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Autore: Juuri    08/01/2015    3 recensioni
La prima volta che sentii la sua voce fu quando la usò per presentarsi, con una parola che racchiudeva in sé la sua persona: il freddo dell'inverno e la bellezza che sembrava essere nata in lei, e aver avuto in lei una fine.
“Ogni singolo gesto, ogni momento, ogni parola, indica quel che sono. E' questa, l'immortalità. La capacità di rendere eterno il tuo ricordo."
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Winter

La prima cosa che Winter ha detto di sé era una bugia. Per lei mentire era come respirare. Lo faceva mentre rideva, ed era in grado di mentire anche mentre baciava.(*)
La prima volta che l'ho vista, Winter era illuminata dai raggi della luna, che risplendeva su di lei e regalava sfumature argentee ai suoi capelli d'inchiostro, e quegli stessi raggi si raggruppavano nel colore dei suoi occhi. Era il grigio delle intemperie e l'eleganza della notte.
La prima volta che le ho rivolto la parola, Winter mi aveva strappato dalla morte, salvato senza preavviso: era giunta con la ferocia degli angeli vendicatori, peccatrice della loro beltà. E la prima cosa che vidi di lei fu la sua frusta, che scattava nel buio provocando raggi vermigli: il colore delle fiamme che la decoravano, l'idea che avevo di lei quando la vedevo.
Aveva il sorriso degli ammaliatori, ed era perfettamente consapevole dell'effetto che provocava. Era il genere di persona che, se solo avesse voluto, avrebbe piegato il mondo ai suoi piedi, innalzandolo all'Empireo e sprofondandolo all'Inferno con un semplice gesto. I suoi erano sempre semplici e minuziosi gesti; ed era maestra, nel sancire sentenze con un'occhiata.
La prima volta che sentii la sua voce fu quando la usò per presentarsi, con una parola che racchiudeva in sé la sua persona: il freddo dell'inverno e la bellezza che sembrava essere nata in lei, e aver avuto in lei una fine. La Luna la osservava in silenzio, il mantello della notte a coprire loro le spalle - e appena scorgevo dove finissero le tenebre per far iniziare i suoi capelli.

Ogni volta, mi chiedevo quale nuova sfaccettatura di lei mi avrebbe mostrato.
Era l'incantatrice delle stelle, discendente di Ecate, regina degli incanti e dei vizi: e Winter li incarnava tutti. L'espressione dei peccati dell'umanità, racchiusi nella magia dell'inganno, nel fascino che racchiudeva in sé. Come Selene crescente, una luna piena. Ed era Artemide, Dea della caccia come a caccia era lei, perfino nel momento in cui la conobbi.
Sapeva mentire in ogni suo gesto, ma il suo volto non perdeva mai la propria bellezza. Era un insieme di verità omesse e bugie veritiere, capace di manovrare la realtà e renderla un'utopia, e trasformare in falsità ancore concrete.
Non sorrideva mai per davvero. Il suo era il sorriso della Gioconda, quando a volte appariva lei stessa dipinta in un quadro fin troppo tangibile. Le sue labbra si schiudevano appena, e sollevava prima un angolo della bocca e, solo se realmente divertita, anche l'altro. Ma non raggiungeva mai gli occhi. Era una gelida bellezza, la sua. L'eleganza che la Morte ha sempre invidiato ai vivi che potevano vantarla, perché un tempo aveva creduto di essere la sola a possederla. Avrebbe smosso l'invidia di quegli Dei in cui lei non credeva, perché sosteneva che il destino l'avrebbe scritto da sola, succube di una vita che non vedeva come tale. Voleva rinascere sotto una stella diversa, giacché riteneva che la sua fosse infausta. Sosteneva di essersi comportata talmente male, nella sua vita precedente, che il karma aveva marchiato a fuoco quella attuale. Viveva in un eterno presente, chiudeva i battenti del passato e non volgeva mai lo sguardo al futuro.
“Ogni singolo gesto, ogni momento, ogni parola, indica quel che sono. E' questa, l'immortalità. La capacità di rendere eterno il tuo ricordo."

Profumava dell'aria che aveva intorno a sé, quando avvicinò il suo volto al mio. Non ricordo niente di quel che accadde intorno. C'era solo Winter, nella sua totale presenza. Il suo vestito nero svolazzava appena nell'aria notturna, e conservava il profumo delle fredde sere d'inverno. Ricordava la neve. Era talmente vicina che riuscivo a scorgere perfettamente l'incredibile colore dei suoi occhi, la forma del cuore che formavano le sue labbra, i lineamenti dolci ed eleganti del viso e la linea degli occhi appena allungata. Ho ancora impressa l'immagine del vento che muoveva i suoi capelli, in una fotografia in cui tutt'ora mi domando se stesse sorridendo. Ricordo la sua mano sul mio viso – aveva la pelle candida come la neve, le labbra di sangue, gli occhi in tempesta e i capelli d'inchiostro. Era un'invasione di colori.

Quando ho detto che Winter sapeva mentire anche mentre baciava, lo pensavo davvero. Ancora non riesco a delineare su di lei un profumo definito: era l’inverno, le rose notturne, la notte stessa e la personificazione della luna, che vegliava su di lei come se fosse la sua stella più preziosa.

“Potresti pentirtene”, aveva sussurrato, in quel suo modo tanto dolce quanto ammaliatore. In quei momenti, credevo che il mondo ruotasse intorno alla sua volontà. Credevo che fosse capace di rendere ciò reale. E, soprattutto, credevo che non mi sarei potuto pentire di alcunché, se lei fosse stata mia complice. Lo penso ancora.
“Potrei”, acconsentii.
Baciarla era stato come osservare Lucifero l’attimo prima della caduta, essere consapevoli di avere dinanzi l'angelo più bello del Paradiso, il preferito di Dio; allontanarmi da lei fu divenire consapevole di non poter fermare la sua discesa agli Inferi.
E lei rise, con quella sua risata argentina, incredibilmente vivida nel silenzio della notte.
“Baci bene”, aveva detto, sussurrando. “Quasi mi dispiace lasciarti”.
“Potresti restare.”
E allora mi aveva sorriso, facendo scivolare la sua mano via dal mio volto. Quella fu l’ultima volta che la vidi.

Winter è stata il mio grande errore, e un grande forse(*) che non ha mai assaporato la realtà. Si dissolse al sorgere della nuova aurora, con la comparsa di un sole che non le regalò mai raggi.





(*) Citazione Pretty Little Liars.
(*) Riferimento al Grande Forse di Miles - Looking for Alaska, John Green.

  
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