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Autore: Gatto1967    06/01/2015    3 recensioni
Tamara esce tardi dal suo ufficio, ed è costretta a percorrere da sola, al buio, un lungo viale. vivrà l'esperienza più orribile di tutta la sua vita.
Genere: Horror | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti
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Tamara uscì tardi dall’ufficio. Quello stronzo del suo capo l’aveva praticamente “placcata” proprio mentre si apprestava ad uscire dalla sua stanza e a tornarsene a casa.
- Fiorini. – le aveva detto – so che sono le sei, e che il suo orario è finito, ma dovrebbe farmi una cortesia.-

Come si fa a dire di no a una richiesta di cortesia del capo, soprattutto quando si ha un contratto precario in scadenza alla fine del mese?
 
E così Tamara, dopo aver passato tutta la giornata a non fare una beata sega, si era dovuta trattenere in ufficio fin quasi alle dieci.
 
Ora che quelle maledette rendicontazioni erano a posto e che la procedura di registrazione contabile era stata avviata in automatico alle nove e mezza, Tamara inviò una mail sulla posta interna aziendale a quel cornuto del suo capo, e finalmente poté uscire da quel maledettissimo palazzo all’estrema periferia sud di Roma.
 
Quello era un quartiere prevalentemente di uffici e la sera non è che fosse proprio pieno di vita. I pochi residenti che avevano voglia di divertirsi prendevano la macchina e si spostavano di pochi chilometri in zone molto più movimentate, come ad esempio il vicino EUR.
 
Tamara come al solito, aveva parcheggiato la sua macchina a mezzo chilometro di distanza dal semaforo, lungo un vialone dritto e alberato.
Per raggiungere la macchina doveva percorrere quel vialone perennemente buio, e passare davanti ad un edificio, un tempo pieno di uffici, e adesso occupato abusivamente da famiglie senza casa, famiglie di ogni nazionalità e provenienza, incluse famiglie italiane, con tanto di cani, gatti e antenne paraboliche al seguito.
In genere la cosa non gli dava fastidio, ma quella sera, alle dieci ormai passate, ebbe un brivido.
 
Accelerò il passo in direzione della sua macchina, e schiacciò il telecomando per aprirne la portiera, ma la portiera non si aprì.
Aprì con la chiave e si accorse con raccapriccio, di aver lasciato i fari accesi quella mattina, e conseguentemente di aver scaricato la batteria dell’auto.
 
- Cazzo!- imprecò. – E adesso che cazzo faccio?-

pensò a suo fratello Andrea. Se gli avesse telefonato, lui sarebbe venuto a prenderla, magari imprecando e dicendo parolacce, ma sarebbe venuto. Prese il telefonino dalla borsetta, e si accorse che era spento.
Provò ad accenderlo e capì che era scarico.
 
- Merda! Merda! Merda!-
 
Si mise quasi a piangere. Se anche avesse trovato un’anima pia che gli facesse usare il telefono, lei non sapeva a memoria il numero di suo fratello. Lo teneva memorizzato sul cellulare e basta.
Guardò il palazzo occupato dagli abusivi e decise che non era il caso di rivolgersi a quelle persone.
Doveva incamminarsi a piedi verso una zona più affollata e trovare un taxi. In tasca aveva un centinaio di euro, sarebbero stati sufficienti per arrivare a casa.
Cominciò a camminare verso il quartiere dell’EUR.
     
Dopo quasi mezz’ora che camminava, sola e al buio, vide un’ombra davanti a lei.
Ebbe un brivido e si fermò.
Anche l’ombra si fermò, e Tamara poté distinguere la luce del mozzicone di sigaretta che veniva buttato a terra.
Calma, si disse, stai calma Tamara. Non è mica detto che tutti quelli che si incontrano per strada di notte al buio siano mostri famelici.
Già, ma intanto lei era una ragazza sola in una strada buia e isolata.
 
Decise di tornare sui suoi passi, e sentì i passi dell’altro dietro di lei che acceleravano.
Si voltò e vide che l’ombra correva.
Si sfilò le scarpe e cominciò a correre, aveva un buon fiato e un buon ritmo: tutti i  weekend si dedicava al jogging e alla bicicletta sulla nuova pista ciclabile vicino casa sua.
 
L’ombra dietro di lei non demordeva e lei cominciò a piangere mentre correva.
Vide delle finestre illuminate davanti a lei, nel palazzo a circa duecento metri di distanza e chiamò aiuto a pieni polmoni. Sentiva il respiro dell’ombra alle sue spalle e fatalmente inciampò.
L’ombra era su di lei, anche al buio poteva scorgere le fattezze di un uomo di corporatura robusta, anche se non eccessivamente alto.
Sembrava indossare un giubbotto di pelle, poteva quasi distinguerne il colore marrone scuro.
Solo il volto era avvolto dal nero più totale.
 
Prima che l’ombra si gettasse su di lei, Tamara ebbe la prontezza di mollargli un calcio in direzione degli stinchi, e l’uomo perse l’equilibrio cadendo all’indietro.
Tamara si rialzò in fretta e ricominciò la sua corsa in direzione del condominio davanti a lei, continuando a gridare disperatamente.
Arrivò al citofono di quel condominio e suonò a diversi campanelli.
Rispose una voce di donna e lei gridò
 
- Aiuto! Fatemi entrare! Mi vogliono violentare!-

Il citofono tacque e il cancello non si aprì.
 
Con la coda dell’occhio rivide l’ombra alla sua sinistra, e riuscì a scansarsi appena in tempo per evitare di essere afferrata.
Il palazzo occupato! Quella poteva essere la salvezza! Vi si diresse senza badare ai suoi piedi scalzi e feriti e alla sua gonna strappata.
Si attaccò alle inferriate del cancello gridando la sua disperata richiesta di aiuto, ma le cinque-sei persone ferme a chiaccherare e fumare una sigaretta davanti al portone in vetro, si sbrigarono a rientrare.
 
Tamara provò la sensazione più angosciante che potesse immaginare: la solitudine totale davanti all’orrore incombente.
 
Di nuovo riuscì a scartare di lato evitando l’ombra che si schiantò contro il cancello.
Come aveva fatto a non pensarci prima? In fondo a quella strada c’era una stazione di polizia!
La vide davanti a lei a trecento metri di distanza, come una luce in fondo a un tunnel buio.
Vi si diresse immediatamente, sperando che l’ombra, a vedere dove stava andando, desistesse dai suoi propositi, ma purtroppo per lei inciampò sul gradino del marciapiede e rovinò a terra sopra l’asfalto semi-sgretolato.
 
L’ombra fu su di lei. La sua corporatura robusta e il suo volto avvolto nell’oscurità incombevano a pochi centimetri da lei.
Tamara rotolò su se stessa su di un fianco, e fu l’ombra a finire a terra.
Per la prima volta udì la sua voce che biascicava un lamento.
 
Tamara si alzò ancora semi-intontita, e si mosse, ma non in direzione della stazione di polizia, bensì in una direzione perpendicolare. Praticamente stava tornando al portone del suo ufficio. Era un grave errore.
 
L’ombra ricominciò l’inseguimento. Tamara ormai barcollava vistosamente.
L’ombra guadagnava terreno, e Tamara si rese conto del grave errore che aveva commesso.
La stazione di polizia avrebbe significato la salvezza per lei, ma quando si avvide che si trovava nel parcheggio davanti al palazzo del suo ufficio, capì di essere perduta.
L’area era chiusa, e dall’unico punto di accesso l’ombra avanzava verso di lei.
 
Tremante e sanguinante, Tamara non aveva più la forza di reagire, e intanto l’altro si faceva sempre più vicino.
Con la forza della disperazione Tamara fece roteare la sua borsetta, e la scagliò contro la figura nera davanti a lei.
 
Tutto inutile.
 
L’ombra schivò l’oggetto scagliatogli contro, e si avventò contro Tamara scaraventandola a terra.
 
Non c’era scampo contro la più bestiale delle violenze!
 
   
 
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