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Autore: walliejoy    03/01/2015    3 recensioni
Tratto dal prologo:
"Era una giornata di sole a Capitol City.
Il presidente Johnson era comodamente seduto sulla sua poltrona di vimini in terrazza, un bicchiere di champagne nella mano e un sorriso stampato sul volto.
-Presidente, siamo pronti.
Si voltò appena, senza dare troppa importanza al ragazzo che era appena uscito sulla terrazza e che al momento si trovava dietro di lui.
-Bene.- disse.
Il ragazzo se ne andò annuendo.
-E che i 42 Hunger Games abbiano inizio."
Genere: Avventura, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovi Tributi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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DISTRETTO 11
L'intera Panem si alzò all'alba quella mattina, chi di buon umore, chi non.
Per i 12 distretti appartenenti a Capitol City sarebbe sicuramente stata una giornata impegnativa. Era un po' come il Capodanno o il Natale, era un evento che succedeva una volta l'anno e nessuno se lo sarebbe mai perso. 
Valérie scese dal letto imprecando, lei odiava questo giorno, ma sapeva di non essere l'unica.
'E lo chiamano evento dell'anno, che vadano tutti a farsi fottere.'
Cercò l'armadio nel buio, sua madre le aveva messo da parte un vestito di quelli belli, per le occasioni speciali.
Onestamente non ne capiva il motivo, era proprio necessario apparire bella davanti alla morte?
In ogni caso, optò per indossare il vestito cucito dalla nonna per evitare ulteriori litigi, era l'ultima cosa che le sarebbe servita in quel momento.
Lasciò che i lunghi e mossi capelli castani le cadessero sciolti sulle spalle ad incorniciarle il volto dagli occhi verdi scuri.
Andò in cucina dove sua madre stava preparando del latte in un tegamino. Valérie prese l'unica mela rossa del cesto e la addentò mentre cercava l'unico paio di scarpe che aveva.
-Papà?- chiese.
-Al frutteto- rispose brevemente sua madre.
Sbuffò spazientita.
-Anche oggi?- domandò.
-Ormai dovresti sapere come funzionano le cose.-
Stava per replicare quando fu interrotta dal suono insistente di qualcuno che stava bussando alla porta. 
Quando l'aprì si trovò davanti i suoi migliori amici, Jacques e Margherita.
-Muoviti Vale, dobbiamo andare.- disse il ragazzo.
-Si ma, stai calmo.- rispose sorridendo.
Fece per uscire di casa quando una voce la fermò.
-Avevi promesso che mi avresti svegliato!-
Suo fratellino Fil le corse in contro.
-Scusami, hai ragione.- si chinò alla sua altezza e gli spettinò i capelli.
-Ci vediamo dopo?- chiese ingenuamente. La ragazza si rabbuiò a quelle parole. Cercò di non pensare al futuro e di sperare che tutto sarebbe andato bene. Fanculo.
-Certo, ci vediamo dopo.
Cercò di sorridere.
Uscirono di casa in silenzio, guardandosi attorno, Vale e Margherita si stavano tenendo per mano. Percorsero insieme la strada sterrata che portava alla piazza principale, così come molti altri ragazzi. Salutò alcuni di loro, mentre ad altri ricolse solo brevi cenni. Valérie si preparò alla solita routine: la coda, la puntura per il prelievo del sangue, la divisione per età.
Jacques si staccò dal gruppo delle ragazze per raggiungere i suoi amici.
-E muoviti madonna!-
-Fine come al solito Vale- disse Marghe ridendo.
-Oh, se anche quest'anno Dalia si rompe un tacco penso che potrei iniziare a bestemmiare in ungherese sul palco.- le rispose sorridendo.
La piazza era gremita di gente, genitori dietro le barricate, Pacificatori in uniforme bianca ai lati del palco, e un corridoio in mezzo ai due gruppi lasciato libero.
Quando Dalia, iniziò a camminare sulle lastre di pietra, tutti i ragazzi si zittirono.
Vale odiava quel momento. 
Le sembrava di riuscire ad avvertire la paura degli altri. Rumore di tacchi. Cercò Jacques nella folla, non lo trovò. Rumore di tacchi. Margherita le strinse ancora di più la mano. Rumore di tacchi. Non resisteva più, troppo silenzio. 
In quel momento Dalia arrivò sul palco.
Passarono dieci minuti durante i quali la voce del presidente raccontava gli eventi passati.
-E come sempre, prima le signore!-
-Muoviti cazzo..- commentò Vale in un sussurro.
-E il tributo femmina che avrà l'onore di rappresentare il distretto 11 ai 42 Hunger Games é Valérie Prew!-
La ragazza sgranò gli occhi.
Era successo davvero? Quando vide le lacrime agli occhi di Margherita capì di non avere scelta.
-Dio.-
Si voltò in direzione dei genitori, ma non riusciva a vedere i propri. Non volava una mosca. Valérie Prew, una delle ragazze più conosciute del distretto 11, mietuta.
Mietuta. Mietuta. L'unica parola che si stava ripetendo mentalmente.
-Coraggio tesoro, fatti vedere!-
La voce di Dalia riportò l'attenzione sul palco, e le ragazze intorno a Valérie si fecero da parte. Prese un respiro più profondo, smosse i capelli con una mano e a testa alta raggiunse il palco. Dentro stava morendo, ma non voleva darlo a vedere. Era sempre stata così, chiusa, scontrosa, soprattutto nei confronti di quelle persone che conosceva poco. Era rispettata dai suoi coetanei al distretto, e il rispetto era sempre meritato, perché dietro quella maschera che si ostinava a portare c'era una ragazza dolce e gentile.
-Passiamo ai ragazzi!-
Valérie strinse il vestito nelle mani e si voltò cercando facce conosciute nella folla. Parecchie ragazze piangevano, Margherita era circondata da amiche che la consolavano, i genitori avevano iniziato a rassicurare il padre e la madre di Vale.
Lei era come svuotata da ogni emozione. Non riusciva a pensare a niente.
Era come se fosse stata rinchiusa in una bolla e stesse guardando la scena dall'esterno. 
-Il tributo maschio del distretto 11 é Jacques Lerois!-
-No! Dio mio vi prego no!-
L'urlo di Margherita fu di quanto più disumano avesse mai sentito. Valérie si portò le mani alla bocca, scuotendo la testa e riprendendo coscienza di quello che le stava accadendo. Il suo migliore amico. Era stata mietuta con il suo migliore amico. Una smorfia di dolore mista a disgusto si disegno sul suo viso.
Jacques arrivò sul palco lentamente, passandosi una mano tra i capelli con aria disperata.
Alzò la testa giusto in tempo per guardare gli occhi verdi di Vale velati di lacrime.
Si strinsero in un abbraccio, durante il quale la ragazza si concesse di versare qualche lacrima che bagnò la maglietta bianca di Jacques.
La gente in piazza iniziò a bisbigliare.
-Che cosa dolce!-
Gridò invece Dalia con voce acuta.
I due si separarono ma continuarono a tenersi la mano.
-Vi conoscete ragazzi?- chiese la donna.
-Lui é il mio migliore amico- disse Vale con voce piatta e spenta.
La ragazza non si ricordava di un pubblico della mietitura così silenzioso. Nessuno fiatava, Margherita piangeva in silenzio accasciata in terra. A Valerie si strinse lo stomaco a vederla così. Nel migliore dei casi uno dei suoi migliori amici sarebbe tornato a casa. Nel peggiore li avrebbe persi entrambi. Pensava che avrebbe pianto come una fontana, invece non stava versando neanche più una lacrima. Si complimentò con se stessa per il suo autocontrollo. Poi, quando Dalia ebbe pronunciato le ultime frasi di rito, i tributi, tenendosi per mano, entrarono nel municipio dietro il palco.
Qui vennero indirizzati a due diverse stanze dovrebbero potuto salutare i familiari e gli amici.
Valérie si sedette sulla poltrona che era in un angolo della sala. 
Margherita spalancò la porta, le corse incontro e si buttò letteralmente su di lei. Le due amiche si abbracciarono piangendo e gridando, non curandosi delle occhiate di sufficienza dei pacificatori fuori dalla sala. 
-Ti prego Vale, ti prego. Vinci, ti prego. Non abbandonarmi. Vinci, ti prego.-
-Marghe come cazzo faccio? I Favoriti Dio mio.. Gli sponsor, l'allenamento.. Non posso sopportare tutto questo..-
-Non metterti a sparare minchiate okay? Sei una ragazza forte. Credi in te stessa. Non abbandonarmi ti prego.-
-Dio mio Marghe non voglio morire.-
-Non morirai.-
-E Jacques? Vince uno solo. Lui é un ragazzo, ha più possibilità.-
-Vale non farmici pensare.. Sto perdendo due delle persone più importanti della mia vita.-
-Io sto perdendo la mia vita.-
-Tempo!- gridò il pacificatore.
-No, no! Ti prego! Valérie Prew devi vincere okay?-
-Okay.-
-Ti voglio bene migliore amica.-
-Anche io Marghe.-
Il pacificatore la trascinò fuori dalla stanza.
Valerie non ebbe il tempo di sedersi di nuovo che entrarono i suoi genitori e Fil, che gridava e piangeva. La ragazza non l'aveva mai visto così. Non le diedero molto tempo. Cosa si diceva in situazioni simili? Buona fortuna? Non era mai stata fortunata. Puoi farcela? Aveva sempre odiato le bugie. Non mollare? Si, era sicura, non avrebbe mollato. L'ultimo abbraccio di Fil fu qualcosa di veramente straziante, cercò di stringerlo il più possibile, lo guardò per l'ultima volta cercando di cogliere tutti i particolari del suo volto. Le lentiggini sul naso, le pagliuzze verdi nei suoi occhi, i capelli biondo scuro troppo lunghi e spettinati. Ne era certa, prima di morire in quella fottutissima arena, avrebbe pensato  a lui.
    
DISTRETTO 12
La ragazza strinse i denti quando l'ago affondò nel polpastrello.
Si scostò dalla fila di ragazzi vestiti in maniera semplice, conosceva bene le regole, ormai erano cinque anni che doveva ripetere questa routine. 
Si guardò intorno per cercare di focalizzare qualche faccia conosciuta tra la folla, vide Lauren, la sua migliore amica, nonché sorella del suo fidanzato e la raggiunse.
-Eccoti, pensavo non saresti più arrivata.
Lauren era una bellissima ragazza, i capelli chiari, il corpo formoso, la pelle candida e vellutata, esattamente l'opposto di Lizzy. Lei aveva i capelli scuri, lisci, la carnagione più abbronzata e gli occhi scuri come la pece. Era alta e slanciata, ma non così bella come Lauren.
-Scusa, ma non fremevo dalla voglia di venire qua.
Rimasero in silenzio per qualche minuto, Lauren fissava il palco allestito da Capitol City, dove erano pronte due bocce giganti di vetro, dentro erano contenuti migliaia di bigliettini con i loro nomi e solo il destino sapeva quello che sarebbe successo.
-Sei pronta?
Lizzy guardò l'amica, ovvio che non era pronta, che domande faceva Lauren? Esattamente un anno prima i giochi le avevano ucciso il ragazzo, portando via da Lizzy il suo amore più grande. Josh era stupendo, pieno di voglia di vivere e l'amava, era il fratello di Lauren, per questo lei e l'amica erano così legate.
Questo era ciò che gli strateghi a Capitol City cercavano, il dolore, l'eccitazione del ferire qualcuno. Gli Hunger Games erano dei giochi allestiti per distruggere l'anima delle persone, per bruciare ogni speranza.
Non poteva soffrire di nuovo, non era previsto altro dolore nella sua vita.
-Lauren- rispose -sono qui solo per un motivo, mi hanno costretta con la forza. Non sono stata invitata e neanche accompagnata con un tappeto in velluto rosso. Sono obbligata a fare questa scelta, sono una di quei tanti ragazzi che vedono la loro vita come un continuo incubo. Probabilmente se tutto ciò si potesse scegliere io non lo farei, per cui no, non sono pronta, come tutti coloro che preferiscono la vita alla morte.
Lauren annuì leggermente, conosceva Lizzy, una ragazza che aveva sofferto molto e che era molto più debole di tanti altri.
-Eccola!
La folla si voltò a guardare verso la direzione indicata. Eleanor Simond stava facendo la sua spettacolare entrata. Tacchi a spillo, sorriso smagliante e vestiti sgargianti erano sempre stati il suo forte. Portava un taglio a caschetto appena sotto le orecchie e le sopracciglia erano troppo scure rispetto ai capelli color biondo cenere.
La donna salì la scaletta che portava al palco e prese il microfono in mano. Aveva l'attenzione di tutti su di sé.
Nella piazza regnava il silenzio, Lizzy non osava neanche respirare, quel momento era arrivato, come tutti gli anni il cuore iniziò a martellarle nel petto. C'erano due possibilità, la prima di sentire sollievo e di essere salvata parzialmente, la seconda di sentire un fitta straziante al petto. 
Prese la mano di Lauren e gliela strinse, non voleva neanche perdere la sua migliore amica.
-Salve Distretto 12!- la voce di Eleanor venne amplificata da delle casse enormi ai lati della piazza -Finalmente sono arrivati i 42 Hunger Games e siamo tutti in fibrillazione per sapere chi saranno i due giovani fortunati che avranno l'onore di servire Capitol City e tutta Panem!
Lizzy trattenne un verso strozzato di disprezzo, come poteva la morte di due ragazzi innocenti provocare tanto interesse ed esaltazione?
-Bene, non soffermiamoci ulteriormente, siamo già in ritardo a causa delle strade poco curate in questo posto che hanno rallentato il camion con l'attrezzatura.- squittì fastidiosamente, emettendo un gridolino di isteria.
-Prima le signore.
Si avvicinò alla boccia alla sua destra ed estrasse una strisciolina bianca.
-Il tributo femmina che parteciperà ai 42 Hunger Games è...-
Lizzy stava trattenendo il respiro, fissava le sue scarpe consumate e teneva gli occhi chiusi. 
Aveva paura, non che fosse lei, ma aveva paura dei giochi e basta. Aveva il terrore di quell'arena, sentiva le gambe tremare, il respiro diventare irregolare.
-Lizzy Row!
In quel momento non provò né sollievo, né dolore, ma solo vuoto. Non sentiva niente, assolutamente nulla.
Lauren aveva gli occhi sbarrati, la mano libera sulla bocca spalancata. Lizzy allentò la presa sull'amica e sollevò lo sguardo. 
Gli occhi di tutti erano fissati su di lei, sulla ragazza che stava per lasciare la sua migliore amica esattamente un anno dopo rispetto a ciò che aveva fatto anche il fratello, il quale, non era tornato vincitore.
Lizzy era fragile, una foglia facile da spezzare.
Camminò verso il palco lentamente, doveva realizzare cosa sarebbe successo. Sentì gli occhi inumidirsi, la voce mancare, la gola secca. Si portò una ciocca dei capelli castani e mossi dietro l'orecchio. Le labbra erano gonfie e rosse, il suo fisico, alto e slanciato, in quel momento sembrava essere fatto di porcellana. 
Raggiunse il palco dove si aiutò con la ringhiera a salire gli scalini.
Era lì, davanti al Distretto 12, era veramente lì. Non era un sogno, non era un incubo. 
-Molto bene cara! Vuoi dire qualcosa?
Lizzy guardò Eleanor, non aveva mai notato quanto fosse perfetta. Deglutì e scosse leggermente la testa. La donna annuì.
-Il tributo maschio sarà invece...- infilò nuovamente la mano nell'altra boccia ed estrasse un nome.
-Charlie McCurry!
Lizzy vide Lauren piangere, sua madre che abbracciava suo padre tra la folla. I suoi genitori, doveva lasciare anche loro.
Un ragazzo biondo si fece spazio tra la folla, guardava dritto verso il palco, il volto impassibile. 
Per un momento Lizzi ebbe paura, quel brivido che le fece comprendere che quel ragazzo sarebbe stato il suo compagno di morte, lui avrebbe cercato di ucciderla. 
Mantenne il respiro quando lui la sorpassò sul palco, era più alto di lei e anche più sicuro. In quel momento si sentì come se stesse per svenire, realizzò che non sarebbe mai più tornata a casa, il suo destino era lì, nell'arena, non avrebbe mai potuto competere con gli altri concorrenti. 
Eleanor fece la stessa domanda di Lizzy anche a lui.
-Vuoi dire qualcosa Charlie?
Lui annuì. -Certo che ho qualcosa da dire.- disse, stringendo la mandibola -Non posso promettere che quest'anno il distretto 12 avrà un vincitore, ma sono sicuro che sia io sia Lizzy ci metteremo in gioco fino all'ultimo.
Sussultò a sentire il suo nome, perchè avrebbe dovuto parlare anche a suo nome?
-Bene abbiamo dei ragazzi combattivi! - Squittì Eleanor battendo le mani. -Ora stringetevi le mani!
Lizzi si voltò verso la mano tesa del ragazzo biondo. Lo guardò negli occhi, erano azzurri come l'oceano, bellissimi.
Allungò la mano e gliela strinse, sentì come scossa lungo la spina dorsale a quel contatto e lui sembrò accorgersene.
Le si avvicinò abbastanza da poterle parlare in un orecchio.
-Tranquilla Liz, i giochi devono ancora incominciare.
Si allontanò nuovamente, un ghigno dipinto sul volto e le fece l'occhiolino.
Fu a quel punto che Lizzy capì con chi si sarebbe dovuta mettere contro.
   
 
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