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Autore: 9dolina0    07/01/2015    6 recensioni
«Il futuro di Chichi è drammaticamente avvolto da una coltre di nebbia attraverso la quale i miei poteri non possono penetrare. Vedo i malvagi incombere sul suo regno; vedo il sangue scorrere lentamente lungo le terre di Furipan e contaminare il vostro fiume; ma non posso vedere cosa ne sarà esattamente di vostra figlia. Perderà, usurpata dai malvagi, il controllo delle sfere del drago, ma che lei sopravviva o meno alla venuta di quegli esseri non posso in alcun modo saperlo. Tuttavia, riesco distintamente a scorgere accanto a lei la figura di un giovane forte e valoroso. Non so chi sia, né da dove venga, né se sarà davvero in grado di proteggerla. Cerca quel giovane e spera che possa davvero fare qualcosa. Ma sta’ attento a non confondere il designato con un malintenzionato: il destino di tua figlia potrebbe essere nelle sue mani.»
Amore, lotta, usurpazione e sentimenti...
Un destino da cambiare e una principessa da salvare.
Genere: Azione, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Bulma, Chichi, Goku | Coppie: Bulma/Vegeta, Bulma/Yamcha, Chichi/Goku
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: Triangolo
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Capitolo XVI – Rivelazioni e scoperte

 

«Aspetta un attimo, Vegeta, che ne sarà adesso dei miei studi sulla Luna? Credevo ci tenessi particolarmente.»

 

«Certo, Bulma; ma tengo molto di più alle sfere del drago. E, comunque, non ti ho affatto chiesto di accantonare il progetto, ma solo di spendere qualche ora del tuo preziosissimo tempo per portarmi da tuo padre.»

 

Bulma era nei guai.

Di nuovo.

Non bastava che su di lei gravasse la colpa di aver ceduto alla lussuria con il sovrano del popolo guerriero intenzionato a mettere le mani sugli oggetti più preziosi del pianeta; ora doveva anche fare i conti con la troppa leggerezza di suo padre, che aveva avuto l’ardire di svelare l’esistenza del radar cerca sfere parlando con la segreteria telefonica.

In tutto ciò, anche la stanchezza e la debolezza iniziavano ad avere un certo peso.

La scienziata era esausta e spossata.

Anche se l’incontro sessuale con Vegeta aveva momentaneamente messo in secondo piano le ore di sonno perse, ora che i brividi di piacere sul suo corpo si stavano a poco a poco spegnendo, ella sentiva di nuovo le forze venirle a mancare.

Ragionare in quelle condizioni non era affatto facile, nemmeno per lei.

Tanto più che, dopo essersi concessa a lui senza opporre la benché minima resistenza, Bulma non poteva di certo sperare ancora di poterlo convincere con le buone.

Il suo primo e unico tentativo, in fondo, si era concluso con un buco nell’acqua.

Già; ma come avrebbe dovuto muoversi allora?

Poteva davvero lasciare che Vegeta mettesse le mani sulle sfere del drago?

La sua coscienza la stava implorando di non cedere al fascino di quel principe megalomane, ma dare retta alla ragione piuttosto che ai sentimenti pareva in quel momento quasi impossibile.

 

«Alzati e rivestiti, scienziata. Non ho intenzione di perdere troppo tempo.»

 

Vegeta era già in piedi da qualche minuto.

Aveva lasciato a Bulma il tempo di riprendersi e di metabolizzare lo shock.

Sapeva quanto la donna si stesse tormentando per la stupida leggerezza appena compiuta.

Le sarebbe convenuto mille volte rispondere a quel dannato telefono e ascoltare da sola le parole di suo padre.

La fortuna, però, aveva deciso di girare dalla parte del principe.

Vegeta non aveva mai creduto, fino ad allora, alla buona sorte, ma l’incontro fortuito con la donna più intelligente che avesse mai conosciuto gli aveva in qualche modo suggerito che, alle volte, il fato poteva essere benevolo.

Peccato che, in cuor suo, sapeva che Bulma non avrebbe ceduto tanto facilmente e che avrebbe tentato in qualche modo di impedirgli di mettere le mani sulle sfere del drago.

Sarebbe stato troppo semplice, altrimenti; e lui non aveva scelto la scienziata perché lei gli rendesse facile la vita.

 

Bulma, dal canto suo, guardava con timore allo sguardo sprezzante del principe dei saiyan.

Doveva impedirgli a ogni modo di mettere le mani sul radar  e avrebbe dovuto farlo nonostante i sentimenti che provava nei confronti di Vegeta.

Gran bell’affare quello di fare sesso con lui!

La cosa peggiore era che lo aveva fatto non solo per soddisfare il piacere fisico, ma anche – e soprattutto – perché quel ragazzo la affascinava da morire.

Ma era pericoloso, dannatamente pericoloso; e lei, in quel momento, aveva le mani quasi legate.

 

***

 

Crilin sentiva che presto, dentro quella stanza, si sarebbe abbattuta una tempesta.

Bardack non aveva fatto una piega quando aveva visto lui e Chichi precipitarsi nella sua camera da letto, nonostante ci fosse anche Mamanu.

Quest’ultima, però, anche se poteva vantare lo stesso sangue freddo del generale, non aveva di certo la sua sfacciataggine.

Era stata praticamente colta sul fatto; non proprio, d’accordo, ma lo stato in cui versava la donna era inconfondibile.

Tutto del suo aspetto fisico, nonostante fosse completamente vestita, lasciava intendere che aveva appena consumato un rapporto sessuale: il lieve rossore sulle gote, i capelli leggermente arruffati e il battito impercettibilmente accelerato del suo cuore.

Un terrestre normale non avrebbe mai potuto notare quest’ultimo dettaglio, ma lui aveva imparato bene ad analizzare i cambiamenti del corpo umano in situazioni di stress.

O di piacere.

Egli avrebbe fatto finta di niente, ovviamente.

Di sicuro non avrebbe gettato altra benzina sul fuoco.

Ma quante possibilità c’erano che Chichi si fosse bevuta la storia del “Mamanu era qui per dirmi dove fossero le sfere del drago”?

Probabilmente molto poche.

E, oltretutto, non era nemmeno certo del fatto che ella sapesse davvero chi le avesse prese.

Perché mai avrebbe dovuto, in fondo?

Possibile che lei fosse in qualche modo complice del furto?

 

Lo sguardo che Crilin lanciò a Bardack pareva essere quasi implorante.

Egli lo guardava negli occhi senza nascondere tutta la preoccupazione che aveva in corpo.

Il saiyan sapeva cosa il terrestre volesse dirgli: “fa’che sia vero”; dal canto suo, però, il generale non mostrava alcun segno di titubanza. Mamanu avrebbe parlato, ne era certo. Quella donna non era così pazza da confessare alla figlia del marito di avere una relazione extraconiugale.

Con un saiyan, per giunta.

E con il padre di Kakaroth.

A Bardack veniva quasi da ridere pensando a quanto i terrestri fossero patetici. Davvero ritenevano la fedeltà un valore tanto forte?

A lui non era mai passato per la testa di preoccuparsi per un tradimento, né tantomeno aveva mai tentato di nasconderne uno. La madre dei suoi figli aveva dovuto fare i conti più volte con situazioni del genere, eppure non aveva mai battuto ciglio.

Improvvisamente, però, si chiese se lui avrebbe reagito allo stesso modo se fosse stata lei a tradirlo. Non che di quella donna gli importasse chissà quanto, ma l’idea di essere sbeffeggiato dai suoi commilitoni non gli piaceva di certo.

Possibile, però, che fino a quel momento non avesse mai riflettuto su una simile ipotesi?

Quel maledetto pianeta e tutti i suoi abitando lo stavano deviando.

Egli era un guerriero, un assassino, un generale di rango elevatissimo.

Aveva combattuto guerre che quegli sciocchi scansafatiche umani difficilmente avrebbero anche solo potuto immaginare.

Però, loro avevano dei valori, e questi ultimi trascendevano di parecchio l’orgoglio e il potere.

 

«Tu, maledetta opportunista, vorresti farmi credere che sai chi ha rubato le sfere del drago

 

Le parole di Chichi fecero tornare Bardack coi piedi per terra e lo costrinsero a voltarsi di nuovo verso di lei.

Quella ragazza pareva un fiume in piena.

La bella principessina doveva aver subito un pesante colpo nel trovare la sua matrigna in quella stanza. Anche se tra le due donne non c’era un rapporto molto profondo, evidentemente la figlia di Giumaho non aveva mai dubitato comunque della fedeltà di Mamanu nei confronti di suo padre.

Già; ma perché?

Possibile che Chichi non sapesse che Mamanu si era sposata solo per assecondare la volontà del suo genitore?

Di certo, però, l’espressione con cui la principessa aveva apostrofato la sua amante a Bardack non era piaciuta per niente.

Opportunista Mamanu?

Se veramente ella fosse stata tale, probabilmente a quell’ora avrebbe già avuto il pieno controllo di Furipan da diversi anni.

Chichi era accecata dal risentimento nei suoi confronti e questo Bardack lo aveva capito chiaramente. Quelle due sarebbero potute diventare delle ottime alleate se solo la legittima sovrana di quelle terre ormai perdute non avesse in ogni modo ostacolato l’ascesa della moglie del padre.

Temeva forse di perdere i suoi sudditi?

La risposta era senz’altro sì.

Chichi era in gamba e aveva un’incredibile forza spirituale – forse addirittura più potente di quella di un saiyan – ma non era astuta abbastanza da poter gestire da sola un regno. L’impulsività che la caratterizzava cozzava non poco con il prototipo di sovrano ideale.

Mamanu, invece, da quel punto di vista non era seconda a nessuno.

Bastava vedere come aveva tenuto a freno gli animi degli abitanti di Furipan e come, per permettere loro di sopravvivere, li avesse in qualche modo convinti a collaborare.

Chichi e suo padre erano completamente spariti durante i primi giorni di sottomissione.

Se non ci avesse pensato la tanto detestata Mamanu, effettivamente quegli sciocchi terrestri si sarebbero già ribellati e, dunque, fatti eliminare.

La mancanza di rispetto che Chichi dimostrava nei confronti della matrigna lo irritava parecchio, ma ancor più gli dava ribrezzo il fatto che quella donna non osasse battere ciglio.

Perché diavolo non ne diceva quattro a quella scriteriata della principessa?

Che gusto ci provava a farsi trattare a pesci in faccia, lei che, sola, aveva avuto il merito di preservare l’incolumità degli abitanti di Furipan?

Eppure, quando si trattava di rispondere per bene a lui, Mamanu non si faceva di certo dei problemi.

Che si sentisse in colpa nei confronti di Chichi?

Evidentemente, sì; ma, di sicuro, non ne aveva motivo.

 

«Che c’è, Mamanu, hai perso la lingua, forse? Ti ho fatto una domanda. Lo sai oppure no, dove diavolo sono andate a finire le sfere del drago

 

«Chichi, abbassa la voc…»

 

«Taci, Crilin. Non è con te che sto parlando.»

 

Bardack arretrò di qualche passo e si avvicinò a Mamanu con fare piuttosto scocciato.

Il tono della principessa gli piaceva davvero poco e il fatto che quella ragazzina sembrasse aver perso completamente la ragione lo costringeva in qualche modo a prendere in mano la situazione.

Non poteva e non doveva fallire.

Quel nome, quello del ladro delle sfere del drago, interessava anche a lui e, con le buone o con le cattive, la sua amante lo avrebbe tirato fuori.

Ammesso che realmente lo conoscesse; eppure, chissà perché, di questa cosa il generale non riusciva proprio a dubitare.

 

«Te lo ripeto anche io, Chichi. Abbassa la voce.»

 

Il tono di Bardack era piuttosto perentorio, ma aveva sortito più effetto su Crilin che non sulla principessa, sebbene l’avesse comunque zittita.

Lei non era una stupida, né tantomeno una persona ingenua.

A chi diavolo voleva darla a bere quel saiyan?

Mamanu non sapeva un accidente di niente sulla sparizione delle sfere. Egli lo aveva detto solo per giustificare in maniera goffa la presenza di quella maledetta donna lì dentro.

D’accordo, Chichi non aveva mai avuto quel tipo di esperienza, ma di certo non era nata il giorno prima. Lo avrebbe capito anche un cieco che Mamanu era lì per Bardack e che, senza ombra di dubbio, quei due non avevano trascorso l’ultima mezz’ora a chiacchierare del più e del meno.

Ma con quale coraggio quella sgualdrina aveva osato tradire il marito nella dimora di costui?

E con un saiyan, per giunta.

Pensare, però, alla razza cui apparteneva Bardack, l’aveva in qualche modo frenata dai suoi propositi bellicosi. Quanto poteva definirsi lei migliore di Mamanu se aveva intrapreso una tresca con Kakaroth?

Anche lui era un saiyan e, oltretutto, l’aveva ingannata spacciandosi per un comune essere umano.

Lei, però, non era di certo sposata.

Per quanto la sua coscienza tentasse di dirle che le posizioni in cui si trovavano non erano poi chissà quanto differenti, Chichi continuava razionalmente a far presa sul fatto che nel suo caso non c’era di mezzo alcun matrimonio.

Già; peccato che, pur non sapendo esattamente il perché, ripensare a Kakaroth e ai baci che si era scambiata con lui l’aveva fatta desistere dal continuare a inveire contro Mamanu.

In fondo, se Crilin non fosse entrato in palestra sorprendendoli, probabilmente lei e il suo sedicente protettore non si sarebbero fermati ai baci.

Quest’ultima constatazione la fece rabbrividire.

E anche tacere.

 

«E tu, Mamanu, sbrigati a dire anche a loro come stanno le cose. Non abbiamo chissà quanto tempo da perdere.»

 

Ella, in quel momento, avrebbe voluto mandare al diavolo tutto e tutti.

Chichi, Furipan, e anche Bardack.

Per quanto sapesse che la sua eventuale assenza l’avrebbe fatta precipitare nella depressione, la donna non poteva fare a meno di dirsi che la sofferenza era il suo pane e quotidiano e che, dunque, la sua vita sarebbe andata avanti lo stesso.

Poteva andarsene sul serio, in fondo.

Poteva dire di non conoscere quel nome e che lei era lì solamente perché voleva vedere Bardack.

Tanto, ormai, Chichi aveva già capito tutto.

Ma lo amava.

Mamanu amava a tal punto quel guerriero da non riuscire davvero a volere la sua sparizione dalla sua vita.

Cosa ne sarebbe stato di lei da quel momento in poi?

Chichi l’avrebbe cacciata da Furipan e su questo non nutriva alcun dubbio; ma come si sarebbe comportato il generale se lei avesse continuato a tacere quel nome?

Probabilmente, avrebbe perso anche lui.

Ne valeva la pena?

Davvero le sfere del drago erano più importanti della sua felicità?

Una volta tanto – una solamente – avrebbe voluto rispondere no.

 

«Parlerò purché che la smettiate tutti quanti di inveire contro di me.»

 

L’espressione di rabbia che si dipinse sul volto di Mamanu non lasciava spazio a interpretazioni errate. Quella donna era sull’orlo di una crisi di nervi e, probabilmente, tutta quella situazione era molto più grande di lei.

Crilin provò una gran pena nei suoi confronti.

Anche se egli non conosceva affatto bene la moglie di Giumaho, il ragazzo aveva sempre avuto l’impressione, fin dalla prima volta in cui l’aveva vista, che ella portasse dentro di sé un grande dolore. Sapeva che lo stregone del toro l’aveva sempre trattata coi guanti bianchi e che non le aveva mai fatto mancare nulla ma, a poco a poco, Crilin aveva cominciato a dubitare del fatto che quella fosse proprio la vita scelta da Mamanu.

L’aveva osservata più volte, essendo anche lui costretto a frequentare la corte.

L’aveva vista cucinare, pulire e parlare.

Quest’ultima cosa, però, l’aveva sempre fatta fuori dal palazzo.

I sudditi di Chichi le volevano un gran bene e le portavano un enorme rispetto.

Era con lei che si erano confidati quando i soprusi dei saiyan cominciarono a diventare troppo oppressivi e a lei avevano dato ascolto quando la donna li aveva implorati di non lasciarsi trasportare dalla rabbia e dall’impulsività.

Effettivamente, era stata in gamba.

Tuttavia, Chichi non le aveva mai riservato quella riconoscenza che la sua matrigna avrebbe meritato. Probabilmente, la ragazza era invidiosa e gelosa di lei.

Crilin, dal canto suo, era certo che Mamanu non meritasse un simile trattamento ma, vista la posizione in cui anche egli si trovava – e viste anche le circostanze – difendere a spada tratta la moglie di Giumaho non sarebbe stata di sicuro una mossa intelligente.

In fondo, anche lei aveva le sue colpe e la sua presenza nella stanza di Bardack non poteva che confermarlo.

 

«Mamanu, ascoltami. Mi dispiace per il caos che si è creato, sul serio. Mi scuserò all’infinito con te, se è questo che vuoi. Però, ti scongiuro, se davvero sai che fine hanno fatto le sfere del drago, diccelo. Chichi deve assolutamente rientrarne in possesso il prima possibile. Sono oggetti molto…»

 

«Lo so, Crilin, lo so. Non immagini quante volte io abbia ascoltato la storia delle prodigiose sfere del drago. Ne ho quasi la nausea, credimi.»

 

«Non sei nella posizione adatta per fare la stizzita.»

 

«E tu non sei la persona alla quale devo rispondere delle mie azioni, Chichi. Comunque, è stato Tensinhan a prendere le sfere. Non conosco bene quel ragazzo e non posso giurare che avesse buone intenzioni, ma le ha lui. E adesso, vedetevela voi. Io non so nient’altro.»

 

Mamanu fece per andarsene ma, quando passò al fianco di Chichi, quest’ultima la trattenne per un braccio.

 

«Pensi forse di svignartela così?»

 

«Credevo avessi una certa fretta di recuperare i tuoi preziosi oggetti. E poi, te l’ho già detto, non devo rendere conto di niente a te.»

 

Crilin afferrò il braccio con cui la principessa aveva stretto la matrigna e fece una pressione tale da indurre la ragazza a mollare la presa.

 

«Chichi, andiamo a recuperare le sfere, per favore. Penserai dopo a… tutto il resto

 

Dagli occhi di Chichi iniziarono a sgorgare le lacrime.

Ella ce l’aveva messa tutta per trattenerle, ma quelle maledette erano state più forti di lei.

Ci era rimasta male, molto più di quanto non avrebbe potuto immaginare.

Persino la scoperta che Mamanu sapesse davvero chi avesse preso le sfere del drago non aveva contribuito affatto a distrarla. Dentro quella corte si erano consumate passioni che lei stessa avrebbe voluto non carpire mai ed ella era stata protagonista di una di queste tresche.

Fino a pochi minuti prima, aveva creduto che il guaio peggiore lo avesse fatto lei perdendo la testa per Kakaroth.

Ormai, nemmeno riusciva più a mentire a sé stessa.

Si era innamorata di lui, della sua forza smisurata, del suo ego sprezzante e dei suoi modi tutt’altro che raffinati.

Avrebbe dovuto odiarlo e temerlo, eppure, in quel preciso istante, l’unica cosa che desiderava era piangere tra le sue braccia.

Sapeva che lui l’avrebbe sbeffeggiata e avrebbe riso di lei – quanto poteva importargli, in fondo, se suo padre si portava a letto Mamanu? –, ma il conforto che avrebbe trovato piangendo sul suo petto sarebbe stato decisamente più efficace di quello che le stava dando il gesto di Crilin.

Anche lui le voleva bene e si era rivelato fin da subito un ottimo amico; ma non era direttamente coinvolto in quella storia. Lui con Mamanu e Bardack non aveva niente a che fare.

Per quanto potesse dispiacergli per la sofferenza della principessa, egli aveva davvero come priorità le sfere del drago.

Chichi, invece, non ne era più così certa.

Ora anche Bardack sapeva chi le aveva prese e, di sicuro, avrebbe fatto in modo di entrarne in possesso prima di lei.

E, magari, avrebbe anche finito con il consegnarle al principe.

E poi?

Cosa ne sarebbe stato di lei e di Kakaroth?

Quest’ultimo aveva in qualche modo tradito il suo popolo e il suo sovrano.

Chichi ancora non aveva ben compreso il motivo che aveva spinto quel saiyan a nascondere le sfere a Vegeta e a suo padre ma, evidentemente, ciò non poteva che essere indice di una frattura nei rapporti tra lui, il generale Bardack e il sovrano della stirpe guerriera più temuta dell’universo.

 

«Chichi, non fare così, ti prego. Lascia stare Mamanu e pensa alle sfere del drago

 

«Sai anche dove le ha nascoste?»

 

La voce di Bardack, praticamente impassibile, aveva zittito Crilin e aveva messo una pietra sopra al suo tentativo di placare la principessa.

Chiaramente, il generale si era rivolto a Mamanu, ma quest’ultima si era ben guardata dal girarsi verso di lui.

Gli occhi della donna erano poggiati ancora su Chichi e sulle sue lacrime, delle quali, però, la matrigna sembrava non volersi preoccupare.

Evidentemente, quella donna aveva raggiunto il culmine dell’esasperazione e, forse, il fatto che la figlia di suo marito avesse smascherato la sua relazione con Bardack aveva contribuito a toglierle un macigno dalla coscienza.

 

«No, non lo so. Mi dispiace, ma questo dovrete farvelo dire da lui.»

 

«E allora, bisogna trovarlo alla svelta» aggiunse Bardack. «Se solo non avesse anche lui il potere di azzerare la sua aura, sarebbe molto più facile rintracciarlo.»

 

«Eppure, durante il torneo non era in grado di farlo. Forse… Forse gliel’ha insegnato Yamcha

 

Le parole di Crilin ricordarono a Chichi che Kakaroth sospettava proprio dell’allievo di Muten.

Era lui che il saiyan stava cercando il giorno prima ed era per scovare Yamcha che si erano fatti sorprendere dal padre del protettore.

Il cambio di espressione della principessa non passò inosservato al generale che, anzi, diede man forte ai suoi sospetti.

 

«Temo che quell’imbecille di mio figlio sia andato proprio a cercare questo Yamcha

 

Crilin si voltò verso Bardack con aria abbastanza stupita, ma, pochi istanti dopo, non poté non riflettere su ciò che gli aveva confessato la principessa circa i sospetti di Goku.

 

«In effetti… Sì, credo che sia possibile.»

 

Il suono del cellulare di Crilin, però, lo distrasse di nuovo e attirò l’attenzione di tutti i presenti.

Il ragazzo, per la verità, nemmeno ricordava di averne uno.

Bulma glielo aveva regalato per poter rimanere in contatto con lui quando il guerriero non era a palazzo. Il giovane allievo di Muten aveva sentito più volte la scienziata lamentarsi del fatto che Vegeta avrebbe voluto avere Crilin a disposizione praticamente ventiquattro ore su ventiquattro, ma gli altri impegni del ragazzo, quelli a cui lo aveva costretto Napa, non gli permettevano di risiedere stabilmente a corte.

Ecco perché la brillante donna con cui aveva lavorato negli ultimi tempi aveva deciso di donargli un telefono di quelli portatili.

Per la verità, fino a quel momento lo aveva usato una sola volta e il ragazzo nemmeno ricordava bene la circostanza.

Forse a Bulma serviva un aiuto extra per un collaudo?

Forse; ma, in quel preciso istante, la cosa non gli interessava più di tanto.

Ciò che importava era che la scienziata gli aveva appena mandato un messaggio.

Crilin ancora non aveva imparato bene a usare quell’aggeggio, ma era abile abbastanza da saperlo gestire discretamente.

Mollò il braccio di Chichi e infilò la mano in tasca alla ricerca della piccola scatola elettronica.

La afferrò  e aprì il messaggio.

I suoi occhi si sbarrarono dal terrore.

 

«Oh, cavolo!»

 

«E adesso che ti prende, terrestre?» proferì Bardack, con tono piuttosto irritato.

 

Il ragazzo si voltò verso il saiyan, indeciso sul da farsi.

Sarebbe stata una buona idea svelare a tutti i presenti il contenuto del messaggio?

Probabilmente, no.

Tuttavia, se c’era qualcuno che avrebbe potuto fare qualcosa, costui era proprio Bardack.

 

«Bulma mi ha mandato un messaggio. C’è scritto: Vegeta ha scoperto l’esistenza del radar cerca sfere e vuole a tutti i costi sottrarlo a mio padre. Tra pochi minuti, raggiungeremo la città dell’Ovest e la Capsule Corporation. Fa’ qualcosa!»

 

Quando Crilin alzò gli occhi dal cellulare per osservare i presenti, colse sui loro volti lo sbigottimento.

Evidentemente, oltre a non sapere dell’esistenza di un dispositivo elettronico in grado di ritrovare le sfere del drago, neppure avevano idea che la scienziata di corte ne possedesse uno.

Per la verità, la notizia aveva sconvolto anche lo stesso Crilin.

Bulma gli aveva accennato un paio di volte ad alcuni progetti di suo padre riguardanti proprio le prodigiose sfere, ma non era mai scesa nei dettagli ed egli non aveva mai capito che il dottor Brief stesse lavorando proprio a un radar in grado di localizzarle.

Ma come aveva fatto Vegeta a venirne a conoscenza?

Era stata lei, incautamente, a rivelarglielo?

 

In un attimo di rabbia, Bardack chiuse una mano a pugno e colpì una parete, polverizzandola all’istante e lasciando basito il povero Crilin.

 

«Razza di imbecille, perché non mi hai detto subito che la scienziata aveva un radar cerca sfere?»

 

«Ma, io… Io non lo sapevo, lo giuro!»

 

«E allora perché ha mandato proprio a te questo messaggio, terrestre?»

 

«Non ne ho idea, credimi. Magari ha pensato che potessi darle una mano.»

 

Bardack ritrasse il pugno dal muro e assunse un portamento controllato.

 

«Sai perlomeno dove accidenti si trova la Capsule Corporation?»

 

«Sì, certo. Ci sono stato più di una volta.»

 

«Perfetto. Allora, sbrigati a darmi le coordinate. Io vado a cercare il principe e la scienziata, tu invece dovrai scovare questo Tensinhan. Vedi di fare alla svelta, però.»

 

Chichi rimase per un attimo basita, sconvolta anche lei dalla notizia.

Bulma non le aveva mai detto nulla a riguardo del radar cerca sfere, nonostante ella fosse la legittima custode di quegli oggetti.

Perché le aveva taciuto una cosa del genere?

L’aveva messa nei guai, in quel modo.

Se ne fosse entrata a conoscenza prima, avrebbe potuto evitare tutte le spiacevoli situazioni in cui era incappata negli ultimi due giorni.

E, magari, non avrebbe mai scoperto la tresca tra Mamanu e Bardack.

In quel momento, persino Bulma le sembrava responsabile per ciò che aveva incautamente visto entrando in quella stanza.

Ella sapeva che, razionalmente parlando, avercela con il mondo intero non avrebbe attenuato la sua delusione, eppure non riusciva a non pensare a quanto il silenzio della scienziata avesse contribuito a far precipitare gli eventi.

Gli ordini appena elargiti da Bardack, poi, non contemplavano affatto Kakaroth.

Perché il generale non si preoccupava anche di trovare suo figlio?

Forse, avrebbe dovuto lasciare il più in fretta possibile quella stanza e andare dal suo protettore.

Una strana sensazione la stava pervadendo e, per qualche strano motivo, l’istinto le suggeriva che Goku stava per commettere un grave errore.

Doveva andare da lui e doveva farlo subito, al costo di mollare lì Crilin insieme a Bardack e a Mamanu. Non riusciva assolutamente a localizzarlo poiché aveva ancora l’aura azzerata, ma l’energia negativa del ragazzo che amava stava aumentando.

Perché?

Forse aveva trovato Yamcha?

Se così fosse stato, l’allievo di Muten sarebbe stato davvero in guai seri.

 

«Ehi, aspetta. Vuoi andare tu alla Capsule Corporation?»

 

«Esattamente, terrestre.»

 

Crilin rimase sbalordito a quella conferma.

L’idea di Bardack aveva un senso, certamente, ma egli, al suo posto, non avrebbe mai fatto una cosa del genere.

Cosa passava per la testa di quell’uomo?

E perché, nonostante egli fosse un saiyan, Crilin non riusciva a dubitare del fatto che, una volta trovati Vegeta e Bulma, Bardack non avrebbe dato al suo principe il suo aiuto?

 

«E come la mettiamo con il tuo principe? Non avrai forse intenzione di metterti contro di lui?»

 

Bardack rimase in silenzio per qualche istante.

Per la verità, non sapeva nemmeno lui cosa volesse realmente fare.

Una cosa era certa: ormai la situazione gli era sfuggita di mano e, qualunque fosse stato il destino a cui sarebbe andato incontro, egli non aveva la benché minima intenzione di sottrarsi alla sua sorte.

Di sicuro, non avrebbe permesso a Vegeta di fare qualcosa di cui, prima o poi, si sarebbe pentito.

Perché, ne era certo, il sovrano dei saiyan avrebbe tratto molti più vantaggi da quel pianeta governandolo con le buone che non sottomettendolo con la sua forza e con l’ausilio delle sfere del drago.

Ciò che contava per Bardack era che i saiyan ne riprendessero al più presto il possesso e il controllo; alla loro gestione avrebbe pensato in un altro momento.

 

«Quello che ho intenzione di fare io non ti riguarda. Fa’ quello che ti ho detto, Crilin

 

Il giovane allievo di Muten avrebbe voluto replicare, ma fu distratto dall’ennesimo evento inaspettato.

Chichi era fuggita via, di corsa, da quella stanza.

Dove avesse intenzione di andare, nessuno poteva saperlo.

 

***

 

Condor ne aveva viste tante, troppe, in quei pochi giorni.

Non solo i suoi due allievi si erano lasciati soffiare il posto di protettore della principessa, ma aveva dovuto persino assistere alla reale venuta dei malvagi.

O saiyan, come amavano farsi chiamare quegli energumeni.

Certo, a quel torneo aveva partecipato anche lui, ma nemmeno per un istante aveva davvero sperato di vincere.

La giovinezza, ormai, lo aveva abbandonato da parecchio e con essa se n’era andata anche la forza che un tempo lo contraddistingueva.

Muten era sempre stato una spanna sopra a lui e, anche se durante il loro ultimo incontro lo aveva battuto, Condor sapeva che ciò era stato dettato unicamente dalla fortuna.

O, magari, dal desiderio del suo avversario di non infierire su di lui.

Ma Tensinhan e Jaozi erano forti sul serio.

Egli aveva scommesso tutto su quei ragazzi e quei due ingrati lo avevano ripagato facendosi battere come dei principianti.

D’accordo, Son Goku si era rivelato essere un saiyan, ma rimaneva il fatto che non aveva notato una grande differenza tra il livello di combattimento dei suoi allievi e quello degli allievi di Muten.

Tra l’altro, da quando erano giunti i malvagi, egli nemmeno li aveva più visti.

Se aveva imparato a conoscere bene Tensinhan, probabilmente quel ragazzo stava architettando qualcosa.

Già; ma cosa?

E contro chi?

L’idea di essere tagliato fuori dai piani del suo allievo prediletto gli faceva enormemente rabbia.

Condor aveva istruito alle arti marziali quel giovane promettente come meglio non avrebbe potuto fare. Conosceva perfettamente il valore di quel guerriero e aveva imparato anche a interpretare le sue azioni.

Era chiaro: la sconfitta gli bruciava parecchio e ancor di più Tensinhan soffriva per il fatto che, allo stato attuale, era assolutamente impotente.

 

Peccato che ciò non bastava a giustificare appieno la sua sparizione.

Condor era preoccupato.

Il fatto che i suoi allievi non si fossero presi la briga di andarlo a cercare subito dopo il torneo lo aveva messo in allarme.

La cosa più strana, però, era che nemmeno di uno degli allievi di Muten si avevano notizie da giorni.

 

Continuare a rimuginare su queste cose lo aveva per un attimo distratto, tanto che l’anziano maestro non aveva nemmeno notato di essere finalmente giunto a destinazione.

Da quanto tempo non desiderava mettere piede all’interno del palazzo di Furipan?

Il fatto, poi, che quel luogo fosse stranamente quasi deserto non aveva fatto altro che accrescere la sua bramosia.

Giumaho non era nel salone, così come non c’erano nemmeno sua figlia e sua moglie.

E che ne era stato dei saiyan?

Possibile che si fossero allontanati a bordo di quell’elicottero che aveva scorto pochi minuti prima?

Certo, era assurdo: quei guerrieri sapevano volare.

E allora perché munirsi di un simile mezzo di trasporto?

E per andare dove?

A Condor tutta quella faccenda suonava strana e, dunque, gli piaceva ben poco.

Che fosse stata Bulma a lasciare il palazzo?

Possibile; anzi, forse era quasi certo.

In fondo, lui la conosceva piuttosto bene, non fosse stato per altro che era la figlia di uno degli scienziati più strampalati e geniali del pianeta.

 

Il desiderio di andare a fondo in quella vicenda lo spinse a dirigersi verso quello che sapeva essere il laboratorio del palazzo. Aveva origliato parecchie volte le chiacchierate tra Crilin e Muten e, tra le righe, aveva colto parecchi dettagli sulla struttura interna di quell’enorme dimora.

Non poteva sbagliare: il laboratorio doveva essere dalla parte opposta rispetto a dove si trovava lui in quel momento.

 

L’anziano maestro corse alla svelta verso quel luogo a lui sconosciuto e spalancò con vorace curiosità la porta della stanza interdetta.

Come aveva supposto, lì dentro non c’era nessuno; tuttavia, sulla logora scrivania dove la scienziata lavorava, ancora erano sparpagliati diversi fogli.

 

«Che diavolo è questa roba?» sussurrò a sé stesso il vecchio Condor.

 

Quelle carte giallognole, usurate dallo scorrere del tempo, recavano su di esse calcoli improbabili e disegni di difficile interpretazione.

La mano di Brief su alcuni di quei fogli era inconfondibile: tutta quella roba era stata scritta di suo pugno dal proprietario della Capsule Corporation e, per qualche strano motivo, sua figlia aveva deciso di appropriarsene e di aggiungere dei dettagli.

Perché?

Più osservava quei calcoli e quei disegni e più si convinceva del fatto che essi riguardavano la Luna.

La vecchia Luna.

Ormai, erano trascorsi almeno una quindicina di anni da quando il satellite naturale della Terra era esploso del nulla.

Che senso aveva mettersi a studiare la sua conformazione geologica, ammesso che di conformazione geologica si trattasse?

E perché, soprattutto, farlo proprio in quel momento?

Bulma non era stata trattenuta a corte per lavorare agli ordini dei saiyan?

Se così fosse stato, allora dovevano essere stati loro a ordinarle di mettere mano a quella roba.

Ciò, però, non faceva che rendere il tutto ancora più complicato.

 

Condor sparpagliò i fogli sulla scrivania e provò ad accendere il computer, ma il tentativo finì in un buco nell’acqua.

 

«Ah, quella maledetta ha inserito una parola chiave!»

 

Il maestro, allora, tornò a rovistare tra i progetti cartacei alla ricerca di qualche dettaglio chiarificatore.

Doveva venirne fuori, in un modo o nell’altro.

Doveva.

Gli occhi, alla fine, caddero su un dettaglio che aveva inizialmente trascurato.

Era una scritta in rosso, piuttosto piccola ma comunque ben visibile.

Come gli era potuta sfuggire?

L’uomo lesse con attenzione ciò che vi era impresso sopra.

 

«Onde Bluetz» sussurrò Condor a mezza bocca. «Ma che diavolo significa?»

 

Il burbero e anziano guerriero alzò per un momento gli occhi e sospirò in preda alla preoccupazione.

Forse, era giunto il momento di mettere momentaneamente da parte i risentimenti nei confronti di Muten e di informarlo sugli studi di Bulma e di suo padre.

Se agli occhi dei saiyan quella roba sembrava interessante, evidentemente, benché lui non capisse il significato di quei calcoli, questi ultimi non dovevano celare niente di buono.

 

CONTINUA

 

Angolo dell’autrice

Ben ritrovati!

Puntuale, come avevo promesso, ho pubblicato anche il sedicesimo capitolo di questa storia.

Be’, chiaramente non posso non ringraziarvi per la pazienza e la comprensione che avete dimostrato nei miei confronti.

Vi ho ricompensati con un capitolo abbastanza corposo, privo di amoreggiamenti ma ricco di piccoli colpi di scena e spero che ciò abbia contribuito a rendere più sopportabili gli intermezzi introspettivi. A tal proposito, ci tengo a precisare – come ho già fatto altre volte – che i miei personaggi, protagonisti compresi, non sono perfetti, ma, al contrario, hanno delle sfaccettature molto umane. Chichi, in particolare, in questo capitolo non ha dato il meglio di sé, giudicando l’atto del tradimento di Mamanu nei confronti di Giumaho senza riflettere per nulla sul fatto che ella non ha mai desiderato spontaneamente quel matrimonio. Non è stata affatto comprensiva, in fondo, ma trovo che una qualunque figlia avrebbe reagito allo stesso modo sapendo che la moglie del proprio padre avesse una relazione extraconiugale. Anche Mamanu, dopotutto, sta iniziando a vacillare e a perdere la calma, oltre che il suo autocontrollo.

Piccole e doverose anticipazioni.

Nel prossimo capitolo tratterò, molto probabilmente, del fatidico incontro tra Bulma e Vegeta e i coniugi Brief. Lo so, fino a questo momento la storia non ha ancora avuto risvolti comici – o tragicomici – ma credo che sia giunto l’ora, dopo ben sedici capitoli, di inserire un intermezzo ilare. Insomma, cercherò il più possibile di rendere IC i genitori di Bulma e, dunque, di alleggerire un poco la trama, rimanendo fedele al puro stile Dragon Ball.

Spero vivamente di non fare pasticci!

 

Intanto, vi ringrazio come sempre per aver letto il capitolo.

Siete meravigliosi!

 

9dolina0

 

 

 

 

 

 

 

   
 
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