
Chad annuì e gli strinse il
braccio: “Chiamaci, se hai bisogno.”
“Certo. Saluta tutti,
divertitevi!” rimase sulla porta, ad osservare il suo migliore amico e quasi
fratello che si allontanava.
Lanciò un’occhiata al cielo, e
ritornò dentro.
Cosa c’entra questo cielo lucido
Che non è mai stato così blu
E che se ne frega delle nuvole
Mentre qui manchi tu?
Si sedette sul divano,
prendendo la bottiglia di birra che aveva lasciato per andare ad aprire la
porta.
Sembrava che la natura fosse
contro di lui. Che andasse contro corrente.
Non c’era stato un solo giorno
di pioggia, per due mesi interi. Per quei due mesi.
D’accordo, era estate. Ma lei
non c’era più. Ed anche il cielo avrebbe dovuto capire che perdita era stata.
Era lei a dare luce
alle sue giornate. Ora invece di luce ce n’era troppa.
Lui voleva il buio. Lo stesso
che c’era dentro di lui.
Pomeriggio smompo di
domenica
Come fanno gli altri a stare su?
Sospirò, prendendo una lunga
sorsata dalla bottiglia.
Non capiva come i suoi amici
fossero riusciti a metabolizzare tutto così in fretta.
Erano lì, una domenica
pomeriggio, a fare un allegro pranzo tutti insieme. Ma non avevano capito che
non sarebbero mai stati tutti insieme.
O forse loro facevano bene. Perché
almeno cercavano di andare avanti.
Lui ancora non ci riusciva.
Non voleva riuscirci. Non voleva ancora lasciarla andare.
Non arriva neanche un po’ di musica
Quando qui manchi tu
Lei, che era la musica in lui.
Ora quella musica non la
sentiva più. Letteralmente, non accendeva più lo stereo.
Aveva il terrore di incappare
in qualche canzone che lei amava, che loro cantavano insieme. Una
canzone che li rappresentasse. Qualsiasi sciocco motivetto estivo.
La canzone era finita. E le
stelle non erano state raggiunte.
E adesso che sei dovunque sei
Chissà se ti arriva il mio pensiero
Chissà se ne ridi
O se ti fa piacere
Gli venne da sorridere. Chissà
se lei poteva sentire che stava pensando a lei, ovunque si trovasse.
Perché lui non pensava che fosse
scomparsa per sempre. No, gli piaceva pensare che da qualche parte ci fosse
ancora. Lo faceva stare meglio.
Pensò che magari stava
sorridendo perché lo reputava sciocco.
O magari era arrossita di
piacere, come faceva sempre ogni volta che le faceva un complimento, o le
diceva che l’amava.
Scosse la testa, si alzò e si
diresse alla libreria di legno scuro, prendendone fuori un grosso libro
azzurro.
Le loro foto. Tutta una vita
contenuta lì dentro. Una vita che non avrebbe mai dimenticato.
Cosa c’entra quel tramonto inutile?
Non ha l’aria di finire più
E ci tiene a dare il suo spettacolo
Mentre qui manchi tu
Alzò lo sguardo dall’album
solo quando si accorse che la luce stava via via
diminuendo.
Non si era accorto che era
passato tutto il pomeriggio, ed ormai era il tramonto.
Un tramonto troppo bello per
essere guardato senza di lei.
Un tramonto come quelli che
osservavano stesi in giardino, o in spiaggia, oppure sul tetto della scuola, in
mezzo alle piante del club di scienze.
Così solo da provare il panico
E c’è qualcun’altra qui con me
Sentì una strana sensazione
stringergli cuore e stomaco.
La solitudine. Non riusciva a
sconfiggerla. Permaneva dentro di lui, non lo lasciava mai.
E lui ne aveva paura, una
tremenda paura.
Avvertì un rumore di chiavi,
sua madre entrò in casa con una busta bianca e gli sorrise.
Anche Troy sorrise, poco
convinto. Nemmeno con la donna che l’aveva fatto nascere, che l’aveva stretto
mentre piangeva davanti ad una lastra di marmo bianco, il panico scompariva.
Devo avere proprio un’aria stupida
Sai com’è, manchi te
“Come stai?” gli domandò,
accarezzandogli i capelli come quando aveva otto anni.
“Bene.” rispose secco.
Lucille Bolton scoccò un’occhiataccia alla bottiglia che teneva vicino alla
gamba: “Tesoro, lo so che è difficile, ma non puoi bere solo quella robaccia.
Ti fa male. E non sei nemmeno maggiorenne.”
Lui la guardò, incredulo che
potesse fare un discorso del genere in quel momento: “Stai scherzando, vero
mamma?”
Lei gli si sedette accanto e
lo abbracciò: “Lo so che ti manca… manca anche a me… ma devi reagire, tesoro.
So che è passato poco tempo, ma prima inizi, meglio sarà…”
Troy respirò il profumo dei
suoi capelli, così familiare. E non potè fare a meno di paragonarlo a quello di
lei.
E adesso che sei dovunque sei
Chissà se ti arriva il mio pensiero
Chissà se ne ridi
O se ti fa piacere
“Papà è andato ieri a cambiare
i fiori e a fare un po’ di pulizia. Sai, lui non lo vuole ammettere, ma ogni
tanto si ferma e le parla, proprio come faceva quando… quando era ancora qui
con noi. Le parla di te, le racconta quello che fai in vacanza, che sei ancora
negato in matematica e che adesso è Taylor a darti le ripetizioni estive.”
Il ragazzo sorrise appena:
“Chissà che ne pensa lei…”
Lucille ridacchiò, accarezzandogli la schiena: “Oh, sono sicura che si diverte
molto. Lei lo sapeva che Berkeley ti avrebbe fatto
sudare.”
E adesso che sei dovunque sei
Ridammelo
indietro il mio pensiero
Dev’esserci un modo
Per lasciarmi andare
Rimasero così per molto tempo,
in silenzio.
Allora anche sua madre la
pensava come lui.
Non avrebbe voluto altro che
poter sentire la sua risposta. Sentire davvero la sua risata cristallina che
gli faceva battere il cuore.
Eppure, sapeva anche che lei
avrebbe voluto che lui andasse avanti. Si ricordava ancora la conversazione
avuta nella sua camera, il giorno prima che se ne andasse. E come scordarla?
Era stato l’ultimo momento in cui aveva visto aperti i suoi occhioni da
cerbiatta, che aveva sentito la sua voce dolce ma affannata, che si erano
baciati.
“Dev’esserci un modo per lasciarmi andare, Troy. Lasciami
andare, ti prego. Non continuare a vivere nei ricordi. Io sarò sempre accanto a
te, ma lasciami andare. Vai avanti.”
Cosa c’entra questa notte giovane
Non mi cambia niente la TV
E che tristezza che mi fa quel comico
Quando qui manchi tu
Quando sua madre se ne andò,
accese la TV. Non che gli facesse differenza, ma almeno poteva sentire delle
voci sopra quel silenzio opprimente.
Trasmettevano uno dei loro
programmi preferiti, uno show di comici. Non lo facevano più ridere, ormai.
Perché lui rideva quando rideva lei.
Invece ora nessuno rideva più.
C’era solo tristezza.
E adesso che sei dovunque sei
Chissà se ti arriva il mio pensiero
Chissà se ne ridi
O se ti fa piacere
Spalancò la finestra, per
guardare la Luna tonda e piena nel cielo nero, puntellato di stelle.
Lei era lassù, lo sapeva.
Sopra la stella che avrebbero voluto raggiungere insieme.
-Fammi capire che mi senti, Gabby… ti prego…-
E adesso che sei dovunque sei
Ridammelo
indietro il mio pensiero
Dev’esserci un modo
Per lasciarmi andare
Una folata
di vento si alzò in quel momento, entrando in casa, sfogliando le pagine di
quell’album azzurro.
Troy si
girò, sgranando gli occhi: la foto che si era aperta era una di loro due da
soli, vestiti da Minnie ed Arnold, intenti a cantare Breaking Free.
Una foto
di due anni prima, ma che ancora sembrava così vicina.
Sentì un
sorriso nascergli sulle labbra.
Aveva
avuto la sua risposta? Forse.
Forse davvero
Gabriella non l’avrebbe mai lasciato.
Forse
davvero poteva sentirlo.
Di sicuro,
lui non avrebbe mai smesso di mandarle il suo pensiero.
Fine
Okay,
ragazze, scusate la tristezza. Mi è venuta così, stamattina, l’ho scritta di
getto in tre ore e ho deciso di pubblicarla subito.
Sarà
tutto quello che succede, ma va così. Spero che vi sia piaciuta e che non sia
una cretinata orribile totale.
La
canzone è, appunto, “Il mio pensiero”
di Ligabue.
I
commenti sarebbero graditissimi, così per rassicurarmi che è decente.
Baci,
Hypnotic Poison