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Autore: Etiell    07/01/2015    2 recensioni
Ho cercato di immaginare cosa sarebbe potuto accadere nel momento in cui Legolas fosse finalmente ritornato a Bosco Atro, per cui l'addio tra lui ed Aragon a la riconciliazione tra lui e Thranduil. Ho anche cercato di inserire un piccolo ricordo sulla madre di Legolas che, sebbene in BOFA sia stata solamente citata in maniera superficiale, mi ha incuriosita e catturata tantissimo come personaggio. Bene, lascio a voi i giudizzi -spero non troppo pesanti-
*Dal Testo*
Legolas appoggiò la mano sinistra sulla spalla di Aragorn e l'uomo fece lo stesso, un semplice gesto, segno di un forte ed indissolubile legame. «Questo non significa che non tornerò.» I due amici si scambiarono un tenero sorriso prima che l'impulsivo e repentino abbraccio dell'uomo cingesse l'alto e snello corpo dell'elfo. Non c'era passato e nemmeno futuro in quella stretta, solamente un eterno presente, quel momento che in eterno avrebbero ricordato, quel momento creato per scambiarsi tutta la gratitudine, le gioie e i dolori condivisi negli anni.
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Aragorn, Legolas, Nuovo personaggio, Thranduil
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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NOTA: Salve a tutti! Prima di cominciare vorrei avvertire i gentili lettori (mi sento importante) che questa è la prima FF sul mondo di Tolkien che scrivo. Sebbene sia innamorata sia dell'autore che di Peter Jackson da molto anni, non ho mai trovato l'idea o il coraggio di pubblicare qualcosa riguardante questo fandom, Ebbene oggi ho tentato e speriamo che questo mio mettermi in gioco non sia del tutto un fallimento. Non ho ancora letto i Racconti Incompiuti pur troppo, per cui potrei non aver descritto il passato di Thranduil in modo errato o addirittura assurdo, ma ho seguito immagini che avevo in testa e li ho collegati ad alcune informazioni trovate in giro per il Web. E niente, spero che questo mio sclero mentale possa soddisfare almeno in minima parte le aspettative di chi deciderà di aprire questa One-Shot. Buona lettura e a presto!

 
 
Gil Sila Erin Lu E Govaded Vin


L'elfo scelse le tarde ore della notte per lasciarsi alle spalle la fredda e bianca Minas Tirith. Non aveva pronunciato addii, preferiva andarsene silenziosamente, conservando in cuor suo l'ultimo ricordo dei suoi compagni durante l'incoronazione del vero Re di Gondor, felici e in pace. Sì fermò per pochi attimi all'uscita dei cancelli. Un leggero vento soffiava da est e carezzava i biondi capelli resi argentati dalla fredda luce lunare. Sorrise mentre la brezza lo cullava dolcemente e volgeva il suo celeste sguardo verso l'orizzonte, ricordando nostalgico il posto in cui avrebbe finalmente fatto ritorno. Un bianco cavallo si ergeva affianco a lui, pronto ad accoglierlo sul suo possente dorso, un leale compagno di viaggio attraverso vaste terre una volta macchiate dal nero terrore della guerra. Stava per montare in sella al destriero quando un'andatura leggera distolse la sua attenzione. Riconobbe quella regale cadenza, quei passi che per molti anni lo avevano accompagnato, i passi silenziosi di colui che ora veniva chiamato Re ma che tale lo era sempre stato.
«Legolas.»
L'elfo lentamente si voltò alla ricerca dei grigi occhi del sovrano, i capelli dorati caddero dolcemente dalla spalla, ondeggiando regali lungo la linea del suo collo teso per la torsione. In volto si era fatto strada un malinconico sorriso.
«Hir Nin.(Mio Signore)» Legolas si inclinò in una breve riverenza mostrando estrema devozione.
«Sebbene ora sia un Re ti concedo comunque l'onore di chiamarmi per nome.» Il sovrano sorrise, mostrando complicità in quella semplice increspatura della bocca, una complicità che ormai regnava da molto tempo. «Dove di portano i tuoi passi in questa tiepida notte? Stavi forse pensando di andartene senza congedarti.» Tornò per un attimo serio ma per nulla mostrò rabbia in volto, solo timida malinconia.
«Non era mia intenzione farti un torto, amico mio. Ma rammenti la mia scarsa abilità nel congedarmi da persone a me care, specialmente dopo innumerevoli inverni passati l'uno accanto all'altro.» Disse avvicinandosi lentamente.
«Questa è una delle poche abilità di cui gli elfi non sono in possesso, me ne rendo conto. Ma tutto ciò non è un addio,vero, Legolas?»
«L'unico vero addio è la morte, Aragorn. Non ho intenzione di rendere questa separazione talmente lunga da vederla sopraggiungere. Il mio cuore mi costringerebbe a restare qui, per vegliare sulla tua regale presenza, per starti accanto come amico. Ma c'è altro dentro di esso, qualcosa di più forte che mi spinge altrove. Sento che è giunto il momento di seguire il suo consiglio.» Legolas appoggiò la mano sinistra sulla spalla di Aragorn e l'uomo fece lo stesso, un semplice gesto, segno di un forte ed indissolubile legame. «Questo non significa che non tornerò.» I due amici si scambiarono un tenero sorriso prima che l'impulsivo e repentino abbraccio dell'uomo cingesse l'alto e snello corpo dell'elfo. Non c'era passato e nemmeno futuro in quella stretta, solamente un eterno presente, quel momento che in eterno avrebbero ricordato, quel momento creato per scambiarsi tutta la gratitudine, le gioie e i dolori condivisi negli anni. Quando Aragorn lasciò la presa la sua attenzione cadde istintivamente sugli occhi di Legolas, lucidi, ricolmi di lacrime che però dall'orgoglio del loro padrone stentavano a cadere. Questo era un tratto dell'elfo che il Re aveva potuto notare raramente nonostante fosse passato ormai molto tempo dal loro incontro, solo poche volte aveva visto lacrime scendere dal suo volto. Legolas esitò per qualche minuto prima di voltarsi e raggiungere nuovamente il bianco destriero.
«Legolas!» Esclamò Aragorn come volesse fermarlo, impedire la sua imminente partenza. L'elfo si voltò e una lacrima gli solcò il viso, sola, silenziosa, una piccola e ribelle goccia che l'ormai lontana luce della luna fece brillare rendendola più invadente di quanto realmente volesse essere. «Gil sila erin lu e govaded vin. (Una stella risplende sopra l'ora del nostro incontro) Conoscerti è stata una gioia immensa. Non potevo desiderare compagno migliore.» Legolas accolse quelle parole come si accoglie la magia di una vita mortale, prima da gioia e poi finisce, ed è in quel momento che arriva il dolore. Non parlò l'elfo, salì in groppa al cavallo, sistemò i piedi nelle staffe e solo allora replicò.
«Non si tratta di una stella, ma di mio padre. Lui ha reso possibile questo incontro e mai potrò sdebitarmi con lui per la tale felicità che questo mi ha portato.» La voce dell'elfo era sottile, come se dovesse spezzarsi da un momento all'altro.
«Giurami che tornerai.» Quasi un grido di dolore lasciò la gola di Aragorn.
«Gweston! Navaer Hir Nin Aragorn.(Lo giuro! Addio Mio Signore Aragorn.)» L'elfo concesse all'amico un ultimo e veloce sguardo prima di tirare le briglie del destriero ordinando la partenza. Il bianco cavallo cominciò a correre, veloce, elegante, quasi irreale. Il vero re di Gondor si concesse qualche minuto per osservare il suo compagno andarsene. Vide i biondi capelli volare nel vento, così come il verde mantello, rammentò la prima volta in cui lo vide e comprese che sebbene in lui i segni degli anni avevano lasciato ricordi, nell'elfo non vi era alcuna memoria di quel tempo, come se quegli anni passati assieme non ci fossero mai stati. Quello scena era l'inizio e la fine, era prima ed era adesso, era tempo che non esiste e miraggio che probabilmente ritornerà. Restò a fissarlo fino a quando la sua figura non si perse in quella della pianura ormai timidamente rischiarata dalle primissime luci dell'alba, la nascita di un giorno sereno che avrebbe accompagnato il suo lungo viaggio.
«Silo Anor bo men li (Che il sole risplenda sopra la tua via) Amico mio.

 *  *  *

Tremanti erano le foglie appese ai possenti alberi della selva in quella tiepida notte d'autunno. Thranduil, principe ed erede al trono di Bosco Atro era giunto in una piccola vallata al centro della foresta, un posto tranquillo che permetteva all'elfo di vedere le stelle. Sedeva sulla verde e morbida distesa erbosa, il viso era rivolto verso l'alto, candido quanto la luce dei corpi celesti che tanto amava ammirare, mentre i biondi e lunghi capelli ricadevano lisci sull'umido terreno. Amava guardare le stelle , poteva ritrovare in loro tutta la saggezza e lo splendore di era passate, quel sapere e pace eterna che tanto avrebbe voluto possedere. Ma c'era qualcosa che risplendeva più di esse, qualcosa in cui la pace la si poteva trovare solamente guardandola ed in quel preciso istante era uscita dal bosco muovendo i primi passi in quella solitaria prateria.
Si chiamava Etiell, la creatura più bella che Thranduil avesse mai visto. I suoi lunghi e lisci capelli dorati ondeggiavano accompagnando la sua leggera andatura e risaltavano particolarmente in contrasto alla scura veste. Gli occhi li si potevano considerare cose a se, brillanti gemme celesti percepibili persino a notevole distanza. In viso portava spesso un sorriso, la leggera curva di quelle labbra sottili faceva da fedele compagna ad un aggraziato naso a punta, leggermente ricurvo verso l'alto. Sentendola arrivare il principe di Bosco Atro distolse lo sguardo dal cielo per poi posarlo su ciò che per lui era la stessa cosa. Si erano conosciuti durante l'addestramento militare, lei era la figlia del capo delle guardie e sebbene fosse un comune elfo silvano senza particolari nobili origini, racchiudeva in se la più estrema delle regalità, fatta eccezione per alcune rare volte in cui trapelava il suo animo più ribelle. Continuò ad avanzare verso Thranduil e quando le fu vicina si fermò in un inchino salutandolo dolcemente.
«Hir Nin Thranduil.(Mio Signore Thranduil)»
«Etiell! A cosa devo l'onore della tua presenza?» L'elfo si mostrò serio ma per nulla scontroso, al contrario provò gioia nel vederla ma non volle farglielo notare. C'era però qualcosa di accogliente nella sua voce, quasi come un invito.
«Ti ho seguito fin qui. E volevo domandarti che posto è mai questo. In tutti questi anni mi è rimasto ignoto.» Sorrise con complicità Etiell, contagiando persino la bocca del principe che fece lo stesso.
«Accomodati.» Replicò Thranduil facendo un leggero segno con la mano accanto a lui. Aspettò che l'elfo si sedesse a pochi centimetri dalla sua spalla per continuare.
«Sai, ho scoperto questo posto qualche anno fa. Mia madre, quando ero bambino mi trovavo a Doriath, mi narrava spesso della magia e bellezza delle stelle. Posso ancora rammentare quelle storie. Così quando trovai questo posto, dopo la sua morte, decisi che sarebbe divenuto il mio rifugio, lo scudo con cui proteggersi dai dolori della vita e i momenti di sconforto.»
Etiell ascoltava quelle parole come si ascolta il rumore delle acque di un fiume, piena di stupore e malinconia. Adorava farsi trasportare dalla cadenzata voce di Thranduil. Lui continuava a raccontare scrutando lo scuro manto celeste. «Ho sempre desiderato possederne una. Una stella indento. Per anni ed anni l'ho cercata, volevo con tutto me stesso avere qui in terra quell'incredibile splendore.» Si concesse una brevissima pausa sospirando «Ma ora credo di averla davvero trovata.» Gli occhi chiari del principe continuavano a fissare il cielo.
«E dove l'hai trovata? Dove si trova?» Domandò lei con tono dolce ed interrogativo. Sebbene fosse considerata più ribelle rispetto alle altre dame elfiche di Bosco Atro, era pienamente in grado di distinguere luogo e momento decidendo di conseguenza che toni assumere. Ed in quel preciso istante c'era bisogno di calma, quiete, mescolate ad una forzata ma tenera ingenuità.
Thranduil non rispose a quelle parole, si limitò a spostare lo sguardo dalle stelle al pallido viso di lei. Non era nelle sue abilità mostrare i propri sentimenti, preferiva di gran lunga i giri di parole, confidando nella spiccata perspicacia di coloro a cui erano rivolti. Vide così gli occhi di Etiell brillare, illuminarsi leggermente sotto i raggi lunari, forse per imbarazzo o forse per reciproci sentimenti, fatto sta che li accompagnò con un sorriso ed un regale movimento della mano che portò poi alla guancia di Thranduil. L'elfo reagì con un lieve sussulto a quel dolce tocco e la cosa la divertì.
«Non ti spaventa la vista di un orco ma tremi al solo tocco della mia mano? Forse l'erede al trono del Reame Boscoso non è così coraggioso come tutti credono.»
«Forse lo è abbastanza per questo.» Un unico movimento che sembrò durare in eterno e le loro labbra trovarono conforto strette in un unico abbraccio, facendo nascere così quel timido bacio che in pochi attimi aveva scritto l'eternità di entrambe. Lei era il suo vero amore, colei per cui avrebbe persino dato la vita, la gioia di cui aveva bisogno.


«Hir Nin! (Mio Signore)»
Il ricordo di lei si spense nel momento in cui una guardia reale fece irruzione nelle stanze di Thranduil, ormai Re degli elfi del Reame Boscoso. Se ne stava in piedi al centro della sala e gli occhi che poco prima vagavano nel vuoto ora fissavano colui che li avevano distratti, spalancati ed increduli, come fossero stati destati da un sogno.
«Per quale ragione entri nelle mie stanze senza bussare?»
Il soldato lo fissava, sorpreso quasi quanto lui.
«Che cosa succede?» Il Re alzò leggermente il tono della voce e quell'eco agitato accompagnò la guardia che, con un piccolo passo laterale, lasciò libera l'entrata della stanza. Una figura si fece strada oltrepassando le pesanti tende argentate ed in pochi secondi la persona di Legolas comparve sotto gli occhi del sovrano.
«Salve padre»
Il petto di Thranduil si strinse in una morsa di pure emozioni, gioia, dolore, nostalgia ed orgoglio lasciarono per qualche istante il Re incredulo ai suoi occhi. Davanti a lui si ergeva suo figlio, in principe di Bosco Atro come un tempo era stato anche lui. Cominciò ad osservarlo come se avesse dimenticato il suo aspetto. Rivide Etiell in quello sguardo, la ribellione di quell'animo tipica di entrambi. Osservò quel figlio che tanto amava ma che a stento era riuscito a dimostrarglielo, quel figlio di cui da giorni ormai lontani non aveva notizie, quel figlio che con tutto se stesso sperava fosse vivo.
Le labbra del sovrano stavano leggermente aperte e incapaci di pronunciare qualsiasi cosa. Solo le gambe si mossero, pareva stessero seguendo un incontrollabile istinto primordiale e così, con lenti movimenti, lo condussero verso Legolas. Si ritrovarono l'uno di fronte all'altro, Thranduil non aveva cambiato espressione. Continuava ad avere la fronte corrugata e non osava sbattere le palpebre, quasi spaventato dall'idea di poter perdere quel miraggio in un piccolissimo attimo di oscurità.
«Siamo in pace ora.» Disse Legolas spezzando il silenzio. «Ho fatto come mi avevi detto. Sono andato a nord, ho trovato quel ranger. Il suo nome è Aragorn, il legittimo Re di Gondor. Ti sono davvero grato per aver reso possibile il nostro incontro.» Thranduil continuava a non muoversi «E mi sei mancato.»
Il Re non sperava in un perdono, ma ora in quello sguardo vedeva racchiuso solamente gratitudine ed infinità nostalgia. Sentì nascere dentro di se il forte bisogno di scusarsi, chiedere perdono per non essere stato l'elfo d'onore che tanto si era promesso di diventare, chiedere perdono per aver lasciato che il dolore si impossessasse del suo nobile animo.
«Perdonami…» Questa fu la prima parola che, quasi come un sospiro, uscì dalla bocca di Thranduil «Legolas… perdonami.» La sua voce straziata si spense leggermente nel momento in cui strinse il figlio in un abbraccio inaspettato. Legolas senza esitare ricambiò la stretta bisognoso di quell'affetto che pensava perduto. Fu in quel momento che il Re cominciò a piangere. Pianse quelle lacrime che mai aveva avuto il coraggio di lasciar andare. Fece scivolare via con loro il dolore e la nostalgia, tenendo saldamente stretti a se i ricordi e la gioia di quel momento che da tempo stava aspettando e che temeva non sarebbe arrivato mai più.
  
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