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Autore: I_3ERGo    08/01/2015    2 recensioni
[…] Mi sollevo da terra, senza rendermi conto di quanto fosse inutile, e tento di correre lontano, dove non avrei più ricordato. Ma non riesco a muovermi. Di nuovo cado, e a quel punto capisco che non mi sarei più rialzato. Passano pochi instanti di silenzio. Gli inespressivi e sconfinati campi di grano che mi circondano mi opprimono. Come una mano invisibile che mi schiaccia al pavimento, l'angoscia mi invade e la macabra immagine dal quale tento invano di scappare, si fa viva ancora più nitida nella mia mente [...]
La paura. Un’emozione che non sottovaluto mai.
(Tratto dal testo)
Genere: Introspettivo, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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WE FIND OURSELVES CONFINED
 

...Corro. Più forte che posso  scappo via. L'aria mi sferza la pelle. I miei capelli biondi volano con il vento. Un vento continuo e  inesorabile. Mi torturo cercando di escludere i pensieri dalla mia testa, senza ottenere risultati accettabili. Spingo al massimo le mie gambe. Passa poco e l'aria si fa per me pesante. Il fiato corto. Vorrei urlare ma sono solo. Dimenticato nel mio terrore. Ormai la mia andatura è un'incalzante camminata. Senza perdere il ritmo vado avanti. Senza guardarmi indietro continuo a muovermi. La mia forza va a scemare. Inesorabilmente cado.  Le mie ginocchia urtano l'asfalto appena scaldato dai tenui  raggi di un impalpabile sole di ottobre. Mi sollevo da terra, senza rendermi conto di quanto fosse inutile, e tento di correre lontano, dove non avrei più ricordato. Ma non riesco a muovermi. Di nuovo cado, e a quel punto capisco che non mi sarei più rialzato. Passano pochi instanti di silenzio. Gli inespressivi e sconfinati campi di grano che mi circondano mi opprimono. Come una mano invisibile che mi schiaccia al pavimento, l'angoscia mi invade e la macabra immagine dal quale tento invano di scappare, si fa viva ancora più nitida nella mia mente...

Scorgo alberi spogli e mura imbrattate di strani colori. Eccomi arrivato. Spinto dalla monotonia di tutti i giorni mi alzo dal logoro sedile dell'autobus, e con passo greve varco la soglia dell'Istituto. Un' ampia sala con grate alle finestre e muri grigi a causa del tempo. Tutto troppo in ombra. Fuori c'è il sole ma le finestre opache e le inferriate spesse gli impediscono di brillare. Salgo le scale. Mi appiglio al corrimano nero e sporco che diffonde il solito odore di ruggine stantia. Raggiungo a tentoni il terzo piano.                       
I miei occhi si posano sui termosifoni. Mi ci fiondo. L'unica fonte di calore in quella gelida costruzione. - Le lezioni stanno iniziando! - . L'irritante squittio della bidella mi distrae da quella calda libidine. Seccato entro in classe. Poso lo zaino. Mi schianto su una sedia a caso e mi rannicchio in un angolo del tavolo.                                                                                                                               
Passa poco tempo quando sbatte la porta e si fa avanti nella stanza una vecchia signora, forse un po' troppo spigliata per i suoi cinquantasei anni. Il passo ritmato e piuttosto nervoso scandito da un paio di tacchi dorati, tanto alti quanto appariscenti. Non fanno altro che evidenziare  quanto piccola sia la sua statura. Con una mano stropiccia ripetutamente l'orlo del vestito nero, decisamente corto per la sua età, dal quale si intravedono le pieghe di una camicetta rossa. Le sue gote paffute tremolano all'unisono con la bocca, piccola e sottile, che recita senza sosta parole sconnesse. Socchiudo gli occhi. Tra me e me canticchio sussurrando un ritornello prima di perdermi in un vorticare di fredde emozioni  che coronano il mio grigio vivere. O meglio, sopravvivere.

L'indifferenza. La carta migliore che si possa giocare. Parlare con i soliti tre o quattro. Con i pochi che consideri amici senza valutarne veramente il significato. Poche parole distratte e futili. Discorsi rimpinzati di notizie relativamente interessanti. Relativamente ascoltate. Relativamente capite. Pochi sentimenti traspaiono. I più leggeri. Quelli senza un vero significato. Mentre i veri sentimenti? Celati. Tenuti imprigionati dalle catene della mia paura. Mai liberi di venir fuori. Mai liberi di farsi sentire. Mai liberi di farsi apprezzare. Sempre trattenuti. Solo a volte accennati. Ma sempre tenuti nel profondo. Sempre tenuti al sicuro.

Ancora una volta mi alzo da quel sedile consumato e per inerzia scendo dall'autobus. Davanti a me si staglia l'ultimo tratto di strada che mi separa da casa. Stranamente oggi nessuna macchina sfreccia sulla carreggiata e nessun rumore mi distrae da quel silenzio che stavo apprezzando.  Passeggio lento per quella via ascoltando i miei passi che rimbombano rauchi nel silenzio. 
Di colpo mi fermo. Il mio respiro si fa affannoso. Riprendo a camminare, cinque o sei passi mal contati, poi mi fermo di nuovo.
 
Ed ero lì. Quel giorno. In quel posto, in quel momento che la mia mente non vuole cancellare. La mia allegria quotidiana era stata brutalmente spenta da quell'immagine: un braccio riverso a terra scomposto, insanguinato. Ne avevo già visti. Spesso tornava con le maniche della camicia tirate su e le mani rosse: “Ho macellato un animale ‘sta mattina.” Ma non era lo stesso, quell'arto non era il suo, non questa volta.
Una semplice affermazione che mi fa ancora venire i brividi. Lo vedo con un sorriso sghembo sul volto, ora, mentre quella frase rimbomba nella mia testa. E mentre lo ripeteva ancora e ancora, tirava un calcio a quel corpo: i suoi occhi spenti e vitrei mi fissavano, mi schiacciai ancor di più nell'angolo in cui avevo trovato rifugio. Quella che identifico a stento come una donna è ancora impressa nei miei ricordi, nuda, coperta di sangue, squartata e massacrata, come se fosse... “Ho macellato un animale ‘sta mattina.”
Nella mia gola secca un nodo soffoca un urlo, ciò che avevo in mano mi cadde al suolo. Un passo, dei fruscii. “Dove vai?! Non ti piace la spezzatino?” una risata sadica, folle, accompagnò le parole che forse solo la mia mente aveva falsato.
Corro.

Ho il fiatone. Come quel giorno. Ma sono fermo ora. Perché adesso? Perché qui? Paura. Una di quelle emozioni che non sottovaluto mai. Sento quel turbinio di neri ricordi tornare a picchiarmi prepotente nella testa. Sono già scappato una volta. Ora mi tocca affrontarli. Il mio corpo è concentrato sui pensieri vorticosi ai quali non riesco a dare un senso. Velocizzo il passo instabile. Scappo. Voglio dimenticare. Perché è ancora qui?! Ancora impresso nei miei ricordi che continuano ad alterare quella scena rendendola sempre più macabra, come se non bastasse, non ancora. Spinge per uscire dalle sbarre della mia testa dove l’ho richiuso. Per quanto ancora rimarrà nascosto?

Affrettato da un incessante agonia raggiungo l'uscio di casa. Posso davvero sentirmi al sicuro qua? Mi chiudo la porta alle spalle, con forza, e scappo via, in camera. Non posso continuare così. Sono alla deriva, sembra solo un sogno, un mero frutto della mia immaginazione. Non può essere altrimenti. Mi coglie impreparato il tono pacato di mia mamma - Tutto bene oggi a scuola? -. Il suo sorriso. Ignaro. Provo ad abbozzarne uno anche io - Come al solito - taglio corto con un gesto veloce della mano. - Dov'è papà? - aggiungo poi, fingendomi incuriosito - oggi tempo pieno in macelleria? - .

L'indifferenza. La carta migliore che si possa giocare. Di nuovo. Anche questa volta.
 






 
Due parole noiose noiose dall’autore
Eccomi qua Caro Lettore! È un vero piacere conoscerti. Ci diamo del tu vero?
Piccola premessa: non sono una persona depressa, e confinata in se stessa! -essa; -essa; -essa -_-
Proprio per questo motivo ho voluto scrivere una one shot che rispecchiasse il mio esatto opposto.
Se il mio piano ha funzionato dovresti essere in preda all’ansia, grondante di sudore con un’imminente crisi di follia omicida! AHAHAHAH -.- sei davvero poco simpatico!
Tornando seri per quanto mi è possibile, volevo farti una domanda precisa:  ma smettila! Chi vuoi che ti risponda!
Secondo te, illustrissimo lettore, la paura è un’emozione che va sottovalutata?
Se hai voglia di scambiare due parole noiose noiose con me sono ben contento di ricevere una tua recensione, vedrò di risponderti prontamente ma se dormi tutto il giorno!   OH MA SMETTILA DANNATA COSCIENZA!
Un abbraccio virtuale. A presto.
                                                               I_3ERGo
E LA SUA COSCIENZA
 
   
 
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