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Autore: Edward    18/11/2008    7 recensioni
Era anche lì, quella sensazione. Quel senso di freddo compatto che ricordava terribilmente il viscido dell’acqua addosso.
Se avessero sbagliato, avrebbero sempre potuto tornare indietro.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Allen Walker, Lenalee Lee, Rabi/Lavi
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
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Titolo: The Sinking Darkness

Titolo: The Sinking Darkness

Serie: D.Gray-man
Personaggi: Lavi, Allen, Lenalee

Pairing: Allen x Lenalee (implicito)
Rating: Giallo
Genere: Angst, Drammatico
Avvisi:
Alternative Universe, One-Shot

 

 

The Sinking Darkness

 

 

 

C’era silenzio.

Un silenzio ovattato, sicuro, circondato da metallo e vetro, al riparo dal resto del mondo. Un silenzio rilassato, che fu spezzato da una voce un po’ stanca, poco dietro di lui. Da un voce e un rumore cupo di stomaco vuoto.

«Ragazzi, io ho fame…»

Ci fu un movimento dalle parti dei sedili posteriori, e un attimo dopo una testa bianca si affacciò alla spalla del guidatore. «Lavi, fermati un po’ a quel market!»

L’aria era grigia. Tutta l’atmosfera era pallida, stanca, lenta.

Lavi finse di non sentirlo –e di non vedere il braccio teso che indicava proprio davanti a loro- e fece curvare la macchina a destra.

«Ehi!»

«Hai mangiato cinque minuti fa, torna dietro.» una mano si staccò del volante e provò a premersi contro il viso di Allen, per spingerlo di nuovo tra i sedili.

«Oh, insomma, dagli qualcosa» sbottò una voce affianco al rosso.

«E cosa, il mio braccio?»

Lenalee fece spallucce, tornò a scrutare la cartina della città e corrucciò lo sguardo, come se non sapesse bene cosa farsene.

«Adesso devo attraversare il ponte, si?»

«Uh, …»

La macchina rallentò.

«Sicura?»

«Si, ti dico di si, vai pure.»

La mano di Allen guizzò avanti prima che Lavi potesse fermarlo e, con un gesto gentile e un sorriso cordiale, tolse dalle mani della ragazza il pezzo di carta.

Come prima cosa, lo girò al contrario.

«Allora, vediamo.»

«No, Allen, aspetta!»

Qualche goccia di pioggia cominciò a picchettare il parabrezza.

Lenalee abbozzò un sorriso mentre cercava di farsi ridare la cartina, incrociando più volte lo sguardo dell’inglese.

A quel punto Lavi lasciò perdere, voltandosi da un’altra parte con la scusa di dover guardare la strada –cosa effettivamente vera- e imboccando la strada per il ponte con un sospiro.

Se avessero sbagliato, avrebbero sempre potuto tornare indietro.

Sbadigliò. Sentì un paio di schiamazzi e ghignò senza farsi vedere.

«Oi, Lavi!»

Lui si voltò verso Allen, soprappensiero.

Aveva cominciato a piovere, con insistenza.

«Huh?»

«Lenalee dice che domani-»

«LAVI!»

Poco prima erano saliti sul ponte, insicuri della direzione. Se avessero sbagliato, avrebbero sempre potuto tornare indietro.

 

 

Girò il volante senza pensarci, schiacciando i freni con forza.

Vide lo sguardo dell’uomo, paralizzato dove poco prima c’erano loro, con il suo cavalletto in mano e le tempere sparse per terra.

«USCITE!»

E la macchina prese a girare.

 

 

Imprecò contro la cintura di plastica, tirando calci alla portiera. Vide Allen fare lo stesso, dietro di sé.

Non vedeva Lenalee, per un attimo non se ne ricordò neanche.

L’adrenalina, il sangue che gli pompava nelle vene tanto forte da fargli male.

 

Sentì il rumore di cemento contro metallo.

Un attimo prima di cadere per terra, si voltò.

«LENALEE!»

 

Tese la mano.

Ma non c’era più niente da afferrare.

 

 

Sbattè il fianco contro l’asfalto, i polmoni compressi dall’impatto e il peso del proprio corpo. Sentì altri freni stridere, altre urla, in un vortice di colori e dolore.

Mancò poco che cadesse lo stesso dal ponte. Qualcuno lo afferrò per la maglia, salvandolo.

In quell’istante Lavi aprì gli occhi, e vide lo schizzo d’acqua.

Acqua.

L’auto che affondava.

Urlò, ancora.

Ignorò l’uomo che lo teneva, che gli chiedeva se stava bene.

Stava già per tuffarsi.

«Allen! Allen, alzati, dobbiamo andare a prenderla!»

In quel momento, sentì solo il rumore, assordante, della pioggia sul viso.

 

 

 

 

 

Se avesse potuto, avrebbe sospirato stancamente.

Ma non poteva. L’ultimo filo d’aria l’aveva respirato proprio lui, tanti secondi prima, premendo il viso contro il tettuccio dell’auto finchè l’acqua non lo aveva sommerso del tutto.

Non ricordava molto, era successo tutto troppo in fretta.

Gli sembrava di aver aperto lo sportello, ma la pressione dell’acqua doveva averlo richiuso con forza, perché lui era ancora dentro, con un braccio rotto e sanguinante.

Anche l’occhio sanguinava. Quello sinistro, che doveva aver sbattuto contro qualcosa.

Non ricordava con precisione, e sinceramente non gli importava.

Avrebbe voluto sospirare, di nuovo.

Ma era sommerso dall’acqua, e non poteva.

L’amore che provava per Lenalee era troppo vago, poco concentrato, poco intenso. Eppure platonico, sincero.

Le voleva bene. Provava un affetto non ricercato, che non avrebbe mai avuto futuro.

Per lui, che non poteva amare solo lei. Troppo disattento e troppo ingenuo.

Per lei, troppo insicura per insistere e per lasciar perdere.

Per il tempo, che era appena finito.

Lenalee non c’era più.

Di lei era rimasto il guscio, una splendida bambola illuminata di azzurro e verde, con gli occhi vitrei, spenti e vuoti, e i capelli che fluttuavano, lenti, attorno al suo viso pallido.

Potendo, Allen avrebbe pianto.

Aveva urlato, scalciato, agitato quella cintura che l’aveva tradita, bloccata, uccisa.

Poi l’acqua era salita ancora.

Alla fine, lo aveva accettato.

Chiuse gli occhi, pregando. Non invocò nessuno, non supplicò niente.

Chiese semplicemente scusa.

Poi li aprì, piano, mentre per la prima volta il petto sobbalzò, in mancanza d’aria.

Vide le labbra di lei, dischiuse, di un pallido rosa, forse. Si avvicinò, sfiorandole con i polpastrelli, distrattamente.

Persino in quel momento, gli sembrò sbagliato.

Allen abbracciò Lenalee, con forza, con paura, forse piangendo.

Nessuno avrebbe potuto dirlo.

La bocca, contratta in una smorfia di dolore, lasciò passare l’acqua, fredda, gelata, quasi compatta.

Per un attimo il petto si alzò di scatto, la schiena si inarcò, quasi stesse per vomitare.

E di nuovo, e ancora, e l’aria non passava, non c’era più, sostituita dal freddo che grattava contro la gola, lo stomaco, e la vista che, semplicemente, andava svanendo.

Chiese scusa.

E poi ci furono due bolle d’aria che scoppiarono contro il tettuccio dell’auto.

 

 

 

 

 

Più in alto, da un’altra parte, dove c’erano aria e pioggia, cemento e voci distanti, Lavi non piangeva.

Qualcosa, dentro di lui, gli diceva di non farlo.

Fissava, semplicemente, le bolle d’aria che ancora scoppiettavano sulla superficie del fiume. I poliziotti passare, i medici toccarlo, coprirlo, muovere le labbra per sputare consolazioni e domande tecniche che a lui, di certo, non servivano.

Qualcuno cominciò a compilare moduli, indifferente.

Dei ragazzi erano morti. Andava scritto, andava segnato.

Compianto.

E archiviato.

 

 

Chiese, semplicemente, scusa.

 

 

* * * * * * * *

 

 

 

La prima cosa che sentì, fu il proprio respiro. Lento, rilassato. Calmo. Poi aprì gli occhi. Vide il soffitto di legno, scuro per via della notte, cupa fuori dalla finestra.

Ci fu un veloce riordinare di idee.

Un affare di ferro. Un  ponte. Acqua, tanta acqua.

Lavi si mise a sedere, lentamente.

Vide la propria Innocence vicino al letto, il vecchio panda dormire poco più in là.  Un letto vuoto, e tanta oscurità.

«Oi, Lavi»

«Huh?»

Fu un piccolo deja-vu senza importanza, quasi pungente.

Allen abbozzò un sorriso gentile quando Lavi si voltò verso di lui, con l’occhio appannato che lasciava intendere quasi che il sogno era ancora lì, in mezzo a loro, ad impregnare l’aria.

«Non... riesci a dormire?» borbottò distrattamente, passandosi una mano sulle tempie mentre, lentamente, il respiro tornava a farsi regolare.

«No, non proprio» rispose il più piccolo, scuotendo il capo.

Era ancora lì, in mezzo a loro.

Lavi scostò le coperte e si alzò, stancamente.

«Vieni»

 

 

Attraversarono il corridoio, fuori dalla stanza, fino alle scale. Senza una parola, senza un respiro.

In un tacito accordo che non potevano realmente dire di aver compreso.

 

 

Si fermarono tutti e due, paralizzati. In un gesto unico, girarono l’angolo e si fermarono.

Lenalee alzò piano la mano, a mo’ di saluto, lasciando che solo l’altra reggesse la tazza di the fumante. Aveva gli occhi un po’ rossi, si vedeva anche al buio.

Era anche lì, quella sensazione. Quel senso di freddo compatto che ricordava terribilmente il viscido dell’acqua addosso.

Non disse niente, ma deglutì, forte. Forse si sarebbe alzata e li avrebbe abbracciati. Avrebbe potuto farlo, avrebbe potuto permetterselo.

Invece rimase lì, stringendo le ginocchia e fissando verso il basso.

Sobbalzò quando sentì il divano piegarsi sotto il peso dei due, e per poco non rovesciò il the.

Allen gli tolse la tazza dalle mani, mentre Lavi le passava un braccia attorno alle spalle, finendo per sfiorare anche quella dell’inglese.

Aprì la bocca, senza prender fiato.

«…andrà tutto bene.»

Non avrebbero sbagliato.

Non potendo tornare indietro, sarebbero andati avanti.

Insieme.

«…andrà tutto…bene.»

 

 

 

The Sinking Darkness

End

 

 

 

 

 

 

Note: Allora, direi che c’è bisogno di qualche spiegazione. Questa fic è stata messa come AU perché, principalmente, si parla di Lavi, Allen e Lena nel mondo reale, anche se alla fine era tutto un sogno. Se non avessi messo l’avviso avrei rovinato la… sorpresa, diciamo.

Poi, spero si capisca che, appunto, è tutto un sogno xD e che quando i tre si svegliano hanno ancora la sensazione di essere dannatamente tristi e, nel caso di Lena e Allen, dannatamente morti xD

Era una vita che non scrivevo su DGM, e vorrei ringraziare Butler (per il semplice fatto di esistere xD), e Mirai, che mi ha spinta a concludere questo tormento che mi… tormentava da mesi <3

Ah, anche se non è lampante, spero che si capisca che l’omino pittore causa di tutto è Eshi xD

Il titolo è preso dal capitolo 68 del manga, ovvero il pezzo in cui Lenalee finisce sott’acqua a causa dell’akuma.

E, per ultima cosa, perdonate se non riesco a scrivere una fic dove restano tutti in vita °-°

   
 
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