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Autore: Gobbigliaverde    10/01/2015    3 recensioni
Aveva perso così tanto tempo a cercare di comprendere la vita e ora non poteva viverla.
Genere: Drammatico, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nihal, Sennar
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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LETTERA AD UN RAGAZZO CHE HO SEMPRE ODIATO

 

Erano tre giorni che non si alzava da quello stramaledetto letto. Tre giorni che non voleva toccare ne cibo ne acqua. Tre giorni che non dormiva, perché il dolore era troppo forte, tre giorni che non riusciva neppure a piangere da quanto il suo fisico era disidratato. Le guance scavate, gli occhi arrossati e gonfi, il tremore delle mani… Quello non era il personaggio forte che era stato una volta. No, non lo era. Semmai era solamente l’ombra del grande eroe che veniva celebrato dai cantastorie del Mondo Emerso. Un uomo che non aveva nulla in comune con il suo passato, tranne la vita. O neppure quella. Quello che lo faceva andare avanti era la consapevolezza di se, del suo stato fisico. Avrebbe dovuto fare qualcosa? No. Aveva deciso di morire. Morire di stenti, di sofferenza, morire d’amore. Sennar si rivoltava nel fagotto di coperte in cui aveva deciso di passare i suoi ultimi giorni. Una voce nella sua testa ronzava veementemente. Sei troppo giovane, questo non è il modo migliore di morire. L’uomo si girò ancora una volta nel tentativo di far tacere quel suono fastidioso, ma sembrava non voler tacere. Si tirò a sedere, concentrandosi quanto poteva sul suo dolore, sperando che questo affrettasse la sua morte. Voleva andarsene da quel mondo maledetto. Ma anche questa volta la voce lo rimproverò. Non è così che funziona. Quel sussurrare l’avrebbe fatto impazzire, ne era certo. Ma lui sarebbe morto prima, d’altronde non desiderava altro.
    Quel giorno si alzò per caso, alla ricerca di qualcosa che neanche lui sapeva cosa fosse. Sennar raggiunse il suo tavolo degli esperimenti e mosso dall’insaziabile bisogno di morire si accasciò a terra aspettando la fine. Quale ragione aveva di vivere? Tarik. Per te e Tarik. Quella vocina lo stava torturando. Non poteva permettersi di usare quelle parole. L’uomo si passò una mano tra i capelli rossi che sembravano essersi spenti assieme alla sua ragione di vita. Non era più il mago potente che tutti si aspettavano. Non era più nemmeno un essere umano a dire il vero. Che uomo è uno che non ha la forza di morire, e tantomeno di vivere?
    Sennar tentò di rialzarsi dal pavimento freddo, e con le poche forze che gli restavano si aggrappò ad un cassetto, che gli precipitò addosso assieme a tutto il contenuto. Ecco cos’era. Un buono a nulla. Era immerso tra mille cartacce, ampolle vuote, e probabilmente anche qualche vetro rotto visto il rumore che aveva sentito. Sistemò prima quelle bottigliette di vetro con liquidi colorati che un tempo avrebbe chiamato “il frutto della sua esistenza”, la sua “vera vocazione”, e ora aveva etichettato come la ragione della sua rovina. Rimpiangeva tutto di se, tutto. Avrebbe dovuto accontentarsi di quello che già aveva piuttosto che volerne sempre di più. E ora era rimasto senza nulla. Prese in mano alcune delle carte che erano sparse sul pavimento. Appunti su tutto, incantesimi, magia, piante, animali, persino abitazioni, città, c’era anche qualche schizzo qua e la che rappresentava oggetti comuni o cose di questo tipo. Aveva perso così tanto tempo a cercare di comprendere la vita e ora non poteva viverla. E ora aveva perso tutta la voglia.
    Le fiamme infuriavano nel camino e divoravano la carta che Sennar gli dava in pasto, con gesti rabbiosi e stanchi. Era stufo di tutti quei libri, di tutto quello studio. Era stufo. Osservava bruciare i suoi lavori senza nemmeno un minimo di ripensamenti, solo rancore per quell’esistenza votata alla conoscenza. Aveva gettato l’ultima delle sue cartacce tra le lingue di fuoco, una mappa delle stelle per la precisione, quando si accorse che sul retro c’era qualcosa che non andava. Lentamente, con il calore delle fiamme stavano comparendo caratteri scuri che lui non aveva mai visto prima. Con un gesto veloce strappò la pagina dalle fauci infuocate, e soffocò una piccola fiamma che imperversava sull’angolo della pergamena. Iniziò a leggere lentamente, studiando a fondo i caratteri.

    Sapevo che prima o poi lo avresti fatto. Sapevo che avresti gettato tutto il tuo lavoro di una vita tra le fiamme. E questo tutto per colpa mia, mia e soltanto mia. Così ho messo a punto il trucchetto che mi hai insegnato, hai visto? Se il mio inchiostro ha funzionato tu stai leggendo questa lettera, ma probabilmente io non sono lì con te, altrimenti fermerei la tua follia, i tuoi lavori valgono più di quanto tu creda.
Devo raccontarti la verità, perché te la meriti. Ti ho odiato dal primo istante in cui ti ho visto. Come poteva in ragazzino con una zazzera spettinata, gracile e con una tunica che gli limitava i movimenti voler duellare con me? Non ho smesso un secondo di odiarti, qualsiasi cosa tu facessi era sempre migliore e io mi sentivo quasi schiacciata dalla tua grandezza. Sei un grande mago, io ne sono sempre stata sicura. Ti ho sempre odiato, e odiavo il fatto che vincevi sempre tu. Ma dal momento che sei partito, e vincevo io, la vittoria aveva il sapore di una terribile sconfitta, ed è li che ho iniziato ad odiarti per non essere al mio fianco. Ti ho odiato perché tu ti godevi la pace mentre io aspettavo guardinga la guerra, perché tu sapevi relazionarti con le persone e io invece no, perché tu padroneggiavi la magia e guarivi la gente e io la spada e uccidevo. E adesso che probabilmente non sono più li con te, non smetto di odiarti nemmeno un secondo, perché ti ho lasciato da solo. È proprio per questo che sono certa di aver sempre creduto di odiarti.
    Queste parole le ho scritte sul retro di una mappa delle stelle del cielo, perché tu un giorno possa trovare la strada che porta da me senza difficoltà. Ma spero con tutto il mio cuore che prima di quel giorno passino anni e anni nei quali tu dovrai vivere anche per me.
    Sai perché ti ho odiato tanto? Perché non potrò mai amare nessuno come ho amato te, e so che dopo aver avuto un’assaggio di quello che l’amore può dare, non smetterò mai di aspettarti, anche dopo che la morte mi avrà rapita.
    Sennar, ti amo con tutta me stessa,
    Nihal

    
Il mago stringeva a se la pergamena come se fosse l’ultimo appiglio che aveva per restare sulla terra. Anche lui la amava, e avrebbe fatto come voleva lei, sempre che il dolore, gli elfi o la pazzia non l’avessero spezzato prima.

  
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