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Autore: Charly_Baby    06/01/2015    1 recensioni
#The Medding Times
Suicidio di una ragazza nella scuola liceale a Wolverhampton.
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La polizia indaga su un suicidio di una diciottenne all'interno della scuola. L’hanno trovava impiccata sul soffitto di un delle classi tutt'ora in funzione. Dopo passati dieci anni dalla morte della povera Geky McClacrk, alcuni ragazzi hanno dedotto di aver visto un ombra aggirarsi nella parte di scuola dedicata a lei, anni fa. Sono successi scherzi, per ora innocui, a dei ragazzi beccati a passeggiare in quella zona… Il “Royal School” il più famoso edificio scolastico di tutta la cittadina, invaso dai fantasmi?
Genere: Azione, Fantasy, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Liam Payne, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Era da un po’ che delle voci giravano per tutta la scuola. Erano voci molto frequenti e diffuse, ma solo i più stupidi potevano crederci. Erano voci che avevano messo in giro dei stupidi ragazzini che odiava tutta la scuola. E chi lo sa, forse per fama, forse per superiorità verso gli altri, ma avevano spaventato tutta la zona scolastica con quelle parole. Solo uno non ne rimase così stupito. «Sono balle, stupidi e inutili balle.» Aveva pensato il moro.
 
Liam era chiuso nel suo cappotto caldo, continuando a camminare perso tra i suoi pensieri verso la Royal School; la scuola più prestigiosa scuola di tutta Wolverhampton. Infatti, non si lamentava del suo denaro avendo una famiglia di buon prestigio permettendosi di far entrare il loro figlio più caro in quel college antiquato.
Non era abituato a quel freddo, aveva abitato negli Stati Uniti per tanto, troppo tempo. Gli affari del padre era il primo dei suoi problemi; si era dovuto trasferire ben nove volte nel giro di un anno.

Era arci stufo di questo circolo. Aveva preso l’abitudine di non togliere mai i vestiti dalle valige perché sapeva che tra qualche mese doveva trasferirsi. E anche in quei giorni, i suoi vestiti erano rimasti ben piegati dentro la sua valigia color cachi. Era tre mesi che era in quella scuola, e non si stava affezionando molto agli amici; avrebbe sofferto troppo.

Infatti in quella gigantesca scuola, gli amici erano sempre gli stessi. I quattro ragazzi che adesso lo stavano aspettando al muretto della recensione del college.

Nell’arco di tempo in cui era stato negli Stati Uniti aveva perso di vista i suoi quattro amici e non se lo era perdonato. Ora era molto protettivo verso di loro, e anche molto gentile.

Era alto, tanto, ma non era il più altro tra i quattro. La sua città natale è stata  Wolverhampton fino a quando i loro genitori erano dovuti partire per questioni di lavoro,e lui si era fatto trascinare con loro. Non aveva mai amato la sua città. O meglio, non ne amava i cittadini. Non era mai stata accettato da nessuno. Da piccolo, fu vittima di bullismo, e forse anche per quello che una parte lui, era stato felice di partire da quel posto. Non era sempre stato un ragazzo muscoloso ed era stato preso di mira molte volte. Aveva praticato Box per difendersi e per difendere persone che sono stati come lui. E si rispecchiava in quegli occhi pieni di paura e terrore. I capelli erano tirati su in una cresta. Lasciati lunghi ma rasati ai lati, castani. Non era un brutto ragazzo e anche se poteva sembrare un semplice ragazzo, anche al colore caldo – caramello – dei suoi occhi, non lo era. Lui aveva un particolare, che faceva impazzire molte ragazze, una piccola voglia a forma di cuore sul collo. Era alto e la sua statura era ben visibile alle ragazze che non vedevano l'ora di conoscere quel ragazzo dannatamente bello da far male. Occhi cioccolato sensibili e dolci alle persone, labbra carnose, capelli castani e chiari; era la rappresentazione del ragazzo perfetto lì a Wolverhampton.

Liam Payne era il perfetto ragazzo inglese.

Teneva lo sguardo basso e continuava ad aggiustarsi il piccolo berretto di lana che teneva a bada quegli scalmanati capelli. Era quasi arrivato e già sentiva il solito chiacchiericcio dei loro compagni scolastici.
Louis Tomlinson e Niall Horan erano seduti lì, in un muretto di pietra con le braccia incrociate aspettando il ricciolino, il castano e il moro.

Sapevano che loro due erano sempre quelli in anticipo, infatti Louis non fu sorpreso di non vedere nessuno appena arrivò. Lou, o come Liam lo chiamava sempre, era originario di Doncaster e da sempre la madre gli aveva insegnato ad essere un ragazzo educato e sempre in orario. Era anche per questo che teneva i capelli castani sempre in ordine. I suoi occhi stregavano; un celeste simile al ghiaccio − con sfumature di verde − ti guardavano e riuscivano a studiarti in pochi minuti. Aveva una leggera ricrescita di barba che lo rendeva più maturo e grande rispetto ai suoi ventuno anni, ventidue tra poco.

Anche se poteva sembrare una persona noiosa per la sua perfezione riusciva a fare battute perfette, giuste per l'occasione – a volte. E in quel momento, oltretutto, non sfuggivano al biondo che stava ridendo da almeno dieci minuti di fronte a lui. Anche Niall non era originario di Wolverhapton, nessuno di loro lo era per la verità, tranne Liam. Niall era irlandese, Mullingar.

La sua risata era contagiosa e risuonava nel piccolo spazio. La risata era calda e amichevole, riusciva perfino a coinvolgere un piccolo gruppo di ragazze lì affianco. I capelli dell’irlandese risultavano biondi, ma in verità tutti potevano vedere la corta ricrescita che li caratterizzava, erano pure splendenti contro la luce del sole e con i suoi movimenti causati dalle risate, gli venivano sulla fronte. Poco più alto di Louis, e con un simile colore degli occhi. Erano però molto più caldi; non sembravano ghiaccio, più che altro un dolce mare in una bella giornata estiva.

E dopo che Liam fu arrivato,e dopo essersi salutati, arrivarono – quasi subito – gli altri ritardatari della situazione.
Zayn Malik, ragazzo dalla pelle ambrata – genere di suo padre, che era di origini Pakistane – e la giacca nera di pelle la risaltava, aumentando le voci di lui dell’essere un cattivo ragazzo. Cosa assolutamente non vera; A Bradford – sua città Natale – era conosciuto come ragazzo tranquillo e amichevole: una volta disse a Liam che una sua debolezza era andare tutti i Martedì sera a casa di una dolce vecchietta a giocare a carte; gli sfuggì anche che, per sua vergogna, veniva molteplici volte battuto.  Gli occhi e i capelli erano di un colore molto simile. I primi erano un marrone scuro, simile al nero che nascondeva la pupilla, ma se si guardava con attenzione si poteva notare la differenza e, sopratutto nelle giornate con il sole – quindi raramente −, assumevano lo stesso colore del caffè macchiato. Stesso per i capelli, forse più scuri, che erano portati verso l'alto ed erano rasati su entrambi i lati, come il castano.

Ed infine, Harry Styles, il ragazzo con i capelli ricci. Con il suo metro e novanta di altezza avanzava lento mostrando il suo essere figo e sexy alle ragazze. Con il suo movimento della testa risistemandosi i ricci capelli,portandoseli indietro. La sua camminata lenta e letale per ogni ragazza e/o donna nelle vicinanze. Come i suoi occhi del colore dello smeraldo – con delle leggere pagliuzze azzurre all’interno – e le sue fossette bucate all’estremità di quelle labbra carnose e rosee.

Quelli erano i ragazzi più fighi della scuola. O come Niall amava chiamarli; una crew, o come diavolo si dice.

Si salutarono – come sempre tra l’altro – con dei “Hey brò.” o semplicemente “Ragazzi.”. Non erano mai stati di molte parole. Ma in quei piccoli gesti, o quegli sguardi, si capivano subito. Ed era per questo che erano diventati migliori amici. Per degli sguardi capiti e aiutati. Per quella tristezza nascosta con un falso sorriso.  Ed è questo un loro difetto; si tengono tutto dentro e sorridono.

Ma loro si capivano, ed era quello l’importante.

«Ragazzi avete sentito la novità?»

Un ragazzino poco più piccolo di loro, ma molto più basso aveva avuto la faccia tosta di parlargli. Nessuno osava rivolgerli la parola, anche se tutte le ragazze gli andavano dietro. Non avevano ancora capito il perché, forse per paura di essere picchiati da Zayn, oppure da essere affogati dal cibo che l’Irlandese continuava a portare nel suo giallo zaino – per questo Niall veniva chiamato “pozzo senza fondo.”: era un continuo ingoiare di qualunque schifezza riservava una dispensa.

Gli altri negarono con la testa, e lo guardavano dall’alto al basso. Prepararono le orecchie per qualsiasi notizia. Liam sembrava il più interessato. Non che fosse un pettegolo, ma... Gli piaceva sentire qualche storia strana.

«Oggi, nel braccio C, Luke ha richiamato tutta la scuola per una scommessa.»

Il “Braccio C” era la parte di scuola dove si trovavano le aule “C”. Furono chiuse, per un suicidio di una ragazza che era venuta in quella scuola. Nessuno ci aveva messo più piede da qualche anno, fino a qualche giorno fa. Nick Grimshaw – o meglio dire: Nicholas – con coraggio da invidiare, era voluto entrare in quella struttura che andava completamente a pezzi. Dopo quelli che erano i venti minuti più lunghi dell’intera popolazione scolastica, Nick era uscito un po’ traumatizzato. Non aveva voluto parlare per giorni interi e solo dopo ci disse di aver sentito delle voci. Il giorno dopo era stato sospeso per l’intero semestre e rimandato a casa con un foglio di sospensione.

Liam sapeva che in quella zona una ragazza si era impiccata, e la avevano chiusa a suo ricordo. Le era stata dedicate quelle stanze – ben dieci stanze – e furono chiuse a chiave.

Ora nessuno osa entrare in quella zone, non perché potrebbero sospenderti da un momento all’altro, ma dicono sia infestato da quell’anima in pena.

«Quindi?» Zayn scattò.

Non era mai stato un ragazzo che aspettava, era sempre andato al sodo delle discussioni. E certe volte Liam era irritato dal suo comportamento.

«Mi ha mandato personalmente a chiamarvi, perché vuole fare questa scommessa... con voi.»

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«Non sarai mai capace di andare a controllare.» Disse incrociando le mani di fronte alla bocca, nascondendo il sorriso furbo che gli stava crescendo sulle labbra.

I campanelli d'allarme di Zayn, Harry, Louis e Niall cominciarono a suonare; consapevoli del fatto che Liam non avrebbe mai rifiutato una scommessa, sopratutto se lanciata da Luke.

Gli occhi azzurri di questo avevano una luce piena di compiacimento e orgoglio. I capelli neri riflettevano alla luce del sole di quella mattina. Dopo tutto erano solo le quattordici e mezzo di un sabato qualunque.

E naturalmente la loro idea di passare quel sabato sera era diverso che passarlo in una scuola, come dicevano, stregata.

Anche se non credevano ai fantasmi.

Liam rise malignamente e Harry scosse la testa per il suo migliore amico; odiava quando rischiava di mettersi in pericolo, ed era quello che avrebbe fatto.

«Sei sicuro, Dowson?» Liam marcò il timbro di più sul suo cognome.

Luke sorrise, consapevole di averlo tra le mani. Oramai era fatta.

Erano proprio davanti al Braccio C. Il sole era alto nel cielo, le nuvole sembravano esser scomparse da quella mattina.

Il gruppo di amici e non, della scuola era attorno a loro. La scena non era una delle migliori; sembrava che tra li a poco ci sarebbe stata una rissa.

«Mh, non saprei. Sarai capace di andarci?» Chiese schietto.

Voleva solo Liam, la sua preda iniziale da tutto l’anno. Lo voleva morto di paura. Aveva sempre odiato il suo tono giocoso con gli altri, ma prepotente e superiore a lui. Lo aveva detestato fin dall’inizio. Con quegli occhi tanto dolci quanto belli da far invidia pure ai suoi blu.

«Quando entro?» Il sorriso che aveva sul volto Liam, non fece di certo diminuire a Luke la voglia di prenderlo a cazzotti.

«Ora. Ma dovrai starci per l’intera giornata.» Scattò.

Voleva vedere la sua faccia impaurita quando usciva. Voleva vederlo in ginocchio davanti a lui. E si immaginava la scena, mentre lui con gli occhi vittoriosi e le emozioni a mille, rideva di lui. Di quel ragazzo che tanto odiava.

Liam sorrise, incamminandosi nel giardino proprio in direzione della porta bloccata, e salutò con la mano Luke mentre gli altri quattro lo guardavano preoccupati.

“E’ troppo fiero di se…” Pensò Louis scuotendo la testa.
 

E dopo pochi passi, Liam arrivò a quella che sembrava una porta mal messa. Dei blocchi di legno messi a forma di “X” erano posizionati per bloccarla. I chiodi lo tenevano ben saldo. Ma a Liam, di certo non sfuggì la piccola finestra spaccata alla sua destra. E fu così che entrò. Da quella finestra che era riuscito a scavalcare. L’interno era orribile. Davanti a lui si trovava un lungo corridoio buio. La luce non entrava anche se erano solo le tre del pomeriggio. Era come se fosse impaurita da questo posto.

Ma lui non lo era. Non credeva ai fantasmi.

C’erano dei banchi coperti da dei teli oramai vecchi e pieni di polvere. Dei quadri appesi raffiguranti diversi uomini e donne, vestiti abbastanza elegante. C’erano ragnatele ovunque e molte stanze. Delle porte erano posizionate a pochi metri dall’altra e una strana e inquietante luce si intravedeva da sotto l’ultima porta; proprio in fondo al corridoio, davanti a lui. La cosa terrificante era che nelle altre… non c’era.

Quando avanzò, sentì il pavimento scricchiolare. Ma non si fermò. Vide che in quel corridoio bianco c’erano molti quadri. Erano bruciati solo la parte della fotografia, all’estremità del foglio. Il nome era illeggibile. Il pavimento continuava a scricchiolare ad ogni suo movimento. In fondo al corridoio, una volta che ci arrivò, vide una foto alla sua sinistra. Quella, non era stata bruciata, era nuova  come se fosse scattata da poco; ritraeva una ragazza bellissima, capelli biondi lisci che facevano cornice ad un visino angelico. Le labbra erano carnose, tirate da un grosso sorriso sul volto. Gli occhi azzurri che brillavano a quella luce.

E quando guardò più in basso che lesse una cartellina in oro. Il nome scavato c’era impresso.

«Geky McClarck.» La voce più piano di un sussurro.

Un urlò squarcio l’aria in quella stanza. Agghiacciante e pauroso.  Sembrava un urlo femminile, ma era troppo acuto per un urlo umano e provocò la pelle d’oca al ragazzo all'interno di quella parte di scuola.

Era troppo strano.

Era come un film Horror, solo che quella era la vita reale.

Si girò di scatto, e si guardò attorno alla ricerca di qualcosa o qualcuno. E ciò che fece forse lo fece pentire. Corse dalla porta. L’unica porta che sembrava più terrificante e inopportuna per quel momento. Ma quando la maniglia si abbassò, la vista fu inaspettata. Una bellissima ragazza era seduta sulla cattedra con le gambe penzoloni. E sorrideva.

Come se non si trovasse in un pezzo di scuola abbandonata, o come se non ci fosse stato un urlo terrificante.
Liam rimase pietrificato. Perché era lì?

La ragazza alzò il viso verso quello del moro, e inclinò la testa. Sbatté gli occhi, sorridendo ancora di più. Inclinò la testa dall’altra parte, e Liam non poté notare quanta tenerezza c’era in quella ragazza. Il viso era innocente, come se di problemi, lei, non ne avesse.  Una vita felice e spensierata in quelle mura.

«Come ti chiami?» Il sorriso non scomparve.

E’ solo che le labbra non si mossero. Erano rimaste serrate, come se la voce che aveva udito era dentro la propria testa. La ragazza inclinò la testa nell’altro verso, in attesa. Ma ciò che a Liam fece paura è che era identica alla ragazza nella foto. Stessi occhi magnetici. Stessi capelli setosi, e biondi.
Aprì la bocca come a dire qualcosa, ma la richiuse subito dopo. La bionda si alzò dalla cattedra su cui era seduta, curiosa. Continuava a inclinare la testa nell’altro verso.

«L-liam.» balbettò.

Aveva paura. Come era possibile? No, non era impossibile. Era solo uno scherzo.
La ragazza si avvicinò in piedi, come una bambina. Il labbro tra i denti sorridente, le mani che andavano avanti e indietro scherzosamente e le gambe che saltavano.

Faceva paura.

«Geky. Geky McClarck!» fu la risposta.

Il respiro aumentava, e il cuore pompava forte. Le braccia e le gambe tremavano. Voleva scappare e sentiva che le gambe stavano cedendo. Non riusciva a credere che davanti a lui aveva il fantasma.
Cadde a terra inciampando sui suoi piedi mentre tentava di indietreggiare. Le sue emozioni non potevano essere descritte tra tutta la sua paura, e terrore. Ma non era trasparente, non si poteva intravedere ciò che era dietro quel corpo snello e formoso. Non aveva occhi rossi e terrificanti, tutt’altro invece. Erano dell’azzurro più chiaro. Il colore era somigliante al cielo in primavera, senza nuvole, senza nessun ostacolo per non far vedere quel meraviglioso infinito azzurro. E non aveva capelli davanti agli occhi, come la bambina del film Horror “The Ring”. Non gli aveva eri come la pece, e vispi. Aveva una chioma bionda liscia, che pareva sembrar morbida come la seta. La sua voce non era animalesca e terrificante, ma calda e rassicurante.

«C-cosa succede? Perché hai paura?»

Le labbra sempre serrate. Le sue labbra rosa, pesava, sono sempre sbarrate perché se lasciate libere, potrebbero urlare segreti esagerati, segreti che nessuno dovrebbe poter conoscere, forse è così.
La domanda, lo pietrificò.  

«Tu s-sei…» E le parole gli morirono in gola.

Non riusciva a capire il perché. Che domanda stupida gli aveva fatto. Oppure no? Oppure, lei non sapeva. Aveva una faccia d’angelo. Innocente.

«Da quant'è che sei qui dentro?» Provò a chiedere.

La voce era più bassa di un sussurro, ma sapeva che lei la aveva sentita. Ne fu la prova quando lei con fare giocoso si portò due dita – il pollice e l’indice – dal mento grattandoselo, guardando verso  l’alto. Come a pensare il tempo adatto.

«Sai una cosa? Non me lo ricordo!»  Rise portandosi una mano sul petto. Rise, a labbra serrate.

Liam strabuzzò gli occhi, sorpreso. Com’era possibile?

«Ma mi sento così sola, nessuno viene qui. A dir la verità fa paura anche a me questo posto, è per questo che sei spaventato. Giusto? Ma io non so perché non voglio andare via. Oramai ci sono abituata. Tanto ora sei qui con me, e ci faremo compagnia, vero?» Sbatté le ciglia.

Geky, gli porse la mano aspettando che la afferrasse.

Sembrava così innocua, come una bambina innocente, non sapendo cosa ci fosse nel mondo esterno.
Liam prontamente afferrò la sua mano, e non ci era passato attraverso come si vede nei film. Era come se lei fosse vera. Come se non fosse mai morta, o come se il ritratto in suo onore non fosse appeso al di fuori di quella stanza. Geky si rimise a sedere sulla cattedra con ancora il sorriso radioso sul suo volto. Adesso era Liam a voltare il capo a destra e poi a sinistra; voleva scrutarla in ogni centimetro. Com’era possibile che una cosa del genere accadesse. Liam, dopo averla scrutata attentamente, si rese conto della bellezza che emanava, e della luce che intorno a lei fluttuava. Tipo un’aurea, Liam si disse. Liam si incantò a vederla, e pure la ragazzina lo fece.
Geky pensava che Liam era un ragazzo stupendo, che come lui non ce n’erano. Pensava anche che quelle labbra dovevano avere un gusto di fragola, per quando fossero rosse. E lei amava le fragole, si ricordava ancora del loro gusto spettacolare e dolce. E Liam aveva delle labbra come il colore delle fragole: rosso. E Geky voleva assaggiarle.

«Perché sei qui, invece tu?» Geky espresse con lo sguardo fisso sullo sguardo nocciola dell’altro.

«Per una stupida scommessa.» Liam scosse la testa e si fece forza; doveva vincere.

«E ora hai vinto? Te ne andrai?» La ragazza sembrava come terrorizzata all’idea di essere di nuovo lasciata da sola. E Liam scosse la testa. Il suo cuore diceva che lo aveva fatto perché lui desiderava ancora stare con lei, invece la sua coscienza lo stava rimproverando di aver accettato la scommessa e adesso doveva rimanerci per tutto il fottuto giorno.

«E di cosa parliamo?» Geky sorrise ancora con quelle sue labbra serrate.
 
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Passarono giorni, forse mesi, da quando Liam era andato a trovare quella ragazza ed era come se fosse stata una benedizione dal cielo, anche se lui non aveva mai fatto qualcosa di così buono da essere ripagato con una ricompensa così… bella.

Si erano continuati a vedere, nonostante tutto. Perché l’amore che li legava, aveva scoperto Liam, era troppo forte. Quel sentimento che li aveva legati ad un filo, ed adesso erano quasi costretti a stare insieme. Eppure non erano costretti, o almeno, se fosse stato così Liam sarebbe andato ogni giorno in quella struttura abbandonata?

Niall – ovviamente era toccato a lui: il bastoncino più lungo era stato preso da lui e gli altri avevano riso così forte da disturbare i vicini – era andato a parlare con Liam per questa cosa. Ovviamente Liam sapeva a cosa si riferisse l’Irlandese. Liam scompariva ogni giorno dalle quattro – quando usciva da scuola – fino alle otto di sera. Gli altri ragazzi si erano chiesti molte volte del perché di questa sparizione. Liam era stato muto, a labbra serrate. Come la ragazza dagli occhi più azzurri del cielo, aveva pensato per poi essere subito dopo rimproverato dalla fottuta vocina che era nella sua testa.

Liam non osa pensare al viso di Luke quando il moro era uscito, oppure sarebbe scoppiato a ridere per l’eternità. Era una pura liberazione! Luke era rimasto completamente a bocca aperta. Di certo non si aspettava di vederlo uscire sorridente. No di certo, no. Invece era ciò che era successo con l’aggiunta di qualche sospiro innamorato. Cazzo, sono fottuto – Luke aveva pensato.

Geky era stra-contenta ogni volta che Liam veniva a trovarla. Non poteva essere più felice di così. D’altra parte, non riusciva ancora a ricordare perché si trovasse lì, in quella struttura malconcia. Ma poco importava quando un paio di occhi nocciola erano entrati a far parte della sua vita.

Era un Martedì qualunque, quello che stava per passare e Liam era emozionato di star ancora in compagnia di quella bellissima ragazza. Era da più di un’ora che era in sua compagnia e di certo non si aspettava di ritrovarsi attaccato alle sue labbra. Liam l’aveva baciata e, no, non se l’era per niente aspettato da lui. Era pur sempre un fantasma, per Dio! Ma a Liam poco importava. Aveva assaggiato quelle labbra e niente era più bello di quel momento.

Geky aveva potuto assaporare quelle labbra alla fragola e, poteva confermare, avevano anche un retrogusto del suo pasto preferito. Fragole.

Poi era successo.

Zitto, silenzioso come il tempo, immemoriabile… qualcosa l’aveva portata via da Liam. Si ricordava ancora cosa era successo precisamente: dopo il bacio lei si era pian piano – come dire? – era diventata trasparente. Come in quei film che Liam guardava più che volentieri. Poi Geky aveva aperto le sue graziose labbra e “Grazie” Aveva pronunciato. Solo questo. Poi aveva sorriso e Liam non l’aveva più vista. No, mai più.

In quei giorni passati insieme, Liam aveva trovato il coraggio di dire a Geky chi era lei veramente. Era rimasta un po’ sbigottita ed era rimasta ammutolita per quasi mezz’ora, poi gli aveva sorriso e gli aveva detto delle cose tanto belle che Liam voleva proprio che si potessero avverare, un giorno:

«Allora, Liam, se io sono veramente un fantasma e se tu veramente mi ami tanto quanto tu mi hai detto… mi ritroverai un giorno. Proprio così. Non so quando, ma lo farai. Magari mi troverai in una casa abbandonata, da sola. Magari anche con questi vestiti addosso, e magari in una scuola. Ma lo farai, Liam, mi ritroverai, te lo prometto.»
 
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Sei anni dopo Liam divenne un pompiere – il sogno che fin da piccolo voleva si avverasse. Un anno dopo a questo avvenimento una casa andò a fuoco e lui fu costretto ad addentrarsi in un’edificio. Era la scuola elementare di Wolverhampton dove lui stesso aveva praticato la scuola da piccolo. Liam doveva solo preoccuparsi che dentro della scuola non ci fosse nessun’altro. Non fu così. Lì dentro ci trovò una ragazza. Sola. Impaurita. Gli occhi azzurri come il mare, i capelli biondi e lisci come la seta. Lì dentro, Liam, ritrovò l’amore. 



Fine.

 
  
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