Nella notte soffusa e immobile
del Geofront strane ombre prendono vita.
Neo Tokyo-2 immersa nell’oscurità pare un limbo
addormentato: tutti, qui,
sognano i loro peggiori sogni. Perché, sapete
com’è, chiamarli incubi sarebbe
troppo brutale: almeno nella dormiveglia facciamo in modo che gli
abitanti di
questo mondo possano trovare un po’ di quieta, anche se
illusoria e temporale,
pace.
In the night
Una giovane corre affannata, il paesaggio alle
sue spalle muta continuamente: i colori, i suoni, le sensazioni
più disparati
le vorticano intorno, mentre lei sembra non accorgersi di niente.
Corre. Non sa quanto riuscirà a continuare, né
dove vuole andare. Sa solo che
deve correre o morirà.
… Lo sente, lo sente sempre più vicino.
E’ lì, appena dietro di lei.
Adesso la prende, adesso la prende…!
La ragazza continua a correre, i capelli castani le cadono sugli occhi
ma lei
terrorizzata sente come se tutto il suo essere si riassumesse nelle
gambe che
devono correre, correre, non fermarsi mai.
All’improvviso si ritrova avvolta in un abbraccio freddo.
Freddissimo.
E non muove più niente.
Rimane semplicemente ferma, mentre sente tutti i suoi arti gelarsi.
Non ha più fiato.
Due
occhi scuri chiusi, intorno
solo il buio.
Respiri affannati.
La bocca che si chiude e si riapre con un ritmo spezzato, dolorante.
Il ticchettio di un orologio a pendolo instancabile proviene da un
angolo
stretto del corridoio dell’appartamento.
Due occhi scuri aperti, all’improvviso, intorno ancora il
buio.
Un sussulto. Un singhiozzo.
“Yui…”
E’
notte fonda quando Gendo Ikari
riesce a destarsi. Si mette seduto sul letto, respirando
affannosamente. Si
porta le mani intorno al collo e dietro le orecchie, sente la pelle
umida e
sudata: sposta le mani sul volto e si massaggia le tempie. Scoppia in
singhiozzi segreti, terribili, inudibili. E’ solo, al buio.
Di nuovo.
Pensa a quando non era così: la mente vola lontano, a quelle
mattine in cui si
svegliava e il pensiero di piangere non lo sfiorava nemmeno.
Ha vissuto mattine molto diverse nel corso degli anni: ricorda di come,
ancor
prima di aprire gli occhi, sentiva le sue
carezze sul proprio viso, di come un suo
bacio potesse stuzzicarlo ad alzarsi. Ricorda le mattine che
non si
distinguevano dalle serate, piene d’amore violento e
affettuosissimo, piene di
quella bramosia e di quei baci come mai ne avrebbe immaginati. Ricorda
le
mattine dove semplicemente apriva gli occhi, girandosi su un fianco, e
la
trovava lì, ancora con gli occhi chiusi e quel leggero velo
di bava a colarle
dalle labbra sul cuscino spiegazzato: e ricorda di come ogni volta la
tentazione di non svegliarla, di riappisolarsi al suo fianco lo
cogliesse, così
dolce ed allettante. Dopo pochi attimi tuttavia la sveglia suonava e
l’incanto
spariva, quella meravigliosa creaturina che poteva sembrare nel sonno
apriva
gli occhi e cominciava l’inferno. A casa Ikari in un modo o
nell’altro sembrava
passasse sempre uno tsunami: e quella travolgente forza della natura
aveva un
nome, Yui Ikari.
Eppure, nonostante i sorrisi e nonostante l’incredibile amore
e fiducia nella
vita, gli occhi castani della donna nascondevano un segreto che era
stato
confidato solo a lui: nel profondo del suo animo Yui celava antichi
quanto
oscuri incubi.
Esistevano infatti mattine di cui Gendo conserva un ricordo ben
diverso. Le mattine in cui veniva svegliato dai sussulti e dal pianto
sommesso della
donna al suo fianco, ancora dormiente: lui si addolciva sempre, la
circondava
in un abbraccio e sommessamente le sussurrava parole delicate, in modo
da
svegliarla nel modo meno traumatico possibile. Ricorda gli occhi di
Yui, pieni
di lacrime e sgomento, che si aprivano timorosi: lo riconosceva e
iniziava a
tremare, stringendosi nel suo abbraccio.
-Mi vuole… Mi vuole con
sé. Ogni volta è
sempre più forte… Non saprò sfuggirgli
per sempre.-
-No. Yui, Yui guardami. Ti giuro che ti difenderò, sempre,
da chiunque. Nessuno
può farti del male, sei una donna fortissima… E
io sono qui, al tuo fianco, e
ti aiuterò a scacciare tutti i tuoi demoni.-
In quei momenti la baciava, senza allontanarla dal suo petto
tiepido di
sonno: la sentiva rasserenarsi, tremare ancora, ma sorridere.
Eppure, se si fosse concentrato un po’ di più,
avrebbe potuto vedere
chiaramente negli occhi di lei brillare la luce di chi sa
già di essere in
trappola. Ma Ikari era troppo innamorato, troppo convinto della sua
forza: era
riuscito a farla sua, a dimostrarle il suo amore e pensava che sarebbe
stato in
grado di proteggerlo da qualunque cosa. Se solo fosse stato un
po’ più attento
ora non piangerebbe così, ogni mattina…
Pur
tuttavia piange, piange e
ogni lacrima che scivola su quella pelle rasata da poco è
tanto fredda da far
spavento.
Si alza in piedi, barcolla un poco, arriva al bagno: passa accanto allo
specchio ma preferisce non guardarsi. Vorrebbe vedere riflesso il volto
di un
uomo sereno, soddisfatto della propria vita e della propria famiglia,
con in
mente ancora un paio di progetti e un sorriso tenue per accettare le
rughe
intorno agli occhi e le mani screpolate: sa bene che vedrebbe tutto il
contrario, e solo il pensiero gli pesa addosso come un macigno.
Perciò passa
oltre: orina in piedi, chiude gli occhi e si infila sotto la doccia.
Una volta vestito e preparato inforca gli occhiali da sole mentre lo
sguardo
gli cade sull’orologio appeso al muro: quattro e quaranta del
mattino, decisamente
e terribilmente puntuale.
Si siede sulla poltrona, le luci sono di nuovo tutte spente. Accende
un’abat-jour alle sue spalle, appoggia la testa
all’indietro e un
tremore lo scuote ancora, pur leggermente.
-Mi piace la mattina presto… Ci siamo
solo
io, te e la notte.-
“Mi dicevi spesso così, ogni
volta che sentendomi alzare, ti svegliavi anche tu presto per farmi
compagnia.
Non ho mai avuto la propensione a dormire ad oltranza, così
al mattino mi
mettevo a svolgere i lavori più pesanti ed impegnativi; poi,
una volta finito,
mi rimettevo nel letto e ascoltando il tuo respiro profondo mi
riappisolavo
anch’io. Per molti anni siamo andati avanti
così… Quando tu scopristi che stavo
così tante ore appena sveglio da solo, ti arrabbiasti
tantissimo.
Da quel
momento in avanti, passata l’arrabbiatura, ogni volta che era
possibile ti
alzavi anche tu, e mi facevi compagnia. A volte non parlavamo neanche,
ti
sedevi semplicemente al mio fianco e mi guardavi lavorare. Io non ti
svegliavo
mai, tuttavia: quando vedevo che avevi fatto tardi la sera a causa del
lavoro ti
lasciavo riposare.
Sai, Yui, quando dicevi così, ti abbracciavo, beandomi del
calore che mi
trasmetteva la tua presenza, e non pensavo seriamente alle tue parole.
Solo ora
che non ci sei più mi rendo conto della
profondità di quello che dicevi. Adesso
non ci sei: ci sono solo io, al buio. Ti cerco, ti penso, ti aspetto,
ma non
emergi più dall’oscurità per portare un
po’ di chiarore. No… La tua luce non mi
illumina più. Ma la conservo nel cuore gelosamente: e per il
momento va bene
così.”
L’orologio
dal corridoio batte le
cinque, è tempo di alzarsi. Il direttore si dirige con
flemma verso
l’appendiabiti, si abbottona la giacca mentre già
è fuori dalla porta di casa.
Il freddo mattutino lo coglie quasi di sorpresa, ma ha tremato fin
troppo: ora
non può più permetterselo.
Affronta il tragitto imponendosi più rigidità
emotiva possibile: una volta
entrato nei corridoi della sede centrale si sente stringere ancora di
più il
cuore trovandoli deserti. “Devono già essere tutti
alle loro postazioni…”
Eppure non è ancora tranquillo.
Con uno scatto improvviso cambia allora direzione, comincia a scendere:
il suo
obiettivo, gli EVA.
Eccolo, grande, maestoso, di
fronte a lui, lo 01 nella luce tenue e straziante dei neon sembra
sorridere del
buio dello sguardo dell’uomo. Guardandolo fisso, Gendo
trasalisce come la prima
volta: perché ogni volta è come la prima, in casi
simili.
Sua moglie, la
dottoressa Yui Ikari, ha lavorato fino alla morte con quegli esseri.
Yui amava
il suo lavoro, lo svolgeva mettendoci tutta se stessa…
Persino i suoi incubi.
E
ogni volta che Gendo si trova di fronte quei giganti meccanici, non
riesce a
non pensare alle descrizioni che, nelle buie mattine ormai passate, sua
moglie
gli faceva riguardo i propri, terribili sogni.
Yui Ikari sognava, senza riuscire a spiegarsi il perché,
mostri che la
inseguivano, che la carpivano con l’intento di
ucciderla… Gli Evangelion, ora
diventati reali ma ugualmente terrificanti.
“Il mostro dei tuoi incubi ti ha portata via, infine. E ora
sorride di me, del
mio amore disperato, della mia inettitudine… Delle nostre
vite distrutte eppure
ancora dipendenti dal suo LCL diabolico. Ti amo, Yui, voglio che tu
sappia che
sto combattendo ancora, e ti riporterò al mio
fianco.”
Poi il direttore china il capo, umilmente, per salutare il suo nemico
vincitore. Risale le scale, le luci alle sue spalle si spengono.
“Ora, è tutto buio… E desidererei
abbracciarti ancora.
Spero solo che, dovunque tu sia, adesso tu faccia bei sogni.”
-viola
perché sì, viola perché il viola
stasera mi ispira. (?)
Dunque dunque dunque… Yay!
E’ pazzesco pensare che ho fatto qualcosa di simile: ho
scritto di Evangelion,
cioè, seriamente. owo
E ho avuto pure il coraggio di pubblicare! Devo essere bella fusa--
Anyway, a parte il fatto che Gendo e Yui possono perché se
non possono loro non
può proprio nessun’altro (?), cerchiamo di
spiegare qui cosa è successo.
Ho voluto mischiare l’opera originale, intesa come la storia
dei due coniugi
Ikari, qualche headcanon personale e… Qualcosa di
autobiografico. ewe
No, in realtà sono tutte cavolate, ragazzi, ho scritto cose
a caso e yay, ora sto
provando a darci un senso. #portatemiviaaa
Dunque, dicevo. Credevo che il punto di vista narrativo di Gendo
sarebbe stato
più facile da trattare, invece mi ha creato diversi
problemi… Spero davvero di
ricevere qualche recensione in modo da sapere, in linea più
o meno generale, se
ho tirato degli strafalcioni assurdi o se invece può starci.
Io spero davvero
che sia così. ewe
Comunque, nel caso in cui nella fanfic sia stato di difficile
comprensione,
vorrei spiegare quest’ultima parte: Gendo ricorda di come Yui
gli raccontasse
dei mostri dei suoi incubi, e riconosce gli Eva in tali mostri. Adesso
che l’animo,
l’intera esistenza di sua moglie è stata inglobata
dallo 01, questo incubo si
avventa su di lui, tormentandolo. L’unica speranza di Gendo
sta nel fatto che,
ora Yui è scomparsa, sia almeno libera da quelle visioni
mostruose notturne.
In effetti, la prima parte in corsivo che avete letto è
proprio un incubo di
questo genere.
Il resto sono sui ricordi e sue riflessioni, ma mi pare non ci sia
niente di
troppo strano: nel caso chiedete e vedrò di chiarire
eventuali dubbi.
Per quanto riguarda Lau, insomma, avrei potuto inventare qualcosa di
più
leggero, me ne rendo perfettamente conto, ma ho pensato che Gendo e Yui
meritano. Così come pure meritiamo noi. Quindi niente, so
bene che quello che
ho scritto colpirà più te di altri, ma in fondo
è il tuo regalo. E, sul serio,
spero di averti porto un regalo gradito
Dedicata
al coraggio e alla paura.
Dedicata all’amore e al dolore.
Dedicata alla vita e alla morte di un sogno.
Dedicata agli abbracci desiderati nei momenti sbagliati e ai giochi
fino a
notte fonda.
Dedicata al momenti nope e a quelli che non abbiamo avuto il coraggio
di vivere
ancora.
Dedicata a chi si commuove, a chi sbuffa e a chi non interessa.
Dedicata a te, a me, a questa notte e al tempo che intercorre fra uno
sguardo e
un bacio.
Buon anno, buone feste, buon giorno e buona notte; buona fortuna e buon
compleanno!
Se
mi sono
dimenticata qualche augurio chiedo scusa, è notte e io di
notte dormo.
*si eclissa sotto le coperte*
Grazie
per aver letto, au revoir.
Sissy :3