Titolo: The Sinking Darkness
Serie: D.Gray-man
Personaggi: Lavi, Allen, Lenalee
Pairing: Allen x Lenalee (implicito)
Rating: Giallo
Genere: Angst, Drammatico
Avvisi: Alternative Universe, One-Shot
The Sinking Darkness
C’era
silenzio.
Un silenzio
ovattato, sicuro, circondato da metallo e vetro, al riparo dal resto del mondo.
Un silenzio rilassato, che fu spezzato da una voce un po’ stanca, poco
dietro di lui. Da un voce e un rumore cupo di stomaco
vuoto.
«Ragazzi,
io ho fame…»
Ci fu un
movimento dalle parti dei sedili posteriori, e un attimo dopo una testa bianca
si affacciò alla spalla del guidatore. «Lavi, fermati un po’
a quel market!»
L’aria
era grigia. Tutta l’atmosfera era pallida, stanca, lenta.
Lavi finse
di non sentirlo –e di non vedere il braccio teso che indicava proprio
davanti a loro- e fece curvare la macchina a destra.
«Ehi!»
«Hai
mangiato cinque minuti fa, torna dietro.» una mano si staccò del volante e provò a
premersi contro il viso di Allen, per spingerlo di nuovo tra i sedili.
«Oh,
insomma, dagli qualcosa» sbottò una voce
affianco al rosso.
«E
cosa, il mio braccio?»
Lenalee
fece spallucce, tornò a scrutare la cartina della città e
corrucciò lo sguardo, come se non sapesse bene cosa farsene.
«Adesso
devo attraversare il ponte, si?»
«Uh,
sì sì…»
La
macchina rallentò.
«Sicura?»
«Si,
ti dico di si, vai pure.»
La mano di
Allen guizzò avanti prima che Lavi potesse
fermarlo e, con un gesto gentile e un sorriso cordiale, tolse dalle mani della
ragazza il pezzo di carta.
Come prima
cosa, lo girò al contrario.
«Allora,
vediamo.»
«No,
Allen, aspetta!»
Qualche
goccia di pioggia cominciò a picchettare il parabrezza.
Lenalee
abbozzò un sorriso mentre cercava di farsi
ridare la cartina, incrociando più volte lo sguardo dell’inglese.
A quel
punto Lavi lasciò perdere, voltandosi da un’altra parte con la
scusa di dover guardare la strada –cosa effettivamente vera- e imboccando
la strada per il ponte con un sospiro.
Se
avessero sbagliato, avrebbero sempre potuto tornare
indietro.
Sbadigliò.
Sentì un paio di schiamazzi e ghignò senza farsi vedere.
«Oi,
Lavi!»
Lui si
voltò verso Allen, soprappensiero.
Aveva
cominciato a piovere, con insistenza.
«Huh?»
«Lenalee
dice che domani-»
«LAVI!»
Poco prima
erano saliti sul ponte, insicuri della direzione. Se avessero sbagliato, avrebbero sempre potuto tornare indietro.
Girò
il volante senza pensarci, schiacciando i freni con forza.
Vide lo
sguardo dell’uomo, paralizzato dove poco prima c’erano loro, con il
suo cavalletto in mano e le tempere sparse per terra.
«USCITE!»
E la
macchina prese a girare.
Imprecò
contro la cintura di plastica, tirando calci alla portiera. Vide Allen fare lo
stesso, dietro di sé.
Non vedeva
Lenalee, per un attimo non se ne ricordò neanche.
L’adrenalina,
il sangue che gli pompava nelle vene tanto forte da
fargli male.
Sentì
il rumore di cemento contro metallo.
Un attimo prima di cadere per terra, si voltò.
«LENALEE!»
Tese la
mano.
Ma non
c’era più niente da afferrare.
Sbattè
il fianco contro l’asfalto, i polmoni compressi dall’impatto e il
peso del proprio corpo. Sentì altri freni stridere, altre urla, in un
vortice di colori e dolore.
Mancò
poco che cadesse lo stesso dal ponte. Qualcuno lo afferrò per la maglia,
salvandolo.
In
quell’istante Lavi aprì gli occhi, e vide lo schizzo
d’acqua.
Acqua.
L’auto
che affondava.
Urlò,
ancora.
Ignorò
l’uomo che lo teneva, che gli chiedeva se stava bene.
Stava
già per tuffarsi.
«Allen! Allen, alzati,
dobbiamo andare a prenderla!»
In quel
momento, sentì solo il rumore, assordante, della pioggia sul viso.
Se avesse
potuto, avrebbe sospirato stancamente.
Ma non
poteva. L’ultimo filo d’aria l’aveva respirato proprio lui,
tanti secondi prima, premendo il viso contro il tettuccio dell’auto
finchè l’acqua non lo aveva sommerso del tutto.
Non
ricordava molto, era successo tutto troppo in fretta.
Gli
sembrava di aver aperto lo sportello, ma la pressione dell’acqua doveva
averlo richiuso con forza, perché lui era ancora dentro, con un braccio
rotto e sanguinante.
Anche
l’occhio sanguinava. Quello sinistro, che doveva aver sbattuto contro qualcosa.
Non
ricordava con precisione, e sinceramente non gli importava.
Avrebbe
voluto sospirare, di nuovo.
Ma era
sommerso dall’acqua, e non poteva.
L’amore
che provava per Lenalee era troppo vago, poco concentrato, poco intenso. Eppure
platonico, sincero.
Le voleva
bene. Provava un affetto non ricercato, che non avrebbe mai avuto futuro.
Per lui,
che non poteva amare solo lei. Troppo disattento e troppo ingenuo.
Per lei,
troppo insicura per insistere e per lasciar perdere.
Per il
tempo, che era appena finito.
Lenalee
non c’era più.
Di lei era
rimasto il guscio, una splendida bambola illuminata di azzurro e verde, con gli
occhi vitrei, spenti e vuoti, e i capelli che fluttuavano, lenti, attorno al
suo viso pallido.
Potendo,
Allen avrebbe pianto.
Aveva
urlato, scalciato, agitato quella cintura che l’aveva tradita, bloccata,
uccisa.
Poi
l’acqua era salita ancora.
Alla fine,
lo aveva accettato.
Chiuse gli
occhi, pregando. Non invocò nessuno, non supplicò niente.
Chiese
semplicemente scusa.
Poi li
aprì, piano, mentre per la prima volta il petto sobbalzò, in
mancanza d’aria.
Vide le
labbra di lei, dischiuse, di un pallido rosa, forse. Si avvicinò,
sfiorandole con i polpastrelli, distrattamente.
Persino in
quel momento, gli sembrò sbagliato.
Allen
abbracciò Lenalee, con forza, con paura, forse piangendo.
Nessuno
avrebbe potuto dirlo.
La bocca,
contratta in una smorfia di dolore, lasciò passare l’acqua,
fredda, gelata, quasi compatta.
Per un
attimo il petto si alzò di scatto, la schiena si inarcò, quasi
stesse per vomitare.
E di
nuovo, e ancora, e l’aria non passava, non c’era più,
sostituita dal freddo che grattava contro la gola, lo stomaco, e la vista che,
semplicemente, andava svanendo.
Chiese
scusa.
E poi ci
furono due bolle d’aria che scoppiarono contro il tettuccio
dell’auto.
Più
in alto, da un’altra parte, dove c’erano aria e pioggia, cemento e
voci distanti, Lavi non piangeva.
Qualcosa,
dentro di lui, gli diceva di non farlo.
Fissava,
semplicemente, le bolle d’aria che ancora scoppiettavano sulla superficie
del fiume. I poliziotti passare, i medici toccarlo, coprirlo, muovere le labbra
per sputare consolazioni e domande tecniche che a lui, di certo, non servivano.
Qualcuno
cominciò a compilare moduli, indifferente.
Dei
ragazzi erano morti. Andava scritto, andava segnato.
Compianto.
E
archiviato.
Chiese,
semplicemente, scusa.
* * * * * * * *
La prima
cosa che sentì, fu il proprio respiro. Lento, rilassato. Calmo. Poi
aprì gli occhi. Vide il soffitto di legno, scuro per via della notte,
cupa fuori dalla finestra.
Ci fu un
veloce riordinare di idee.
Un affare
di ferro. Un ponte.
Acqua, tanta acqua.
Lavi si
mise a sedere, lentamente.
Vide la
propria Innocence vicino al letto, il vecchio panda dormire poco più in
là. Un letto vuoto, e tanta
oscurità.
«Oi,
Lavi»
«Huh?»
Fu un
piccolo deja-vu senza importanza, quasi pungente.
Allen
abbozzò un sorriso gentile quando Lavi si voltò verso di lui, con
l’occhio appannato che lasciava intendere quasi che il sogno era ancora
lì, in mezzo a loro, ad impregnare l’aria.
«Non...
riesci a dormire?» borbottò distrattamente, passandosi una mano
sulle tempie mentre, lentamente, il respiro tornava a farsi regolare.
«No,
non proprio» rispose il più piccolo, scuotendo il capo.
Era ancora
lì, in mezzo a loro.
Lavi
scostò le coperte e si alzò, stancamente.
«Vieni»
Attraversarono
il corridoio, fuori dalla stanza, fino alle scale.
Senza una parola, senza un respiro.
In un
tacito accordo che non potevano realmente dire di aver compreso.
Si
fermarono tutti e due, paralizzati. In un gesto unico, girarono l’angolo
e si fermarono.
Lenalee
alzò piano la mano, a mo’ di saluto, lasciando che solo
l’altra reggesse la tazza di the fumante. Aveva gli occhi un po’
rossi, si vedeva anche al buio.
Era anche
lì, quella sensazione. Quel senso di freddo compatto che ricordava
terribilmente il viscido dell’acqua addosso.
Non disse
niente, ma deglutì, forte. Forse si sarebbe alzata e li avrebbe
abbracciati. Avrebbe potuto farlo, avrebbe potuto permetterselo.
Invece
rimase lì, stringendo le ginocchia e fissando verso il basso.
Sobbalzò
quando sentì il divano piegarsi sotto il peso dei due, e per poco non
rovesciò il the.
Allen gli
tolse la tazza dalle mani, mentre Lavi le passava un
braccia attorno alle spalle, finendo per sfiorare anche quella
dell’inglese.
Aprì
la bocca, senza prender fiato.
«…andrà
tutto bene.»
Non
avrebbero sbagliato.
Non
potendo tornare indietro, sarebbero andati avanti.
Insieme.
«…andrà
tutto…bene.»
The Sinking Darkness
End
Note: Allora,
direi che c’è bisogno di qualche spiegazione. Questa fic è
stata messa come AU perché, principalmente, si parla di Lavi, Allen e
Lena nel mondo reale, anche se alla fine era tutto un sogno. Se non avessi
messo l’avviso avrei rovinato la… sorpresa, diciamo.
Poi, spero si capisca che, appunto, è tutto un sogno xD e che quando i tre si svegliano hanno ancora la
sensazione di essere dannatamente tristi e, nel caso di Lena e Allen,
dannatamente morti xD
Era una vita che non scrivevo su DGM, e vorrei ringraziare Butler (per il
semplice fatto di esistere xD), e Mirai, che mi ha
spinta a concludere questo tormento che mi… tormentava da mesi <3
Ah, anche se non è lampante, spero che si capisca che
l’omino pittore causa di tutto è Eshi xD
Il titolo è preso dal capitolo 68 del
manga, ovvero il pezzo in cui Lenalee finisce sott’acqua a causa
dell’akuma.
E, per ultima cosa, perdonate se non riesco a scrivere una fic dove
restano tutti in vita °-°