Anime & Manga > Kuroko no Basket
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Autore: Ortensia_    05/01/2015    3 recensioni
«Ricordi sbiaditi, luci soffuse, amori spezzati e ombre evanescenti. Il tempo si porta via tutto: anche le nostre storie.» — Dal Capitolo IV
Sono passati alcuni mesi dalla fine delle scuole superiori, e ogni membro dell'ex Generazione dei Miracoli ha ormai intrapreso una strada diversa.
Kuroko è rimasto solo, non fa altro che pensare ai chilometri di distanza fra lui e Kagami, tornato negli Stati Uniti.
Tuttavia, incontrato uno dei suoi vecchi compagni di squadra della Teiko, Kuroko comincia una crociata per poter ripristinare la vecchia Gerazione dei Miracoli, con l'aggiunta di nuovi membri, scoprendo, attraverso un lungo e tortuoso percorso, realtà diverse e impensabili.
«La Zone era uno spazio riservato solo ai giocatori più portentosi e agli amanti più sinceri del basket, era, in poche parole, la Hall of Fame dei Miracoli.» — Dal Capitolo VII
[Coppie: KagaKuro; AoKise; MuraHimu; MidoTaka; NijiAka; MomoRiko; forse se ne aggiungeranno altre nel corso della fanfiction.
Accenni: AkaKuro; KiseKuro; MiyaTaka; KiMomo; KuroMomo; KagaHimu.
Il rating potrebbe salire.]
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Sportivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi, Yuri | Personaggi: Altri, Ryouta Kise, Satsuki Momoi, Taiga Kagami, Tetsuya Kuroko
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Hall of Fame'
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Capitolo XXXII





Esistono anime gentili che, a prescindere dal prezzo, tentano di sfiorare quelle più fredde e oscure, cercano di aprire una piccola crepa soltanto per far entrare un po' di luce.

Il dottore era stato fin troppo gentile a riservare a lui la prima visita della giornata, in modo da non fargli perdere tempo prezioso e da permettergli di raggiungere il campetto il prima possibile.
Tornato a Tokyo, Akashi aveva pensato all'eventualità più che plausibile che suo padre fosse riuscito a convincere il suo vecchio dottore di fiducia a non rendersi completamente disponibile, quindi si era chiesto più volte se non fosse meglio rivolgersi ad uno studio medico nuovo, ma gli era bastata una telefonata per capire che non era cambiato nulla, prova il fatto che avesse libero arbitrio sulla scelta dei giorni e delle ore in cui stabilire le proprie visite.
La sua salute era migliorata ancora e il dottore si era detto fiducioso riguardo ad una imminente guarigione, tuttavia gli aveva raccomandato di non sforzarsi e di non esporsi troppo al freddo, soprattutto la sera - esortazioni che probabilmente non avrebbe rispettato realmente, soprattutto perché si era già convinto di essere guarito per sentirsi un poco più vicino al giorno in cui avrebbe ricominciato a giocare seriamente a basket -.
Akashi lasciò scivolare le mani nelle tasche del cappotto e sbirciò alla sua destra, soffermandosi per qualche istante sulla figura silenziosa di Nijimura: prima di disubbidire alle esortazioni del dottore aveva la sensazione che sarebbe dovuto passare sul suo corpo, perché anche se Shuuzou lo sosteneva ed era d'accordo che riprendesse a giocare a basket, pensava prima di tutto al suo bene e quindi era ovvio che gli avrebbe impedito di sforzarsi fino ad avvenuta guarigione e forse anche oltre.
Nijimura contrasse le labbra in una minuscola smorfia e trattenne il respiro per qualche istante: Akashi lo stava guardando, e in modo fin troppo insistente.
«C'è qualcosa che non va?» Shuuzou riuscì a distogliere la propria attenzione dall'asfalto e si rivolse all'altro, che gli sorrise e negò con un lento movimento del capo.
Non c'era nulla di male nel volergli impedire di prendere freddo e affaticarsi, Nijimura, dopotutto, era il suo fidanzato ed era semplicemente preoccupato per la sua salute, temeva che la situazione potesse prendere una piega diversa da quella che si aspettava Akashi - quindi che la leucemia tornasse a prolificare all'interno del suo corpo -, aveva ancora la stessa paura di perderlo che lo aveva afflitto per tutto il tempo passato in Svizzera.
Il motivo per cui si erano recati così presto dal dottore non piaceva affatto a Nijimura: la sera prima, Aida aveva telefonato ad Akashi e gli aveva chiesto di essere al campetto intorno alle dieci del mattino, spiegandogli che aveva in mente di organizzare qualcosa di molto simile alla caccia del tesoro progettata da lui pochi giorni prima.
Ciò che innervosiva di più Nijimura, però, era il fatto che Aida avesse intenzione di scegliere lei stessa le squadre, quindi c'era la possibilità che Akashi capitasse con qualcun altro e, in sua assenza, decidesse di strafare.
Seijuurou estrasse il cellulare dalla tasca del cappotto e non appena vide campeggiare l'ora sullo screensaver accelerò il passo.
«Sono le dieci e dieci.» avvertì Nijimura con voce calma.
«Akashi, non importa se arriviamo in ritardo.» Aida sapeva che sarebbero andati dal dottore e poi si sarebbero diretti verso il campetto, quindi era probabile che li stesse aspettando pazientemente: non c'era motivo di correre e affaticarsi.
Akashi non rispose e continuò a camminare con passo appena più rapido, deciso: era curioso di scoprire cosa avesse in mente Aida, era impaziente di giungere al campetto e incontrare gli altri.
Nijimura protese le labbra in una smorfia indispettita e accelerò il passo, in modo da affiancarsi ad Akashi: era ostinato, voleva avere indietro tutto ciò che aveva lasciato a Tokyo prima della partenza, ma non riusciva a capire che uno schiocco di dita non sarebbe bastato, che avrebbe dovuto pazientare e faticare per poter riacquistare la salute e le sue capacità sportive, per tornare a giocare una partita di basket con gli altri Miracoli.
Forse Akashi non era neppure a metà della strada che lo separava dal suo obbiettivo, ma Nijimura era lì per sostenerlo e per aiutarlo ad andare un poco più veloce quando sarebbe venuto il momento, e voleva che lui lo sapesse. A costo di negargli qualcosa, a costo di farlo arrabbiare, Nijimura non gli avrebbe permesso di sopravvalutare il suo corpo ancora debole e annullare tutti i progressi fatti fino a quel momento.
Non appena la rete metallica che delimitava il campetto fu visibile, Seijuurou rallentò e focalizzò la propria attenzione sulle figure dietro di essa.
«Pare che Midorima e Murasakibara non siano venuti.» Nijimura mormorò senza staccare gli occhi dal crocchio di teste colorate oltre la rete metallica ed Akashi accennò un sorriso compiaciuto: immaginava che Midorima e Murasakibara non si sarebbero presentati, inoltre dall'assenza di quest'ultimo dipendeva anche quella di Himuro e quindi un fattore di disturbo in meno.
«Buongiorno.» Akashi sorrise e il farfuglio concitato in cui gli altri sembravano essere coinvolti fino al suo arrivo si interruppe improvvisamente.
«Akashi-kun! Nijimura-san!»
«Akashicchi! Nijimuracchi!»
Momoi e Kise schiamazzarono e furono i primi ad accogliere la loro presenza, mentre Kuroko li salutò con molta più calma e Aomine e Kagami restarono in silenzio.
«Ti chiedo scusa per il ritardo, Aida-san.»
«Nessun problema, Akashi-kun.» Riko forzò un sorriso e riprese immediatamente a parlare «Midorima-kun, Takao-kun, Murasakibara-kun e Himuro-san non verranno, quindi ci siamo soltanto noi otto.»
«Poco male comunque, no, Riko-chan?» Momoi le diede una piccola gomitata e Aida sfiatò appena, cercando di non badare al fastidioso pizzicore sulle guance, poi si schiarì la voce e riprese.
«Io e Momoi abbiamo pensato di organizzare qualcosa di divertente per sabato.»
Kise rivolse un'occhiata silenziosa ad Aomine e gli diede una piccola gomitata.
«Mhn?» Aomine brontolò sommessamente e gli rivolse un'occhiata piena di disappunto, per poi tornare ad indirizzare la propria attenzione ad Aida e Momoi.
Kise gonfiò appena le guance e gli diede un'altra gomitata, più decisa della precedente.
«Aominecchi-!» sussurrò.
«Si può sapere che vuoi?» Aomine si voltò di nuovo verso di lui e brontolò sommessamente; Kise, dal canto suo, sorrise e rivolse il proprio sguardo a Momoi e Aida.
«Credo che fra quelle due ci sia qualcosa, stanno sempre insieme ultimamente.»
Aomine sussultò e rivolse nuovamente la propria attenzione ad Aida e, soprattutto, a Momoi.
«Ma che cazzo dici, Kise?» sentì un calore diffuso pizzicargli le guance e fece fatica a distogliere la propria attenzione da Momoi: non doveva ascoltare Kise, stare con lui era come vivere in una telenovela, vedeva rose e fiori in ogni sguardo, zucchero e miele in ogni sorriso e a quanto pareva si divertiva a calcolare quanto potenziale potesse avere ogni coppia che gli stava davanti.
A Satsuki piacevano i ragazzi e Kise era un idiota patentato: ecco come stavano le cose.
«Paintball!»
Aomine tese le orecchie e si dimenticò immediatamente della possibilità che ci fosse qualcosa fra Aida e Momoi.
«Parlate sul serio?!»
«Lo sapevo che ti sarebbe piaciuto, Dai-chan!»
«Un momento … paintball?» Kagami aggrottò la fronte e rivolse un'occhiata confusa a Momoi, che aveva l'aria entusiasta.
«Ah? Tu non vivevi in America? Dovresti saperlo meglio di noi l'inglese, Bakagami.» Aomine lo punzecchiò, riprendendo a parlare non appena lo vide digrignare i denti «hai presente quel gioco col fucile e con le palline di vernice?»
Lo sguardo di Kagami parve illuminarsi.
«D-davvero?! Non state scherzando?!»
«Perché dovremmo? È un modo per insegnarvi a lavorare di squadra.» Riko rispose e rivolse una rapida occhiata a Kise, che aveva cominciato ad agitare le braccia.
«Io sto con Aominecchi!»
«Ah ah!» Aida alzò il dito indice e lo mosse da destra a sinistra «le squadre le decideremo io e Momoi.»
«Oh ...» Kise incrinò le labbra in una piccola smorfia e si zittì.
«Tetsu-kun, tu parteciperai?»
«Credo di sì, Momoi-san.»
«Come? Kuroko, tu devi partecipare assolutamente!» Kagami lo esortò, seguito a ruota da Aomine e Kise - che sembrava già essersi ripreso dal trauma che gli aveva provocato la scoperta di non poter stare in squadra con il suo fidanzato -.
«Tetsuya, parteciperai?»
La voce di Akashi sorprese Kuroko, che non poté far altro che annuire.
«Se partecipa Tetsuya, partecipo anche io.»
«Akashi, aspetta.» Nijimura intervenne immediatamente: il dottore gli aveva raccomandato di non affaticarsi e giocare a paintball non era proprio l'attività più consigliabile nelle sue condizioni.
«Shuuzou, non mi stancherò.» Akashi, che aveva già inteso dove l'altro avesse intenzione di andare a parare, lo precedette: non aveva alcuna intenzione di rifiutare soltanto perché il dottore gli aveva raccomandato di non affaticarsi e di stare al caldo, ovviamente avrebbe indossato qualcosa di pesante e si sarebbe fermato per una pausa se avesse sentito venir meno le energie, ma di certo non avrebbe rinunciato ad un'esperienza simile a causa del suo corpo ancora debole.
Nijimura serrò le labbra e sfregò i denti, sul punto di lasciarsi scappare un'imprecazione: Akashi voleva giocare a paintball e sicuramente voleva vincere, e come se non fosse bastato sarebbe capitato in squadra con qualcuno che, molto probabilmente, non era lui.
«Quindi parteciperete tutti?»
«Shuuzou?»
Nijimura si sentì punzecchiare dalla voce di Akashi e incrociò le braccia al petto, sbottando appena: anche se non sarebbero stati compagni di squadra, avrebbe potuto tenerlo sotto controllo nelle vesti di nemico, ed era comunque meglio di niente.
«Va bene, partecipo.»
Non appena Riko e Momoi si sorrisero, Kise diede un'altra piccola gomitata ad Aomine, che deglutì a fatica e cercò di distogliere la propria attenzione dalle due ragazze.
«Abbiamo deciso di organizzare delle squadre da due, ma ve le comunicheremo soltanto quando sapremo di Midorima-kun e Takao-kun. Murasakibara-kun e Himuro-san hanno già dato la loro indisponibilità.» Aida parlò a voce alta: era felice, finalmente sembrava avere la facoltà di decidere e molto probabilmente le sue scelte, seppur un po' azzardate, sarebbero state comprese e non contestate.
«È tutto, Aida-san?» Akashi fu il primo a parlare e riprese non appena Riko acconsentì con un rapido cenno del capo «allora, se non vi dispiace, tolgo il disturbo. Ho in programma di passare da Shintarou, quindi ne approfitterò per chiedergli del paintball.»
«D'accordo, ti ringrazio, Akashi-kun.»
Ad Akashi bastò rivolgere una rapida occhiata a Nijimura per capire che cosa aveva in mente di fare, così gli sorrise e si rivolse agli altri, congedandosi con un breve saluto.
«Nijimuracchi, tu non vai con Akashicchi?»
Nijimura accennò un sorriso e si sbottonò la giacca.
«No, oggi gioco.»
Gli occhi dei presenti si illuminarono: tutti quanti volevano vedere Nijimura giocare, chi perché l'aveva già visto all'opera, chi perché non ne aveva ancora avuto occasione.
«Kuroko, che ne dici di dare una lezione a Kise e Aomine?»
«Sei sicuro di riuscire a tenere il nostro ritmo?»
Nijimura sogghignò e colpì la fronte di Aomine con l'indice.
«Ho soltanto un anno in più di voi, Aomine.» subito dopo Nijimura si rivolse a Kagami, che cominciava a sentirsi il “quinto incomodo” della situazione «sappi che voglio sfidare anche te, Kagami.»


Nijimura si sedette sulla panchina a bordo campo e prese una grande boccata d'aria, chinò il capo per un istante e chiuse gli occhi, cercando di controllare il respiro alterato dalla fatica.
«Stai bene, Nijimura-san?» Kuroko fu il primo ad avvicinarsi e Nijimura gli rivolse un'occhiata silenziosa, prendendo una seconda boccata d'aria prima di rispondere.
«Sì, sono solo un po' affaticato.»
«Nijimura-san?» Momoi gli sorrise e gli porse una bottiglietta d'acqua.
«Grazie.» Shuuzou l'afferrò immediatamente e Aomine raggiunse il gruppo.
«Te l'avevo detto che non saresti riuscito a tenere il nostro ritmo!»
Nijimura ghignò contro il collo della bottiglietta e gli rifilò una pedata sotto al ginocchio.
«Togliti quel sorriso ebete dalla faccia, Aomine. Sono soltanto un po' arrugginito, tutto qui.» sì, lui era arruginito, ma Aomine e Kise erano migliorati molto dall'ultima volta che li aveva visti in azione e fare una seconda partita sfidando Kuroko e Kagami non era stata certo l'idea migliore della giornata.
Aomine afferrò una delle bottigliette e rivolse una rapida occhiata a Kise e Kagami, rimasti a parlare ad un paio di metri di distanza da loro, così si congedò dal gruppo e li raggiunse.
«Ohi, Kise?»
Non appena Ryouta lo degnò della propria attenzione, Daiki rivolse una rapida occhiata a Satsuki e serrò le labbra con un cruccio a segnargli la fronte.
«Ti dispiace se passo qualche ora con Satsuki?»
Kise spalancò appena le palpebre e rivolse la propria attenzione a Momoi, poi ad Aomine: possibile che le sue parole avessero assunto un tale peso nella coscienza dell'altro?
«Un paio d'ore, magari.» non che gli piacesse l'idea di buttare via parte della giornata libera che avrebbe potuto trascorrere con Kise a fare la guardia a Momoi, ma si sentiva in dovere, gli sembrava di non poter fare altrimenti.
«Va bene, Aominecchi. E se scopri qualcosa chiamami!»
Aomine sfiatò sommessamente e distolse lo sguardo: Kise si dimostrava il solito impiccione, evidentemente anche lui non vedeva l'ora di fare chiarezza sui suoi sospetti.
«Io resto qui a giocare con Kagamicchi e Kurokocchi!» Kise gli sorrise e poi riprese con voce più bassa «ci vediamo a casa.»
«Ah, sì. Ci vediamo a casa.» Aomine, dal canto suo, aggrottò appena la fronte e distolse lo sguardo, brontolando sommessamente, infine raggiunse di nuovo Nijimura, Kuroko, Aida e Momoi, avvicinandosi a quest'ultima.
«Satsuki?» odiava l'idea di chiederle una cosa del genere: si sarebbe appiccicata a lui come una patella allo scoglio e avrebbe riempito per ore le sue orecchie con voce petulante, avrebbe cominciato a guardarlo con una certa gratitudine e lo avrebbe messo puntualmente in imbarazzo.
«Umh? Cosa c'è, Dai-chan?»
«Devo comprare dei pantaloncini nuovi e passerò sicuramente davanti al negozio di vestiti che ti piace tanto, quindi mi chiedevo se non–»
«Andiamo a fare shopping?!» Momoi sorrise entusiasta e lo guardò con occhi sognanti.
«Satsuki, non strillare-»
«Non sto strillando, Dai-chan! Però potremmo andare a fare shopping tutti ins—»
«No.» Aomine le tappò la bocca con un gesto della mano non molto delicato, attirando definitivamente l'attenzione di Kuroko, Nijimura e Aida.
«Aomine-kun, Momoi-san, va tutto bene?»
«Sì, è che Satsuki si è ricordata che deve … deve fare una cosa.»
«E allora perché le stai tappando la bocca, Aomine-kun?» Kuroko rimase a fissarli e parlò con estrema calma; Aomine, dal canto suo, si rese conto soltanto in quel momento che la bocca di Momoi era ancora ostacolata dalla sua mano e quindi lasciò la presa.
«Dai-chan, dovresti essere un po' più delicato, sai?!»
«Ah, Satsuki, guarda che ti zittisco di nuovo se non la smetti di fare casino.»
Momoi gonfiò le guance e incrociò le braccia al petto, ma si ricordò del negozio di vestiti che le piaceva tanto e quindi abbandonò quasi subito quell'espressione e si rivolse agli altri.
«Dai-chan si è offerto di accompagnarmi, quindi noi andiamo.» non aveva idea del perché, ma aveva capito che Aomine voleva stare solo con lei: possibile che avesse nostalgia delle loro uscite di qualche mese prima?
«Riko-chan, dopo ti chiamo!» Momoi le rivolse un sorriso e Riko borbottò qualcosa, Aomine le osservò con una certa angoscia nello sguardo.
«Dai, Satsuki.» le afferrò il braccio e la strattonò appena.
«Dai-chan!»
«Sì, sì: “Sii più delicato”.» Aomine brontolò con aria annoiata, ma nonostante ciò la strattonò di nuovo e la trascinò via dal gruppo «ciao a tutti.»
«Ma che gli prende?» Nijimura restò a guardarli mentre si allontanavano e Aida si strinse nelle spalle, ancora in imbarazzo per il fatto che Momoi le avesse detto davanti a tutti che l'avrebbe chiamata e le avesse rivolto quel sorriso.
«Forse Aomine-kun ha nostalgia dei vecchi tempi e vuole passare un po' di tempo con lei.» azzardò Kuroko, e allora Riko tornò ad osservare le due sagome ormai lontane, oltre la rete metallica del campetto: le bruciava lo stomaco, terribilmente, e le prudevano le mani, ma non riusciva a spiegarsi il perché - anzi, non voleva -.


Perché le aveva detto che doveva comprare un paio di pantaloncini? Non ne aveva alcun bisogno e quella compera forzata gli aveva svuotato completamente il portafoglio, in più aveva l'impressione che il dubbio che aveva cominciato ad affliggerlo dal momento in cui Kise aveva insinuato un possibile coinvolgimento sentimentale fra lei e Riko fosse infondato.
Momoi si comportava come al solito, sembrava essere interessata più alla sua compagnia e ai vestiti colorati in esposizione dietro le vetrine dei vari negozi piuttosto che ai ragazzi e alle ragazze.
«Dai-chan, ti ricordi il vestito rosso? Quello che l'anno scorso ho indossato al mio compleanno?»
«Sì.» la sua voce tremò appena, preso alla sprovvista dall'energica vibrazione del cellulare nella tasca della giacca.
«Ecco, pensavo di indossarlo per la cena di anniversario dei miei genitori, ma devo trovare un paio di scarpe adatte!»
Le labbra di Daiki fremettero di imbarazzo non appena lesse l'sms appena ricevuto: Kise gli chiedeva se aveva scoperto qualcosa.
«Va bene.» rispose a Momoi e nel frattempo si affrettò a digitare un sms da inviare a Kise.
Momoi era così felice che si stesse offrendo di aiutarla che non badò né alla sua voce troppo bassa né al fatto che tenesse lo sguardo incollato allo schermo del cellulare, di fatto lasciandosi scappare un possibile paio di scarpe perfetto per il suo vestito.
Il cellulare vibrò una seconda volta e Aomine si affrettò ad aprire l'sms, grugnendo nervosamente non appena lesse la risposta dell'altro.

«Potresti chiederglielo direttamente, no? ◡‿◡✿»



Era serio? Non poteva certo chiederle di punto in bianco se si era innamorata di una ragazza! E poi Kise poteva risparmiarselo quello smile odioso, gli dava ancor di più sui nervi.
«Dai-chan?»
Aomine trattenne il respiro e si affrettò a riporre il cellulare in tasca.
«Va tutto bene?»
«Sì, è Kise che è scemo.» si schiarì la voce e si morse il labbro inferiore.
Com'era possibile che a Momoi piacesse Aida? Aveva passato le medie a scassargli i timpani - per non dire altro - con Kuroko e si era perfino presa una cotta per Kise.
Ad Aomine tornò alla mente ciò che era successo in Svizzera e si sentì terribilmente in colpa quando, in balia dell'alcool come Momoi, l'aveva presa sotto braccio dicendole che Riko non andava bene perché aveva il seno piccolo e le aveva indicato una bella donna formosa.
Si schiarì la voce e soffermò la propria attenzione su un paio di scarpe che presentava una combinazione di colori orribile, sentendosi pervadere dall'imbarazzo per quello che stava per dire.
«Perché dovresti indossare un vestito del genere all'anniversario dei tuoi genitori? Devi fare colpo su qualche ragazzo?» si sentì andare a fuoco il viso «perché a te piacciono i ragazzi, giusto?»
Momoi sbatté le palpebre un paio di volte e gli rivolse un'occhiata sorpresa e vagamente confusa.
«Dai-chan, stare con Ki-chan ti ha fatto venire la fissa per i ragazzi, eh?» sorrise divertita.
«Eh-?! Ma cosa dici, Satsuki?!» e Aomine strepitò, attirando l'attenzione della maggior parte dei clienti: non bastavano gli sms stupidi di Kise, ora ci si metteva anche lei con battutine imbarazzanti!


Midorima si precipitò alla porta: possibile che fosse Takao? Gli aveva detto che non sarebbe venuto perché sua madre gli aveva chiesto una mano in lavanderia e ne aveva approfittato per studiare più del solito, quindi c'erano libri sparsi ovunque e nel salotto e nella cucina regnava il disordine.
Indugiò sulla porta e sfiatò sommessamente: non poteva essere altri che Takao e, anche se odiava l'idea che ci fosse tutto quel disordine, sapeva che non ne avrebbe fatto un dramma.
Quando aprì la porta sentì le gambe irrigidirsi e farsi improvvisamente più pesanti, le dita delle mani strinsero la presa attorno alla maniglia.
«Buongiorno, Shintarou.»
A quanto pareva Takao stava davvero aiutando la madre in lavanderia e restava il fatto che in casa sua ci fosse molto disordine, con la sola differenza che Akashi gli avrebbe quasi senza dubbio riservato un'occhiata colma di disappunto.
«Posso entrare?» la voce tagliente di Akashi parve scuoterlo e Midorima mormorò qualcosa, poi si fece da parte e lo guardò varcare la soglia.
«Non ti aspettavo. Ti chiedo scusa, ma c'è un po' di disordine.» preferì portare le mani avanti e cominciò a tranquillizzarsi quando Akashi si fermò all'ingresso e lo guardò senza dire nulla, in attesa che fosse lui a guidarlo nei meandri - per così dire, visto lo spazio ristretto - di casa sua.
«Vedo che ti stai dando da fare.» Akashi si fermò sulla soglia della cucina e Midorima si affrettò ad impilare alcuni libri in modo da liberare parte del tavolo.
«Ti chiedo scusa per il disturbo, Shintarou.» Akashi prese posto con estrema calma e si soffermò solo per un istante sui trucioli di matita attorno al temperino verde, sulla lama opaca a causa della polvere di grafite.
«Non mi disturbi, è meglio che faccia una pausa.» dopotutto aveva passato tre ore buone a ripetere fisica e biologia e cominciava a fargli male la gola, per cui l'arrivo di Akashi poteva essere inteso soltanto come qualcosa di buono, qualcosa che gli avrebbe impedito di perdere completamente la voce.
«Ti posso offrire qualcosa?»
«No, ti ringrazio, mi tratterrò per poco.»
Midorima soffocò un sospiro di sollievo: Akashi aveva salvato la sua voce interrompendo il suo studio, ma scoprire che si sarebbe trattenuto per poco era ancora meglio, significava che avrebbe potuto fare una pausa di una decina di minuti e poi riprendere da dove aveva lasciato nel momento in cui il suono del campanello lo aveva colto alla sprovvista e fatto balzare in piedi di soprassalto.
«Ho pensato di venirti a trovare, visto che non sei mai al campetto.»
Midorima lo guardò solo per un istante, poi inspirò appena e si aggiustò gli occhiali.
«L'università mi ruba molto tempo.» borbottò sommessamente e si sedette con calma.
«Lo vedo.» Akashi restò a guardarlo per pochi istanti e poi riprese a parlare con voce ancor più ferma che in precedenza «non giochi più?»
Midorima si irrigidì e trattenne il fiato: dove voleva andare a parare? Era in casa sua da nemmeno un paio di minuti e quella conversazione stava già cominciando a dargli sui nervi.
«Appena posso faccio qualche tiro.»
«Qualche tiro non è sufficiente, Shintarou, a meno che la medicina non ti piaccia più del basket.»
Midorima schiuse le labbra ma non riuscì a dar voce ai propri pensieri - e fu molto meglio così, visto che la sua testa era ormai un ammasso indistricabile di idee, timori e riflessioni -.
«Anche tu andrai all'università, giusto?» fu l'unica cosa che riuscì a dire.
«Certo, ma continuerò a giocare a basket.» Akashi assottigliò il proprio sguardo e rispose immediatamente, come offeso dal fatto che Midorima avesse appena confrontato la sua attuale situazione a quella che lui avrebbe vissuto di lì a poco. Seijuurou aveva intenzione di frequentare l'università, certo, ma Shintarou doveva tener conto che aveva alle spalle una solida base di preparazione culturale e una buona memoria, inoltre molto spesso non gli serviva studiare, riusciva ad eccellere con la sola intuizione, quindi era logico che avrebbe dedicato all'università molto meno tempo di quanto faceva lui e il restante lo avrebbe trascorso giocando a basket.
«Comunque sia, non sono qui per parlare di basket.»
Midorima aggrottò la fronte e incurvò le labbra: allora perché gli aveva fatto quella domanda? Aveva gettato luce sui suoi dubbi, affondato il coltello nella piaga, e ora gli diceva con tutta la calma del mondo che non era sua intenzione parlare di basket?.
«Volevo chiederti se sabato verrai al paintball.»
«Paintball?» Shintarou fece eco: se non andava errato, Takao aveva visto - e gli aveva raccontato almeno una decina di volte - un film su quello sport assurdo.
«Mi dispiace, ma ora come ora non posso perdere tempo con questo genere di cose.» Takao gli aveva detto che avrebbe dovuto ricominciare ad aiutare la madre in lavanderia e il padre in libreria e che, molto probabilmente, sarebbe stato libero soltanto il sabato, quindi non se la sentiva di rinunciare ad un pomeriggio con lui per giocare a paintball con gli ex Miracoli.
Akashi restò a guardarlo in silenzio, sbatté le palpebre e accennò un sorriso, per poi alzarsi con calma: a quanto pareva Midorima aveva rivisto le sue priorità e aveva trovato qualcosa - o meglio, qualcuno - più importante del basket.
«Ho capito.»
«Te ne vai già?»
«Sì, ho tutto quel che mi serve.»


«Oh? Sei già qui!» Kise adagiò la borsa della spesa sul tavolo e si affrettò a raggiungere il salotto; Aomine, dal canto suo, sbirciò oltre il morbido schienale del divano e lo seguì con lo sguardo fino a quando non lo ebbe raggiunto.
«Allora? Hai scoperto qualcosa?»
«No.» Aomine sospirò annoiato e adagiò la testa allo schienale, rivolgendo i propri occhi al soffitto.
«Sai, credo che dovresti chiederglielo per davvero.»
«Eh? Ma perché devo essere io a chiederle una cosa così imbarazzante?» Aomine brontolò e Kise si affrettò ad indossare la felpa, rivolgendogli un sorriso vagamente divertito.
«La conosci da molto più tempo di me, Aominecchi.»
«Che c'entra? Satsuki ha sempre parlato di quelle cose con te, non con me.» Daiki controbatté e contrasse le labbra in una smorfia, distolse lo sguardo dalla figura snella di Ryouta nella speranza che il pizzicore alle guance smettesse di affliggerlo.
«Ohi, Kise?» Aomine lo chiamò non appena lo vide transitare accanto al divano per tornare in cucina.
Kise si fermò e gli rivolse la propria attenzione, restando in silenzio; Aomine, dal canto suo, boccheggiò e distolse lo sguardo.
«La gamba ...» Aomine esitò appena «come va la gamba?»
Kise spalancò appena gli occhi e lo guardò sorpreso, poi mosse appena la gamba sinistra e non riuscì a trattenere un sorriso: era carino da parte sua preoccuparsi.
«Ultimamente va molto meglio.»
«Sì, ma non ti sforzare, ok?»
Kise restò a guardarlo ancora un istante e ampliò il sorriso, poi tornò indietro e si sedette accanto a lui.
«Non preoccuparti, Aominecchi!»
Aomine brontolò sommessamente, il busto rimase rigido contro lo schienale del divano almeno finché le mani tiepide di Kise non si adagiarono sul suo viso e i loro sguardi non si incrociarono.
«Sto molto meglio.» Kise ampliò il sorriso e Aomine ebbe il sospetto che quel sussurro non si riferisse solamente alla sua gamba, ma anche a tutto il resto, tuttavia restò in silenzio e osservò la buffa reazione dell'altro quando le sue mani si insinuarono oltre la felpa e la maglietta, ad accarezzare i fianchi nudi.
«Aominecchi, mi aiuti a preparare la cena?» la voce di Kise tremò, inarcò la schiena.
Gli occhi di Aomine guizzarono alla ricerca dell'orologio da muro e tornarono ad incatenarsi a quelli di Kise con un movimento repentino.
«Manca ancora un bel po' di tempo.» le sue mani scorsero fino all'elastico dei pantaloni e si insinuarono oltre, ad accarezzare le natiche sode dell'altro.
Kise brontolò sommessamente e distolse lo sguardo con le labbra contratte in un piccolo sorriso e le guance imporporate, lasciandosi scappare una risata di pura soddisfazione non appena Aomine lo trascinò sotto di sé e si chinò per baciargli il collo.
«Aominecchi!» Kise lo chiamò un'ultima volta e chiuse gli occhi, godendosi gli schiocchi ripetuti sul suo collo.
Aomine socchiuse gli occhi e sospirò contro il suo orecchio, gli afferrò il lobo fra le labbra e lo sentì rabbrividire sotto di sé: lo desiderava, lo desiderava terribilmente. Più di tutto, più di ogni altra cosa.


Akashi aveva la sensazione che non ci fosse più speranza con Midorima e Murasakibara: ormai erano entrambi alle prese con qualcosa che li interessava più del basket e forse non sarebbero più tornati indietro, forse avrebbero continuato a percorrere le strade da poco intraprese e avrebbero finito per allontanarsi sempre di più dagli altri - o per lo meno da lui, che sapeva esattamente cosa farne della sua vita -.
Inspirò profondamente e chinò appena il capo, in modo che parte del viso restasse coperta dal bavero del cappotto e quindi protetta dal freddo pungente, e allora pensò a Nijimura e al fatto che avrebbe avuto quasi sicuramente qualcosa da ridire se si fosse trovato lì con lui.
Quando aveva cominciato la chemioterapia ed era stato ridotto ad uno straccio dai suoi effetti collaterali, Shuuzou si era dimostrato molto meno apprensivo, era assurdo che cominciasse a comportarsi da cane da guardia proprio nel momento in cui il suo corpo aveva deciso di reagire agli stimoli e aveva cominciato a mostrare le prime avvisaglie di guarigione.
Seijuurou sapeva di non poterlo biasimare, dopotutto avrebbe fatto la stessa cosa se si fosse trovato nella sua condizione.
Nel momento in cui sembrava esserci più morte che vita nel suo corpo, Akashi doveva aver dimenticato che cosa stava succedendo, doveva aver scordato che il mondo andava avanti e che qualcuno, fuori da quel letto di ospedale, lo stava aspettando e stava soffrendo. Al contrario di lui, Nijimura era rimasto lucido ogni singolo giorno, ogni ora - ad esclusione di quelle che durante la notte si concedeva per dormire -, quindi doveva aver sofferto molto più a lungo e intensamente di lui, ancora ne portava i segni e non voleva che un'esperienza simile si ripetesse a causa della sua incoscienza, ma Akashi smaniava all'idea di mettersi alla prova e pretendeva di guarire il prima possibile, di poter fare ciò che desiderava, essere libero.
Nonostante fosse ostinato e avrebbe deciso di ignorare freddo e stanchezza il più delle volte, conosceva perfettamente il limite oltre il quale non spingere il proprio corpo, e a questo proposito aveva deciso di tornare a casa il prima possibile e riposare in vista di sabato.
All'improvviso, però, Seijuurou non riuscì più a muoversi.
Spalancò gli occhi e trattenne il fiato, il cuore saltò un battito e le gambe divennero improvvisamente pesanti.
Non c'era più nulla, non l'asfalto sotto i piedi, non la gincana esagitata dei passanti, non il rumore assordante del clacson di qualche automobile. C'erano solo loro due: lui e suo padre.
Seijuurou non poté fare a meno di seguire la figura del padre con gli occhi: riconobbe il passo lungo e rapido, quasi nervoso, la postura ben ritta e fiera, ma non riuscì a vedere il suo viso.
Aveva bisogno di lui. Un bisogno viscerale che lo affliggeva da anni, ormai.
Schiuse le labbra e si trattenne a fatica dal chiamarlo, ricordò la sua voce, i suoi comandi nervosi e i suoi rimproveri, i suoi capricci e la delusione che alterava in peggio il suo comportamento.
All'improvviso ricordò anche la voce di sua madre e si sentì quasi cadere, risucchiato dall'asfalto freddo.
Suo padre gli transitò accanto senza degnarlo di uno sguardo, come se non lo avesse visto, come se lui fosse un fantasma. Come se lui non fosse mai esistito.
Seijuurou avvertì un tremolio diffuso nel petto e riprese a respirare a fatica, tutto tornò a scorrere e un passante lo scontrò, facendogli perdere l'equilibrio per un istante.
Aveva perso ogni cosa, era diventato invisibile.
Aveva bisogno di suo padre, ma Akashi Seijuurou non aveva più una famiglia. Akashi Seijuurou non esisteva più.

A tutti coloro che siedono sul loro trono: ricordate che una luce si può sempre spegnere.




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L'angolino invisibile dell'autrice:

Ve l'ho mai detto che adoro le vacanze di Natale? Perché sto scrivendo tantissimo e tutto ciò mi fa dimenticare che fra poco mi toccherà tornare all'università e dare 5/6 esami in poche settimane piang-
Comunque … questa è la prima pubblicazione dell'anno, uh!
Il fatto che l'ultimo capitolo abbia ricevuto soltanto una recensione mi ha un po' scoraggiata, e questo perché sono consapevole di quanto fosse orribile e mi pento di averlo pubblicato, quindi ho avuto molte difficoltà a cominciare questo. Per fortuna ho i lettori migliori del mondo che mi hanno sostenuta su FB e ho deciso di tornare a scrivere seriamente e con una certa velocità.
Sono soddisfatta di questo capitolo e questa volta ho deciso che ne commenterò alcune parti e vi allieterò con la mia presenza (?) Intanto spammo questo: https://www.facebook.com/media/set/?set=a.674523922656821.1073741832.416393978469818&type=1
È un album in cui ogni domenica inserirò delle curiosità su Hall of Fame, una specie di rubrica (quindi potrete trovare opinioni sui personaggi nel contesto della storia, magari scoprirete che all'inizio avevo pensato ad una cosa diversa per un determinato personaggio e poi ho cambiato idea e così via) e magari non vi importa nulla – molto probabile – ma a me piace fare queste cosine.
Voglio saltare la prima parte su Nijimura/madre apprensiva e voglio subito rassicurarvi: nel prossimo capitolo scopriremo le squadre per il paintball (comunque sia i partecipanti saranno Kagami, Aomine, Kuroko, Akashi, Nijimura e Kise, quindi potreste già farvi un'idea).
Preparatevi al terzo spin-off, ho sempre voluto scrivere qualcosa riguardo al paintball e visto che Hall of Fame presenta molto spesso risvolti idioti ho approfittato dell'occasione. A questo proposito me ne approfitto anche per comunicare che dovrete aspettare un po' per il prossimo capitolo, non tanto per lui visto che sarà abbastanza corto, almeno credo, ma perché lo spin-off mi richiederà un po' di tempo.
Devo ammettere che mentre scrivevo il capitolo avevo una gran voglia di entrare nella fanfiction e abbracciare forte Aomine (??), perché il panico da fratello maggiore che si è scatenato in lui da quando Kise gli ha detto della possibilità che ci sia qualcosa fra Momoi e Riko è stato ciò che mi ha permesso di mostrare che cosa c'è sotto la scorza da sbruffone arrogante e annoiato, mi sono divertita a farlo andare in panico. Vi dico soltanto che il riferimento di lui e Momoi ubriachi richiama all'ultima parte del secondo spin-off che ho scritto (http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2860904&i=1) e … ok, io so come vanno le cose quando taglio le scene, mi piace lasciare libera immaginazione ai lettori e quindi non dico mai niente ma qui devo aprirla una parentesi: non che sia difficile capire cosa hanno fatto Aomine e Kise, quello che voglio dire è che nel mio depravato immaginario la cosa si è ripetuta più volte e in parti diverse della casa (??). Scusate, è l'aria da pornfest che mi fa pensare così. No, in verità penso sempre così.
Ah, già, perdonatemi riguardo a quello smile: si parla sempre di Kise e per me lui si diverte ad impestare gli sms di quella roba (un po' come me).
E ora parliamo di Akashi, che ultimamente mi sta così a cuore che decido di fargliene una ad ogni capitolo.
Akashi è ormai diventato un “mortale” e l'ho voluto dimostrare soprattutto nel momento in cui il passante lo ha scontrato, come se anche lui non lo avesse notato (in verità non è che suo padre non lo abbia notato, suo padre ha semplicemente fatto finta di nulla perché è uno str—)
In sintesi: se riuscirò a terminare Hall of Fame senza finire all'ospedale o morire, vorrà dire che Akashi mi vuole un gran bene (?)
Alla prossima!
   
 
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