OBLIO
“L'oblio è una forma di libertà”
Kahlil Gibran
Aprii gli occhi.
Il buio mi circondava, mi opprimeva tanto che quasi non riuscivo a respirare.
Il silenzio mi faceva fischiare le orecchie in modo insopportabile.
Mi alzai in piedi, non ricordavo perché, ma ero sdraiata per terra.
Misi una mano accanto al mio corpo, sul pavimento, sentii qualcosa di liquido.
C’era una stralcio di pallida luce lunare proveniente da una finestra, lì vicino. A fatica, mi trascinai nella sua traiettoria, illuminando la mia mano.
Sangue.
Mi portai meccanicamente il polso alla testa, dove percepii lo scorrere fluido del sangue partire da una tempia.
Non sentivo dolore.
Non sentivo niente.
Chiusi gli occhi.
Il mio cuore non batteva. Più.
Non sapevo cosa fosse successo. Non sapevo chi fossi.
Ricordavo solo un volto.
E poi l’oblio.
Scendevo sempre più in basso, nell’oscurità, senza alcuna certezza, niente in cui potermi appigliare.
Ero diventata solo l’ombra della mia anima.
Senza emozioni.
Senza pensieri.
Solo un’immagine nella mia testa.
E il sangue sulle mie mani.
Camminai, diretta verso la mia ultima azione. Diretta verso il mio destino.
Verso ciò che era stata la causa della mia fine. Ciò che mi aveva resa l’essere che ero diventata.
Varcai la soglia della porta e, sull’angolo della sala da pranzo, vidi una figura tremare nel buio.
Piangeva, singhiozzava, pregava.
Ma non provavo più niente.
Incrociai i suoi occhi.
Sentii i battiti del suo cuore.
Per quella che fu l’ultima volta.
E poi finalmente il silenzio.