Leucofobia: paura persistente, anormale ed ingiustificata del colore bianco.
Io non credo che sia ingiustificata.
Immaginate di trovarvi in un’enorme stanza bianca, che sensazione provate?
Panico, paura, ansia.
Auto-consapevolezza di non poter fare niente perché il bianco distrugge e ti annienta rendendoti vuoto e piatto.
La cosa peggiore è che viviamo in un mondo bianco e nemmeno ce ne accorgiamo.
Io ci metto del mio per annientare il bianco, è per questo che dipingo.
Ferire quella tela bianca e vuota con il rosso, il blu, poi il giallo ed il viola e infine infliggere il colpo di grazia con il verde! Questo mi rende felice. 
Avevo appena finito di disegnare un fiordaliso, simbolo della delicatezza e del primo amore, quando vidi per la prima volta Luke Hemmings.
Come mio solito, con gli ultimi resti di indaco e verde che mi erano rimasti sulla tavolozza, tracciai linee e spirali nelle mie braccia pallide, incorniciando i nei e seguendo le ramificazioni delle vene, giusto per sentirmi un po’ meno bianca.
In quell’esatto momento sentii delle voci provenienti dall'altra stanza. 
Non erano i singhiozzi di mia madre ed era impossibile che fosse mio padre, dato che non tornava mai a casa prima di notte fonda.
Andai verso la porta di camera mia e la schiusi leggermente sbirciando al di là di essa.
Seduti al tavolo rotondo della cucina c’erano quattro ragazzi. 
Mio fratello Ashton stava fumando la sua sigaretta ormai consumata, inondando la stanza di fumo; affianco a lui c’era Michael, il suo migliore amico che aveva una sgargiante chioma color rosso scarlatto in testa.
Adoravo Michael perché era una persona colorata, ed io ero sempre pronta ad aiutarlo con la tinta dei suoi capelli. Abitava nel nostro stesso condominio, a sole due porte di distanza da noi ed era una delle due persone a cui parlavo. 
Seduto affianco a Michael c’era un ragazzo mulatto con tratti asiatici che stava ridendo. 
Era rivolto verso un biondo che aveva gli occhi della tonalità dell’azzurro più puro che esista, quegli occhi che avrei poi dipinto decine e decine di volte. Stava ridendo anche lui, doveva essere appena successo qualcosa di divertente, ma non avevo voglia di entrare nella stanza per ascoltare tutta la conversazione.
Lanciai un un’ultima fugace occhiata al tavolo e richiusi la porta silenziosamente. 
Non prima che quegli occhi azzurri potessero cogliere il mio viso tra lo stipite della porta.



NdA: Ciao a tutti :) Ero molto indecisa su questa storia, ho avuto ripensamenti fino all'ultimo ma alla fine mi sono decisa a pubblicarla! Questo primo capitolo -prologo, a dire il vero- è molto corto, i capitoli successivi saranno ovviamente più lunghi e cercherò di mettere il primo vero capito al più presto possibile. 
Se l'idea di questa storia vi piace, fatemelo capire e ve ne sarò grata!
Grazie a chiunque abbia letto,

Arianna