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Autore: CLIFFOVD    06/01/2015    1 recensioni
"In questa vita in cui amo i rumori ed amo il silenzio, in questa vita in cui sto bene da solo e con gli altri, in questa vita in cui, quando non riesco a muovere muscolo, ci sei tu, che mi dici che andrà tutto bene, che staremo insieme, in questa vita in cui sei la stella più luminosa della galassia, dell’intero universo, del mio universo."
Genere: Angst, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Ian Gallagher, Mickey Milkovich
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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"Va tutto bene."

 



Ad Alessia, perchè c'è sempre.



Ian Gallagher  se ne sta seduto con la schiena contro il muro, vicino alla finestra.
Osserva il cielo in ogni sua sfumatura;  è scuro e le nuvole di tanto in tanto decorano quella macchia scura, rendendola più chiara a chiazze.
A volte sposta lo sguardo dalla finestra al libro posato sulle coperte vicino a, forse, centinaia di fogli   scarabocchiati.
Lo scuro del cielo è quasi una macchia d’inchiostro su delle pagine bianche, e quest’ultime sono  la sabbia illuminata dalla Luna.
A volte gli piace parlare, gli piace scrivere e gli piace ascoltare.
Altre volte è una tortura anche solo muovere un muscolo.
A volte ama il rumore, a volte ama il silenzio.
E’ un “alti e bassi” continuo.
Quando guarda il cielo è  come se vedesse la sua vita, una macchia indistinguibile, una confusione immensa, e le stelle sono le persone che fanno parte del suo vivere. Le persone insignificanti sono le stelle più piccole, poi ci sono quelle più grandi, la sua famiglia e Mandy; e poi, quella più vicina alla sua finestra, quella più luminosa è Mickey, anche se non vuole ammetterlo.
Mickey è la sua stella preferita, quella più luminosa, e come fanno le stelle più luminose, che guidano verso la meta, Mickey è la ragione che l’ha spinto, mesi prima, a tornare alla sua vita.
L’unica ragione.
 
 





«I Milkovich non hanno bisogno di nessuno, smettila di piangerti addosso, non  è la fine del mondo.» si ripete Mickey, mentre, in quella stanza enorme si sente solo, immensamente solo. E non è certo quello che dovrebbe fare lui che è forte, come una roccia.
Non è la fine del mondo se è finito in prigione un’altra volta, e deve ancora aspettare una settimana per tornare a casa.
E’ colpa sua, però, aver lasciato Ian da solo.
Non vuole che qualcuno dipenda da lui, e non vuole dipendere da nessuno.
Non ha mai pensato a qualcuno se non a se stesso.
Ma Ian ha bisogno di lui, e lo sa.
Sa anche di non essere la persona migliore del mondo, sa di aver sbagliato in molte cose, ma non si pente di aver detto a Ian che ci sarebbe stato  anche se, due giorni dopo, la polizia lo ha portato via.
Non si pente di aver baciato Ian, non si pente di aver detto a tutti di essere gay.
 La porta si apre ed il controllore lo chiama, dicendo che hanno pagato la cauzione e che può uscire.
Ed è felice, così felice che spera di trovare, all’uscita, Ian ed invece c’è Mandy, con le braccia incociate ed un sorriso tirato sulle labbra.
«Ian non vuole vederti.»
«Non ho detto che voglio vederlo, infatti.»
Scuote la testa e lascia sua sorella in mezzo alla strada.
Cammina veloce, scuote la testa. Invece vuole vederlo, vuole vederlo ed abbracciarlo, sussurrargli che va tutto bene, che andrà tutto bene.
Ed è con questi pensieri che dopo due, o forse cinquanta birre, alle tre di mattina si ritrova sotto la finestra di Ian, a fissare la luce fioca che s’intravede, pensando ad un modo per chiamarlo, mordendosi il labbro.
Sa che la porta sul retro è sempre aperta, e non ci mette molto a decidere che sì, deve vederlo, ne ha bisogno.
Sale le scale, velocemente.
«Ian» sussurra mentre apre la porta.
Lo vede ed è la cosa più bella del mondo.
Ian alza gli occhi ed incontra quelli di Mickey che non esita un attimo ad avvicinarsi.
Le loro labbra si sfiorano, più volte, lentamente e subito dopo velocemente, le mani di Mickey scorrono lungo la schiena di Ian.
Mani che si sfiorano, che si cercano, dita che si intrecciano. Mickey è di Ian ed Ian è di Mickey,  capiscono che hanno bisogno uno dell’altro, e capiscono che non è solo una scopata, ma è amore.
 



« Che ci fai qui?» chiede Ian, mentre si sciacqua il viso, la mattina dopo.
Il Sole entra dalla piccola finestra della camera di Ian, illumina il volto di quest’ultimo che sorride appena, cercando di non mostrare la propria felicità nel vederlo.
Gli è mancato sentire le sue mani sul petto, gli sono mancati i suoi baci, rari e preziosi come un tesoro, il suo tesoro.
 Mickey scuote la testa, fissa il riflesso del ragazzo nello specchio e non risponde. Non vuole fargli capire che è tornato per lui, che è tornato perché che gli mancava da morire.
«Volevo solo accertarmi che non avessi trovato qualcun altro.»
«Potrei.»
«Lo sappiamo tutti e due che mi stavi aspettando.»
Ian afferra i polsi del moro, con forza, preme le labbra tra di loro mentre Mickey schiude le proprie.
Lo guarda negli occhi, scuote la testa e un secondo dopo lo bacia, con forza, gli bacia il labbro inferiore, glielo morde.
Gli fa capire che non è di nessun altro, che lo aspettava e che ha bisogno di lui.
 



Passano i giorni, e sembra tutto così perfetto.
Passano i mesi, e a Mickey sembra di essere felice, nonostante gli alti e bassi di Ian.
E’ strano come passa velocemente il tempo quando si sta con la persona che si ama; è strano come si riconosca, in quella persona, non solo i pregi, ma i difetti che pian piano diventano pregi; è strano come Ian ama Mickey, ed allo stesso tempo lo odia.
E’ strano come Mickey si addormenta contro il petto di Ian e sente il suo respiro tra i capelli.
E va tutto bene, perché se Ian è felice anche Mickey è felice.
A Mickey non importa se dovrà sopportare per una vita intera il carattere di Ian, se dovrà aspettare giorni prima di abbracciarlo nuovamente, gli basta amarlo, anche se non vuole ammetterlo.
 
 

E’ il 28 aprile, e Mickey si sveglia in un letto che è troppo grande rispetto alle altre mattine.
Ian non c’è.
Sotto il suo cuscino c’è una lettera, però.
Mickey scuote la testa, apre la lettera e il respiro si blocca.
 






“Mickey Milkovich.
Non so cosa mi abbia colpito di te la prima volta.
Forse mi sembravi forte mentre io ero ancora troppo debole per questo mondo.
Forse il tuo modo di guardarmi che con il tempo è diventata la cosa che preferivo.
Non so nemmeno cosa mi piaceva di più se amarti in silenzio o baciarti.
Mi piaceva quando mi mettevi le mani sui fianchi o quando, senza volerlo, ti addormentavi stretto a me, e nelle tue mani c’era il mio cuore.
Forse mi hai fatto sentire vivo per la prima volta, per la seconda e per l’ultima.
Non è una lettera di quelle che conservi per quando avrai dei figli e dirai loro “questa è la prima lettera che mi ha scritto vostro padre.”.
Questa è una lettera d’addio e, se devo darmi delle arie, direi che è la cosa più bella che io abbia scritto.
Mi hai preso il cuore, negli ultimi anni, e nonostante tutto è la cosa migliore che mi sia successa.
No, non è vero, è una frase ad effetto, ci stava bene.
Non penso di aver mai scritto così tanto, ma per te questo ed altro.
Avrei voluto scappare, con te, noi due.
Ma dove?
Questa vita mi fa schifo e non capisco che differenza ci sia se viverla qua oppure in un altro posto.
Con te, però, la mia vita è meno di merda.
Chiunque mi avrebbe mandato in qualche posto per psicopatici.
Tu ti sei preso cura di me.
Ed è la cosa che ho preferito maggiormente in questi ultimi due anni.
Sono onorato di averti concesso il mio cuore, sono onorato di aver preso il tuo.
Sono onorato di averti amato, come nessuno ha mai fatto, come nessuno farà mai.
Sono onorato di averti visto sorridere, sono onorato ad aver fatto l’amore con te.
Sono così felice, lontano da tutti, lontano da questa vita.
E non posso negare che sarebbe meglio se ci fossi tu, al mio fianco, magari mentre mi baci, magari mentre facciamo l’amore.
Non cercarmi, sarebbe impossibile trovarmi.
Non so cosa è stata la prima cosa che mi ha colpito di te, ma so che tu mi ha strappato il cuore.
La prima volta, la seconda, quando sono scappato, quando sono tornato, quando ti ho aspettato, quando sono rimasto, ed anche adesso che non sono lì, tra le tue braccia, adesso che me ne sono andato.
Mickey Milkovich, sei la cosa più bella che mi sia capitata in questa vita di merda, fatta di alti e bassi continui.
In questa vita in cui amo i rumori ed amo il silenzio, in questa vita in cui sto bene da solo e con gli altri, in questa vita in cui, quando non riesco a muovere muscolo, ci sei tu, che mi dici che andrà tutto bene, che staremo insieme, in questa vita in cui sei la stella più luminosa della galassia, dell’intero universo, del mio universo.
Io ti amo, ti amo e ti amerò.
Va tutto bene, adesso.
Ian.”










 
   
 
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