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Autore: ary91    04/01/2015    3 recensioni
Raccolta di tre flashfic velocissime sul "happy ever after" di ognuna delle mie tre protagoniste canon: Lady Cousland, Fem!Hawke e la Lavellan *.*
°°°Se avete concluso ogni capitolo della saga, non dovreste incorrere in alcuno spoiler!
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alistair Therin, Anders, Blackwall, Hawke, Inquisitore
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: Spoiler!
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DRAGON AGE –ORIGINS/AWAKENING
 
Bastava chiudere gli occhi perché rivedessi davanti a me l'enorme Arcidemone, immobile e riverso in un'abnorme pozza di sangue: morto stecchito.
Il popolo mi venerava come Eroe del Ferelden e mi rispettava come loro Regina. Ci fu un tempo in cui ero stata solo la figlia spensierata di un teyrn, poi mi sono ritrovata tra le dita solo cenere. E di quella ragazzina allegra, era rimasto solo un cuore spezzato.
Abbattere il Quinto Flagello non era stato semplice, ma ci eravamo riusciti; certo, un po' malconci, ma noi due, io e Alistar, ultimi due Custodi Grigi del Ferelden, e una banda di scalmanati pieni di buona volontà ce l'avevamo fatta.
Nessuno sano di mente avrebbe mai scommesso un nichelino che saremmo sopravvisuti entrambi. Eppure eccoci: sani, salvi e interi.
Morrigan, come da promessa, svanì nel nulla. Ero consapevole che Alistair ogni tanto ci pensava, a quel figlio mai conosciuto, mi bastava guardarlo in faccia per capirlo. Di tanto in tanto fissava lo sguardo fuori dalle vetrate del castello e ci si perdeva. Ero addolorata per lui, per quanto ne fossi gelosa sarei comunque corsa in capo al mondo per supplicare la strega di mostrargli quel bambino. Quanto avrei voluto dargli un pargoletto, quell'uomo era nato per essere padre... il destino è una continua barzelletta.
Oghren era rimasto ad Amarantyne con Nathaniel, il mio secondo in comando, e mi teneva aggiornata costantemente su qualunque bazzeccola. Di tanto in tanto nelle lettere mi accennava qualcosa di Felsi, poi si perdeva in "ma questi non sono affaracci tuoi, donna!" e la questione si chiudeva lì. Di solito a quel punto sorridevo e scuotevo la testa.
Sten, Wynne, Leliana e Shale erano rimasti ancora un pochino nei paraggi di Denerim, per poi piano piano tornare ognuno alla propria indipendenza, in cerca della propria identità nel Thedas. Avevo sentito dire grandi cose su ognuno di loro e ne ero fiera.
E Zevran, lui era rimasto. Di tutte le persone al mondo, mai avrei pensato che proprio un Corvo sarebbe diventato il migliore amico che potessi avere. Di tanto in tanto, nel cuore della notte, partiva per luoghi ignoti nel tentativo di far perdere le tracce ai sicari di Antiva, ma tornava sempre.
La mia di strada, invece, era accanto a quel tontolone coronato che mi stava accanto nel lettone.
«A che pensi, Elissa?» bisbigliò, facendosi vicino vicino in quel suo modo così goffo: un enorme orsacchiotto che tenta di essere delicato. Si ritrasse di colpo, balzando lontano dai miei piedi ghiacciati. «Perdincibacco, moglie! Ti ordino di allontanare quei cosi demoniaci dal mio regal materasso!»
Lo guardai di sbieco, divertita. Distesi un piede. «... materasso, sicuro?»
Era quel tanto buio da non poterlo vedere in faccia, ma sapevo esattamente di che colore fossero, in quell'istante, le sue guance.
Ero stata una ragazzina allegra, poi un cuore spezzato, e adesso... adesso riuscivo solo a vedere noi. Noi e il nostro futuro.
Presto avrei trovato una cura alla Chiamata. 
 
DRAGON AGE – RISE TO POWER
 
«SCAPPA!!!» sbraitò Anders.
Le sue dita erano tenaglie attorno al mio polso, il sangue non mi circolava più. Non c’era tempo per lamentarsi, non c’era tempo per pensare.
Meredith e Orsino erano morti entrambi, l’uno per mano dell’altra.
Maghi e Templari erano completamente allo sbaraglio, ma il capitano Cullen ci aveva concesso una tregua, quel tanto necessario a permetterci di sparire dalla circolazione.
Tempo due giorni e trovammo manifesti con i nostri volti ovunque, affissi perfino nelle latrine e nelle chiese. Neppure i boschi erano sicuri, ogni due tronchi d’albero c’era il nostro viso appuntato alla corteccia.
Non sono mai stata una chissà quanto devota al Creatore, ma per la prima volta in anni sentii davvero il bisogno di pregare, perché l'unico modo che avevamo per salvarci era un miracolo.
«Hawke, vieni...» mi aveva svegliata un giorno, mentre mi ero appisolata dietro un covone di fieno.
E... oh, Andraste! se il Creatore non aveva esaudito l'unica richiesta fattagli... Ci trovavamo nei pressi della fortezza dei Custodi e Anders aveva ancora qualche amico disposto ad aiutarlo. Lo seguii, senza batter ciglio, in mezzo al torrente e lì, dietro lo scrosciare della cascata, c'era una grotta.
Un rifugio quel tanto capiente e nascosto da permetterci di accendere un fuocherello senza venire impiccati alla Forca.
«Mmm… acqua», cinguettai, sfilandomi i vestiti fradici. Finalmente ci saremmo potuti dare una ripulita e avremmo bevuto a sazietà senza patire la sete per giorni.
In silenzio andò a riempire le borracce e, sempre senza emettere un suono, si spogliò lentamente per liberarsi del sudiciume accumulato in settimane di fuga disperata.
Soffocai un gemito nel vederlo: era coperto di contusioni e ferite incrostate e intrise di sporcizia. L'addome era un unico ematoma turgido e violaceo. Doveva essersi rotto le costole.
«Perché non mi hai detto nulla?!» gli corsi incontro per ispezionarlo meglio da vicino. Solo a sfiorarlo gli venne automatico indietreggiare dal dolore. «Sei diventato, all’improvviso, un ammiratore del masochismo? E dire che sei un guaritore… Posso sistemarti in un attimo.»
Scosse la testa, duro in volto.
«No.»
«No
«Non me lo merito», disse semplicemente, distogliendo lo sguardo dal mio.
Inarcai un sopracciglio e me ne infischiai della sua opinione piagnucolosa. Le dita mi si illuminarono d'azzurrognolo, pronte a prendersi cura del mio uomo.
«Hawke!» ribatté, nervoso, tirandosi indietro con una smorfia a smascherare il dolore che fino a quel momento, come una sciocca, non avevo mai notato. «Ti ho detto di no, non farmelo ripetere.»
D'istinto, senza pensarci un solo secondo, lo schiaffeggiai in pieno viso, stampandogli la sagoma della mia mano sulla guancia. O almeno così immaginai, dato che ormai non si radeva la barba da tempo immemore.
«Che cosa vuol dire "no", Anders?» sbottai, innervosita.
Si massaggiò il volto, come fosse quella la sua sofferenza peggiore, al momento.
Abbassò gli occhi, poi osservò a labbra serrate lo splendore di quella cascata che scorreva a prescindere dagli eventi che corrompevano il mondo. A prescindere da ciò che le sue azioni avevano scatenato. A prescindere che delle vite fossero distrutte per colpa di un ideale.
Non avrei potuto mai condividere ciò che la disperazione di uno spirito lo aveva portato a fare, ma avevo deciso di accettarlo e di dividere quel fardello con lui. Ma se si arrendeva, quello era un bel problema.  
Gli presi il mento tra le dita, costringendolo a guardarmi in faccia.
Era tanto stanco, tanto esausto. Quei brillanti occhi color caramello, che un tempo mi guardavano come fossi la cosa più bella,  ora erano spenti, svuotati. Lo siamo entrambi, ricordai a me stessa.
«Cosa vuol dire "no"?» ripetei, stavolta più dolcemente, e nel frattempo abbassai le mani sulle ferite che mi aveva taciuto.
Strinse la mascella. Mi accarezzò dolcemente, poi affondò la testa nella mia spalla e per la prima volta in vita mia lo sentii piangere.
«Anders... la supereremo», gli mormorai all'orecchio, sfiorandogli la schiena nuda, sconquassata dai brividi. «La supereremo.»
«Quanto altro dovremo superare per colpa mia?» gorgogliò, tirandosi su.
E quel momento mi parve all'improvviso il più perfetto per dirglielo. Gli afferrai le mani e me le poggiai sul ventre: «Tutto quello che verrà, Anders».
Spalancò gli occhi, meravigliato. «Tutto?»
«Tutto», ribadii, sorridendogli dolcemente. «L'importante sarà superarlo insieme.»
E finalmente sorrise, e la nostra eterna fuga non ci sembrò più tanto tragica.
 
DRAGON AGE – INQUISITION

«... e fu così che Cory-coso venne sconfitto, e tutto il Thedas poté tirare un sospiro di sollievo perché l'Inquisizione aveva sconfitto la minaccia più minacciosa di tutte», terminò Morella, sorridente, chiudendo il libro colorato in un tonfo.
«E vissero felici e contenti, mammina?» pigolò la piccola Liddy, agitandosi sulle ginocchia dell'elfa, che annuì, in fondo era solo la millesima volta che le leggeva quella storia.
«Era davvero coraggiosa l’Inquisitore», commentò con la sua vocetta un po' nasale, storcendo la boccuccia intanto che rifletteva. «Vorrei essere come lei.»
Morella sorrise, reprimendo dentro di sé una risatina: la piccina di casa aveva un visetto lentigginoso, capelli rosso fuoco e occhioni verde rame… tutto identico a sua madre. Avrebbe voluto rivelarle che se fosse andata a guardarsi allo specchio, avrebbe scoperto che c'era molto più dell'Inquisitore di quanto mai potesse immaginare. Forse le mancavano giusto le orecchie a punta, ma quello era meglio così.
«Mammina, cos'è un "araldo di Andraste"?»
«Vediamo...» disse, intanto che da fuori le arrivarono le risate dei gemelli, probabilmente di nuovo intenti a tirare le code ai nug. «Si tratta di una persona importante che fa da portavoce a una persona ancora più importante. Più o meno.»
«Papà quando vuol sgridarmi lo fa dire a te», rifletté, mordendosi l'unghia del pollice, «quindi tu sei un araldo?»
Morella scoppiò a ridere e disse di sì, più o meno. Poi lasciò che la bambina si unisse ai fratelli maggiori per giocare,  correndole dietro per raccomandare a tutti di rimanere entro il recinto della fattoria.
«Sta crescendo», commentò Thom, battendo un ennesimo colpo d'ascia, c’era da preparare la legna per l’inverno.
«Già… però, non smetterò mai di vederli come quei neonatini paffuti che erano…»
Thomas non avrebbe mai ammesso una simile smanceria, ma adorava guardarla  sospirare e perdersi nei ricordi, le si illuminava la faccia e avrebbe voluto baciarle ogni lentiggine, una a una. E non si trattenne dall’andare a stringerla forte a sé.  
«Quella bambina è sempre più simile a te», gorgogliò, tenendola fra le braccia.
La abbracciava tutte le volte che ne aveva l’occasione, non sopportava che lei non potesse più farlo da quando aveva perso il braccio sinistro. Sentiva di dover sopperire a questa mancanza facendolo lui per entrambi. E poi era così meraviglioso stringere quella creaturina esile.
L’amava con tutto il cuore.
Morella sorrise. «E Blackwall e Mornay sono identici a te. Come la mettiamo, ser?»
Un ghigno sardonico gli oltrepassò la folta barba e le stampò un gran bacione, solleticandole la guancia.
«Credo che dovremmo farne un altro, di figlio», borbottò divertito, «Sera e Krem sarebbero felici di scommettere su a chi somiglierà stavolta!»
Ridacchiai di gusto, scuotendo la testa. «Oh, non se ne parla proprio! E chi lo sopporta poi Dorian lamentarsi che il nuovo frugoletto gli ha impiastricciato di nuovo i baffi di succo di mirtilli?»
Le sue mani si spostarono sul ventre di lei, e all’orecchio le suggerì: «E se fosse una femminuccia?».
«In quel caso, allora, Varric ci supplicherebbe di chiamarla Bianca... dovessimo deluderlo, non riuscirei a sopportare il suo broncio. Di nuovo.»
«Né riuscirei a dormire sapendo che scriverebbe il seguito di: “Amici che ti deludono, Bianca era il miglior nome che avreste potuto darle”», infine la sollevò in braccio per avere il suo viso allo stesso piano del suo e le sorrise, sincero e sereno.
«Ti andrebbe di scommettere se sarà maschio o femmina, my lady
  
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