CAPITOLO 6
Non aveva nessuno.
Nessuno che gli dicesse che lo amava, e gli era sempre stato insegnato a non desiderarlo.
C'erano sempre state regole non dette con suo padre: leggi da non infrangere che però nessuno gli aveva mai esplicitamente dettato.
Non piangere, non provare pietà, né paura, né amore. Tu non sai provare amore.
Sbuffò.
Era ben consapevole di non amare Jace: lui era ossessionato da Jace, ed era una cosa diversa.
Inoltre Jace non era innamorato di lui, ma di Clary, solo che essendo sotto incantesimo non sentiva più le cose come prima, ma sotto l'influsso di Sebastian.
Sebastian rivide lo sguardo di sua madre mentre pensava a lui, la immaginò piangere sulla spalla di quel suo marito pulcioso e dirgli che sarebbe stato meglio avere ucciso il figlio quando era nato, e poi piangere ancora presa dai sensi di colpa per quei pensieri.
Rabbrividì per l'odio e lo sdegno verso di lei: l'aveva abbandonato, non aveva neanche provato a salvarlo, avrebbe potuto almeno provare a trasformarlo in quel figlio perfetto pieno di sentimenti che lei tanto desiderava.
Se avesse avuto una vita normale ora avrebbe potuto preoccuparsi di dire a sua madre che era attratto da un ragazzo invece che da una ragazza e disperarsi fino a pensare al suicidio.
Invece no, poteva preoccuparsi a proposito del suo esercito di demoni o a come distruggere il mondo.
In effetti era meglio così.
“Ehi Sebastian. Uova e pancetta?” chiese Jace entrando in cucina.
A Sebastin andò di traverso l'acqua e cominciò a tossire.
“Okay, okay. Niente uova e pancetta...” disse Jace alzando gli occhi al cielo e aprendo le ante della credenza.
Sebastian deglutì a vuoto cercando di distogliere lo sguardo da Jace: ma perché doveva presentarsi a colazione in maglietta e boxer?
Magari sarebbe stato il caso di proporgli di andare a mettersi un paio di pantaloni...
Sollevò poi le sopracciglia valutando che no, Jace poteva stare in boxer quanto voleva, a lui non avrebbe certo dato fastidio.
“Hai già mangiato?” gli chiese Jace sedendoglisi difronte.
“Sì, ma ti aspetto. Oggi si va a Mosca.”
“Sei proprio gentile ad aspettarmi. Sappiamo tutti e due che devi farlo per forza perché non sei in grado di muoverti senza di me.” lo canzonò Jace.
“Oh davvero?” chiese Sebastian a denti stretti, non sapendo come interpretare la frase di Jace.
“Sì, davvero.”
“Mi sa che devi lavarti quel bel faccino per svegliarti e ricominciare a vederci lucido.” disse Sebastian alzandosi da tavola e andando a mettere i piatti nel lavabo.
Lasciò scorrere l'acqua sul suo piatto per qualche secondo e la richiuse.
“Sei già stato a Mosca prima?” rabbrividì sentendo Jace sussurrargli all'orecchio e poi baciargli il collo.
“Jace...” cercò di dire Sebastian con un orribile senso di colpa che gli attanagliava lo stomaco; sapeva infatti che il Jace reale non avrebbe mai voluto baciarlo.
Si girò verso jace e lo baciò a sua volta.
Aveva bisogno di baciarlo come di respirare, lo faceva sentire più umano, più simile al resto del mondo.
E più debole. Gli sussurrò una vocina nella sua testa.
Il marmo freddo del banco della credenza contro la pelle lo riscosse e rimise a posto la maglietta che stava scivolando via.
Jace lo guardò interrogativo.
“Dobbiamo andare a prendere Clary.” disse Sebastian deciso.
Dopo qualche secondo se ne era già pentito e il sorriso comparso sul volto di Jace non appena aveva pronunciato quel nome gli perforò il cuore.
Sentiva un lieve senso di nausea e la testa girare.
“Quando?” chiese Jace esaltato.
“Anche subito.” rispose Sebastian in un lamento.
Ohilà gente! Credo che questo sarà uno degli ultimi capitoli della storia...spero di non avervi annoiato e vi ringrazio tutti per avermi seguito!
Sebastian ha finito tutti i pacchetti di fazzoletti che avevo in casa a forza di piangere per il dispiacere di lasciarvi...ogni tanto anche lui è sensibile.
Bye, bye!
(salutando distribuisce a tutti dei piccoli Olaf omaggio di cioccolato, mentre Sebastian strabuzza gli occhi scioccato)