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Autore: Figlia di un pirata    08/01/2015    0 recensioni
Per chi sente nostalgia di casa e per chi, in realtà, non sa cosa significhi "sentirsi a casa".
Cosa può succedere quando due studenti irlandesi fuori sede si ritrovano a pochi giorni da San Patrizio e sperimentano sulla propria pelle il logoramento che provoca la distanza dalla propria patria?
Ispirata a "Paint the town green" dei The Script, una One Shot a cui attribuire solo un colore: il verde.
Ma il verde non rappresentava la speranza?
Niall era sicuro che Caitlin non sarebbe stata così incurante quando, tornando a casa, avrebbe avvertito una certa sensazione di freddo al didietro e si sarebbe lamentata del suo potenziale raffreddore, criticando l’Inghilterra che “niente ha a che fare con la mia Irlanda, ma chi me l’ha fatto fare di studiare in questo posto per snob?”. Ciononostante, le si sedette accanto, avvertendo uno spiacevole brivido.
Genere: Fluff, Sentimentale, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Niall Horan, Nuovo personaggio
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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 Paint the town green.


Questa storia è per Carlotta, perché tra settantotto giorni realizzeremo uno dei nostri sogni.
Che tu possa realizzare tutti, tutti i sogni che hai.


And I know you’re missing home
It’s been so long since you’ve left
And that life you had in Dublin
Now ain’t nothin’ but a dream
To be right there in that moment
You’d give anything to be
It’s alright
‘Cause tonight
We’re gonna paint the town green
 
Niall guardò con afflizione la ragazza che gli stava accanto, china sui libri da cui non si staccava da ore, con la scusa di dover studiare per l’esame imminente. La scusa. Niall lo sapeva che era tutta una scusa, perché l’espressione che troneggiava sul viso di Caitlin non gli era per niente nuova. Del resto, era la stessa che assumeva sempre anche lui, nei primi anni lontano da casa, quando il 17 marzo si avvicinava. Era così strano per un irlandese come lui, e come lei dopotutto, non celebrare il giorno di San Patrizio a casa, in Irlanda, anche se si era in Inghilterra a frequentare una delle università più prestigiose del mondo, anche se si stava lavorando duramente per coronare il proprio sogno. Essere lontano da casa era già abbastanza duro, ma esserlo in certe occasioni lo rendeva ancora di più: sconvolgeva quel piccolo sprazzo di tradizione insita in ogni abitante di Dublino, come loro due.

And your friends are on the phone there
We’re so close to Paddy’s Day
And it kills you not to be there
But life got in the way
If I had to break the bank
Spend every penny on your dreams
It’s alright
‘Cause tonight
We’re gonna paint the town green
 
All’ennesimo sbuffo della ragazza che, com’era evidente, non riusciva a concentrarsi neanche un po’ su cosa stava disperatamente cercando di memorizzare, Niall si alzò dalla sedia dell’appartamento della giovane studentessa e si decise a fare quello che, ne era sicuro, l’avrebbe fatta stare meglio. E, oh, non gl’importava assolutamente nulla di cosa lei avrebbe replicato.
- Alzati. - ordinò semplicemente, mentre quella si spostava nervosamente una ciocca di capelli color sabbia dietro l’orecchio.
Finalmente, dopo ore, Caitlin alzò lo sguardo dal volume, lo sguardo confuso. - Cosa stai dicendo? Devo studiare. Anzi, dobbiamo studiare. - rettificò.
La liquidò con un gesto della mano, avvicinandosi all’attaccapanni per recuperare entrambi i cappotti, assolutamente necessari in una città come Oxford. - Non stasera, Cay. Conosco quello sguardo.
- Quale sguardo? - ma non era in grado d’ingannare il ragazzo, che aveva sopportato in silenzio quella sua stessa tortura per troppo tempo.
Lui abbozzò un sorrisetto, dirigendosi verso l’ingresso e invitandola silenziosamente a fare lo stesso. - Non provare a fingere, ci conosciamo da... - fece un breve calcolo mentale, dall’alto dei suoi ventidue anni. - diciassette anni? Anno più, anno meno? - azzardò. - Domani è il diciassette, non credere che me ne sia scordato.
La ragazza, che ovviamente non aveva esitato a seguire il ragazzo – l’aveva sempre fatto, del resto! –, abbassò lo sguardo, malinconica. - I nostri amici non la smettono di mandarmi messaggi sui preparativi per San Patrizio. Non ce la faccio più. - confessò.
L’altro sorrise stavolta apertamente, socchiudendo gli occhi azzurri, e prima di varcare la soglia gettò uno sguardo al frigorifero ricoperto di magneti. - Non preoccuparti, Oxford sa essere molto irlandese, a modo suo. - la rassicurò.
- E con questo cosa vorresti dire? - chiese Caitlin scettica, con un misto tra curiosità e timore a colorare le sue iridi verdi.
- Devi solo sapere dove andare. - aggiunse enigmatico, mentre sembrava voler fotografare con lo sguardo una calamita in particolare, quella raffigurante un trifoglio di un verde brillante. - Sei pronta a colorare questa città di verde?
 
And we travelled on the subway
Like it was the Luas line
Chase the Hudson to the Liffey
Where we kissed for the first time
Turn the city into Dublin
Yeah, wherever we may be

Quando si trovarono all’esterno dell’appartamentino da studentessa che apparteneva alla “signorina Caitlin Lynch”, come due bambini, si presero per mano. La ventenne si lasciò trascinare per tutta la città dall’amico di una vita, correndogli dietro cercando di tenere il suo passo.
- Dì’ un po’, Horan, - lo apostrofò col fiato corto quando finalmente si fermarono nei pressi della metropolitana. - da quando corri così veloce? Ero rimasta a te che ti ingozzavi di ciambelle al Super Value. - citò il nome del supermercato dov’erano soliti rifugiarsi da adolescenti per comprare ogni elemento commestibile potessero trovare a un prezzo abbordabile, per poi spazzolarlo in pochi minuti nel parchetto adiacente all’edificio.
Lui rise, probabilmente travolto a sua volta dall’ondata di ricordi felici, spensierati, ricordi solo di loro due. - Fingerò di non aver sentito, piccola Cay. - così dicendo passò la mano sinistra tra i capelli della compagna, scompigliandoli. - Comunque, non ti ricorda niente questo posto?
- Dovrebbe? - domandò di getto lei, prima di aprirsi in un grande sorriso. - Luas Line! - esclamò.
- “Benvenuti sulla Luas, il sistema di metropolitana di Dublino”. - dissero in coro, imitando la voce metallica che li aveva accompagnati, soprattutto nel periodo del liceo, quand’erano soliti utilizzarla per recarsi a qualche festa o per correre in soccorso l’uno dell’altra, causa qualche pazzia dettata dall’ingenuità così tipica degli adolescenti.
Mentre facevano i biglietti, Caitlin sentì un rossore diffondersi sulle sue gote generalmente molto chiare, e Niall ovviamente se ne accorse.
- Che succede? - un lampo di consapevolezza gli attraversò lo sguardo furbo. - Oh, non dirmi che ti stai ricordando...
Lei lo interruppe, agitando le mani in aria e saltellando sul posto, e sembrava tanto impazzita che qualche curioso inglese si fermò a scrutarla prima di fare spallucce e tornare sui propri passi. - Non un’altra parola, tu!
- Oh, allora credo che non ti piacerà il posto in cui stiamo andando. - osservò il giovane studente, mentre la metropolitana giungeva alla stazione e si fermava, permettendo loro di salire a bordo.
- Perché? - chiese la ragazza, improvvisamente ansiosa, mentre si poggiava su un sedile e continuava a ripetersi di trovarsi sulla Luas Line. Lì fuori, Dublino non sembrava poi così lontana. Non troppo.
- Lo vedrai.
 
E Caitlin lo vide, perché quando giunsero a destinazione poté solo portarsi le mani alla bocca mormorando un “Il Liffey” che fece sorridere Niall, perché anche lui aveva provato la stessa sensazione.
Lei si affrettò a correggersi. - Voglio dire, lo so benissimo che siamo al Cherwell, però... - s’interruppe, stizzita. - Avevamo detto che non avremmo più parlato di quel giorno! - esclamò, incrociando le braccia sotto al seno e iniziando a camminare sulla riva del fiume, sulla cui acqua non propriamente limpida si rifletteva un cielo che iniziava a tingersi di scuro, tanto che si potevano già ammirare le prime stelle. In lontananza, la visione di alcune case riempì il cuore della ventenne di una sensazione di familiarità che non provava più da tanto.
Lui le si avvicinò con aria divertita, inspirando a fondo l’aria salmastra che, non poteva negarlo, gli ricordava terribilmente di quel giorno e della sensazione di essere a casa che aveva provato, una sensazione che ricordava nonostante fossero passati anni. - Tu te lo ricordi? - la provocò senza volerlo realmente fare, perché nella sua mente scorrevano, come le scene di un film, i momenti più significativi di quel marzo che pareva appartenere a un’altra vita.
- Certo che me lo ricordo ma, per la miseria, avevamo quindici anni! - sbuffò, prima di sorridere e sedersi su una panchina, incurante dell’acqua che la ricopriva.
Niall era sicuro che Caitlin non sarebbe stata così incurante quando, tornando a casa, avrebbe avvertito una certa sensazione di freddo al didietro e si sarebbe lamentata del suo potenziale raffreddore, criticando l’Inghilterra che “niente ha a che fare con la mia Irlanda, ma chi me l’ha fatto fare di studiare in questo posto per snob?”. Ciononostante, le si sedette accanto, avvertendo uno spiacevole brivido.
Continuò. - Eravamo seduti su una panchina tipo questa. E il Liffey era come il Cherwell oggi, solo che era molto più  tardi. - alzò lo sguardo al cielo. - E c’erano molte meno nuvole. - si voltò verso di lui, fino ad avere una visione degli occhi cerulei dell’amico molto più completa di quanto potevano vantarsi di aver avuto tante altre ragazze. - E io stavo piangendo, non mi ricordo perché... - esitò.
Niall intervenne, passando un braccio attorno alle spalle della compagna e stringendola a sé, sentendosi un po’ un vecchio nonno che ricorda i bei vecchi tempi. Immaginò per un attimo la sua vita cinquant’anni dopo, ma poi scosse la testa, pensando a chi aveva al suo fianco. - Quello stronzo di Louis ti aveva detto che non meritavi nessuno, quando eravate alla festa di Harry. Era ubriaco marcio, tutti sapevano che era innamorato di te dal primo anno, tranne te, che gli hai pure creduto! - le rammentò, mentre nella sua mente si figurava il modo in cui avevano fatto il viaggio in metro e, mentre lei era alla festa di quel montato di Harry Styles, lui se n’era rimasto solo a pensare a quelli che, a quell’età, gli sembravano dei problemi irrisolvibili.
- Ah giusto! - il volto di Caitlin sì illuminò. - Quando me ne sono andata, non pensavo di trovarti qui... - si morse la lingua, correggendosi subito dopo. - cioè, lì. Ti stavo per chiamare, ma tu eri già qui... intendevo, eri già lì. - si concesse una pausa, mentre l’atmosfera tra loro si faceva densa di avvenimenti che non rispolveravano da tempo. - Come sempre. - un sospiro, si permise di abbassare lo sguardo per un secondo ma, quando lo rialzò, gli occhi del biondo erano ancora lì a guardarla, nel modo protettivo che l’aveva sempre contraddistinto. - E poi ci siamo parlati, e tu mi hai consolato, e io non piangevo più. - parlava sempre più veloce, faceva così quand’era nervosa, e Niall lo sapeva – c’era qualcosa che non sapeva di lei? –, fin troppo. - E... ci siamo baciati. - concluse in un soffio. - Chissà perché.
- Perché avevamo quindici anni ed eravamo presi dagli ormoni. - rise l’altro, una strana sensazione di vuoto al centro del petto, mentre respirava lentamente. - O forse perché ero la persona più sfigata del mondo e ti facevo pena. - suggerì. - Mi hai chiesto di non parlarne mai con nessuno, non volevi che la nostra amicizia finisse.
Lei annuì, gli occhi sempre fissi su di lui, che la stringeva. Si avvicinò quasi impercettibilmente. - Già. E non è finita ancora, così pare. - constatò.
- Sì, così pare. - ripeté lui, mentre il suo sguardo si alzava. - Era buio tipo così?
Caitlin parve pensarci un attimo e si mordicchiò il labbro sovrappensiero osservando la sfumatura del cielo. - Sì, tipo così. - convenne.
Allora un’idea balzò in testa a Niall che si disse che forse, a cinque anni di distanza, era giunto il momento di rifarlo. Dopotutto, stavano cercando di ricostituire l’atmosfera di Dublino, e non c’era niente che gli ricordasse Dublino più di quello. Avvicinò le labbra a quelle dell’amica, chiudendo gli occhi e sentendosi leggermente sorpreso quando lei non si scansò, anzi, gli portò una mano sul collo, intrecciando le dita ai morbidi ciuffi di capelli che vi trovava.
Quel bacio somigliava così tanto all’unico che si erano scambiati tempo prima. Sembravano gli stessi quindicenni col peso del mondo sulle proprie spalle, gli stessi adolescenti impacciati, alle prese con qualcosa che non potevano definire e che sentivano tanto sbagliato e imbarazzante perché loro non avevano mai pensato all’altro in quel modo. O comunque, questo è ciò di cui si convincevano.
Caitlin sorrise quando le loro labbra si staccarono, quasi dolorosamente, e Niall fece lo stesso. Per lei, in quel momento, la vaga nostalgia di qualche momento prima si era completamente dissolta.
Era tornata a casa.
 
Just like home
Let’s color the streets like our own
Let’s make this place feel like our own
It’s just you and me,
It’s alright
‘Cause tonight
We’re gonna paint the town green.
   
 
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