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Autore: Johanna_Sparrow    11/01/2015    7 recensioni
-Cosa vi ha detto la testa?-prorompe, entrando senza nemmeno bussare.
-Potrei farti la stessa domanda, Athos: cosa ti ha detto la testa quando hai deciso di sfondare la porta dell'ufficio del tuo capitano?-ribatte Treville, assolutamente tranquillo, sollevando lo sguardo dalla pergamena che tiene in mano.
-Quella è una donna!
Genere: Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: Cross-over, What if? | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'You're my rood'
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Premetto che non scrivo da parecchio tempo, e anche questa ff non è recentissima.
Non è sicuramente una delle migliori e delle più curate, ma dopo secoli di attesa e di dubbio mi sono decisa a pubblicare qualcosa qui, e ho deciso di cominciare da questa (perché ne ho appena scritto un continuo ispirata dai nuovi episodi, lo confesso!).
Spero che come inizio non sia poi tanto male, e soprattutto non sia traumatizzante per me! Che sono arrivata fin qui con l'itinere da seguire è già un miracolo! xD

Non mi resta altro da dire, se non buona lettura e grazie per essere arrivati fin qui!^^


___________________________________________________________


I moschettieri riempiono il cortile della guarnigione.
Tutti sono rigorosamente nella divisa ufficiale, con lo spallaccio di cuoio, la mantella e il cappello.
Non si può dire che l'aspetto delle vesti sia altrettanto rigoroso: sono consunte, sporche e, in qualche caso, persino strappate o in parte bruciate. Ma d'altrocanto, non è loro compito fare bella figura in una mostra di bellezza o pulizia, quanto quello di assicurare, in ogni situazione, che sia tra il fango o la neve, o in mezzo alle fiamme, la sicurezza del re e della sua consorte. E la storia dipinta sulle loro divise, di certo dimostra che lo assolvono egregiamente.
Solo la divisa di d'Artagnan, come tengono a far precisare molti di loro nel prenderlo in giro, è ancora quasi del tutto intatta. Il giovane si limita a rispondere con un sorrisetto ai loro spintoni scherzosi, mettendo in guardia con lo sguardo chi si lascia andare in qualche commento un po' più cattiverioso.
Sono tutti riuniti lì, come richiesto dal loro capitano, in paziente attesa di vederlo sbucare dal suo ufficio.
Intanto parlocchiano tra loro, confabulano su cosa può essere successo o quale sarà la loro prossima missione, si dilungano nel vantarsi circa le risse vinte con le Giubbe Rosse e si scambiano racconti e aneddoti.
-Guarda quanto è candida... Non avrai steso nemmeno una Giubba Rossa, con questa addosso!-commenta Aramis, continuando a sbeffeggiare il loro giovane amico.
-Prima me la tolgo, e poi ne stendo dieci!-gli assicura in un sorrisetto il ragazzo della Guascogna.
-Così non va, non è una vera divisa se non ci vivi dentro! Deve avere almeno un po' di sangue, o uno sputo di Giubba!-assicura Porthos, scuotendo il capo.-Se continui così... Berrò fino a scoppiare e verrò a vomitarci sopra mentre dormi!-lo avverte, scoppiando nella sua risata gogliardica.
-Se venissi in camera mia mentre dormo... Non credo che ne usciresti vivo.-lo avverte in una mezza minaccia d'Artagnan, con quel suo sorrisetto un po' arrogante.
Dapprima l'altro si fa serio, guardandolo in cagnesco.
Si instaura un attimo di stallo, ricco di tensione, tra i due.
E poi entrambi scoppiano a ridere.
-Fate silenzio.-li redarguisce Athos, serio, calcandosi il cappello in testa, quando vede la porta dell'ufficio aprirsi, e indicandola agli altri con un gesto del capo.
Aramis, che dava la schiena al soppalco dal quale esce il capitano Treville, si volta, rinfilandosi a sua volta il cappello, che teneva in mano.
-Vedo che molti di voi sanno ancora cos'è la puntualità...-esordisce ironico e scherzoso il capitano.-Come di certo saprete, la guarnigione ha bisogno di uomini...
-...e la corona di monete.-commenta sprezzante d'Artagnan, facendo ridacchiare i compagni.
-Parole vostre, d'Artagnan, non mie.-tiene a precisare Treville, lasciando però intendere da che lato pendeva l'ago della verità.-Il Re, pertanto, ha istituito un torneo. Come sempre, attraverso dei duelli, noi selezioneremo, tra i partecipanti paganti, i più abili e i più degni di essere messi alla prova innanzi al cospetto del Re in persona. Chi sarà ritenuto da Egli meritevole, diventerà uno di noi.
-Non c'è nulla di nuovo, in questo.-fa notare Athos, con il suo tono tranquillo e piatto.-Perché convocarci tutti?
-Stavo giusto per arrivare al dunque, Athos.-assicura il capitano, senza scomporsi.-Alcuni dei partecipanti, sono figli di facoltosi nobili o signorotti. Tra gli altri, avremo l'onore di ospitare nella nostra guarnigione il figlio del conte de Jarjayes, abile generale del nostro esercito. Credo sia inutile dirvi che i genitori di individui come lui hanno fatto ingenti donazioni alla Corona, ben oltre alla cifra di iscrizione...
-Volete che ci andiamo piano con il piccolo conte?-domanda Porthos, ridacchiando e lanciando un'occhiata divertita ai compagni.
-Assolutamente.-nega categorico Treville.-Vi ho convocati per darvi l'esplicito e tassativo ordine di non rendere loro la vita facile. Non mi importa a quale ceto appartengano, o quanto oro le loro famiglie donino al re. Voglio, esigo uomini capaci e all'altezza del compito.-dichiara deciso e solenne, facendo vagare lo sguardo sui volti dei suoi uomini.-Si presenteranno qui domattina, e avranno inizio i duelli.-comunica secco.-Potete andare!


Gli ordini del capitano vengono, come sempre, scrupolosamente osservati: in attesa dei contendenti, i moschettieri si battono tra loro, per allenarsi, come è loro uso.
Aramis indossa solo la camicia, sulla quale svettano le bretelle che gli reggono i calzoni. Ha entrambe le lame estratte, ed ha il volto imperlato di sudore.
-È un vero peccato che tu non indossi la tua uniforme, in questo momento...-ammette ridacchiando, mentre attende che d'Artagnan, caduto nella terra dopo il suo precedente attacco, si rialzi.
-Molto divertente...-assicura ironico il ragazzo, reggendosi a un tavolo, come a fingere di avere bisogno di riprendersi e riposare, prima di contrattaccare di scatto.
-Vacci piano, Aramis: lui è già uno di noi.-gli fa notare Athos, ridacchiando, seduto su un tavolo, mentre sorseggia da un boccale ogni tanto.
-Batti la fiacca?-lo rimbecca Porthos, mentre si calza meglio i guanti.
-Ti ho già battuto due volte. Se continuiamo, Treville sarà costretto a cacciarti.-commenta divertito il compare, lanciandogli uno sguardo di sottecchi, estremamente serio, ma con un sorrisetto che gli fa capolino sul volto.
Porthos scoppia in una delle sue sguagliate risate, scuotendo il capo.
-Sento che la terza è la volta buona!-gli assicura poi, in una pacca sulla spalla piuttosto violenta, con l'unico scopo di fargli versare il vino.
-L'hai voluto tu...-chiarisce Athos, recuperando la spada ed alzandosi in un balzo.
Sono tutti così presi dai loro allenamenti in previsione dei duelli del torneo, che quasi non fanno caso al rumore di zoccoli che si avvicina alla guarnigione, nemmeno quando si presenta un cavallo bianco alle porte.
-Sono in anticipo?
La voce estranea che giunge alle loro orecchie, è dura, inflessibile, ed estremamente formale. Eppure, ha un timbro curiosamente alto.
-Non credo foste attesa...-si fa immediatamente avanti Aramis, in un sorriso caldo e affabile.-Ma saremmo ugualmente lieti di potervi servire, madamoiselle. In quale modo possiamo esservi utili?
Dal cavallo, scende una figura alta e magra, piuttosto slanciata, ma dalla muscolatura solida e robusta. I suoi lunghi capelli ricci, color miele, sono stati domati in un fiocco verde pastello che li tiene legati all'indietro, in una coda. Indossa una semplice camicia bianca, candida, con i polsini in pizzo e le maniche ampie. Sopra, vi indossa un gilet, lungo davanti e in damascato verde pastello, e corto dietro, della medesima stoffa, ma beige, come vuole la moda. I pantaloni, aderenti e corti fin sotto il ginocchio, sono fatti della medesima stoffa del gilet, così come le scarpe con la fibbia dorata. Il tutto, è completato da un jabot piuttosto sobrio e le calze bianche.
Gli occhi esperti di Aramis, riconoscono immediatamente le forme di una donna, dietro quegli abiti da ragazzo dabbene.
-Sono Oscar François de Jarjayes, figlio del generale François Augustin Reynier, conte de Jarjayes.-si presenta, senza mutare tono, né dare udienza alla romantica gentilezza di Aramis.-Sono qui per il torneo.
Il moschettiere quasi strabuzza gli occhi a quella notizia, volgendosi perplesso verso i compagni.
-Sono l'unico che si è perso qualcosa...?-domanda dopo un po' d'Artagnan, grattandosi corrucciato il capo.
Athos rinfodera la spada e, torvo, si precipita nell'ufficio di Treville. Porthos lancia uno sguardo agli altri facendo loro un cenno, e lo segue.
-Cosa vi ha detto la testa?-prorompe, entrando senza nemmeno bussare.
-Potrei farti la stessa domanda, Athos: cosa ti ha detto la testa quando hai deciso di sfondare la porta dell'ufficio del tuo capitano?-ribatte Treville, assolutamente tranquillo, sollevando lo sguardo dalla pergamena che tiene in mano.
-Quella è una donna!-sbotta, indicando la finestra che dà sul cortile con la mano.
L'uomo posa la pergamena sulla propria scrivania, e passeggia tranquillamente, con le mani dietro la schiena, verso la finestra.
Sorride appena, nell'osservare la figura chiara della ragazza nel cortile.
-Lo vedo anch'io, vi ringrazio.-commenta poi, volgendosi nuovamente al suo sottoposto.
-Aspettate... Voi lo sapevate?-si intromette Porthos, incredulo.
-È ovvio.-annuisce placido Treville.
-Come potete lasciare che succeda??-insiste incredulo e sdegnato Athos.-Un conte dalla pancia piena riempie le tasche del Re, e voi lasciate che i vostri uomini diventino i sicari della figlia?
-Ci avete detto di non andarci giù leggero...-gli ricorda Porthos, con più calma.-Ed è ciò che faremo.-gli assicura, serio.-Cosa credete che resterà, di lei?-domanda poi, con sincerità disarmante.
Treville si volta, facendo per parlare... Ma richiudendo la bocca senza proferire parola e poggiandosi, anzi, con la schiena alla parete. Un sorrisetto appena accennato sulle labbra.
-Se avete delle rimostranze da fare, fatele a me. O lasciate che sia la mia lama a parlare.
Sulla soglia, appare Oscar, a spada sguainata. Per quanto la possano aver sottovalutata, ne regge pienamente il peso, senza mostrare il minimo sforzo.
La sua voce è pungente, dura, quasi cruda. Sebbene la sua entrata nella guarnigione sia dubbia per gran parte dei presenti, sembra essere già un militare a tutti gli effetti, nell'atteggiamento.
-Non ho intenzione di battermi con voi.-le assicura serissimo Athos, volgendosi lentamente verso di lei.
-Perché sono una donna?-domanda consapevole la ragazza.-Abbiate il coraggio di battervi con me.-gli sibila.-Fate del vostro peggio!-lo sprona poi, alzando la lama e fiondandosi contro di lui, in attacco. Se non intendeva farsi avanti, non aveva altra scelta se non costringerlo a proteggersi.
Di fatti, Athos sguaina la spada appena in tempo per parare il colpo improvviso che dimostra, con sua sorpresa, avere una grande forza.
Le due lame iniziano a incontrarsi e scontrarsi molto velocemente, mentre i piedi dei due si muovono con sapienza nello spazio ristretto.
A dire il vero, però, a condurre il gioco è Oscar: la ragazza non dà il tempo al moschettiere nemmeno di riprendere fiato, e non lascia nessuna difesa scoperta.
Athos, dal canto suo, resta coerente alle sue parole: tutte le sue azioni sono di risposta, una difesa agli attacchi della giovane.
Treville se ne resta lì, poggiato alla parete con le braccia conserte, e un sorrisetto che fa capolino dai baffi, mentre si gode lo spettacolo.
Gli attacchi della giovane si fanno sempre più serrati, e mettono alle strette l'uomo: l'impulsività di Athos ha la meglio, e il moschettiere inizia a fare sul serio, contrattaccando e mettendola a dura prova.
Porthos sembra piuttosto basito dalla situazione, e resta sulla porta ad osservarla, dove viene a breve raggiunto da D'Artagnan e Aramis. Quest'ultimo, in particolare, si lascia andare in un sorrisetto.
-Ve l'ho mai detto che sono per la parità dei sessi?-esordisce, senza mai staccare gli occhi dalla scena.
Porthos si limita a lanciargli un'occhiataccia eloquente, scuotendo il capo.
-Forse dovremmo dargli una mano...-fa notare invece D'Artagnan, tra la battuta di beffa, e la serietà.
-Non mettetevi in mezzo.-ringhia però il diretto interessato.
Oscar si lascia andare in un sorriso.
-Temete per la vostra reputazione, quando si spargerà la voce che una donna vi ha battuto nonostante l'aiuto dei vostri amici?-si informa tranquilla.
-Vi sto proteggendo.-assicura invece lui, serio.-D'Artagnan è troppo emotivo, e sa controllare solo in parte la sua forza.
-Credo che dovrebbe esservi chiaro, arrivati a questo punto, che non ho alcun bisogno di essere protetta.
Scandendo queste parole, Oscar François de Jarjayes riesce a far perdere l'equilibrio al suo avversario, che cade all'indietro, sulla scrivania del capitano, lo disarma e gli punta la propria spada alla gola.
-C'è bisogno che dica o dimostri altro?-si informa, impassibile.
Porthos aggrotta la fronte per qualche istante a studiare, incredulo, la cosa. Poi si volta verso i compagni.-Per me è dentro!

***

Il re raggiunge e si accomoda quasi pigramente al suo posto, sul palco regio, montato per l'occasione. Al suo fianco, presenzia l'immancabile e paziente Anne da una parte, e lo spinoso e severo Cardinale Richelieu.
Il Capitano Treville, che spesso affianca il re a sua volta, si trova innanzi a lui, per presentare uno alla volta, con il suo cipiglio vagamente ironico, tutti i contendenti all'ambito titolo di moschettiere del re.
Fatti i primi nomi, i duelli hanno inizio, mentre Louis già si pregusta lo spettacolo, come un bambino divertito, in attesa di giocare con i suoi nuovi soldatini.
-Se posso, Maestà... Mi permetterei di rammentare a Vostra Grazia che molti dei candidati appartengono a famiglie facoltose, dai nomi noti all'aristocrazia così come al popolo... E alle casse regie...-allude con estremo tatto, parlando al re quasi in confidenza, con la bocca in parte nascosta dalle dita spigolose e ossute con cui regge il capo. I suoi occhi, al contrario, non mostrano altrettanta pudicizia e attenzione, e fissano il re, vitrei, con la coda dell'occhio, con vaghi e rapidi accenni ai duelli, che in realtà non lo interessano affatto.
-So cosa va fatto per bene dello stato, Cardinale.-gli assicura Louis, senza mai distogliere lo sguardo dal duello, estremamente concentrato. E poi pronto a saltare in piedi in urla e versi di giubilo, trattenuto solo dalla consapevolezza di chi è e quale ruolo riveste, che lo coglie giusto in tempo per limitarsi a sorridere e battere le mani, nel vedere uno dei suoi moschettieri - Athos - vincere uno dei candidati.
Il Cardinale sospira, come una nutrice ben poco paziente di badare al monello affidatole.
-Sono certo che Vostra Maestà sa quanta importanza abbia la nomina di coloro che hanno versato...-insiste infatti, senza lasciarsi toccare in alcun modo dalla sua gioia e soddisfazione.
-La nomina di moschettiere non si compra, Cardinale.-lo riprende e zittisce il re, spazientito.-Non è un bell'abito o un pollo.-aggiunge poi, con altezzosità.-Nominerò chi desidero.-conclude poi, chiudendo la faccenda.
Il Cardinale sospira, arreso e infastidito: la sua infantilità avrebbe condotto la Francia prima alla banca rotta, e poi a una catastrofe. Faceva di tutto per evitare che ciò accadesse, per limitare e tamponare i danni che quella piccola peste combinava in giro, senza mai ascoltare i suoi saggi consigli né prenderlo in considerazione... Ma non era mai abbastanza, lui aveva sempre l'ultima parola: dopotutto, era il re. Tutti questi rancorosi pensieri gli turbinano in mente, mentre i suoi occhi sono persi nel vuoto, e si mordicchia, senza nemmeno rendersene conto, indice e pollice della mano destra.
-Vostra Altezza, vi presento il prossimo candidato: Oscar François de Jarjayes.-esordisce Treville, con tono neutro, ricalcandosi il cappello in testa nel farsi da parte.
A quelle parole, qualcosa si risveglia nella mente del cardinale che, come smarrito, alza immediatamente lo sguardo sul campo del torneo.
In camicia bianca e pantaloni beige, attilati e chiusi negli stivali neri, Oscar si fa avanti, in un militare e mascolino inchino al re, prima di mettersi in posizione, a lama sguainata.
-È come penso, Cardinale?-si domanda corrucciato e intrigato il re.
Richielieu trasale, seppur intimamente. E deglutisce.
-Perdonate, Altezza?-chiede, senza perdere la sua compostezza.
-È una ragazza.-risponde al suo posto e conferma Anne, volgendo poi un timido sorriso al consorte, quando questi si volge sorpreso.
-Vorrei farvi notare, Vostra Maestà, che è quanto meno oltraggioso.-inveisce immediatamente Richelieu, tornando improvvisamente in sé, più severo e duro che mai.-Il re non ha certo bisogno di essere protetto da un soldato in sottana!
-Non porta la sottana, Cardinale.-fa notare placido il re, con un sorrisetto immensamente compiaciuto sul volto, lo sguardo fisso al duello: la ragazza era a dir poco eccezionale. E la cosa lo divertiva immensamente, non sapeva nemmeno lui il perché.-Lo stesso non si può dire di voi.-aggiunge poi, scatenando un timido riso anche da parte di Anne.
-E lo avete detto voi stesso pocanzi: molte delle famiglie di questi giovani coraggiosi hanno contribuito alle casse della corona. Il conte de Jarjayes è stato tra i più generosi. Sarebbe scortese deluderlo...-gli fa notare, con tranquillità e soddisfazione infantile.-Inoltre, questa Oscar mi piace!
Il tempo che Louis pronunci questa frase, volgendosi ad incontrare lo sguardo del suo Ministro, che Porthos cade e si ritrova la lama di Oscar puntata alla gola.

La partecipazione e l'interesse di Louis, resta vivo durante tutti i duelli, a cui partecipa attivamente con commenti, battiti di mani e larghi sorrisi.
Non si può dire lo stesso di Richelieu: l'uomo è sulle spine, in una situazione di ansia malcelata. I suoi pensieri sembrano essersi fatti cupi, e persino più seri del solito, a giudicare dalla sua espressione.
Ha tentato più volte di convincere il re che aprire le porte del reggimento al genere femminile è contro ogni creanza e buon costume cristiano, che è fuori discussione e che potrebbe chiederlo anche al più sciocco dei contadini, ed egli confermerebbe la sua tesi... Ma Louis pone quella domanda alla sua consorte, ed Anne è lieta di remare contro, in un dolce sorriso, alle volontà del Ministro. E il re, in fondo, non aspettava altro: non solo Oscar era realmente meritevole, non solo lo incuriosiva e divertiva oltre ogni dire quella stramberia, ma poteva anche crogiolarsi nel piacere di averla vinta con il suo Ministro ed avere, ancora una volta, l'ultima parola.
Al termine di tutti i duelli, una volta che tutti i candidati hanno avuto modo di dimostrare al re il proprio valore, Louis si alza in piedi e scende con una camminata che cerca di darsi un che di pomposo, mentre in realtà il suo animo è quello di un bambino che vuole correre incontro alla madre e chiederle quali paste gli ha comprato per la merenda.
Davanti a lui, tutti i pretendenti attendono, disposti in una fila ordinata, mentre il capitano Treville dà disposizioni circa lo svolgimento della cerimonia: il re si fermerà innanzi a coloro che ha ritenuto all'altezza del compito, il giovane si presenterà con il dovuto rispetto, dopodiché re Louis lo nominerà a tutti gli effetti un moschettiere del re.
Mentre il re passeggia tra loro, divertito dal tenerli tutti col fiato sospeso, non può avere idea che Richelieu condivide appieno quel sentimento. Il Ministro continua a fissare i suoi movimenti, cercando di prevedere - e probabilmente pregando - che sia questa la prima e unica volta in cui il re segue i suoi consigli.
Infine, il re si ferma.
-Oscar François de Jarjayes, Vostra Altezza.-si presenta la ragazza con voce ferma.
-Inginocchiatevi, Oscar.-le si rivolge Louis, tradendo un sorrisetto di impazienza: l'ennesima vittoria del bimbo ribelle e disobbediente.
La giovane obbedisce, chinandosi su un solo ginocchio e il capo verso il basso.
-Con la presente...-esclama a voce alta il re, una volta estratta la sua spada.-...vi nomino parte del mio reggimento dei Moschettieri.
Gli occhi del Cardinale, già in piedi, sono fissi su quella scelta, calamitati, dilatati e angosciati da ciò che vedono. La sua espressione ha un che di severo e sospettoso.
Mentre Oscar si rialza, scocca uno sguardo di fuoco proprio al Cardinale, è un breve attimo, un battito di ciglia. Prima che Richelieu, lasciando volteggiare il mantello alle sue spalle, si ritiri con una cerca urgenza.

***

-De Jarjayes! Nel mio ufficio!
È questo l'unico saluto del capitano Treville, quella mattina, mentre si avvia direttamente verso le scale.
-Sì, signore.-è la puntuale e rispettosa risposta della ragazza, che lo segue poco dopo, diligentemente.
Porthos e Aramis si lanciano un'occhiata: cos'è successo?

Treville è in piedi, con le mani puntate sulla scrivania, mentre si volge con estrema serietà a Oscar.
La ragazza, dal canto suo, nella sua uniforme, resta in piedi, immobile e impassibile ad ascoltarlo.
-Bada: non è un ordine. È una richiesta.-chiarisce il capitano, senza mai distrarre lo sguardo dal suo.-Si tratta di un'operazione difficile da portare avanti, lunga, pericolosa e molto delicata.-la mette in guardia, sedendosi.-Se non te la senti, puoi rifiutare. Nessuno te ne vorrà.-termina poi, intrecciando le dita delle mani.
Le parole di Oscar le escono di bocca come dei secchi affondi.
-So come tenerlo a bada. Accetto.

-Allora, Lady Oscar? Cos'avete combinato per avere un simile onore dal capitano?-le domanda Aramis, con tono divertito, eppure sempre con un occhio di riguardo nei suoi confronti.
-Ti ho già detto numerose volte come la penso su quel nomignolo: non sono una lady.-lo redarguisce la ragazza, ma del tutto priva di cattiveria o pesante rimprovero: erano tutti fratelli, in qualche modo, e lei si era di già perfettamente integrata nel gruppo.
-Questo non toglie il fatto che siate una madamigella... E che vi chiamate Oscar!-fa notare lui per tutta risposta, con quel suo sorrisetto marpione.-Ma farò ammenda, e troverò un altro nome che rispetti il vostro sesso e vi aggradi di più.
-Quando pensi di smetterla di fare l'eroe romantico?-lo beffeggia nella sua risata roca Porthos, dandogli una spallata.
-Devo mantenere il personaggio!-si giustifica divertito l'amico.
-Ci sono problemi?-domanda poi Porthos alla ragazza, corruggiandosi e facendosi serio, con un cenno del capo.
Oscar nega.
-Un piccolo screzio con le Giubbe...-spiega, con un'alzata di spalle.
Porthos accenna un sorriso, che poi esplode in una risata gogliardica corale, nel darle una pacca sulla spalla.
-Ora sì che sei una di noi!

***
 
Gli stivali di Oscar incontrano ritmicamente il pavimento dei corridoi del palazzo.
I suoi passi sono sicuri, solidi. La spada si muove al suo fianco.
Il suo moto è estremamente placido, ma risulta anche frenetico e dinamico, se contrapposto alla situazione di totale stallo che si presenta una volta che le porte le si chiudono alle spalle.
Tutto si arresta.
La stanza è così silenziosa, che si potrebbe quasi percepire il battito dei loro cuori.
-Ti sono mancata, Armand?
Le parole della ragazza, che pronuncia senza pudore, né timore, sono taglienti e dure.
Il Cardinale è voltato, le dà le spalle. Serra gli occhi, in un sospiro, come se sapesse che quel momento era inevitabile, che si stava avvicinando senza che lui potesse fare niente per impedirlo.
Si volta lentamente, accigliato, torvo e severo.
-Affatto.*



 
*Ha due possibili interpretazioni.
Positiva: moltissimo.
Negativa: per niente.

 
  
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