Anime & Manga > Il mistero della pietra azzurra
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Autore: Marge    11/01/2015    0 recensioni
Lei non apparteneva a nessun luogo, perché quello da cui veniva non era più raggiungibile ormai, e quello in cui i suoi diretti antenati erano nati e cresciuti ormai giaceva da qualche parte sul fondo dell’oceano. Nadia non aveva alcuna radice a cui aggrapparsi, quindi continuava a pensare all’Africa, dove la gente aveva la pelle del suo stesso colore ed era diversa dagli Europei, proprio come lei.
Una breve storia per raccontare qualcosa che Nadia ed io abbiamo in comune: il mal d'Africa.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Jean Luc Lartigue, Nadia Ra Arwol
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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MAL D’AFRIQUE



Alla fine, nonostante avesse scoperto le sue vere origini, l’idea dell’Africa le era rimasta nel cuore. Aveva passato anni a sognare quel continente, a sentirlo come casa propria. Quando qualcuno pronunciava quel nome il suo cuore batteva sempre un colpo in più, e quando, per caso, incrociava gli occhi di un africano, che fosse un compagno del circo o un mendicante per strada o un soldato, le sembrava di leggere nei suoi occhi il riconoscimento di un passato comune.
Questo succedeva prima e continuò ad accadere dopo aver saputo di non essere neanche un abitante della Terra in senso stretto.
Jean lo capiva. Quando per strada vedevano, in quella miriade di popolazione dalla pelle chiara che affollava Parigi, un volto scuro, le stringeva la mano e le sorrideva.
Africa non era più la sua patria perduta, ma un luogo dentro di sé che negli anni l’aveva cullata, le aveva dato la speranza di trovare un posto da poter chiamare casa. Lei non apparteneva a nessun luogo, perché quello da cui veniva non era più raggiungibile ormai, e quello in cui i suoi diretti antenati erano nati e cresciuti ormai giaceva da qualche parte sul fondo dell’oceano. Nadia non aveva alcuna radice a cui aggrapparsi, quindi continuava a pensare all’Africa, dove la gente aveva la pelle del suo stesso colore ed era diversa dagli Europei, proprio come lei.
“Ti ci porterò” aveva detto Jean innumerevoli volte.
Ma Nadia ancora non voleva andare.
L’Africa era un pensiero dolce, dentro di sé, e forse andarci avrebbe significato perderlo.
“Un giorno ci andremo” gli sussurrava lei in risposta, e lo stringeva forte. Jean non protestava, non chiedeva: per lui casa era tra le sue braccia e in qualsiasi posto del mondo fossero andati, gli sarebbe bastato.


Era caldo. L’aria sapeva di spezie, sudore, sale e cuoio. C’era un gran vociare ma in tonalità differenti dal francese cui era abituata, suoni gutturali gorgheggiati a gola piena. Alla banchina del porto la mescolanza di persone diverse era enorme, ma perfino i bianchi sembravano più scuri, cotti dal sole africano.
“Tra poco si potrà scendere, hanno quasi terminato la manovra di ancoraggio” le comunicò Jean al suo fianco. Nadia annuì con un sorriso tirato, il cuore al galoppo nel petto.
“Io non appartengo neanche all’Africa” disse ad un tratto. Afferrò la mano di Jean che si dirigeva verso il ponte e lo trattenne. “Capiranno subito che non sono una di loro.”
“Non vuoi più scendere?” chiese lui.
Cosa sarebbe successo, dopo? Avrebbero passato quei tre mesi lì, come avevano progettato, lei avrebbe parlato con tutte quelle persone solo per capire, una volta per tutte, che non c’era luogo al mondo da poter chiamare casa, e sarebbe tornata in Francia senza neanche più il sogno dell’Africa a tenerle compagnia.
Poi concentrò lo sguardo sulla gente a terra: donne con cestini di frutta sulla testa, bambini vestiti di pochi stracci colorati, uomini con pesci scintillanti appesi alle canne sulle spalle. Un mondo intero di persone da conoscere, diversi da lei, diversi da chiunque altro, ma esseri umani.
Ne sarebbe valsa la pena.
“Scendiamo” disse convinta. Jean le strinse la mano.





* Finalmente, dopo anni, mi sono concessa di vedere la fine dell’anime di Nadia. Sono rimasta piuttosto colpita dall’evoluzione splatter/angst degli ultimi episodi, così diversi dalla semplicità (quasi troppa) e la comicità (decisamente di troppo) di quelli di mezzo – suppongo la versione italiana sia stata pesantemente censurata, voglio svolgere delle ricerche in questo senso.
Ad ogni modo, volevo in qualche modo celebrare questo obiettivo raggiunto, ed ecco qui quindi poche parole su ciò che io e Nadia condividiamo: il cosiddetto mal d’Africa. È una flash semplicissima, ambientata nel futuro in qualsiasi momento voi vogliate, potete anche immaginarli cinquantenni :D Scritta per la Maritombola 2014 con il prompt “76. Tra le 499 e le 549 parole.”
Come sempre, ogni commento sarà il benvenuto!
  
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