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Autore: Clover    18/11/2008    5 recensioni
Premessa: il protagonista della storia è un mio personaggio virtuale ispirato a Kyo, il cantante dei Dir en Grey. "Una bambina sta camminando mano per mano con suo padre lungo il marciapiede. La corriera ferma al semaforo mi permette di osservare tranquillamente quella scena quotidiana. Ed i miei occhi, la mia mente, il mio cuore si fermano su quella scena. Mi piace, è carica di tenerezza. Eppure c'è qualcos altro che mi attira. Il suo zainetto che fa capolino da sotto l'ombrellino rosa. Uno zainetto a forma di fragola. Una fragola gigante. Odio quelle cose cosi... Kawaii? Eppure quella fragola mi ricorda qualcosa. Il colore... il sapore... mi ricordano le labbra di una persona che conobbi tempo fa durante una delle mini vacanze che mi concedevo con la band."
Genere: Generale, Romantico, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Kyo
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
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L'aereoporto ha sempre qualcosa di cosi speciale e malinconico ai miei occhi. Sarà perchè spesso e volentieri lo percorro trascinandomi quelle borse in ostinato silenzio. Sarà perchè anche stavolta, come in passato, non c'è nessuno ad aspettarmi al di là di quei vetri cosi grandi ma cosi freddi e spietati da dividere quelle povere anime che non vedono l'ora di abbracciarsi, di ricongiungersi dopo chissà quanto tempo.
E io... io non ho nessuno che vuole abbracciarmi.
Ma può succedere, infondo capita a tutti di non avere qualcuno accanto in determinati momenti della propria esistenza. E stavolta è toccato a me, nulla di cosi preoccupante o strappalacrime. Insomma... ho fatto tutto con le mie mani. Le mie sporche mani. Ma sono sempre mie.
Ho lasciato famiglia, amici, ho lasciato il mio piccolo gruppo con cui mi dilettavo a cantare i sabati sera nei più sperduti pub della capitale.
E sembrerà strano... ma stavo bene. Ero felice, avevo tutto, non potevo lamentarmi ecco.
Eppure ad un certo punto della mia vita ho deciso di abbandonare tutto e prendere una nuova strada. Buia, fredda, sporca ma ho voluto iniziare ad addentrarmici. Ed il cambiare nazione, l'andare in una città di cui non ne sapevo neanche l'esistenza... è stato un primo passo verso un qualcosa che non conosco.

Sexy City... ma che cazzo di nome è?
Fisso con il naso puntato verso l'alto uno dei cartelloni digitali che segnano l'arrivo del mio aereo da ormai venti minuti buoni. Ho scelto questo posto perchè mi sembrava assurdo trovare una città con un nome del genere. Pensavo che non esistesse, fosse soltanto uno scherzo... quindi quando l'assistente in agenzia di viaggio mi ha detto questa località, quando mi ha mostrato dallo schermo del pc quale posto sull'aereo volessi tante le volte la mia risposta fosse stata positiva... non ho potuto fare a meno di annuire e comprare tutto.
Corso a casa, ho fatto le valige e salutato chi di dovere con qualche telefonata.
Lo so, avrei potuto organizzare una cena, una bevuta... il semplice salutarsi all'aereoporto... ma odio piangere davanti gli altri. E poi gia so che se li avessi visti non sarei più partito. Li avrei avuti i miei abbracci, ma li ho in un certo senso rifiutati.
Sono anch io un essere umano, e quindi debole... nonostante il mio aspetto da mostriciattolo... no, piccolo Gremlin.
Amo abbracciare, amo strusciare il mio viso imbronciato contro quello della persona che teoricamente dovrebbe essermi accanto. Amo compiere quei semplici gesti di giocare con dita, capelli, maniche, lacci delle scarpe. Tutto insomma pur di avere quegli attimi di semplicità e sentimento.
Eh... non sembra vero? Lo so, lo so, ma infondo ognuno di noi nasconde qualcosa. C'è chi ha un passato triste  da cui ha ricavato sofferenza, chi ha sofferto per amore tanto da non volerne più sapere nulla. C'è chi soffre di qualche malattia, c'è chi è costretto a seguire una vita che non vuole... e c'è chi è felice con una vita tra virgolette perfetta.
Io? Io sono normalissimo. Si, ho avuto i miei problemi come tutti, e neanche tanto semplici. Però sono riuscito a cacciare fuori il mio carattere forte e dare un calcio in culo alla sofferenza.
Ho voluto vivere, e voglio ancora farlo.
Voglio amare, voglio soffrire, voglio assaporare ogni aspetto di quello che mi circonda.

Una persona non identificabile ai miei occhi perennemente truccati di nero, mi ridesta dal fissare lo schermo come un'ebete. Per la precisione mi da una spallata senza neanche chiedermi scusa. ... Cazzo mi ci ero incantato senza rendermene conto con il risultato di apparire come un'idiota la cui borsa pesa cosi tanto da farlo stare tutto storto. Devo sembrare davvero un mostriciattolo con questi jeans strappati, la giacchetta in pelle, gli anfibi, le spille da balia che fra poco mi escono anche dal naso.. e la cresta... Aaahn quanto la amo.
Sono brutto, eppure mi gradisco.
Il vanto non fa parte di me, o meglio... l'unica cosa di cui mi vanto è la mia voce. E'... bella. La trovo bella, soprattutto quando canto.
Per il resto... no comment, sono addirittura un tappo. E poi la gente mi chiede perchè ho scarpe dal tacco alto... anfibi eh. Ma oltre al fatto estetico è anche perchè ogni tanto mi piace sembrare alto.
Oh... non sono un nano nel vero senso della parola, sia chiaro. Ho i miei 160 centimetri portati con orgoglio. E poi c'è il famoso detto della L no? Ok... la smetto, anche perchè una donna mi sta guardando piuttosto preoccupata visto che sto sorridendo come uno scemo in mezzo alla sala d'attesa.

Attesa di che poi? Ah... che smetta di piovere è vero.
Ma alla fine non è mica acido no? Massimo che mi succede è che arrivi zuppo in albergo.
Quando esco dall'aereoporto mi sembra di tornare a respirare. Lascio alle mie spalle quell'aria viziata per lasciare riempire i miei polmoni di quella fresca, bagnata che c'è fuori. Respiro forte, respiro bene allargando le narici e si, sto da dio.
La gente si affretta a correre nei taxi rimasti liberi per trovare riparo e tornarsene a casa.
Io invece me ne vado verso le corriere che dovrebbero portare al centro della città. Gente di ogni tipo e ogni dove prende posto in solitudine guardando fuori da quei finestrini grandi. E anch io lo faccio. Carico il borsone sopra e mi siedo accanto al finestrino. Le mani poggiate sui braccioli e la testa che affonda contro lo schienale. Fuori ci sono macchine occupate a catturare le persone e scappare via di li con le mete gia decise. Altre si fermano lasciando uscire chi dovrà partire. Alcune persone guardano anche verso la corriera per capire se l'hanno persa o ne devono prendere un'altra. E dentro piano piano il calore mi si imprime addosso. I vestiti bagnati mi danno leggermente fastidio dato che mi provocano brividi di freddo. Alcune ciocche della cresta mi ricadono bagnate lungo la fronte. Eppure è un momento sacro. Uno di quei momenti in cui guardi il mondo da una finestra e rifletti su te, su quello che c'è fuori... e non è poi cosi sgradevole se non hai brutti pensieri a macchiarti la mente.
Una bambina sta camminando mano per mano con suo padre lungo il marciapiede. La corriera ferma al semaforo mi permette di osservare tranquillamente quella scena quotidiana. Ed i miei occhi, la mia mente, il mio cuore si fermano su quella scena. Mi piace, è carica di tenerezza. Eppure c'è qualcos altro che mi attira. Il suo zainetto che fa capolino da sotto l'ombrellino rosa. Uno zainetto a forma di fragola. Una fragola gigante. Odio quelle cose cosi... Kawaii? Eppure quella fragola mi ricorda qualcosa. Il colore... il sapore... mi ricordano le labbra di una persona che conobbi tempo fa durante una delle mini vacanze che mi concedevo con la band.
Band... si, una mini band ma lo era. C'era unione, c'era voglia di far conoscere la nostra musica.
Non mi rendo conto di quanto tempo passi mentre fisso quello zaino, soltanto quando il verde torna a splendere sul semaforo, e quindi perdo la visione di quella fragola, mi dedico a cercare di ricordare bene.

Ero seduto su uno dei divanetti di un pub. Piuttosto pudico come posto, e molto accogliente a dirla tutta. Legno e musica erano quello che padroneggiava. Le luci soffuse che regalavano sfumature rossastre su tutto quello che incontravano. Non era uno di quei locali che sembravano urlare sensualità e peccato. Piuttosto era simile a quei pub dove trovi un'atmosfera solare, accogliente... una casa. E io li, piccolo e appallottolato con indosso un paio di jeans ed una camicia nera. Fuori c'era un freddo assurdo, nevicava. Lo ricordo bene perchè mentre sorseggiavo il mio tea caldo me ne stavo a fissare quei fiocchi bianchi cadere dall'altra parte della finestra. Si, ero l'unico pirla che si beveva del tea caldo in un posto del genere. O forse no.
No.
C'era qualcun altro che si stava bevendo del tea.
Profumo di fragola.
Era quello.
Un ragazzo della mia età si stava bevendo un tea alla fragola. Ecco spiegato perchè le sue labbra avevano quel sapore.
Non so come i miei occhi riuscirono a scorgerlo tra tutti quei tavolini e divanetti, ma lo fecero. Forse guidati dal fatto che il mio naso aveva fiutato quell'odore dolciastro che non mi piace... ma che adesso, se potessi lo vorrei riassaggiare dalle sue labbra.
Me ne stavo li a guardarlo senza rendermi conto di poter essere notato. I miei compagni erano impegnati ad una partita a biliardo cui io non avevo voluto partecipare. Le mie mani stringevano la tazza bollente avvicinandola alla mia bocca automaticamente. Sorseggiavo fissando quella particolare capigliatura infuocata che difficilmente potrebbe essere ignorata. Quei lineamenti cosi... belli. Si, erano semplici ma belli ai miei occhi. Una delle poche cose belle che i miei occhi abbiano mai visto.
Lui se ne stava li a gustarsi il suo tea senza prestare attenzione a quello che lo circondava. E mi piaceva. Menefreghista verso tutto e tutti, aveva quell'aria cosi sicura di se e strafottente ma allo stesso tempo tranquilla. E quel trucco agli occhi identico al mio, non gli donava un'aria femminile, semplicemente evidenziava i suoi occhi. Belli, anche quelli.
Ma quanto potevo stare a guardarlo? Rischiavo di farmi beccare in pieno, e la cosa non mi andava sinceramente. Non sembra ma a volte quando vengo colto in fragrante mentre osservo qualcuno arrossisco come un idiota.
La tazza poggiata sul tavolo, un'occhiata all'esterno e le mie sigarette strette in una mano. Meglio riprendersi, meglio uscire fuori e approfittare di quel freddo per darmi una controllata.
E mentre uscivo da li, anzi scappavo, non mi preoccupavo minimamente di guardare se quel ragazzo fosse ancora li. Tanto l'avrei visto all'esterno se se ne fosse andato.
Nel sentire il freddo congelarmi e pugnalarmi nelle membra, è normale che una smorfia fosse uscita fuori. Non che fosse una cosa rara, sono perennemente imbronciato, anche se sto bene e tranquillo. Sarà che mia madre mi ha partorito imbronciata, non lo so.
Ma almeno nell'uscire fuori ebbi l'accortezza di mettermi la mia sciarpina grigio fumo attorno al collo. Eh, la mia voce è preziosa.
I cerchi di fumo provocati dalla sigaretta stile bru califfo si spezzavano nell'incontrare i fiocchi di neve che cadevano incessanti dal cielo. Poggiato contro una parete esterna del locale, sotto la tettoia, me ne osservavo il boschetto di pini davanti ai miei occhi.
Ah... non l'ho detto? Era una località di montagna quella dove mi trovavo.
Guardavo nel fitto del bosco, senza badare a quello che mi circondasse al momento. Non so, penso che la mia mente fosse vuota in quei minuti, perchè non pensavo neanche più a quel ragazzo. Era cosi vuota che soltanto dopo un po' mi accorsi di non essere più solo. Qualcuno si era fermato accanto a me copiandomi nel fumare e guardare quella meraviglia che la natura ci offriva.
No.
La meraviglia della natura mi era accanto.
Era lui con quel suo profumo di fragola che neanche il fumo delle nostre sigarette riusciva a nascondere.
Il mio viso rivolto verso di lui, me lo guardavo. No, me lo mangiavo. Lo osservavo tenendo quella sigaretta ferma tra due dita. E non mi importava di poterlo infastidire, forse perchè neanche mi rendevo conto a pieno di quello che stavo facendo.
E non so come, ma immagino il perchè, mi ritrovai i suoi occhi puntati sui miei. Ovvio, si doveva sentire piuttosto e ossessivamente osservato. Ma per qualche assurdo motivo non riuscivo a staccare gli occhi da lui. Invidiavo la sua sigaretta che le sue labbra assaporavano. Invidiavo tutto ciò che entrasse a contatto con lui. Com'era possibile?
E fu lui a spezzare quel silenzio ovattato dato che io ormai avevo perso l'uso della parola. La sigaretta ridotta ad un cicca persisteva a stare tra le mie dita. E fu proprio per quella che mi ritrovai ad ascoltare la sua voce.
"Guarda che puoi anche buttarla ormai..."
Bella.
Tremendamente bella.
Forse anche più della mia.
E me lo fissavo senza accennare a parlare, non è che avessi connesso bene quelle parole. Tanto che dovette essere lui stesso a prendermela e gettarla in uno di quei posaceneri che lasciano sui davanzali delle finestre. E li ovviamente non potei fare a meno di tornare in me. Eh, bella figura vero?
"Grazie..."
Che altro potevo dire? Scusa siccome ti stavo mangiando con gli occhi mi ero dimenticato di quella sigaretta? Si, sarei stato sincero nel dirglielo, ma penso che l'avesse capito da se. Quindi oltre a quel grazie seguito dal solito broncio, non ci fu altro da parte mia.
Ma almeno ebbi la decenza di spostare nuovamente il mio sguardo su quel manto innevato davanti a noi. Non avevo voglia di rientrare in quel caos, forse anche perchè lui era li.
E quel profumo di fragola...
Cazzo l'ho sempre odiato, eppure in quel momento mi inebriava i sensi.
"E' bello vero?" e nuovamente la sua voce. Ma stavolta non lo guardai, mi limitai ad annuire portandomi le mani dietro la schiena. "Anche se io sono molto meglio." E li sorrisi davanti a quel suo vanto cui ritenevo giusto. Lo condividevo.
"Non ti sembra di esagerare?" provai, tanto per non voler smettere di ascoltare la sua voce.
La sua sigaretta finì per affiancare la mia gia spenta prima che riprendesse a parlare. Non guardava più la neve, guardava me adesso. Sentivo i suoi occhi puntati addosso e non potevo fare a meno di sentirmi a disagio. Osservavo ostinatamente davanti a me mentre parlava.
"No. Sono magnifico." Un sorriso con quelle parole. Un sorriso che quando lo guardai quasi mi strappò via il cuore.
Ci si può innamorare a prima vista di uno sconosciuto?
Temo proprio di si.
"Magnifico." Lo ripetei senza rendermi conto del trasporto che ci misi. Ma lui si, se ne rese conto. Lo capii da quel sorriso di soddisfazione. Lo capii dal fatto che mi ritrovai quel viso fin troppo vicino mentre mi osservava con quegli occhi.
"Mh?" non seppi dire o fare altro. Immobile a guardarlo senza capire perchè tutta quella vicinanza. Sapevo solo che quel profumo di fragola adesso mi era ancora più evidente, persisteva nel volermi rincoglionire insomma.
E quel profumo in un attimo divenne sapore.
Fragola mista a tabacco.
Le nostre labbra erano poggiate l'una sull'altra.
E non mi scansai. Come potevo? L'oggetto dei miei desideri mi stava baciando, quindi non potei che ricambiare. Io poggiato contro il muro di quel pub, lui davanti a me nascondendomi dalla vista di persone esterne a noi due. E quella neve che continuava a cadere, a rendere tutto cosi dannatamente perfetto.
Non sono mai stato una persona romantica, eppure in quel momento ero emozionato come un bambino.
Il rossore sulle mie guance, il mio cuore che sembrava volermi uscire fuori dal petto. Le sue mani poggiate sul mio viso e le nostre bocche sigillate l'una con l'altra.
In quel silenzio mi resi conto di quanto desiderassi quel ragazzo.
Quando quel bacio finì, rimasi immobile a guardarmelo. Non chiedevo perchè, non chiedevo promesse d'amore. I miei occhi chiedevano soltanto la sua compagnia. Mi andava bene anche una partita a biliardo, bastava che lui ci fosse ancora un po'.
Chinai il capo quando le sue mani raggiunsero i bordi della sua felpa nera. E non capii, tanto da aggrottare la fronte. Ma lui sembrava sapere quello che faceva, cioè spogliarsi in quel posto dove facevano si e no tre gradi. E noi due perfetti idioti a congelarci. Masochisti.
Se ne rimase con una maglietta a maniche lunghe bianca come quella neve alle sue spalle mentre la sua felpa mi veniva offerta.
Ora... chiunque avrebbe rifiutato e sarebbe piuttosto rientrato dentro cosi nessuno dei due si sarebbe congelato per quei gesti di cosa? Gentilezza?
Invece io me la presi avidamente e la indossai senza pensarci due volte. E quando sbucai dal collo di quella felpa, non potei fare a meno di ritrovarmi il suo sorriso, i suoi occhi a guardarmi. Ma contraccambiai. Io che sorridevo? Non capitava spesso, non con degli sconosciuti. Mi srotolai la sciarpa in modo da potergliela mettere. Se lo fece fare senza dire nulla.
Io con la sua felpa, avvolto nel suo profumo.
Lui con la mia sciarpa, chissà se il mio gli piaceva.

La neve decisa a ricoprire tutto, non riuscì a fermare i nostri passi, la nostra fuga dal pub, dai nostri amici, da tutto quello che avevamo lasciato. Diretti all'albergo dove lui stesso era fermo da qualche giorno. Io il giorno dopo avevo un pullman da prendere con gli altri, ma non mi importava. Per una volta volevo osare, volevo essere egoista e tenere la mia mano stretta nella sua mentre mi conduceva verso quel posto. Caldo, accogliente, impregnato del suo profumo.
E adesso c'era anche quel profumo di fragola.
Nell'aria, sulle sue labbra... sulle mie.
Provai un po' di imbarazzo a dirla tutta quando la porta della stanza si chiuse alle nostre spalle. Il caos, avevo trovato qualcuno disordinato quanto me. Videogiochi, pacchetti di sigarette... non mi sembrava vero. Fissavo quello che mi si presentava davanti senza riuscire a fare altro. E fu lui a ridestarmi da quel torpore.
Alle mie spalle, le sue mani finirono con il poggiarsi sui miei fianchi stretti. Mi ritrovai senza felpa. La sua felpa.
Ma non faceva freddo li dentro, anzi. C'era un piacevole calore sparso tra quelle quattro mura.
"Voltati..." La sua voce, profonda e dannatamente bella mi arrivò ad un'orecchio sottoforma di sussurro.
Non ci mettei comunque molto a voltarmi come aveva richiesto. I miei occhi immersi nei suoi, le mie mani strette a pugno mentre le sue erano ancora poggiate sui miei fianchi. Lo guardavo senza sapere cos'altro dire.
E le nostre labbra nuovamente a contatto mentre mi guidava verso quel letto rimasto sfatto.
Hai dormito fino a prima di uscire? Avrei voluto chiederglielo, ma non lo feci. Troppo avido di quella bocca, troppo avido di lui.

Una buca presa in pieno da una ruota della corriera mi fa sussultare distrendomi dai miei pensieri. Dai miei ricordi. Alzo lo sguardo sul display nei pressi dell'autista: la mia fermata è la prossima. Con un sospiro mi alzo da quel posto confortevole rispetto all'esterno. Prendo la mia borsa, mi allaccio per bene il chiodo nero sistemandomi quella sciarpa color fumo. Si, l'ho ancora dopo tutto quel tempo. Sono passati anni, il suo profumo ormai è sbiadito, ma non il suo ricordo.
Mi sposto verso le porte, diversa gente gia mi precede. Deve essere una fermata popolata.
Mi viene da sorridere. Forse per quel ricordo, forse perchè nonostante dopo aver trascorso la notte con lui sono scappato la mattina seguente. L'ho fatto per paura di quello che provavo penso. Non lo so, non l'ho mai capito.
So soltanto che ho raggiunto il pullman dove mi aspettavano i miei amici incazzati neri.
E non gli ho neanche chiesto il suo nome.

It's the wrong kind of place
To be thinking of you...

Eppure non posso fare a meno di pensarti mentre la pioggia torna a bagnarmi. Dove sei, cosa fai, qual è il tuo nome...?
Le strade sono nuove, i volti ora diversi da quelli che incrociavo spesso. C'è meno frenesia rispetto a dove abitavo. Il mio albergo ovviamente si trova da tutt'altra parte. Pensavo si trovasse in centro, invece si trova in uno di quei quartieri visti non molto bene. Ma non importa, mi abituo a tutto. Mi adeguo alla perfezione, e chissà... magari tra tutto quello sporco riesco a trovere qualcuno da considerare.
Certo, non è perfetto come allora. La neve non c'è, gli alberi, quel freddo pungente ma pulito. Le voci alle nostre spalle, il tea caldo, quel profumo... te, non ci sei. E sento un po' di malinconia. Posso sopportarlo, ma non mi dispiacerebbe rivederti ora.
Sapere il tuo nome.



   
 
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