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Autore: maliebersgirl    09/01/2015    3 recensioni
“Allora è questo il problema:” mi parve di notare una sfumatura di divertimento nel suo tono di voce, e sempre da quella intuii che sorrideva “sei gelosa.”
***
“NO. Hailey, ti prego, no. Ti giuro che cambierò, che ti terrò in considerazione, dam..-” Lo fermai di nuovo, dopo aver preso anche il cellulare dalla superficie legnosa ed averlo messo nella borsa senza preoccupare di bloccarlo.
“No lo dico io, Justin. Hai detto troppe volte che saresti cambiato, ti ho sempre creduto, ma ora basta... veramente basta.”
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Justin Bieber, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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ATTENZIONE: 
Con la storia che segue, personalmente scritta, non intendo rappresentare il carattere veritiero né di Justin Bieber né di Hailey Badwin, né offenderli in alcun modo; è tutto frutto della mia mente troppo fantasiosa. Ps: nelle note in fondo spiegherò perché la scelta di questo personaggio.


Il cielo nuvoloso dei primi giorni di gennaio, stranamente, non mi procurava angoscia alcuna, anzi: mi dava un certo sollievo constatare che per una volta un elemento sferico – non dipendente dalla volontà dell’uomo – si trovasse d’accordo con il mio umore definibile solo con un aggettivo: nero. E non un nero sbiadito, tendente al grigio, no; un nero pieno e fitto.


Mi distaccai con la spalla dal bordo in legno della finestra, sulla quale lasciai cadere le tende spesse e dal tono neutro, ovvero beige. Le avevo sempre – e sottolineo sempre – odiate ma, stranamente, quel giorno ringraziai col pensiero l’interior designer che le aveva proposte e mia madre che le aveva scelte non molto tempo prima.

Arretrai di qualche passo, per compirne altri, lenti ed incerti, intorno al lungo tavolo che arredava la sala da pranzo – ambiente che comunicava con il salotto, siccome privo di porte e muri dietro cui nascondersi – al momento vuota; vuota come il resto della villetta a tre piani.

In un certo senso, mi sentivo anche io vuota; lo ero davvero? Mi risposi di no, poiché ribollivo. Di cosa? Di gelosia, rabbia e frustrazione. Per altre persone, questi sentimenti elencati potevano avere dei colori ma per me, al momento, erano tutti neri.

Neri come la notte – perché sì, la notte per me era nera e non blu -; neri come l’Audi coupe di mio padre; la Yamaha di mio fratello; neri come i numerosi vestiti ed accessori coordinati – oltre che firmati – che spesso indossava mia madre; neri come l’Iphone5 che reggevo tra le mie mani tremanti, sul cui display avevo visto – e continuavo a vedere, tra l’incredulità, la rabbia e la meraviglia – le foto di quello che era il mio ragazzo, pericolosamente in forse, in mutande firmate Calvin Klein.
 
“Justin, no.” Ripetei per l’ennesima volta, abbastanza scocciata dal suo continuo insistere, mentre mi accingevo a tenere le iridi fisse sul display della tv ultratecnologica appesa alla parete del suo salotto. Stavano trasmettendo una vecchia puntata di Gossip Girl e, pur di mettere la parola FINE a quell’inutile discussione, mi accontentavo di aggrapparmi alla scusa del “Lasciami seguire l’episodio che non conosco!
“Dai, Ley...” abbozzò con il tono di voce flebile e, dapprima eccitato per l’opportunità, ora contrariato dal mio negargliela: “..non reagire così, sai bene che è solo per lavoro, no? Sono solo fotografie, che sarà mai?” Sentii la sua presenza accanto alla mia, confermata dall’affossarsi del divano sotto il suo notevole peso.
M’imposi di restare calma, di non agitarmi, né di rivolgergli la benché minima attenzione, altrimenti – se solo avessi guardato quegli occhi color gianduia – avrei ceduto. Era certo come la nostra relazione, segreta al mondo cui appartenevamo e di tutto ciò che esso ne comportava.
“Già. Milioni di ragazzine, e non solo, che sbavano sul corpo del mio ragazzo ritratto in semplici foto, per di più con un’altra modella, che sarà mai, Jus? Niente, hai ragione.” Bofonchiai quella frase tutta d’un fiato, a denti stretti, con gli occhi ridotti in due fessure e la mano salda sul telecomando della tv.
“Allora è questo il problema:” mi parve di notare una sfumatura di divertimento nel suo tono di voce, e sempre da quella intuii che sorrideva “sei gelosa.” Mi irrigidii nel sentire la parte anteriore del suo indice sfiorarmi l’angolo della bocca; mi scostai di scatto, sollevandomi dal divano.
“Come se tu, guardandomi su delle pagine di una rivista patinata, avvinghiata ad un qualche strafigo come Lachowski o chissà chi, non lo fossi.” Ero indecisa se gettare il telecomando sul tavolino in vetro o sul divano e, non volendo rompere nulla, infine optai per il divano, dopodiché incrociai le braccia sotto al seno coperto dalla stoffa di un aderente maglioncino, il quale mi lasciava scoperto la spalla destra, lasciando intravedere la sottile bretella del reggiseno in pizzo bianco; su quel particolare punto avvertii il calore di un bacio a schiocco lasciato da quelle perfette labbra a cuoricino...
‘Non pensare a quelle labbra, non pensare a quegli occhi, non pensare a te avvinghiata sotto di lui tra le lenzuola... non pensare e basta.’
“Lo sai che sei sexy quando ti arrabbi?” Rise al mio orecchio destro e, istintivamente, chiusi gli occhi e ancora una volta dovetti appellarmi al mio autocontrollo di ferro e restare rigida tra quella porzione di spazio – caratterizzata dal vetro della finestra al quale ero appoggiata – e il suo corpo maledettamente asciutto e provocatorio.
“Lo sai che ti lascio se farai quel servizio fotografico?” Gli domandai in risposta, scaturendo nient’altro che una semplice risata genuina e un abbraccio avanzato da dietro; le sue braccia mi avvolgevano stretta, come se temesse che da un momento all’altro scappassi.
“Addirittura, Ley? Che esagerata.” Rispose scherzoso, e potei constatarlo dal tono di voce, stringendo maggiormente la presa sui miei fianchi snelli.
Per quanto lui potesse scherzare, io ero tremendamente seria.
 
E da quel giorno, di tale ‘questione’, non se n’era più parlato. Ma ora sì.
 
Afferrai la mia shopping bag nera – firmata Michael Kors – e  al suo interno gettai l’Iphone, il mazzo di chiavi costituito da quelle di casa, macchina e cancelli vari, oltre che quella del garage, portafogli e uscii di casa, dimenticando persino il giacchetto di pelle con cui coprirmi dal fresco soffio del vento invernale.
 

***

Varcare il cancello della maestosa villa a me, particolarmente, conosciuta non era stato affatto un problema. Come, d’altronde, non lo era stato entrarci ed accomodarmi come se fossi a casa mia; non la prima, sicuro, ma la seconda di certo poiché passavo molto tempo tra quelle mura impregnate del suo odore mascolino, mischiato a quello del suo bagnoschiuma e ad un altro di cui ora ignoravo completamente l’esistenza.

Molto probabilmente apparteneva a qualche detergente utilizzato dalla signora Pattie o da, quella di servizio, Morinne; entrambe sante se riuscivano a tenere in ordine, e pulita, una reggia come quella.

Sbuffai e lasciai cadere la borsa sul divano, non prima però di aver prelevato dal suo interno il mio Iphone. Di quest’ultimo, smanettando tra le varie opzioni, avevo impostato la luminosità continua cosìcché le sue foto fossero ben in vista, qualora fosse arrivato da qualche lato o porta di quella dimora, e per ultimo l’avevo appoggiato sulla superficie legnosa di uno dei tanti mobili che caratterizzavano l’arredamento.

Le lancette del mio orologio da polso, il cui cinturino era composto da molteplici fili in stoffa colorati e tra loro intrecciati – richiesto al suo orologiaio di fiducia - , mi suggerirono che mancavano meno di cinque minuti alla fine della partita di basket a cui doveva partecipare oggi, assieme ai suoi amici svitati.

Perché lo erano, eccome se lo erano.

Non ebbi modo di commentare ancora le personalità altrui siccome, riconoscendo i suoi passi pesanti e il rumore che provocava lo scontro tra il ciondolo a forma di cappello e le chiavi pendenti dal mazzo, dedussi che, era arrivato e me lo confermò lo spalancarsi totale della porta d’ingresso.

Arretrata, adagiai la fascia della bassa schiena contro il bordo spesso del tavolo e lateralmente ai fianchi appoggiai le mani, le cui nocche erano già bianche.

Liberata la criniera biondo platino, colore da poco sperimentato, si passò in essa il palmo di una mano per sparpagliarli in modo caotico sul capo sudato, così come il resto del petto spudoratamente nudo. Per mia immensa gioia, dalla vita in giù, a coprire le sue prime ed evidenti fattezze da uomo, c’erano un paio di pantaloni della tuta neri, i cui orli andavano a nascondersi nelle supra rosse.

Ammisi a me stessa di essere gelosa di quelle gocce d’acqua, sempre meno copiose, che gli scorrevano sui tratti scolpiti – dalle ore trascorse in palestra – del petto e decorati dall’inchiostro dei tatuaggi. Ero parecchio gelosa anche di quello, sì.

Fu un mio terzo sospiro, esalato con l’intenzione di mantenere la calma, ad attirare la sua attenzione e, quindi, lo sguardo sulla mia figura immobile.

Alzò piano gli angoli delle labbra in un sorriso ampio, seppur lascivo e malizioso; sorriso che andò ad affievolirsi non appena urtò col fianco il mobile sul quale era adagiato il mio cellulare. Impiegò pochi secondi a chiudere la porta di casa, lasciar cadere la palla da basket sul pavimento e ad avvicinarsi a me.

“Alt!” Esclamai io, con tanto di palmi sollevati a mezz’aria, sperando capisse che volevo distanza tra noi. “Non ci pensare minimamente ad avvicinarti, Justin.”

Contro ogni mia previsione, rispettò la mia decisione e rimase a dieci passi da me, con il suo sguardo serio che affogava nel mio, altrettanto serio.

“Io... Io posso spiegarti, Hailey.”

Quella sua prima affermazione mi fece scoppiare in una risata; una risata né gioiosa, né divertita, né genuina: semplicemente una risata isterica.

“Cosa vorresti spiegarmi, Justin? Come il tuo manager o il fotografo, o magari la modella, t’abbiano trascinato per i capelli sul set? Eh?” Scossi la testa, liberando prontamente l’occhio destro dal ciuffo di capelli biondi che era ricaduto su di esso, poi sospirai senza far sfumare il sorriso falso sulle labbra piene.

“Ma maledizione, Ley, sono delle fottute fotografie! Niente di più!” Gridò furioso, con le mani tra i capelli biondicci, mentre s’azzardava ad avanzare col passo. Istintivamente mi scostai, inserendo tra noi una distanza oceanica e non solo fisica. “Perché scappi da me? Vieni qui.”

Mi presi la briga di scuotere nuovamente la testa e di socchiudere un attimo gli occhi, riaprendoli un istante dopo.

“Saranno delle semplici fottute fotografie per te, Justin, non per me. E questo va oltre la gelosia, poiché TU - ” e nel gridare, gli puntai il dito indice contro “ti prendi l’immensa libertà di fare tutto ciò che ti pare, ignorando volutamente la mia opinione! Te ne rendi conto o no?”

Era così tanta la rabbia che mi attanagliava lo stomaco e la gelosia che comportava l’infiammazione del cuore che, strinsi le mani in due pugni, facendo sbiancare le nocche.

“Non è assolutamente vero! Io non ignoro le tue opinioni, né le tue volontà, io –” lo fermai prima che continuasse a dire cazzate su cazzate, e presi io parola: “Hai forse il coraggio di ammettere che non ti ho lasciato partire con i tuoi amici a Giugno, per quei pochi giorni, quando IO ero qui a studiare per gli ultimi test prima del diploma? Hai il coraggio di ammettere che non ti ho lasciato far tardi ad uno dei tanti festini a cui hai partecipato, nonostante io fossi malata e me ne stavo a letto? Oppure vuoi negare che hai ignorato quando ti ho perdonato per l’omessa ‘scappatella’ con Selena? Ammetti, avanti.” Sbottai molto più che arrabbiata e lo si poteva notare dalla posizione difensiva che avevo assunto, ovvero: braccia incrociate sotto al seno e distanza tra noi.

Si limitò a sbuffare sonoramente e a meditare, parlando dopo un lasso di tempo che mi parve infinito.

“Ti giuro che nell’arco di un mese e, forse anche meno, non le vedrai più e tornerà tutto come prima. Saremo di nuovo tranquilli, te lo giuro.” Sapendo di non potersi avvicinare a me, sennò mi sarei di nuovo allontanata, se ne stette appoggiato con la schiena contro il muro difronte a me. “Tu, però, devi fidarti di me.”

“Non.. non capisci che non si tratta solo della gelosia che nutro nel vederti in quelle cazzo di foto, eh? Non lo capisci!” Ero certa che di lì a poco mi sarebbe venuto un accidenti per quanto mi stavo alterando. “Tu credi che, essendo io una semplice diciottenne, debba deliberatamente ignorarmi, invece di tenermi in considerazione! Se ti ho detto di no, la scorsa volta, non avresti dovuto farlo! Maledizione, Justin, io non ti chiedo mai niente e ti assecondo ogni volta, lasciandoti fare tutto quello che vuoi mentre a me non è MAI concesso un bel niente, e tu che fai? Ti presti ugualmente come modello e ti lasci fotografare.” Nascosi le lacrime dietro le palpebre che stropicciai per qualche volta, sperando ciò bastasse.

“Sei una delusione.” Mormorai ormai sconfitta, raggiungendo il punto in cui avevo lasciato la borsa e passandogli quindi accanto. “Su una cosa però hai ragione:” continuai io, sorridendo in modo stentato e malinconico “staremo tranquilli perché, da questo momento, ognuno se ne va per la sua strada.”

“NO. Hailey, ti prego, no. Ti giuro che cambierò, che ti terrò in considerazione, dam..-” Lo fermai di nuovo, dopo aver preso anche il cellulare dalla superficie legnosa ed averlo messo nella borsa senza preoccuparmi di bloccarlo.

“No lo dico io, Justin. Hai detto troppe volte che saresti cambiato, ti ho sempre creduto, ma ora basta... veramente basta.”
E senza attendere che dicesse altro, uscii e mi sbattei dietro la porta.

Con essa chiusi anche le porte del mio cuore, gettando le chiavi in un remoto e nascosto angolo della mia mente. 




 

Voglio specificare che: 1) è da poco tempo che sono 'appassionata' al mondo di Bieber e di tutto ciò che gli riguarda, per cui perdonatemi se commetto qualche errore nel descrivere lui o la situazione che lo circonda, che tra l'altro ho cercato di rappresentare al meglio possibile; 2) ho scelto hailey baldwin poiché spesso la vedo nelle selfie di Justin che posta sul suo instagram, ma non voglio affatto insinuare che stanno insieme, né voglio incoraggiare una loro relazione segreta, poi se é pace ed amen; 3) come ho già detto: è tutto frutto della mia mente e spero tanto che vi sia piaciuto, s'è così o meno, lasciatelo scritto in una recensione, positiva o negativa che possa essere, purché costruttiva.
Ora passo ai saluti e spero vivamente che vi piaccia e che ve lo siate goduto pienamente, mh?
Baci, Mia.

   
 
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