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Autore: Afaneia    11/01/2015    7 recensioni
È l'anno della prima edizione della Lega Pokémon: Samuel Oak è un valido allenatore all'inizio di una brillante carriera. Tutto ciò che vuole è affermarsi e competere con avversari del suo livello.
Agatha ha diciott'anni, è testarda e impulsiva, orgogliosa e severa con se stessa e con gli altri.
Il loro è un legame inaspettato, guidato dall'ambizione e dalla fame di avventure. Ma proprio questa ricerca di avventure finirà per condurli in una spirale di eventi agghiaccianti e irresistibili, in una tragedia di cui non volevano affatto essere i protagonisti, tanto spaventosa e irreale da essere destinata a rimanere per sempre segreta...
Genere: Avventura, Drammatico, Horror | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Agatha, Prof Oak
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti | Contesto: Videogioco
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Cronache di inenarrabili eventi.


«Nonno, ci aiuti a leggere questa rivista?» cinguetta Gary eccitato, spingendogli sulle ginocchia un settimanale che reca il titolo I Superquattro della Lega Pokémon: gli imbattibili allenatori dell'Altopiano Blu e, poco sotto, il sottotitolo provocatorio: Sicuri di sapere tutto?

Deve averlo comprato Margi, Samuel ne è certo, ormai ha quasi undici anni e sta sviluppando una cotta per quel bel giovanotto di nome Lance. I suoi nipoti lo stanno guardando speranzosi, e anche se Margi è grande abbastanza da leggere per entrambi, Samuel sa che per loro leggere con il nonno è una tradizione immancabile la sera. Beh, non è una rivista per bambini, ma di certo non può contenere niente di inadatto a loro, e poi ci penserà lui a censurare il necessario, eventualmente. Perciò si siede sulla poltrona del salotto, con la rivista aperta sulle ginocchia in modo che i suoi nipotini possano guardare le fotografie, e domanda: «Da dove volete partire?»

«Da Bruno» esclama Gary, che nutre per quell'energumeno un'ammirazione senza pari – qualche volta Samuel ha paura che possa farsi male nei suoi tentativi di emularlo quando gioca, questo scricciolo di sei anni che peserà forse venti chili con tutti i vestiti addosso. A volte Gary è un po' irruento – un bambino vivace, era solito dire suo figlio, al contrario di Margi, così dolce e posata e casalinga, e Samuel teme che a volte possa metterle i piedi in testa. Perciò si volta verso sua nipote e dice: «Gary, lascia scegliere tua sorella, per una volta! Tu, Margi, di chi vorresti leggere?»

È così sicuro della risposta che sta già consultando l'indice per cercare le pagine che trattano di Lance, ma quando sua nipote gli risponde, con la sua vocina flebile che sembra non volersi fare udire, dice qualcosa che non si sarebbe mai aspettato.

«Possiamo partire da Agatha, per favore?»

Samuel la guarda sorpreso. Margi è accomodata tranquillamente sul tappeto, col mento appoggiato sulle ginocchia reclinate, e attende che lui cominci.

«Beh, va bene. Non sapevo che ti piacesse Agatha» risponde in tono incerto, tornando a consultare l'indice.

«Da grande mi piacerebbe essere come lei» risponde la bambina, guardandolo dal basso coi grandi occhi castani. «Tu la conoscevi, vero, nonno? Sembra forte e coraggiosa e indipendente...»

Dolce, innocente Margi, così responsabile e premurosa verso il fratellino di cui si prende cura come un' affettuosa mamma di dieci anni. Da quando i loro genitori sono morti, lei è la piccola donna di casa, attenta e dimessa, e vive la sua infanzia appartata e sola. Samuel le ha detto più volte che, se volesse partire, potrebbe farlo: si occuperebbe lui di quella peste di suo fratello. Ma Margi è fatta così, il sacrificio le viene spontaneo e le riesce meno doloroso di un atto di egoismo, e anche se nei suoi occhi egli legge tutti i giorni il dolore di sentirsi orfana e sola e un desiderio inappagato di avventure e cose grandi, sa che preferisce rinunciarvi perché Gary possa goderne più appieno tra qualche anno.

Esiste forse una creatura più diversa da Agatha?

«Sì, la conoscevo» ammette Samuel. Tutto sommato, non può che dirsi contento che sua nipote voglia prendere a esempio una donna fiera e assoluta come Agatha, piuttosto che da un'oca superficiale e vanitosa come Lorelei, per esempio, coi suoi vestiti corti e oscenamente scollati – perché per quanto riguarda certe cose, come l'abbigliamento, Samuel Oak è un terribile tradizionalista ed è il primo ad ammetterlo. «È una validissima allenatrice, Margi, e probabilmente la donna più coraggiosa che io abbia mai conosciuto. Non può farti che bene prendere esempio da lei.»

A questo punto, Gary scoppia a ridere senza ritegno, di quella sua infantile risata sguaiata e irrefrenabile, e Margi lo fulmina con un'occhiataccia. «Zitto, Gary! Sei antipatico!»

«Cosa c'è da ridere?» chiede Samuel senza capire.

Ma ora anche Margi sta ridendo e Samuel sente di essersi perso qualche passaggio. «Su, bambini, ditemi che cosa c'è!»

«La nonna di Ash dice che da piccoli eravate fidanzati!» esclama Gary come se lo avesse appena colto in fallo. Samuel è sconvolto.

«La nonna di Ash?» ripete perplesso, guardando alternativamente entrambi i suoi nipoti. «Ma io non la conosco.»

«Dice che lei e Agatha hanno la stessa età e vivevano entrambe a Lavandonia da giovani» spiega Margi sorridendo deliziata, di quell'ingenuo sorriso che hanno le bambine che parlano d'amore. «Dice che avete viaggiato insieme e a quei tempi lo facevano solo i fidanzati.»

Samuel non potrebbe essere più esterrefatto di così. Tossisce discretamente, un po' irritato, e cerca di mettere le cose in chiaro. «Beh, la nonna di Ash dovrebbe sapere che non è gentile raccontare le faccende private degli altri. Comunque deve aver capito male: io e Agatha non eravamo fidanzati. Abbiamo viaggiato insieme per qualche tempo, anche se quei tempi era raro, ma questo è quanto.» Non è propriamente tutta la verità, ma non sta mentendo su quello che interessa ai suoi nipoti.

I due bambini si scambiano uno sguardo deluso e appoggiandosi alla sua poltrona Margi insiste: «Non vi siete mai neppure baciati?» Margi va matta per le storie d'amore in cui due innamorati si baciano, ma Samuel deve disilluderla di nuovo.

«No, Margi, a quei tempi i baci erano una cosa seria. Ci si baciava solo quando si era fidanzati.»

«Allora la nonna di Ash deve aver sbagliato» conclude Gary arrabbiato. Samuel vorrebbe dirgli che la nonna di Ash, evidentemente, è una gran pettegola e dovrebbe farsi gli affari propri, ma non vuole che suo nipote apprenda un linguaggio del genere, perciò si limita ad annuire.

Frattanto Margi sta sfogliando la rivista per cercare le pagine che parlano di Agatha. «Era bella da giovane, nonno?»

Questo, almeno, Samuel pensa di poterglielo concedere. «Beh, sì. Era una ragazza molto bella, anche se già allora aveva un suo caratterino.»

Dopo un po', Margi smette di girare le pagine e a Samuel fa quasi male vedere quella donna anziana dal profilo severo e lo sguado torvo – ma i suoi occhi sono ancora quelli di una volta sotto le palpebre pesanti, neri e profondi tanto da potervi sprofondare. Non si sono schiariti con la vecchiaia. Guarda le pagine con simulata indifferenza: c'è anche una foto d'epoca, di quelle che andavano tanto ai loro tempi, scattata per qualche occasione ufficiale. È in un nitido bianco e nero e un'Agatha di vent'anni è di tre quarti, coi capelli ordinati e raccolti come si usava allora per le fotografie – perché per quanto può ricordare i suoi capelli erano sempre onde scomposte e ribelli di riccioli turbinosi; il suo profilo è già severo e cupo, ma ancora armonico e giovanile, la sua bocca è come fatta di petali di rosa sovrapposti, ma nei suoi occhi c'è già quel dolore amaro e rancoroso, immedicabile, ch'egli ricorda anche troppo bene. La indica a Margi. «Ecco, puoi vederla da te.»

«Ooooh» esclama Margi, ammirata, e Samuel sorride.

Ma Gary sta guardando le altre foto, quelle più moderne, quelle di una donna dai capelli bianchi che si appoggia a un bastone. «Nonno, perché non ci parli tu di quando viaggiavate assieme? La rivista possiamo leggerla domani!»

«Oh, ti prego, ti prego!» soggiunge Margi, accogliendo l'idea del fratello e aggregandosi a lui quasi senza riflettere.

Stretto com'è tra due fuochi, Samuel non se la sente di rifiutare, e del resto, non ci sarebbe niente di male... almeno per quanto riguarda la parte del loro viaggio e delle loro piccole sfide. Al pensiero di come si è sciolta quella loro alleanza, della loro ultima avventura, Samuel sente un nodo stringersi alla bocca dello stomaco e un senso d'ansia che lo assale, ma dura solo un attimo. Sono passati quasi cinquant'anni da allora, ma ancora non è trascorso un solo giorno senza che lui abbia ripensato, anche per un minuto solamente, a quegli eventi. È un dolore che ha imparato a sopportare, a tollerare... chissà se Agatha, dalla cima di quell'Altopiano Blu dove ormai si è trasferita stabilmente, vi è riuscita anche lei, a modo suo, dopo tanto tempo.

Samuel non vuole sconvolgere i suoi nipotini proprio all'ora di andare a dormire – è già abbastanza difficile mettere a letto Gary in condizioni normali – ma dopotutto, lavorando un po' di fantasia, può raccontare loro qualche cosa, mitigando e alterando un po' gli avvenimenti più terribili.

«Va bene» accetta perciò, appoggiandosi più comodamente allo schienale della poltrona, e comincia a raccontare. I suoi nipoti non vi prestano attenzione, ma se guardassero sulle sue ginocchia, si accorgerebbero che non ha chiuso la rivista. Quella foto lo fa sentire come se Agatha fosse al suo fianco e lo aiutasse a rievocare e a descrivere la loro storia, risalente all'anno della prima Lega Pokémon.


Capitolo primo – Scommessa.


PRIMO TORNEO UFFICIALE DELLA LEGA POKEMON DELL'ALTOPIANO BLU

In occasione del cinquantesimo anniversario dalla sua fondazione, la Lega Pokémon che unifica le regioni di Kanto e di Johto ha indetto un torneo aperto a tutti gli allenatori maggiorenni che possiedano almeno un Pokémon sopra il livello cinquanta. Il Torneo si svolgerà il primo di giugno nella modernissima arena situata presso la Sede centrale della Lega Pokémon.

Ulteriori informazioni saranno disponibili su richiesta presso il Colosseo di ogni Centro Pokémon. Le iscrizioni saranno aperte dal primo al dieci di maggio presso la Sede centrale.

Fin dalla sua fondazione, la Lega si era sempre occupata di garantire la regolarità delle lotte tra allenatori e tutelare la sicurezza dei Pokémon tramite l'applicazione di ferree norme e restrizioni sulle mosse consentite in battaglia: era ormai diventata l'istituzione di riferimento per chiunque avesse fatto dei Pokémon il proprio mestiere. Un torneo ufficiale, aperto oltretutto agli allenatori di entrambe le regioni, sarebbe stato probabilmente uno dei più grandi eventi mai realizzati in quell'area.

Quando Samuel lesse questo annuncio, appeso in bella vista sulla bacheca degli avvisi del Centro Pokémon di Fucsiapoli, ebbe l'impressione di non avere atteso altro per tutta la vita.

Sin da quando si era messo in viaggio, ormai sei anni prima, Samuel aveva percorso in lungo e in largo sia la regione di Kanto che quella di Johto e la sua squadra, che, modestia a parte, era piuttosto notevole, aveva superato ormai da un pezzo il livello cinquanta. Quale occasione migliore di un torneo come quello per mettersi alla prova e trovare avversari del suo calibro?

Samuel aveva raggiunto Fucsiapoli quella sera dopo una giornata di viaggio sulla groppa del suo Gyarados: il giorno seguente aveva stabilito di trovarsi alla Zona Safari con un amico che aveva preferito prendere la via terra passando dal Ponte Silenzio. Aveva perciò davanti a sé tutta la notte per riposarsi e far rimettere in sesto i propri Pokémon e aveva deciso di trascorrerla al caldo e all'asciutto all'interno del Centro Pokémon.

Per quanto fosse stanco dopo aver navigato per ore attraverso le onde, quell'annuncio lo mise di buonumore. Era il venti di aprile: non mancava poi molto all'apertura delle iscrizioni e per quanto l'Altopiano Blu fosse difficoltoso da raggiungere – si era sempre chiesto cos'avesse spinto i suoi fondatori a scegliere come sede un fianco del Monte Argento – non sarebbe stata la prima volta che attraversava la Via Vittoria per recarvisi. Aveva tutto il tempo per organizzarsi, concluse tra sé accostandosi al bancone.

Affidò all'intermiera i suoi Pokémon stanchi e le chiese una stanza per trascorrere la notte. Appena la donna ebbe preso la sua scheda allenatore per compilare il registro ed ebbe letto il suo nome, levò gli occhi su di lui come a richiamare alla memoria un ricordo confuso.

«Lei è il signor Samuel Oak?»

«Per l'appunto» ribatté Samuel con rassegnazione. La donna non doveva essere particolarmente sveglia:aveva ancora in mano il suo documento e la foto era piuttosto recente. Doveva avere un aspetto orribile dopo aver viaggiato per ore su Gyarados, ma era convinto di non essere così stravolto da non ricordare il ragazzo ritratto sul documento.

«Credo che qualcuno abbia mandato un telegramma per lei. Se aspetta un momento glielo porto.»

In quei tempi privi di telefono cellulare, inviare telegrammi nei Centri Pokémon era l'unico modo che gli allenatori girovaghi avessero per comunicare tra loro. Il telegramma era del suo amico e portava la data del giorno prima: lo avvertiva che, a causa di un problema tra Celestopoli e Zafferanopoli, aveva dovuto prendere la via più lunga del Tunnelroccioso e lo pregava di volerlo aspettare a Fucsiapoli per un altro giorno, senza rimandare il loro Safari.

Un giorno di riposo non gli avrebbe certo fatto male, decise Samuel con filosofia. La donna terminò le formalità di registrazione e gli porse le chiavi della sua camera, informandolo in tono smorto che la mensa era già aperta.

Da diversi anni i Centri Pokémon si erano dotati di mense per gli allenatori girovaghi, dov'era possibile consumare un pasto caldo con poca spesa. Ovviamente la qualità variava di molto a seconda del Centro: nella fattispecie, quella di Fucsiapoli era piuttosto scadente che mediocre. Ma era pur sempre un pasto caldo, e Samuel si sentiva troppo affamato e troppo stanco per andare a cercare un ristorante, per non parlare del suo aspetto. Perciò la ringraziò e andò a cena senza neppure salire in camera: sentiva che se si fosse avvicinato a un letto sarebbe crollato immediatamente.

La sala era caotica e affollata: via via che s'inoltrava tra i tavoli, Samuel poteva sentire quasi fisicamente l'inusuale eccitazione dovuta alla prospettiva del Torneo. Quando trovò un posto vuoto a un tavolo e sedette davanti a un vassoio ricolmo di tutto ciò che la mensa poteva offrire – perché, per quanto scadente, era pur sempre cibo e Samuel era dotato di un appetito invidiabile – nel brusio confuso di voci attorno a lui non riuscì a sentire altro che le parole Lega Pokémon, Via Vittoria e Altopiano Blu.

Al tavolo alla sua destra, un gruppetto di allenatori stava discutendo animatamente su qualcosa che non riusciva a capire con precisione. Li ascoltò distrattamente mentre si avventava sulla sua cena con foga assai poco dignitosa: un ragazzo basso e tarchiato dalle spalle larghe e tozze gambe muscolose, in canottiera e pantaloni corti malgrado la stagione non fosse poi così avanzata, stava propugnando con ostinazione una qualche teoria ripetendo vigorosamente: «C'è scritto che è aperto a tutti gli allenatori, capisci? Gli allenatori!»

Per un po', Samuel non riuscì a capire quale fosse l'argomento di tale fervore: proprio in quel momento tutti gli altri allenatori del gruppo alzarono la voce in contemporanea, discutendo vivacemente, ed egli continuò a mangiare senza curarsene troppo. Ma dopo forse un paio di minuti, all'improvviso una ragazza che non aveva notato, coperta com'era dai suoi più ingombranti vicini di posto, si alzò in piedi e si protese in avanti sul tavolo, esclamando: «Come ti devo dire che allenatore è la definizione ufficiale della Lega per chi allena i Pokémon? Non c'entra niente col sesso!»

A parlare era stata una ragazza minuta con lunghi capelli castani attorti in una folta massa di riccioli, con un'espressione esasperata e accigliata, che scrutava spazientita il ragazzo che aveva parlato poco prima.

«Oh, andiamo! Anche se le donne possono partecipare, pensi davvero di farcela a superare la Via Vittoria?» ribatté quegli.

Per quanto piccola e sottile, la ragazza parve quasi gonfiarsi d'indignazione alle sue parole. Tutto attorno a loro, gli altri ragazzi scoppiarono a ridere.

«Sono pronta a sfidarvi anche adesso!» affermò quella, alterata.

«Dai, non c'è da arrabbiarsi» esclamò un terzo del gruppo, afferrandole un braccio per farla tornare a sedere accanto a sé. «Nessuno dice che non puoi partecipare, ma devi tenere presente che la Via Vittoria è lunga e pericolosa e che competeranno i migliori allenatori di Kanto e di Johto.»

«Allenatori come te?» lo rimbeccò la ragazza, aggrottando un ardito sopracciglio nero fortemente angolato.

Dunque quella era un'allenatrice. Per quanto la Lega Pokémon avesse riconosciuto ormai da quattro o cinque anni eguali diritti anche alle ragazze, esse continuavano a essere paurosamente rare, tanto che Samuel ricordava di averne incontrate a malapena una decina in tutti i suoi viaggi; ma quella, decisamente, piccola com'era, non gli sarebbe sembrata davvero una temibile avversaria. Tuttavia, quando la ragazza, anziché tornare a sedersi, si volse verso l'esterno del tavolo e vi si appoggiò, incrociando le braccia sotto il petto, Samuel notò che le sue gambe, lasciate scoperte dalla lunga gonna, erano scolpite e dai muscoli ben segnati sotto la pelle. Tutto sommato, pensò fugacemente, forse non era poi davvero una ragazzina alle prime armi.

«Come me, esatto!» esclamò il ragazzo divertito, allargando le braccia sulla sedia, con la chiara intenzione di provocarla. Aveva una corporatura snella e slanciata, ma a Samuel non piaceva la sua espressione da sbruffone. Aveva l'impressione che quella ragazza gli piacesse e che la indispettisse solo per farsene notare – atteggiamento piuttosto infantile per qualcuno che dimostrava più o meno vent'anni. «Suvvia, scherzi a parte, pensi davvero di poter arrivare sull'Altopiano Blu e competere con gli altri?»

«Vogliamo scommettere?» replicò la ragazza seccamente.

Per un solo attimo, i suoi interlocutori la fissarono sgomenti, colti alla sprovvista. Subito dopo, il ragazzo che l'aveva provocata si raddrizzò sulla sedia. «Che scommessa?»

«Su quello che vuoi. Per esempio, su chi di noi si piazzerà più in alto in classifica» affermò la ragazza con calma. «Una scommessa simbolica, s'intende. Che cosa ne dici?» concluse porgendogli la mano.

Il ragazzo scoppiò in una risata eccessiva e le afferrò la mano senza pensarci due volte. «Certo che sì!»

«Ehi, volete escludermi?» esclamò allora il ragazzo tarchiato dalle spalle larghe che Samuel aveva sentito parlare per primo.

«Accomodati» ribatté la giovane senza scomporsi.

L'idea della scommessa investì la sala come un'ondata, dilagò come una mania. Se la ragazza l'aveva proposta solo per mettere a tacere i suoi rumorosi interlocutori, non aveva fatto i conti con l'intraprendenza degli allenatori che frequantavano quel Centro Pokémon, evidentemente. Nei minuti successivi si scatenò un inferno: la voce circolò tra i tavoli, cominciarono a circolare fogli di firme e banconote...

Che iniziativa puerile. Samuel finì di mangiare con calma, andò a riporre ordinatamente il vassoio sul carrello diretto alle cucine e si avviò al bancone che fungeva da caffetteria vicino all'uscita. Aveva bisogno di un caffè caldo dopo quella cena– il cibo della mensa di Fucsiapoli non era migliorato affatto nell'ultimo periodo. Sentiva che avrebbe avuto diverse difficoltà a digerire quella notte e non dubitava affatto che, stanco com'era, sarebbe stato capace di dormire anche dopo due o tre tazze di caffè.

Il ragazzo tarchiato riuscì a intercettarlo a pochi metri dalla sua meta. «Ehi, amico, tu non vuoi partecipare alla scommessa?»

Il secco no che gli saliva spontaneamente alle labbra era un po' troppo rude. Samuel gli si rivolse pazientemente, con un sospiro profondo, e chiese: «Come funziona?»

«Siamo in tanti a partecipare» lo incoraggiò il ragazzo. «Versiamo tutti cinquecento pokédollari e li lasciamo in custodia a qualcuno che non partecipa: quello dei partecipanti che si piazza più in alto nella classifica della Lega Pokémon li usa per pagare da bere a chi ha perso. È meramente simbolica» concluse con un sorriso entusiasta.

A dire il vero, Samuel non era mai stato il tipo di persona da partecipare a una cosa del genere; tuttavia, non aveva voglia di discutere con quel tipo per una sciocchezza come quella cifra. Assentì con un sospiro profondo mentre prendeva il portafogli dalla tasca.

«Va bene, ci sto. Devo firmare da qualche parte?»

«Aspetta, il foglio ce l'ha Austin, adesso. Austin, vieni!» gridò rivolto al suo amico dall'altra parte della sala. Il ragazzo che per primo aveva accettato la scommessa, intento a far firmare qualcun altro, gli fece cenno di aver capito.

«Samuel Oak» si presentò nel frattempo Samuel, porgendogli la mano per mostrarsi educato per quanto la sua stanchezza glielo consentiva.

«Jake, Jake Waters.» Jake gli strinse la mano di una stretta forte e gioviale. «Ah, ecco Austin. Fallo firmare, Austin: anche Samuel è dei nostri.»

Samuel non poté che confermare la prima impressione negativa che gli aveva dato Austin: sembrava decisamente troppo arrogante e sicuro di sé. Firmò pazientemente e versò la sua quota: sul foglio c'era già quasi una ventina di nomi.

«La vostra amica ha avuto proprio un'idea di successo» commentò restituendogli il foglio.

«Agatha? Oh, non è nostra amica, l'abbiamo appena conosciuta» rispose Austin distrattamente. «Neppure noi due ci conoscevamo prima. Beh, grazie per la tua quota, Samuel» concluse alla svelta: era evidente che aveva fretta di andare a coinvolgere altra gente nell'iniziativa. «Ci vediamo sull'Altopiano Blu, eh?»

Non appena Jake e Austin si furono allontanati, Samuel poté finalmente ordinare il caffè che tanto bramava e sedersi per un attimo al bancone, gettando uno sguardo sulla sala. Molto probabilmente, neppure la metà di quegli allenatori che ora aderivano tanto allegramente alla sciocca scommessa sarebbe riuscita a superare la Via Vittoria – persino quell'Austin, pur con la sua aria saccente, gli sembrava decisamente troppo ordinato e benvestito per essere un allenatore serio.

Proprio mentre si alzava e pagava, scorse fugacemente la ragazza che Austin aveva chiamato Agatha mentre si avviava a lasciare la sala. Teneva le braccia conserte sul petto, stringendosi in un golfino blu, e gli passò accanto in una folata di lunghi riccioli castani.




Buongiorno e buona domenica a tutti!

Sono rimasta molto sorpresa quando mi sono resa conto che non riuscivo a trovare nemmeno una storia su questi due personaggi, che almeno a me sembrano molto interessanti, visti i pochissimi accenni al loro passato nel corso dei videogiochi; spero di riuscire a impiegarli in qualcosa di piacevole e degno di loro.

Ho cominciato a lavorare a questa storia nel mio tentativo di riutilizzare vecchie leggende metropolitane ormai trite e ritrite in modo innovativo e originale, senza cioè proporle passivamente come modelli ormai immutabili. Dunque sì, si parlerà di una leggenda metropolitana di prima generazione, per la precisione una di quelle che mi piacciono di meno: volevo cercare di riproporla innovandola quel tanto che basta a non riuscire ripetitiva e noiosa rispetto alle poképaste che vanno tanto di moda ultimamente, si trattava quasi di una sfida con me stessa.

Ciò detto, non posso che ringraziarvi per essere arrivati fin qui.

Al prossimo capitolo, se qualcuno dovesse decidere di proseguire!

Afaneia

   
 
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