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Autore: Crazy_chan    04/01/2015    2 recensioni
[La mia prima originale]
Quattro maghe, dalla magia e dal carattere diverso, si ritroveranno all'improvviso a compiere un viaggio che le distrarrà dalla loro vita normale e tranquilla.
Una spada in grado di viaggiare nello spazio, persone dai poteri sconosciuti, nemici e battaglie...
Questa sarà la grande avventura di Sophie Moore
Genere: Avventura, Fantasy, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Adventure of Revolution
[Capitolo 1 - Il suo nome era Sophie Moore]

 
[21 Dicembre]

In quella notte gelida del mese di dicembre, in una piccola casa situata nella periferia della città di Porto di Vitalis, una giovane ragazza se ne stava seduta sul suo letto a fissare il buio della stanza.
I capelli corti biondi cenere appena arruffati che faticavano ad arrivare alle spalle, gli occhi color cioccolato fissi sulla parete opposta alla sua figura e le labbra carnose in una smorfia a causa della noia.
Anche quella sera non riusciva a chiudere occhio. Non che fosse una novità in realtà aveva sempre faticato ad addormentarsi da quando era successo quel fatto con la sua famiglia.
Famiglia che per fortuna sua si era crepata e sbriciolata lentamente davanti ai suoi occhi.
Anche se non erano morti fisicamente per lei lo erano mentalmente. Mai una volta che vagasse per le mura della casa in cui ora viveva ,in compagnia di altre tre ragazze, e le venisse spontaneo cercare la mamma, il papà o il fratello più grande. No, l'unica cosa che veramente desiderava era continuare a vivere con quella poca serenità che le era rimasta e che aveva ritrovato nello sguardo delle sue coinquiline.
Si alzò dal morbido materasso e si diresse verso la cassettiera in legno di noce scuro alla ricerca di un qualsiasi vestito che avrebbe poi adoperato per uscire.
Che senso aveva rimanere lì se tanto non riusciva ad addormentarsi? Dopo essersi preparata a dovere raggiunse lo specchio alto che teneva proprio all'angolo della sua camera, si riflesse in quello digrignando i denti e stringendo le mani a pugno talmente forte che le nocche le diventarono bianche.
La vista di quel tatuaggio le faceva sempre salire una rabbia incontrollabile. Tanto che quando era sola si metteva addirittura a piangere al solo pensare al perché avesse sulla pelle del corpo quel segno disgustoso. Un segno che non avrebbe voluto e nemmeno vissuto.
Ancora si ricordava quando il padre, ubriaco fradicio come al solito, a suo rientro in casa le aveva annunciato senza tante cerimonie che l'avrebbe iscritta all'accademia di magia della città.
Una scuola dove ti “aiutavano” ad incrementare con una percentuale più alta in tuoi poteri magici.
“Sei speciale” le aveva detto poi pulendosi le labbra umide dalla birra che aveva appena finito di bere prima di stapparne un'altra e fermarsi all'udire dei passi della moglie che stava scendendo dalle scale che portavano alle camere da letto. “Lo facciamo per il tuo bene, tesoro” aveva dato man forte all'uomo la donna stringendosi lo scialle sulle spalle prima di dirigersi verso il marito e affiancarlo. Non aveva potuto dire niente e tanto meno fare niente.
Aveva sempre rispettato la parola “famiglia”. Da quando era venuta al mondo aveva sempre creduto e pensato che la famiglia fosse tutto.
Non avrebbe trovato la forza di ribattere a quelle persone ,che seppur male, l'avevano data alla luce e poi cresciuta. Si era limitata ad annuire ,con lo sguardo fisso sulle piastrelle del pavimento, a dar loro la buona notte e salire il più velocemente possibile in camera sua. Aveva lasciato perdere il fatto di essersi trovata ,a metà della scalinata, il fratello di tre anni più grande intendo a guardarla con uno strafottente ghigno in volto e le braccia incrociate al petto.
Una volta arriva in stanza si era buttata a pancia in giù sul letto e aveva iniziato a versare lacrime su lacrime. Aveva stretto il cuscino al petto e aveva gridato in silenzio per tutte le brutte cose che aveva dovuto passare in quei sedici anni di vita.
Avrebbe solo voluto avere qualcuno accanto che l'abbracciasse e la consolasse dicendole cose come “Tranquilla, prima o poi tutto passerà” o “Ci sono io qui con te”.
Ma l'unica cosa che aveva era il cuore spezzato a causa delle stesse persone che lei chiamava famiglia.
Tre giorni dopo si era ritrovata in divisa, con la mano tesa sulla fronte come un soldato, ad ascoltare le parole del direttore dell'accademia in cui avrebbe vissuto per almeno tre anni. Prima di assegnare loro le stanze quell'uomo le aveva mandate in infermeria per le vaccinazioni e visite mediche varie prima di stampare sul loro corpo il tatuaggio simbolo di quella prodigiosa scuola.
Nella sua testa passava solo l'idea che non ce l'avrebbe fatta e che sarebbe crollata derisa da quelle compagne con cui si era ritrovata a condividere classe, stanza e attività extra. Tutte maghe potentissime e, sinceramente, figlie di papà con la puzza sotto al naso. Se solo avessero saputo che se le avevano mandate lì perché, come con lei, i loro genitori se ne volevano sbarazzare forse avrebbero smesso di ridere e di farle scherzi di davvero poco gusto.
Lei lasciava scorrere e si impegnava nello studio, nell'apprendimento e nel miglioramento delle sue doti magiche. Pensava, o meglio sperava, che se avesse fatto vedere loro di essere una ragazza in gamba forse l'avrebbero fatta tornare a casa prima del dovuto. Quando però aveva fallito l'esame contro quella donna, di cui aveva eliminato il nome dalla mente, il mondo le era letteralmente crollato addosso.
Seduta su i gradini ,che portavano al grande parco di quella strana scuola, digrignava i denti cercando di non scoppiare a piangere. Faceva male. Davvero troppo male per lei.
E no. Non era colpa delle ferite che le avevano medicato pochi minuti prima.
Portò una mano sulla fasciatura bianca del braccio e la strinse forte quasi volesse trovare conforto in un qualsiasi dolore fisico piuttosto che mentale. Ne era quasi sicura...non ce l'avrebbe fatta a rialzarsi dopo quella caduta. Se solo avesse provato a chiudere gli occhi si sarebbe rivista a terra, con il corpo pieno di lesioni e ferite da cui usciva quel sangue che aveva imparato nella sua vita a versare, la sua sfidante che si era messa a ridere mentre le pestava la testa come a dirle “Stronza, hai capito chi è la più forte qui?” e gli insegnanti che rimasti a fissare la scena con gli occhi sgranati poi si erano decisi a levare il corpo della compagna dalla sua figura.
Non doveva pensarci! Doveva essere forte! Allora perché, se forte voleva essere, calde lacrime avevano iniziato a scorrere lungo le sue guance arrossate? “Piangere è da deboli” si ripeteva nella testa nella speranza di smettere di versare lacrime e di trovare la forza di rialzarsi in piedi.
No. Lei voleva solo che qualcuno l'aiutasse a rialzarsi in piedi e le donasse coraggio con un semplice sorriso.
Ma forse era chiedere troppo.
-Tutto bene?.-
Questo, davvero, non se lo sarebbe mai aspettato. Quando alzò gli occhi si ritrovò davanti un ragazzo molto carino dalla corporatura normale, i capelli castani corti leggermente all'insù e un paio di occhi color cioccolato tenuti al coperto da un paio di occhiali da lettura. Aveva scoperto poi che il suo nome era Tom Wright.
E insieme a quello aveva imparato a conoscerlo da cima a fondo. Dal carattere, ai suoi gesti fino a quando per colpa di un goccetto di troppo non era finito a letto con lui. Vuoi che si stato il destino o altro..ma da quando l'aveva conosciuto il suo mondo era cambiato in modo radicale.
Forse perchè era sempre stata abituata a fare tutto da sola senza nessuno accanto che si prendesse, almeno, un po' cura di lei. Fatto sta che il giorno dopo aver fatto l'amore con quel ragazzo, si perché per lei era amore con la A maiuscola, si era sorpresa non poco quando lui ,svegliatosi con un terribile mal di testa, le aveva detto che l'amava e se le andava di fidanzarsi con lui. Non riuscì a proferire parola.
L'unica cosa che le era venuta da fare era quella di spostarsi con estrema fatica sul corpo nudo di Tom e posare le labbra sulle sue in un dolcissimo bacio. A delle volte le parole non servivano assolutamente a niente e di questa ne era sicura. Ma non sarebbe durata.
Anche quella volta la felicità di cui era stata graziata se ne era andata con la partenza, due medi più tardi, del suo ragazzo che era stato mandato a combattere per il suo paese. In fondo era quello che ti insegnavano tra le mura di quell'edificio infame.
Ti dicevano che si occupavano di aiutarti ad aumentare il tuo potere magico ma alla fine eri utile solo per i loro scopi. E non potevi permetterti di ribattere a nulla. Quando entravi potevi stare solo ai loro ordini fin quando non uscivi alla fine dei cinque anni più brutti della tua vita. C'era poi chi era “fortunato”. Quelli che partecipavano a qualche guerra o battaglia, riuscendo a sopravvivere ovviamente, erano graziati dallo stato a finire quell'incubo prima del dovuto. Non si era poi stupita più di tanto quando Tom gli aveva dato la notizia della sua partenza.
Lei lo sapeva. Sapeva che Tom Wright non era solo il fidanzato migliore del mondo e l'unica luce che l'avesse mai guidata da quando era venuta al mondo.
Era anche un ottimo studente di tutte le materie, un potente mago e un abilissimo combattente... Se per lei non era già perfetto a prescindere queste qualità lo rendevano pressoché incredibile ai suoi occhi da giovane innamorata.
Ma non era quello il destino che meritava. No. Il suo ragazzo gli e l'aveva detto più di una volta con gli occhi che brillavano dall'ardore. “Quando uscirò dall'accademia io diventerò un professore”
E ci ripensava in continuazione da quando l'aveva visto partire con lo zaino in spalle e la divisa di color blu scuro. E sperava vivamente in un suo ritorno.
Non c'era notte in cui, prima di addormentarsi, con il cuore palpitante e gli occhi umidi pronti al pianto non pensasse a lui e a quando lo avrebbe rivisto. Due settimane, circa, dopo anche a lei era stato dato l'ordine di darsi da fare con i preparativi.
Un'altra imminente battaglia era pronta ad accoglierla nella città di Sand Town.
Battaglia in cui la città di Vitalis vinse e in cui lei ci aveva rimesso un braccio per proteggere una sua compagna a terra proprio dietro di lei. Il fatto di aver perso un arto non l'aveva infastidita poi così tanto.
Sapeva di aver fatto la cosa giusta e non si era pentita nonostante poi fosse venuta a conoscenza del fatto che avrebbe fatto fatica a fare uso di arti magiche. Far arrivare la magia tramite una protesi in ferro richiedeva uno sforzo che otto volte su dieci lei non riusciva a fare. Non si era stupita poi così tanto quando, a ritorno a casa, i suoi genitori l'aveva ripudiata senza troppi complimenti dandole della maga fallita fallita.
“Lo facciamo per il tuo bene, tesoro”
E in quel momento le erano venute in mente le parole dette da sua madre prima della partenza per l'accademia.
In fondo era stato proprio un bene. Se non avesse vissuto per tutto quel tempo in quell'edificio probabilmente quel giorno non avrebbe trovato la forza di snobbare la sua famiglia, preparare i bagagli e andarsene in cerca di una nuova e personale strada.
Da quello stesso giorno per lei non esisteva più nessuno. Nessuna famiglia, nessun sogno, nessun amico...
Era finito tutto da quando aveva varcato la soglia di quella che era stata la sua casa per sedici lunghi anni.
L'unica cosa su cui ancora sperava era il ritorno in città del suo amato.
Ma il tempo passava per lei come per tutti e di lui non c'era ne notizia ne traccia.
Con i soldi datogli dal Re in dono per la sua partecipazione alla guerra aveva sistemato uno dei pochi desideri che le erano rimasti: aveva cambiato il suo cognome.
Ora, davanti al medesimo specchio, si posò una mano sul collo coprendo il tatuaggio indelebile che ancora aveva addosso sospirando pesantemente prima di dirigersi all'attaccapanni e prendere una lunga sciarpa rossa di lana con cui coprirlo.
Indossò in seguito la giacca pesante ricordandosi di coprire meglio il braccio falso per non farlo arrugginire per colpa del freddo e dell'umidità.
Comprarne uno nuovo poi le sarebbe venuto a costare decisamente troppo e lei non poteva permetterselo.
Varcò la soglia della sua stanza e si incamminò lungo il corridoio dove, prima di dirigersi verso le scale, si assicurò di vedere come stavano le sue compagne d'appartamento.
Aprì piano la prima porta,cercando di non far rumore ritrovandosi all'interno la stanza completamente ghiacciata e ricoperta di soffice neve che stava entrando dalla finestra spalancata.
La ragazza si strinse nel cappotto scuro e si diresse verso il letto dove dormiva come se niente fosse la giovane Nives: maga del ghiaccio di soli sedici anni, con i capelli color argento lunghi e leggermente mossi, le labbra schiuse da dove usciva il fiato fresco della ragazza e il seno generoso che si alzava e si abbassava al ritmo del suo respiro tranquillo.
Scosse la testa dirigendosi verso la grande finestra. Voleva chiuderla prima che la giovane maga si prendesse un accidenti. Peccato che si ritrovò attaccato a quella un bigliettino azzurro con su scritte le seguenti parole “Sophie. Non azzardarti a chiudere la finestra”.
-Ma che dolce.-
Queste furono le uniche parole, ovviamente sarcastiche, che uscirono in un soffio dalle labbra della ragazza prima di alzare le spalle e andarsene da quella stanza glaciale. Spesso e volentieri si dimenticava che Nives era una maga del ghiaccio e che come tale non soffriva poi così tanto il freddo.
Con lo stesso passo felpato entrò nella stanza della seconda.
Camminò in quel lieve strato d'acqua sul pavimento ,assomigliante a gelatina, e si diresse prontamente verso il letto dove credeva si trovasse Angel. Leggermente stranita alzò il lenzuolo blu trovandosi sotto di quello un ammasso di cuscini che la ragazza aveva messo per farle credere di star dormendo.
Scosse violentemente la testa sicura che la sua amica, come sempre, si fosse dileguata per andare a divertirsi chissà dove, sbuffò e si diresse alla parete per spegnere il congegno che la maga dell'acqua aveva istallato per permettere che da quello sgorgasse acqua come fosse una specie di cascata. Poi mandò un'occhiata alla parete opposta alla sua figura dove ritrovò un quadro che la fece leggermente sorridere.
Raffigurante su di quello c'era lei in compagnia delle sue tre pazze coinquiline. Gli occhi cioccolato si fermarono su di una ragazza con un enorme sorriso, un paio di occhi scuri, i capelli viola raccolti in una treccia sulla spalla e un corpicino esile quasi da bambina nonostante i suoi diciannove anni di età. Angel era ancora nel fiore dei suoi anni eppure, nonostante il carattere peperino e i sorrisi sempre esposti sulle sue labbra sottili, una gravosa malattia la stava portando via lentamente.
Il sorriso che le era apparso poco prima scomparve al pensiero di non poter vedere più ,un giorno, gironzolarle intorno la dolcissima amica. Scosse la testa violentemente cercando mentalmente la forza di trattenere le lacrime ricordandosi poi che Angel era forte nonostante la malattia e che sarebbe stato inutile andare a cercarla.
Uscì chiudendosi alle spalle la porta ed entrò nella terza e ultima camera. Se da prima erano il ghiaccio e l'acqua a spaventarla ora beh era sicuramente l'elemento di cui aveva magia la più piccola in casa.
Daiana era infatti una maga del fuoco. Lo si vedeva benissimo dal grande caminetto sempre acceso, candele sparse su ogni mobile, lampade ad olio alte un metro e mezzo in fila accanto alle pareti adiacenti al letto e fiaccole in paglia attaccate a mo di spade intersecate appena sopra alla spalliera del suo giaciglio. “Ci manca solo la lava a questo punto” pensò la ragazza indecisa se levarsi i vestiti a causa del tremendo calore che c'era in quella piccola camera.
Optò per lasciar perdere e magari di fare veloce a vedere come stesse la minore di loro. Si diresse verso il letto e sotto le coperte rosso fiamme si ritrovò una russante Daiana sdraiata come una stella marina.
I capelli rossi pomodoro, le labbra carnose abbastanza aperte e le mani bianche latte a stringere forte la fodera del materasso. Il suo sguardo poi andava sempre a finire sul seno che era quasi esagerato per una ragazzina di soli dodici anni.
Invidiava il fatto che, a differenza sua, la scambiassero per una ragazza più grande e quindi questo le permetteva pure di entrare indisturbata al casinò di Vitalis.
Eh si, la giovane maga del fuoco era un'amante del gioco d'azzardo. Sopratutto dal rischio da quello che diceva costantemente lei. Lo si poteva benissimo notare da tutti quei foglietti di varie lotterie e corse dei cavalli che si trovavano disordinate sul comodino della ragazza.
Rassicurata ,nel vedere che anche lei stesse bene, le stampò un bacio sulla fronte prima di dirigersi nuovamente in corridoio con addosso un caldo terribile.
Scese le scale a velocità supersonica, raccolse la borsa appoggiata sul divano ad angolo nel salotto, prese l'ombrello dal contenitore accanto alla porta e uscì coprendosi istintivamente subito al sentire l'aria gelida raggiungerla.
Ispirò a fondo e ,prima di incamminarsi per le strade semi deserte della città alla ricerca di un qualche pub dove passare parte della nottata, toccò leggermente con la punta delle dita il campanello di casa sua dove sopra scritti stavano i loro nomi.
Perchè non si sarebbe mai e poi mai dimenticata che ora il suo nome era Sophie Moore.

Continua nel capitolo 2...

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Piccolo spazio autrice

Hola Hola a todos! Mi presento a voi con in nome di Angie :3
Questa è la mia primissima originale e finalmente mi sono decisa a pubblicarla uwu
Ho già scritto ben dieci capitoli quindi credo di riuscire ad aggiornare ogni giorno per i prossimi dieci giorni...
Nulla, fatemi sapere cosa ne pensate, magari :)
Un bacione!
-Angie.
   
 
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