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Autore: HazzaStyles69    03/01/2015    4 recensioni
"L'unica cosa che mi preoccupava è che stava cambiando davvero tutto. Louis era perfettamente consapevole del fatto che ne io ne lui eravamo più quelli di prima, il che spaventava entrambi. Non ero affatto pronto a niente del genere, e quello che mi opprimeva di più era che non sapevo cosa ne pensasse lui. Le cose andarono peggio di come ero convinto che sarebbero andate eppure non riuscivo ad impedire che niente di tutto quello potesse accadere di nuovo. Stavo cambiando insieme al corso degli eventi e per causa del castano... e nessuno se ne rese conto se non lui....
(TRATTO DA UNO DEI CAPITOLI.)
"perchè ti stai affezionando così tanto a me Riccio? tu non sai praticamente niente di me, e ti stai affezionando ad un mostro che combatte per la sua vita giorno dopo giorno, perchè dovresti tenere a uno come me?" Louis mi guardò per qualche secondo per poi abbassare la testa.
"Perchè mi rendi felice... e questo non è più di quanto spetti ad ognuno di noi?" involontariamente il castano sorrise per poi farsi cupo di colpo. Una lacrima gli rigò il viso "quando la malattia mi porterà via, non sarai più felice."
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson, Un po' tutti
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Louis Tomlinson.
 
“Mamma! Harry non vuole fare le valigie!!” non ci bastava che dovevo andare per forza in campeggio, ora dovevo anche sopportarmi mia sorella che lo diceva alla “mammina”!!
“Harry, per favore è una cosa di famiglia! Fallo per noi.”
“Mamma, per favore tu! Solo quando ci sono cose che interessano a voi sono di famiglia.”
“Harry, porca troia! Fa quella valigia e muovi il culo che stiamo partendo.” Insomma era una gara a chi urlasse di più tra me, Gemma, mia madre e Robin, e come se non bastasse ero obbligato a partire per il campeggio.
Una volta in macchina mi assicurai di avere auricolari e cellulare per staccarmi almeno un po’ da quel mondo che sembrava non appartenermi, con l’evidente certezza che non sarebbe andato niente per il verso giusto a quel campeggio che sembrava farsi sempre più terrificante.
Niente era mai andato per il verso giusto, ma quella volta ero più che convinto che le cose sarebbero peggiorate ancora di più.
La musica si faceva spazio nelle orecchie, per arrivare dritta nelle vene e poi passare a stordirmi il cervello che quasi non riusciva più a capire da che parte era la via d’uscita da quell’inferno. Una miriade di pensieri e respiri sempre più forti presero il controllo del mio corpo.
Il divorzio di mamma e papà, l’arrivo di Robin nella mia vita, l’idea franata di una famiglia perfetta, un figlio non accettato dai genitori perché maschio, di sicuro avrebbero preferito un’altra femmina che non rischiasse di mettere incinta nessuno. Tutta la mia vita era un intero fallimento.

I miei pensieri furono interrotti dal fermarsi della macchina “allora, tirate fuori un bagaglio alla volta, e poi mettetevi a montare le vostre tende.” Robin si girò vero me e Gemma “Chiaro?” annuimmo senza emettere alcun suono e scendemmo cominciando a tirare fuori quelle poche cose che ci eravamo portati. Mi guardai intorno per cercare un posto decente dove piazzare la tenda e subito presi il posto da cui si intravedeva meglio il fiume.
Era completamente deserto quel posto almeno per ora. “Insomma Harry, qui non hai possibilità di farti nessuna, sarà un trauma per te no?” vidi Gemma ridere rumorosamente convinta del fatto che lì sarebbe stato deserto, ma qualcosa mi diceva che non era così “Gemma, è inutile che ridi. Se questo posto è completamente deserto come pensi, neanche tu puoi farti qualcuno!” quello fu il mio turno per ridere e Gemma evidentemente scossa da quelle parole borbottò un “ma sta zitto, e non fare il gay” e se ne andò con il broncio.
Non so per quale ragione mi chiamava sempre gay, ma stranamente non mi dava fastidio.
La serata passò il fretta, con mia madre che si lamentava del fatto che Robin non avesse comprato un camper, Robin che sbuffava e gli rimproverava il fatto che era stata lei a voler andare lì, e mia sorella che rimaneva piazzata sul cellulare, forse in cerca di qualche battuta da farmi.
In mezzo a quel fracasso non volevo proprio stare così decisi di andare a farmi una passeggiata lungo il fiume.
Era tranquillo, semplicemente il Mio mondo, dove i pensieri non erano più pensieri e le preoccupazioni si dissolvevano di fronte i miei occhi…
Decisi di continuare a camminare ma quando vidi un camper poco più avanti mi fermai. Era una famiglia semplice, con tanti bambini, ma semplice… seduto su una sporgenza del fiume lontano da tutti c’era un ragazzo che leggeva.
Da quello che potevo constatare era un bel ragazzo, capelli castani, magro e semplice.
Quello che mi incuriosiva di più però era vedere il colore dei suoi occhi, che da li non avrei mai potuto scoprire… non sapevo se farmi avanti e chiedergli come si chiamasse o tornare indietro evitando magari qualche vaffanculo indesiderato.
Optai per la seconda, anche se non mi andava giù il fatto di tornare dalla mia famiglia che molto probabilmente discuteva come sempre.. stranamente li trovai sereni a leggere tutti insieme un libro d’amore, Robin dava voce al personaggio maschile e al narratore, mentre mia madre a quello femminile.

““Oh mia cara Giselle, dobbiamo assolutamente aiutar quel pover uomo!” la fanciulla porse una mano all’uomo steso a terra che subito fece per alzarsi ma invano… “Oh, James.. è ferito.” La donna abbassò lo sguardo e tradita da quel dolore che ardeva in lei scoppiò in lacrime aspettando che il pover uomo se ne andasse senza altre sofferenze..”

Mi sedetti a terra intorno al fuoco insieme a loro ad ascoltare quelle voci che per una volta mi fecero sentire al caldo.
Ascoltando però, una frase mi colpì dritto al petto “Tutto può cambiare Giselle. Tutto può cambiare.” e forse tutto poteva cambiare con quel campeggio, ma avevo seriamente paura che le cose sarebbero andate peggio.
I miei pensieri furono interrotti da una voce femminile che non conoscevo. “Scusateci, noi siamo accampati dall’altra parte del fiume e volevamo conoscervi, così, per non stare soli… possiamo unirci a voi?” alzai lo sguardo e vidi con mio grande piacere il castano di prima che guardava mia sorella come fosse un parassita, ma lo sguardo di Gemma era più elettrizzato che disgustato.. mia madre si alzò in piedi come poco dopo anche noi e li invitammo a farci compagnia intorno al fuoco..
Johannah si chiamava la madre del ragazzo e piano piano tutti cominciammo a presentarci tranne il castano. “E tu? Com’è che ti chiami?” subito mia sorella attizzò le orecchie per aspettare la risposta del ragazzo ma quest’ultimo si alzò in piedi e se ne andò il più possibile lontano da noi. “senti Harry, perché non vai a fargli compagnia? Sta sempre solo… magari ti dice pure il suo nome. Io non so proprio che gli prende ultimamente… perdonatelo” Robin fece spallucce, mia madre sussurrò un “ma ti pare? È l’età” mia sorella mise il broncio e io bisbigliai un “okay Johannah, vado” mi alzai e corsi nella direzione in cui poco prima era corso quel tipo.
Camminai per una quindicina di minuti sorpassando il camper di quell’adorata famiglia, fino ad arrivare ad un ponte.
Il sole si era oramai spento ma c’era ancora quella poca luce che faceva intravedere delle orme poco più avanti.
Le seguii senza troppi problemi fino a fermarmi non appena vidi una lanterna accesa e il castano seduto su un tronco d’albero a leggere.
Alzò lo sguardo e appena mi vide sentenziò un “vattene via riccio” per poi riabbassarlo subito dopo.
Feci per andarmene ma appena mi girai mi resi conto che magari quello era un bel momento per chiedergli come si chiamasse così senza pensarci due volte mi girai alzando un po’ il tono della voce “no, non ci penso proprio ad andarmene. O almeno dimmi come ti chiami” chiuse il libro come se volesse fargli del male e si alzò di scatto venendomi incontro furtivamente e sbattendomi contro un albero.
“Come puoi anche solo per un momento pensare che facendo così tu mi convinca di dirti il mio nome?” anche se la luce era davvero poca, riuscii a vedere l’oceano nei suoi occhi e quanto potevano essere azzurri in quella pochissima luce.
“Io non devo dirti proprio nulla, ricciolino. E se devo dirtela tutta, i froci mi stanno un po’ sulle palle, quindi ritorna dalla tua famiglia incasinata che io ho già i miei di problemi” detto questo mi prese per il collo della maglietta e mi strattonò il più lontano possibile da lui.
“Se ti credi di averla vinta così tipo dai capelli castani, allora okay me ne vado. Ma non ti azzardare di pensare nemmeno per un secondo che sono un frocetto perché l’unico che qua ha le carte in regola come frocio sei te” lui scoppiò in una risata maliziosa “cosa te lo fa credere ricciolino?” lo vidi avvicinarsi di nuovo a me questa volta però più lentamente. Lo guardai per un istante per poi parlare “prima guardavi mia sorella con fare disgustato come se non avessi visto niente del genere, e ora guardati” mi stampai un sorriso vendicativo sulla bocca “mi stai venendo dietro come un cane e tutto questo solo per non dirmi il tuo nome” lui si bloccò a pochi centimetri dal mio viso, avevo quasi paura che mi stampasse uno di quei baci da gay odiosi ma quando aprì la bocca prima respirò profondamente e poi quasi in un sussurro sentenziò il suo nome “Louis. Louis Tomlinson” detto questo se ne andò col buio lasciandomi con la lanterna e qualche dubbio sulla sua sessualità.   
  
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