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Autore: essellunga1998    08/01/2015    3 recensioni
Quel giorno era da dimenticare.
La sveglia, quella mattina, strano mistero della fede cristiana, non aveva suonato.
Nulla di strano.
Le capitava spesso che la sveglia non le suonasse, ma aveva trovato un metodo, che non vi starò a spiegare, per potersi alzare in orario, allo scopo di prepararsi sia fisicamente che psicologicamente alla famosa “giornata routine”.
Insomma, la sveglia quella mattina non aveva suonato, ma lei neanche si era alzata in orario.
Cosa strana, ma non improbabile.
E, quando aveva messo piede a terra, uscendo dal piumone caldo, aveva avvertito una sensazione strana allo stomaco.
No, non era una maga, ma quando le capitava che lo stomaco le si chiudeva, capiva che quel giorno sarebbe successo qualcosa.
Non grave, fortunatamente, ma di certo qualcosa.
---------------------------
Cosa succederebbe se una studentessa come tante avesse una giornata no?
Quali cose positive e negative ne scaturiranno?
Ed una chiamata può risollevvare questa giornata?
Beh...
Non vi resta che scoprirlo...
Genere: Commedia, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ran Mori, Shinichi Kudo/Conan Edogawa | Coppie: Ran Mori/Shinichi Kudo
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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                                                                                                                                                                                                              A mia madre.
                                                                                                                                                                                                              Al mio ragazzo, L.
                                                                                                                                                                                                              E soprattutto a voi, che sognate e cercate il vero amore...


Era strano.
Molto strano.
Insomma, giorni così le erano già capitati (fortunatamente non spesso).
Perché scandalizzarsi tanto per quel giorno lì?
Ma permettete che vi spieghi cosa successe quel giorno.

Quel giorno era da dimenticare.
La sveglia, quella mattina, strano mistero della fede cristiana, non aveva suonato.
Nulla di strano.
Le capitava spesso che la sveglia non le suonasse, ma aveva trovato un metodo, che non vi starò a spiegare, per potersi alzare in orario, allo scopo di prepararsi sia fisicamente che psicologicamente alla famosa “giornata routine”.
Insomma, la sveglia quella mattina non aveva suonato, ma lei neanche si era alzata in orario.
Cosa strana, ma non improbabile.
E, quando aveva messo piede a terra, uscendo dal piumone caldo, aveva avvertito una sensazione strana allo stomaco.
No, non era una maga, ma quando le capitava che lo stomaco le si chiudeva, capiva che quel giorno sarebbe successo qualcosa.
Non grave, fortunatamente, ma di certo qualcosa.
Quasi il destino, beffardo, si divertiva a usarla come marionetta per il suo spettacolo alla vita crudele.
Ma andiamo avanti.
Preparatasi di corsa, era scesa in cucina, ma invece di sentire il classico russare di suo padre, aveva trovato quest’ultimo inferocito, con gli occhi fuori dalle orbite, che urlava e sbraitava insulti non troppo velati, ma comunque non adatti da esser riportati qui, alla televisione, verso il primo ministro Ishii ed i suoi collaboratori.
In poche parole, il governo giapponese faceva schifo.
Classico.
Aveva provato, tentato, di calmarlo.
Inutile impresa.
Aveva solo peggiorato la situazione, guadagnandosi una occhiataccia torbida ed una serie di borbottii che passavano da: << Cosa ne capisci tu di politica! >> a << Stupida ragazzina. Tale e quale a sua madre! >>
Insomma.
L’uomo ci era andato giù pesante, ma la cosa non la turbava.
Peccato che, quando alzò lo sguardo verso la parete del muro in cucina, mentre si sorbiva i soliti borbottii sconnessi del padre, capì che quella mattina la Signora Beffa ed il Signor Destino si erano coalizzati contro di lei.
Infatti l’orologio segnava le 7.50, ovvero dieci minuti mancanti al suono della campanella.
Dirigersi da casa sua a scuola in dieci minuti?
Umanamente impossibile, a meno che non si utilizzasse la tecnica della corsa olimpionica a rotta di collo.
Nuovo tipo di sport olimpionico, seriamente da prendere in considerazione per le prossime Olimpiadi.
Insomma, scegliere o non scegliere la corsa a rotta in collo?
Per una come lei non vi erano problemi, considerando lo sport che praticava e gli sforzi al limite del disumano con cui il suo sensei la sottoponeva.
Una corsetta non le avrebbe fatto male.
Magari scaldava i muscoli freddi ed un po’ irrigiditi per via del freddo dicembrino.
Quindi, con uno sospiro di incoraggiamento ed un saluto al padre che ancora borbottava frasi al limite dell’assurdo, uscì di casa ed iniziò la sua folle corsa.
Quella sensazione allo stomaco che avevo accennato prima, non si dissolse dalla ragazza, ma con l’avvicinarsi all’edificio scolastico, sfortunatamente per lei, aumentò.
Quando arrivò a scuola, la sua condizione fisica era assurda: fiatone grosso, sudata da far schifo, dolore ai muscoli ed alla milza e capelli che sembravano avessero preso la stessa scossa che quel scienziato da strapazzo aveva usato per dare la vita ad un mostro verde e alto quanto un palazzo.
Insomma, Frankestein era più presentabile di lei in quel momento.
Con suo sommo rammarico, constatò che ci aveva messo più tempo ad arrivare a scuola.
E quel giorno non era neanche in compagnia del suo migliore amico.
Magari era lui il motivo per cui si alzava la mattina dal letto, seppur controvoglia.
Forse sì, forse no.
Ma torniamo alla nostra eroina che sembra essere uscita da un manga shojo.
A quanto pare le mancava solo la fetta di pane in bocca e forse la era a tutti gli effetti.
Scosse la testa.
Quei pensieri non erano da lei e stava perdendo un mucchio di tempo a crogiolarsi in essi.
Con tranquillità, entrò nella scuola, sapendo che una spiegazione sufficiente avrebbe, sì fatto storgere il naso al professore, ma essendo una ragazza che non arrivava mai (o quasi mai) in ritardo, magari la avrebbero mandata a posto per continuare regolarmente la lezione.
Peccato che quella mattina di dicembre non aveva un professore qualsiasi.
No.
Troppo facile per la nostra eroina shojosa (?).
Da copione, quella mattina, alla prima ora, le toccava la copia sputata (o forse erano parenti alla lontana) della Umbrige.
Ma cosa avevano in comune quelle due?
Erano nubili entrambi (infatti, chi le voleva?), acidi e vestivano di un rosa decisamente da pugno in un occhio.
Forse era meglio il pugno.
Comunque sia, la nostra cara fanciulla si diresse in classe e si trovò niente popò di meno che la Umbrige giapponese, ovvero la professoressa di giapponese, la signorina (proprio perché portava ancora il suo cognome da nubile) Hisa Harada.
Ora, permettete che vi spieghi in poche parole chi è Hisa Harada.
Questa donna sim... ok, no.
Hisa Harada è la persona più acida, sparasentenze e perfida che sia mai esistita.
Tutto qua.
Non posso sprecare tempo a spiegare e giustificare una misantropa come lei.
Dicevamo.
La nostra giapponesina preferita entra tranquilla in classe, quando la voce “soave” (ricordate questa parentesi) della professoressa Harada la nomina in tutta la sua magnificenza.
<< Signorina Mouri. Finalmente ci degna della sua regale presenza... >>
Avete presente quei momenti in cui avreste voglia di girarvi verso il vostro professore e gridare: << No, Wall Maria, io esco? >>
Ecco, Ran Mouri in quel momento lo avrebbe fatto volentieri.
Ma si trattenne.
Sapeva come reagiva una persona sociopatica come la sua professoressa.
Mandata direttamente davanti al preside con la chiamata di suo padre in corso.
Rabbrividì.
Meglio di no.
Quando suo padre iniziava la ramanzina, in confronto sua nonna sembrava la Madonna scesa in terra.
Il che era tutto da dire.
Giustamente, poteva mancare qualcosa da aggiungere da parte della professoressa?
Ovvio che sì.
Altrimenti non l’avrei definita una acida misantropa.
Vedete, quando Hisa Harada iniziava il discorsetto, colui o colei che finiva tra le grinfie di quella strega, vi erano poche possibilità di sopravvivenza.
Un po’ quando giochi a Pokemon.
Siete in una palestra per vincere la medaglia, siete quasi alla fine.
Siete stremati ed i vostri pokemon lo sono altrettanto.
Ma ecco che il capo palestra tira fuori l’ultima pokeball... e vi schiocca così, sull’unghia, un pokemon di livello superiore ad 90.
E vi cade la mascella.
E mandare tutto a fanc...
Ok.
Sto uscendo di topic.
Dicevamo.
Quando il malcapitato finiva sotto le grinfie di Harada, sapeva di non poter sopravvivere a lungo.
Quindi, con il corso degli anni e dell’esperienza, si tramandava di generazione di studente in generazione consigli per poter sopravvivvere.
Ovvero:
A. Ascoltarla (0.02% dei casi)
B. Fare finta di ascoltarla, sperando che la tiritera finisce il più velocemente possibile (0.17% dei casi)
C. Tentare il suicidio (0.53% dei casi)
4. Chiedere perdono dei propri peccati, magari promettendo che andrete in chiesa la domenica (se siete cristiani) od una preghiera giornaliera (se siete di altre religioni) in cambio di un miracolo che non avverrà mai e che manderà in malora le vostre promesse che sapevate non avreste mai mantenuto (restante % dei casi).
Ran Mouri, studentessa nella media, grazie al suo cervello, optò per farsi gli affari propri, magari sognando un certo moretto, amico suo...
No, meglio di no.
Poi la bava come la avrebbe giustificata?
Quindi continuò a farsi gli affari propri, senza minimamente immaginare il petto scolpito del suo compagn...
E basta!
Dopo un po’ diventa una noia...
Ma quel petto...
Meglio finirla lì...
Per gentile grazia delle divinità lassù presenti, Harada finì il suo discorso con un: << E non ricapiti più, signorina Mouri! >>
Ma la cosa non finì lì.
No.
Perché il famoso detto: “Non c’è il due senza il tre”, in quel momento capitava a fagiolo.
Dato che il fiato di Ran Mouri era stato trattenuto fino a quel momento per non far fuoriuscire sostanze strane dalla sua bocca, quello che captò in maniera sbagliata la professoressa, fu un sospiro di sollievo che stava invece a significare nella mente contorta di Harada come un sospiro scocciato...
Conseguenza?
Rapporto sul registro.
Ottimo.
Davvero ottimo.
Sedutasi finalmente al banco, lasciò che la mente vagasse ancora una volta, ma in direzioni diverse da quelle di prima elencate.
Siccome la giornata era sì monotona e pessima, ma lunga.
Cosa sarebbe potuto succedere ancora?
Signore e signori, in vita vostra non permettete che la vostra mente malvagia possa anche solo formulare quella domanda.
Parola di narratrice.
La giornata per la karateka era ancora molto lunga.
Dato che il danno psicologico della Harada non bastava, meglio anche farsi interrogare a sorpresa di inglese su un poeta che neanche pensavi esistesse fino a cinque secondi prima.
Conseguenza?
Sufficienza strappata per poco perché il professor Mauda non era di certo il marito della professoressa Harada, altrimenti i danni alla mente non li avrebbe solamente causati agli studenti della Teitan.
Insomma, la professoressa Harada, l’interrogazione...
E due banchi vuoti.
Sì, perché voi ora pensate che la narratrice sia sotto effetto di acidi potenti, ma no.
Il mio cervello è perfettamente integro.
Ma sono una romanticona anche io e non posso che inserire a random delle cose che causano la distruzione di fegato e pancreas per colpa del diabete.
Quindi sì.
Lascio un momento la mia vena acida per un momento fluff.
Ran è una ragazza come le altre.
Certo, non ha grilli per la testa come quella matta della sua migliore amica, ma ama un ragazzo detective stacanovista che, invece di seguire le orme del padre, preferisce stare sul campo da azione.
Un po’ come quando andavano alle medie e frequentava il club di calcio.
E quest’ultimo la ricambia?
Forse sì, forse no.
Ma noi siamo sicure che sia così.
Anche quando il giorno prima si erano sentiti per sapere come stava il ragazzo, ammalatosi all’improvviso, si era sentito come le voci non fossero solo... amiche.
Dietro vi era un amore cresciuto negli anni e mai dichiarato.
Timore? Di certo.
Paura? Sicuramente.
Il non essere ricambiati? Quello no. Fortunatamente Shinichi Kudo non è mai entrato nella friendzone, nonostante fossero migliori amici.
Quindi Ran in quel momento si sentiva sola, perché la sua migliore amica ed il ragazzo che ama non erano con lei in quel momento a farle da supporto...
Bene, basta,
Per il momento la dolcezza la ho inserita.
Al massimo la rilascio tutta alla fine per pararmi il cu...
Insomma.
La giornata si stava rivelando peggio del previsto.
Ma non era finita lì.
Dopo scuola, gli allenamenti andarono così male che il sensei, da quando aveva iniziato karate alle superiori, la riprese in maniera mostruosa.
Uscita da scuola, si era inzuppata per via della pioggia creatasi nella mattinata e finì quasi per essere investita da un automobilista.
Insomma, la classica giornata in cui la fortuna e la botta di culo ti avevano lasciato per giocarsi una partitina a poker.
La giornata si stava rivelando e concludendo nel peggiore dei modi.
Parere personale (ed anche il mio).
Quando arrivò a casa, pensò bene di andare a preparare la cena per quello scansafatiche di suo padre (adesso aveva capito come mai sua madre le diceva sempre di godersi al meglio una relazione prima del matrimonio!), quando trovò in bella vista un post-it sul frigo, il cui diceva che non sarebbe rientrato per cena perché usciva a bere con degli amici.
Tradotto in parole povere, quel disgraziato di suo padre lo avrebbe trovato steso sul pavimento davanti all’appartamento, ubriaco e addormentato profondamente (sintomi: il russare come tromboni) oppure nella nottata avrebbe ricevuto una chiamata da uno degli amici di Kogoro che la avvisava che quel detective fallito (l’aveva capito persino lei! Altro che Shinichi Kudo!) avrebbe dormito a casa del suddetto.
Ran sospirò profondamente.
Niente da fare, la giornata no era veramente la giornata no.
Poco male.
Non avrebbe dovuto preparare da mangiare, se suo padre non c’era.
Non aveva fame e non avrebbe mangiato.
Decise quindi di farsi un bel bagno caldo.
Ma quando pensava che il karma si fosse quietato, ecco l’improvvisa chiamata!
*Parte musichetta ZANZANZANNNN!*
No, ok.
Meglio sorvolare.
Ran, in quel momento, troppo presa dalla vasca che si stava velocemente riempiendo, non guardò chi fosse colui o colei che la avesse...disturbata in quel momento.
E quando schiacciò il tasto verde del cellulare, fu la fine.
Una squillante voce da anatra le investì il timpano sinistro.
<< RAAAAAAANNNNNN! >>
E Ran seppe che sarebbe dovuta andare all’otorino.
<< Sonoko, Cristo Santo, ma tutte le volte devi urlarmi nello orecchio?
Potresti, che so, tentare di salutarmi come ogni comune mortale? >>
Dall’altro capo del telefono si udì un sospiro irritato.
<< Certo che sei noiosa. Non sia mai che il povero orecchio della povera Ran Mouri venga distrutto... >>
<< Cosa che hai fatto, tutto sommato... >>
<< Insomma, come è andata la giornata? Incontrato quel detective da strapazzo? >>
<< No. Anche perché è a letto malato. >>
<< Cucciolo. Mi dispiace... >>
<< Più falsa dei 250¥... >>
Una risata civettuola attirò la sua attenzione prestata momentaneamente alla vasca che stava riempiendo.
<< Lo so. Me lo dicono che dovrei sfondare ad Hollywood...
Comunque mi dicono dalla regia che dovresti essere qua in questo momento, a goderti il mare caldo del mediterraneo, non il freddo polare giapponese...
Sembra che da un momento all’altro ti arriva il Big Foot a casa a suonarti... >>
<< Divertente. Dimmi se trovi uno squalo che ti inviti al te delle cinque... >>
<< Ammettilo. Non sei voluta venire perché un certo moretto ha deciso di ammalarsi proprio nel periodo peggiore... E te, da brava crocerossina, quale sei, hai deciso di fargli compagnia, come una mogliettina devota al marito. Ma che brava... >>
Ora, un normale essere umano avrebbe reagito a questa frase con un bel “vaffanciuolo”, ma dato che stiamo parlando di Ran Mouri, la santa scesa in terra per condurre i ragazzi sulla retta via, la cosa era TOTALMENTE impossibile.
Quindi optò per una colorazione differente sulle proprie guance che in quel momento stavano facendo concorrenza al colore delle pareti del bagno.
<< Bingo! Direi che potrei giocare al Lotto, se riesco ad indovinare il tuo attuale stato motivo...
Magari divento ancora più ricca di quanto già non sono... >>
Ran rilasciò un sospiro stanco.
La telefonata di Sonoko la stava scocciando, ma non poteva fare nulla per farla stare zitta...
Magari buttare giù il telef...
<< Ehi, tutto ok? A me non sembra... >>
Come non detto.
<< Tranquilla. Giornata no. >>
<< Fammi indovinare... Harada? >>
Ma allora un cervello anche quell’ereditiera lo aveva!
<< Uno dei motivi. Ma non il più importante... >>
Il tono della nostra karateka era tra “ma chi me lo fa fare?” ed il “voglio morire!”, ma aveva ancora in mente l’idea di buttare giù il tel...
<< Forse dovevi venite con me in vacanza, piuttosto che restare lì a crogiolarti nel freddo e gelo! >>
Sì, Ran era sempre più convinta di buttare giù il telefono.
Ma si trattenne.
<< Te lo ho già detto, non sono potuta venire per cause di forza maggiore... >>
<< Come Shinichi Kudo? Ran, sei talmente prevedibile... >>
Non sto a trasportarvi qua il pensiero di Ran che poi mi venite a denunciare.
Comunque sia, la nostra castana decise di fare un profondo sospiro, prima di rispondere.
<< Sonoko, solo perché il tuo ragazzo sta meravigliosamente bene ed pieno di energie, non significa che ogni persona di sesso maschile che sia compresa tra i 16 ed i 20 anni, non si possa ammalare.
Sono voluta restare anche per la scuola, ma soprattutto, lo so che lo pensi, sono rimasta per lui.
Perché i suoi genitori non sono mai a casa ed il dottor Agasa è via con un bando di scienziati.
Non c’è nessuno che gli tiene compagnia ed io mi sono offerta volontaria (cazzarola, cito persino HG senza neanche volerlo!). Tutto qua. >>
Un sospiro incredibilmente sornione partì dall’altro capo del telefono.
<< Se non fossi una ragazza e la tua migliore amica, ti avrei chiesto di sposarti.
Ma il maritino già lo hai... Pazienza. Sarà per la prossima volta... Ciao ciao! >>
E la linea cadde.
E Ran si imbambolò.
E poi imprecò contro Sonoko.
E contro la vasca quasi riempita.
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Se un giorno le avessero detto che avrebbe dovuto fare da call center, avrebbe di certo riso alla battuta e risposto con un: << Ma cosa dici? >>
Peccato che quella sera ci stava veramente pensando, dato che le erano arrivate 7 chiamate perse, 5 messaggi e 2 messaggi vocali.
Almeno era un numero conosciuto e non il primo tizio a random che sarebbe passato tranquillamente per un violentatore/stalker/nonhounavitasocialequindiseguounaragazzaacaso.
Quindi optò subito per la chiamata.
Uno squillo.
Due.
Tre.
Quattro.
Stava iniziando a preoccuparsi.
Cinque.
Sei.
Set...
<< Pronto? >>
Sospiro di sollievo.
<< Ciao Shin... >>
<< Ciao Shinichi? CIAO SHINICHI? MA TI RENDI CONTO DI QUANTE CHIAMATE, MESSAGGI VOCALI E SCRITTI TI HO LASCIATO? >>
Il crimine investì Ran.
<< ME NE SONO ACCORTA, CONSIDERANDO CHE MI HAI INTASATO IL TELEFONO!
E COMUNQUE ERA A FARMI IL BAGNO! POSSIBILE CHE TUTTE LE VOLTE CHE FACCIO I MIEI AFFARI, NON VI VA BENE NULLA? SONO ANCHE IO UMANA! >>
Un silenzio imbarazzante cadde tra i due.
<< Scusa, non volevo. Ero preoccupato... >>
Il silenzio tornò sovrano.
<< Scusami tu... Allora, come stai? >>
<< Meglio, grazie. Il medico mi ha detto che potrò tranquillamente tornare a scuola mercoledì senza intoppi. >>
<< Capisco... >>
<< Qualcosa non va, Ran? Sembri stanca... >>
Stanca di essere considerata stupida, dato che persone limitate e coloro che il cervello non è mai esistito (ogni riferimento alla sua migliore amica non è puramente casuale) vi erano al mondo, decise che per quella sera poteva mollare le redini, salutare il mondo sui social network come una bimbaminkia disagiata e fiondarsi a letto, facendo sogni su un ragazzo in particolare a sfondo VM17...
Peccato che quel ragazzo in questione fosse ancora attaccato al telefono, in attesa di risposta.
<< Se ti dico della professoressa Harada, il professor Mauda mi ha interrogato, il mio sensei sembrava particolarmente indisponente come una ragazza in fase pre-mestruale, la pioggia che mi ha letteralmente travolto, rischiando di morire investita, perché a momenti la macchina si schianta contro alcuni passanti, tra cui io? Ti domandi ancora perché sembro stanca? >>
Una risata calda le investì l’orecchio.
In un primo momento se ne beò, poi giustamente capì che il suo interlocutore le stava ridendo in faccia.
<< Se non fosse che quel bel visino è già malato, sarei venuta direttamente io a picchiarti a sangue... >>
<< Peccato che questo visino ti reputi una ragazza intelligente, spiritosa, allegra, un po’ bisbetica, ma soprattutto bellissima... >>
Ran arrossì di colpo.
<< Ah, sì? Questa bellissima principessa se ne va a dormire. Notte! >>
E buttò giù.
La febbre aveva a quanto pare rovinato quei pochi neuroni che albergavano nel cervello del suo migliore amico.
Meglio farsi una dormita.
Ci avrebbe pensato meglio il mattino dopo.
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Da un’altra parte della città di Beika, un ragazzo dai capelli corvini e gli occhi azzurri si alzò dal suo giacinto caldo per raggiungere la finestra.
Beika, di sera, era più bella.
Più calma, meno trafficata.
Ed il cielo si notava di più, quando per un breve momento, il sole calava  per lasciare spazio al buio, prima che venivano accesi i lampioni.
Ed in quel momento si potevano notare le stelle luminose.
Quella sera, però, lo erano particolarmente, incorniciando una luna pallida, ma luminosa e sorridente.
Quel pensiero lo fece sorridere involontariamente.
Lei era come la luna.
Luminosa e pallida.
Poteva anche solo comparire per pochi attimi nella tua vita, ma quando ci rimaneva, sapevi che ci rimaneva fino in fondo.
Sarebbe potuta scomparire nei giorni neri, ma rinasceva proprio come quel faccione bianco lassù che splendeva la sera.
Beh...
E si dice che la luna sia sognatrice e romantica.
E lei lo era.
Si crogiolò tra quei pensieri, sino a quando uno spiffero di vento freddo lo riscosse dal torpore in cui era caduto.
Decise che era meglio tornare a letto o la febbre sarebbe risalita.
Rivolse un ultimo sguardo alla luna e, tornando a letto, sussurrò una frase che si perse per la stanza vuota.
<< Buonanotte, mia bellissima principessa sognatrice. Buonanotte, Ran... >>


Salve a tutti!
Non so cosa mi sia preso, ma sappiate che questa one shot, in origine non era così!
Era qualcosa di più fluffosa e romanticona, al limite dello sdolcinato, ma a quanto pare la mia vena acida ha avuto la meglio...
Sti ragazzi si esprimevano da soli!
Anyway, grazie per aver letto questa fanfiction e scusate se la sottoscritta, dopo due anni, torna alla ribalta. In realtà non sono tornata al 100%, però ogni tanto... tornerò a scrivere fanfiction su questo fandom (anche se ho già in mente diversi tipi di fandom...).
Allora.
Partiamo dall’inizio.
Prima di tutto, avete colto le varie citazioni tra film e manga-anime, sparse qua e là per la storia?
Io credo di sì (anche perché ve lo ho citate io…).
Altra cosa: questa fanfiction, in origine, doveva essere una one shot della mia storia in corso e non conclusa de “L’ultimo giorno della mia vita”, ma alla fine l’idea si è sviluppata in una one shot di un pezzo di vita dei personaggi del mondo creato da Gosho.
Niente casi di omicidio, niente MIB, niente corpi rimpiccioliti e niente Detective Boys.
Potrebbe essere una sorta di What if…?, ma più che altro la volevo ambientare l’anno prima che Shinichi si imbarcasse nel caso più difficile e, tuttora, non ancora risolto: il scoprire e smascherale la Organizzazione.
Non me la sono sentita di stravolgere totalmente la trama del sensei  (al contrario delle altre mie tre fanfiction), quindi ho optato per questa versione, in chiave più romantica (e magari un po’ più scherzosa, sperando che un sorriso od una risata ve la abbia strappata…).
Ho pensato: perché non utilizzare il povero detective e trasferire la sua sfiga alla sua amata per un giorno?
Però ho voluto rendere Shinichi MOLTO più romantico (infatti temo di essere caduta nel OOC per il nostro liceale preferito!), ma solo quando nessuno era tra le scatole.
Ed è stato il finale che avevo in mente, ma che mi c’è voluto un po’ a sviluppare.
Grazie ancora per aver letto questa fanfiction e spero che possiate continuare a seguirmi, nonostante sarò poco attiva.
Un bacione e buon anno a tutti (seppur in ritardo!).

Essellunga1998
  
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