Giochi di Ruolo > Vampiri: la masquerade
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Autore: Julien Bathory    04/01/2015    0 recensioni
"Cara Virginia,
questa notte un Nosferatu è morto a Pisa. Qualcuno sa perché. Qualcuno sa.
Fosse stato un semplice Topo di Fogna non sarebbe importato a nessuno. Peccato che questo povero bastardo non era uno dei tanti vermiciattoli che sciamano attorno ai ridicoli giochi di potere di questa città. Il nome Giacomo Leopardi ti dice qualcosa, vero? Brava, scommetto che sei sempre stata la prima della classe. Lascia la mela e alza la gonna."
[Fanfiction tratta dalla Sessione Oneshot Mash-up fra il GDRV Vampiri: Il Risveglio e Vampiri: Nell'Occhio del Ciclone]
Genere: Azione, Mistero, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: Lemon, Missing Moments | Avvertimenti: Incest, Violenza
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Tutto è male –

Capitolo 000 – Il Grande Lupo Grigio

 

Il Grande Lupo Grigio nacque nella pace e visse nella guerra, ed i suoi due figli crebbero forti e pieni di vita, colmando il vuoto che covava dall'inizio della sua esistenza

Nelle foreste tedesche i Gangrel amano raccontare storie selvagge ed antiche, e Markus nei suoi viaggi le aveva sempre trascritte nel suo blocco, per poi passarle al suo migliore amico Giacomo e farle riscrivere in una forma più elegante e ben tradotta.

Quando Egli divenne abbastanza adulto da poter provare amore, si accorse che nella sua tana viveva solo e senza uno scopo

La storia preferita da Markus era senza dubbio quella del Grande Lupo Grigio, direttamente dalla foresta nera.

Vagò così per boschi e boschi, fino a che, vicino ad un torrente, trovò un cucciolo di lupo dalla pelliccia color pece, in fin di vita e mézzo come un gatto

Alla fine, pensava sempre il ragazzo, non c'è storia più bella che della propria.

 

Quando il ragazzo si svegliò per l'ultima volta egli non fu così felice di essersi alzato presto: andare a lavoro alle sei del mattino nella biblioteca era terribile, soprattutto in Gennaio, quando a Pisa la brina gelava il parabrezza delle auto parcheggiate sul Lungarno.

Si affacciò alla finestra e starnutì, come se il suo naso avesse voglia di rientrare in camera al caldo; portò le mani sul viso e lasciò andare un sospiro che si condensò subito in una densa nuvola bianca.

Saranno almeno tre gradi sottozero...

E rabbrividì, indietreggiando di un paio di passi.

Camminò fino alla specchiera e si sistemò i capelli neri come al suo solito: una spazzolata di lato ed una sulla nuca. Da sonnolento raffreddato a bibliotecario perfetto in due secondi e tre quarti.

Si infilò una T-shirt nera e ci mise sopra un maglione grigio scuro, molto piano e poco originale, come i pantaloni color fumo più larghi di poco sul fondo ed i suoi mocassini neri scamosciati: un accostamento imperdonabile, ma comodo.

Dovrei tagliarmi la barba, ma non ne ho voglia

Pensò, toccandosi il lungo pizzetto che gli scendeva sul mento.

Preso cappotto ed ombrello scese le scale del palazzo in cui abitava e sbucò nella strada che dava direttamente sull'Arno. L'orologio segnava le sei meno un quarto: il sole non sarebbe spuntato fino ad un'ora e mezzo dopo.

Fatti venti metri qualcosa dall'alto lo colpì leggermente sugli occhiali.

Per fortuna che ho portato l'ombrello, sembra che stia per venire giù un bell'acquazzone

Continuò ad avanzare e tirò fuori l'ombrello da sotto il cappotto, poi stese la mano per aprirlo, ma prima di completare l'azione si scontrò rovinosamente contro qualcosa. Markus cadde all'indietro e finì supino sul marciapiede, dopo aver lasciato andare un deciso “Ouch!”

Una mano gli tese l'ombrello: c'era un signore davanti a lui, sulla quarantina, forse. Statura alta e decisa, capelli brizzolati ed una barba striata molto ben tenuta. Portava un lungo cappotto grigio ed i suoi occhi erano della stessa tonalità delle nubi quella mattina.

«M-Mi dispiace! Non volevo colpirla, la prego di scusarmi, stavo solo..»

Lo incalzò.

«Guardando le nuvole? Già, sta per piovere, e tanto, aggiungerei. Nessun problema, comunque. Si alzi, su»

Il modo in cui egli lo esortò a riprendersi gli sembrò magnetico e decisamente familiare; lo fece senza esitare un secondo, e la cosa non aveva un perché.

«Beh, grazie. Passate una buona giornata, arrivederci»

Chinò la testa verso il marciapiede e superò l'uomo, continuando lungo il fiume. La pioggia in pochi minuti iniziò a cadere terribilmente, ed i tombini già traboccavano, mentre l'Arno si gonfiava pian piano.

Svoltò sul Ponte di Mezzo e continuò a camminare a testa bassa, riparato sotto il suo ombrello, fino alla metà della costruzione. Nel momento in cui fu lì uno spaventoso boato lo fece sobbalzare: un fulmine squarciò il cielo non lontano dalla città, ed il suono fu insopportabile.

Markus si arrestò improvvisamente ed i suoi fradici mocassini scivolarono in avanti, facendogli perdere l'equilibrio.

In un attimo fu all'indietrò sul parapetto, mentre non si rendeva conto di niente.

Il tonfo in acqua fu fragoroso, ed il giovane non sapeva assolutamente nuotare.

Perse i sensi in pochi attimi.

 

Quando Markus riaprì gli occhi si sentì subito spaesato: attorno a lui un salotto arredato di tutto punto, uno strofinaccio bagnato sulla fronte ed un camino acceso poco distante dal divano sul quale era disteso.

Dove mi trovo..?

Una voce profonda rispose al suo pensiero, dalla porta della stanza:

«A casa mia, poco distante da dove sei caduto nel fiume. Hai dormito per due giorni, ed ora è quasi il momento di preparare la cena»

Ha letto nella mia mente?!

Si fece, con sguardo terrorizzato; lui sorrise.

«Lei.. è l'uomo che ho colpito mentre percorrevo il fiume.. non è vero?»

Annuì muovendo il capo, poi riprese a rispondere ai suoi dubbi:

«Come ti ricorderai sei caduto nel fiume, e sei anche svenuto, ti ho recuperato da una sponda, non è stato difficile, ti eri incastrato sul piccolo moletto delle canoe»

Markus era decisamente allibito.

«Io... le devo la vita. Come si chiama?»

Non aspettò mezzo secondo a dirglielo.

«Matteus. E' un piacere conoscerti»

Stranamente, il ragazzo si sentì a casa sua.

 

Quando il Grande Lupo Grigio salvò il piccolo lupetto nero egli riuscì a capire che ciò che mancava nella sua vita era qualcuno con cui trascorrerla. Lo adottò e lo fece crescere forte e pieno di virtù, tra cui la più spiccata, ovvero l'alto senso di giustizia e morale che già caratterizzavano il più anziano

Erano passati diversi anni da quando Matteus lo aveva abbracciato, ma Markus non si era mai spiegato il perché. Lui era forte, dedito alle cause della Camarilla e mai distolto dal suo dovere, e lui in vita era un semplice bibliotecario, senza muscoli, senza uno scopo ben preciso.

Ora almeno si permetteva uno stile più consono, non soffriva mai il freddo ed il suo sguardo più deciso: a volte pensava quasi che lo avesse preso con sé per pura pietà, ma c'era qualcos'altro.

«Ho appena ricevuto una lettera da Giacomo, parla di Massa e...»

Mattheus guardò serioso il suo infante

«Lo so. Sta per scoppiare una guerra, e non credo proprio che Firenze starà ferma a guardare mentre il Sabbath si muove allo scoperto. Dovrò partire, lo sai?»

Markus rispose subito allarmato il suo Sire

«Verrò anche io, Mattheus! Non posso lasciarvi andare da solo!»

L'uomo alla sua frase cambiò subito l'espressione sul volto in un sorriso, mesto e paterno.

«No, Figlio mio. Tu devi restare a Pisa, dove è sicuro e dove puoi continuare ad ammaestrare la tua Bestia. Ricordi i miei insegnamenti, vero? In una guerra potresti solo soccombere al sangue, e tu sei rinato per la pace, per distinguerti dai branchi di Gangrel infuriati e sfruttare le tue conoscenze come diplomatico»

Il giovane non la prese molto bene, ma replicò presto, in tono molto scuro.

«Certo che ricordo: “Domina il Lupo, nutrilo e trattalo con dolcezza. Domina il Lupo, non incatenarlo ma non lasciarlo cacciare. Domina il lupo, non essere disgustato ed amalo, abbraccialo»

Matteus allora sorrise. Suo Figlio non era più un Infante, ma era diventato più uomo di quanto non lo fosse da vivo.

   
 
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