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Autore: AlyssaR    11/01/2015    2 recensioni
«I rapporti sociali sono il fulcro di tutto».
Fanfiction partecipante al contest "Ossessioni e vetri infranti" indetto da Mary Black.
Genere: Angst, Dark, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Astoria Greengrass, Daphne Greengrass, Draco Malfoy
Note: Lime | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Da VI libro alternativo
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EADEM MVTATA RESVRGO  (1)

«Prenderesti le uova di Ashwinder anche per me, Greengrass?»
Un brivido le corse lungo la schiena. Perché, fra tutti, continuava a chiederlo a lei?
«Certo», rispose Daphne, sperando di apparire disinvolta.
Si diresse con passo malfermo verso l’armadio degli ingredienti di pozioni, mentre Horace Lumacorno passava con aria elettrizzata fra i calderoni degli studenti. Era un piovoso giovedì di dicembre e Daphne si sentiva incredibilmente infagottata nel maglione della divisa. Oltretutto i vapori che esalavano dal suo calderone erano bollenti, le avevano fatto appiccicare i capelli sulla fronte e non osava pensare dove le fosse arrivata la linea di matita nera con cui si era delineata gli occhi -probabilmente al mento, a giudicare quanto si sentiva accaldata. Perché Draco la guardava insistentemente proprio quando lei si sentiva così… inadeguata?  
«Ecco a te».
Sapeva di aver fatto un errore a guardarlo negli occhi perché perdeva la facoltà di rispondere lucidamente. A volte di rispondere in generale.
«Grazie,» disse lui con un tono che lasciava volutamente la frase in sospeso: lo faceva sempre ed era dannatamente eccitante, Daphne si tendeva come una corda di violino pensando che lui potesse dirle chissà cosa. 
«In bagno… fra cinque minuti». 
«Negli spogliatoi di Quidditch, dopo gli allenamenti».
«Credo» aggiunse all’improvviso e lei trattenne il respiro con morbosa anticipazione «Che tu debba andare a prendere dall’armadio altre uova di Ashwinder per la tua pozione, Greengrass» e le sorrise in maniera inspiegabilmente compiaciuta, prima di girarsi e disinteressarsi del tutto alla sua persona.
Probabilmente non erano in tante a trovare attraente Draco Malfoy, ma a lei non importava più di tanto. Per lei Draco Malfoy era tutto quello che si potesse desiderare. Forse anche qualcosa in più. La voce di Draco Malfoy, vagamente nasale, melliflua. La figura di Draco Malfoy, alta, slanciata, quel magro forse un po’ patito che gli cerchiava gli occhi di scuro. I tratti aguzzi e appuntiti di Draco Malfoy. Le mani di Draco Malfoy, lunghe e sottili e bianche, che avevano preso dalle sue le uova di Ashwinder. Erano quelle stesse mani che lei aveva immaginato quella notte vagare dentro e fuori del suo corpo e una scarica elettrica le fece serrare le cosce. 
«Signorina Greengrass, mi stupisce!» tuonò la voce del professor Lumacorno, riportandola alla realtà «Lei è un’abile pozionista, di sicuro conosce il valore e la rarità delle uova di Ashwinder! Cosa è successo?»
Daphne si accorse solo in quel momento che una sostanza melmosa stava sgocciolando a terra dal suo pugno serrato. 
Dannazione.
«Temo sia colpa mia, professore» le venne in soccorso proprio Malfoy, con il suo tono strascicato e un sorriso indefinito a increspagli le labbra sottili «Ho urtato per errore la signorina Greengrass». Si girò brevemente, giusto il tempo di lanciarle uno sguardo obliquo e consapevole, prima di chinarsi sul suo calderone e rimproverare Goyle a bassa voce.  
Daphne prese a tritare i petali di rosa nel tentativo di calmarsi. Tentativo di fatto inutile, dato che le tremavano le mani per l’umiliazione subita. 
Decise di volgere gli occhi al resto dell’aula: per qualche minuto avrebbe potuto affidare la pozione a Tracey Davis, sua amica nonché compagna di stanza. 
Alla fine Lumacorno l’aveva fatto: l’indefinita minaccia del compito a sorpresa si era risolta concretamente quel giorno. Amortentia, pensava Daphne mentre guardava Lavanda Brown, Grifondoro, tentare di imbottigliare una parte della sua pozione alle spalle del professore. 
È vero, una parte di lei bruciava dalla tentazione di versarla accidentalmente nel calice di succo di zucca mattutino di Draco Malfoy.
«L'Amortentia non crea veramente l'amore, è ovvio. È impossibile confezionare o imitare l'amore. No, si limita a provocare una potente infatuazione od ossessione. Probabilmente è la pozione più pericolosa e potente in tutta questa stanza...» (2)
Le parole che Lumacorno aveva detto qualche mese prima le vorticavano in testa e le davano un curioso senso di vertigine. Improvvisamente le parve che quella sciocca di Lavanda Brown non avesse avuto un’idea poi così pessima.
No! Urlava oltraggiata una parte della sua coscienza. Va bene, era disperata, ma poteva arrivare così in basso? Merlino, come Lavanda Brown… 
Eppure c’era una piccolissima parte di lei che forse voleva vendicarsi di Draco: era pur sempre una ragazza dal cuore spezzato. Quasi che lei volesse che lui in qualche modo la comprendesse, che condividessero gli stessi patimenti, o che lui avesse quantomeno il vago sentore di cosa volesse dire consumarsi e appassire mentre era preoccupato a sorriderle. 
No! Urlava ancora più oltraggiata la sua coscienza.
Astoria.
Già.
Sua sorella, la ragazza di Draco Malfoy. 
Astoria non era semplicemente sua sorella; era praticamente la sua migliore amica. Nonostante si passassero un paio di anni, la piccola di casa Greengrass era molto matura. Abile conversatrice, arguta, forse più riservata di lei ma con un carisma che, vuoi o non vuoi, catalizzava l’attenzione di tutti. Le somigliava, per di più.
Buffo, no? Dire che si somigliavano, in realtà, non era corretto: erano praticamente identiche. Quante volte si era guardata allo specchio e aveva maledetto il suo aspetto? Guardandosi poteva vedere quelle stesse labbra che Malfoy, probabilmente in quell’istante, stava divorando nei corridoi appartati; poteva vedere i suoi stessi occhi guardare nudo Draco Malfoy muoversi sopra di lei. Allora, perché fra lei e sua sorella Draco vedeva tutte quelle differenze? Per Daphne il suo aspetto era diventato una condanna. Avrebbe preferito essere l’opposto di Astoria.
Forse avrebbe potuto fare in modo che Draco bevesse l’Amortentia infatuandosi di qualcuno che di sicuro l’avrebbe rifiutato, così non avrebbe deluso sua sorella e avrebbe comunque ottenuto il suo scopo...
Hermione Granger, per esempio.
No, no, no e ancora no! 
Come poteva pensare certe cose? Avrebbe comunque finito per ferire sua sorella e questo non poteva semplicemente sopportarlo. Astoria era tutta la sua vita, la sorellina da proteggere ad ogni costo che però nei momenti più impensati tirava fuori una grinta da leoni e riusciva ad aiutarla e supportarla in qualsiasi frangente. Astoria era bella, simpatica, sveglia, intelligente. Era sensibile, era dolce. Era come lei. 
Perché faceva pensieri così orribili? Come era giunta a quel punto? Ormai non si riconosceva più.
Io non sono così. 

 

La campana che, puntuale, arrivò dieci minuti dopo, era a metà fra una benedizione ed una condanna: se c’era una cosa di cui Daphne era certa, era che dopo l’ora di Pozioni lei dovesse scappare nel suo dormitorio per una doccia veloce. 
Draco Malfoy era una persona strana. Dal carattere altero e sprezzante, con delle vette di arroganza imbarazzanti, Daphne non poteva dire molto altro di lui. Questo era strano, più che Malfoy in sé. In realtà, se ci rifletteva bene, Daphne non poteva dire di conoscere Malfoy più di quanto non facessero Potter e compagnia. Eppure erano compagni di Casa, eppure Daphne si era sempre ritenuta abile a capire il carattere delle persone. Forse era anche questa inafferrabilità, questa incapacità di catalogarlo, schedarlo, inquadrarlo, a farla andare così fuori di testa. Poi, beh, il modo sensuale che avevano le gocce di sudore di corrergli lungo la pelle liscia del viso, il modo in cui rallentavano la loro corsa in prossimità dello zigomo per poi prendere velocità lungo il declivio armonioso della guancia. Daphne rimaneva incantata a osservare il sudore di Draco Malfoy durante l’ora di Pozioni. Ancora meglio dopo gli allenamenti di Quidditch, perché lui era anche accaldato e respirava veloce, le labbra erano socchiuse e secche, le guance accese dal moto e dalla fatica. Era quanto di più vicino avesse per immaginarsi Draco Malfoy fare sesso. Ogni volta pensava che lei avrebbe leccato quelle gocce, succhiato quelle labbra secche e…
«Daphne».
Draco Malfoy era una persona strana, l’aveva già detto? Una delle sue caratteristiche più curiose era che prendeva inspiegabilmente strane abitudini che coinvolgevano altre persone, senza curarsi minimamente se fossero gradite o meno, inopportune o fastidiose.
Per questo Daphne sapeva di dover correre al suo dormitorio prima che fosse tardi. Lei non stava scappando soltanto per farsi una doccia, lavarsi via il desiderio e rendersi presentabile per Malfoy, no. 
Lei stava scappando da Malfoy e dalla voglia di divoragli la bocca, di testare se quelle sue dita lunghe, sottili e pallide erano in grado di darle il piacere che lei esigeva. Anche adesso. 
«Daphne, mi hai sentito?»
Sì, Draco era decisamente una persona strana. L’abitudine in questione la riguardava ormai da qualche mese: il giovedì, inspiegabilmente, dopo Pozioni, Malfoy le portava i libri dall’aula al dormitorio.
«Che c’è, sono forse inopportuno?» 
L’aveva raggiunta, ed era chiaro che non fosse una domanda reale, perché senza ascoltarla le aveva già preso i libri da sotto il braccio e si era incamminato verso i dormitori, in assoluto silenzio.
L’odore di Malfoy l’aveva prontamente schiaffeggiata, le aveva tolto il fiato, scavato lo stomaco e l’aveva accecata per un momento.
Odorava di lusso, di maschio, di promesse di un sesso fantastico.
Come presa da un istinto animale, Daphne si fermò ad osservare la schiena ampia di Malfoy che, del tutto incurante della sua presenza, aveva preso a camminarle qualche passo avanti. La sua camicia era profumata, stirata e perfettamente inamidata, si tendeva sulle spalle contratte per la fatica di tenere tutti i suoi libri e si accumulava in pieghe ordinate sui fianchi stretti: la divisa imponeva che la si portasse dentro ai pantaloni. 
Ecco, sì.
Erano proprio quelle spalle a cui lei immaginava di appendersi con le mani, ed erano quei fianchi chiari e stretti che lei immaginava sbattere violentemente contro il suo bacino schiuso. 
Doveva farsi una doccia, decisamente, oltre a lavare via il sudore doveva anche sfogare in qualche modo tutta quella tensione erotica che provava, altrimenti non sarebbe arrivata a fine giornata. 
Come se Malfoy avesse in qualche modo sentito i suoi pensieri, si fermò di colpo, forse finalmente accortosi che lei non era al suo fianco.
«Sei una creatura strana, Daphne»
«Perché?» chiese lei stupidamente.
«Perché cerchi di scapparmi in questi momenti, quando a lezione non mi stacchi gli occhi di dosso. A proposito, mi aspetto un ringraziamento per la scena con il professor Lumacorno» 
«Ma non essere ridicolo, Malfoy» Daphne sapeva di non aver risposto brillantemente e il rossore doveva essere evidente, perché si sentiva le guance scottare. Purtroppo tutta la sua intelligenza non serviva di certo in quei momenti in cui si ritrovava assolutamente a corto di parole. 
«Non essere ridicola tu. Sai, io ho gli occhi per vedere. Vedo come mi guardi».
Detto questo, si girò inspiegabilmente verso di lei, inchiodandola con gli occhi dove era. Seguirono un paio di secondi in cui Daphne rimase immobile, presa in contropiede da quella vicinanza inusuale ma tanto a lungo agognata. Malfoy, più alto di lei di circa una testa, lasciò andare i libri di entrambi e la intrappolò contro il muro poggiando le sue lunghe e nervose braccia contro la parete di roccia del castello. Daphne non poteva non guardarlo. Era così paralizzata che percepiva soltanto la secchezza delle proprie labbra e lo sguardo profondo e acuto di Malfoy ispezionarle il viso e indugiare sulla sua bocca. Una parte remota di lei registrò che, al cadere dei libri che avevano rimbombato nel corridoio umido, molti studenti si erano fermati e adesso mormoravano concitati la scena che si profilava sotto i loro occhi. Malfoy d’altra parte la stava fissando con insistenza e Daphne, per quanto totalmente abbacinata dalla scena e dall’improvvisa vicinanza, non poté fare a meno di notare che Draco continuava guardarle le labbra e che tra l’altro si stava avvicinando verso di lei, lentamente ma costantemente.
Il rombo del proprio sangue era piuttosto assordante, lasciava poco spazio ad altre sensazioni, se non il respiro caldo di Malfoy che le lambiva le labbra con sempre maggiore insistenza. La verità è che si sentiva esattamente come un cerbiatto di fronte ad un Lumos Maxima: completamente paralizzata, il suo cervello non lavorava affatto, sentiva le sue membra pesanti ed era totalmente divisa a metà. 
Merlino, baciami, sono qui, sono pronta.
Si passò istintivamente la lingua sulle labbra.
Astoria, Astoria, Astoria. Mia sorella.
Trovò la forza di staccare gli occhi dalle labbra di Malfoy, schiuse, vicine, perfette; ma il suo sguardo si impigliò negli occhi di lui e Daphne si rese perfettamente conto dell’esatto istante in cui perse la facoltà di agire con cognizione di causa.
Tremava come una foglia e non pensava assolutamente a niente, qualcosa nel suo cervello si era come inceppato. 
All’improvviso Malfoy sollevò lo sguardo e la sorprese a fissarlo; non ne sembrò minimamente sorpreso e, data la vicinanza, gli bastò sussurrare per farsi udire «Come vedo io come mi guardi, lo vede anche tua sorella. Non ti facevo così pessima, Daphne-di-vetro».
Detto questo si staccò così bruscamente da creare una piccola corrente d’aria fredda che le sferzò violentemente le guance bollenti. Draco si chinò a raccoglierle i libri, che Daphne si sorprese a prendere dalle sue braccia passivamente, come se fosse stata Confusa
Mentre riprese, da solo, a camminare verso i sotterranei di Serpeverde, Draco le disse, senza neppure guardarla «Astoria ti vuole bene, dovresti smettere di farle del male».

 

Daphne saltò il pranzo e le lezioni pomeridiane. 
Stette per un tempo indefinibile sdraiata sul letto, vestita. Per la prima ora non riuscì neppure a pensare a niente.
Dopo quella parentesi, le uniche immagini sulle quali rimbalzavano i suoi pensieri erano le labbra avvelenate di Malfoy e le sue parole altrettanto avvelenate. 
Astoria, sua sorella minore. Astoria, quanto di migliore lei avesse.   
Se Daphne non ricordava affatto quando aveva cominciato ad amare Draco Malfoy, aveva perfettamente chiaro il giorno in cui Astoria se ne accorse.
La loro relazione andava avanti ormai da qualche tempo e Daphne, da sorella maggiore attenta, si era accorta quando Astoria tenesse a quella storia. Daphne non aveva mai avuto problemi a parlare con la sorella di ragazzi, poteva dirsi che non esistesse fra loro un argomento tabù, ma la piccola di casa Greengrass si era presa una cotta proverbiale per Draco Malfoy dal primo giorno che aveva messo piede ad Hogwarts, motivo per il quale Daphne non se la era mai sentita di rivelarle che, chissà da quanto tempo a questa parte, lei provava qualcosa per lui. Daphne era sempre stata così, per lei il benessere della sorella, della loro famiglia, andava anteposto a qualsiasi altra cosa: soprattutto a se stessa e a quelli che lei giudicava stupidi capricci.
Daphne-di-vetro… le sembravano secoli che non la chiamavano più così. In realtà si trattava soltanto di qualche giorno, ma era lei a sentirsi diversa da un po’ di tempo. È vero, era fragile, maldestra ed insicura, eppure lei nel vetro aveva sempre visto qualcosa di puro, intonso. Non era più così. Lei non era più così: si sentiva marcia, adesso. Come un’infiltrazione volgare nel cristallo, così Daphne vedeva il risentimento che aveva iniziato a covare per sua sorella.
Quando Astoria, e la sua foto era sul comodino di Daphne come a eterno monito, si accorse di quello che sua sorella provava per il proprio ragazzo, si era comportata in maniera esemplare, come sempre faceva. 
Solo il ricordo la faceva sentire male.
L’angoscia di quanto accaduto con Malfoy e il fatto che tutto fosse così palese la torturavano quanto la consapevolezza che a breve sua sorella Astoria, non vedendola a pranzo, non incrociandola nei corridoi della scuola e neppure a cena, si sarebbe catapultata quanto prima nella sua stanza per cercarla e chiedere come stesse.
Perché Astoria era così: dolce, comprensiva, l’amava sinceramente e si preoccupava per sua sorella. Daphne non sapeva cosa la facesse soffrire di più: se il disgusto per se stessa, oppure il fatto che cominciasse a trovare Astoria irritante.

«Daphne!» puntuale come nei peggiori incubi, la voce dolce e preoccupata di Astoria irruppe nella stanza, stringendole le viscere e le tempie «Come stai, tutto bene? Non ti ho visto né a pranzo né a cena; sono stata in infermeria ma Madama Chips non sapeva nulla, allora ho pensato che…» 
«Sì Astoria, sono qui» l’ultima cosa che voleva era prendersela con sua sorella, quindi tentò di raddrizzare il tiro «Scusa, non volevo risponderti male, è che ho un mal di testa che non mi dà pace»
«Posso andare da Madama Chips per prenderti una pozione, che ne pensi?» 
Il fatto che sua sorella fosse così dolce, così trasparente e premurosa, non faceva che farla sentire peggio.
«Non preoccuparti, Nessy, davvero».
Usare il soprannome che da sempre adoperava per chiamare sua sorella, la lasciò insospettatamente esanime.
Astoria le lanciò una lunga occhiata valutativa, ma non disse niente «Come vuoi, allora. Quando vuoi, sono qui».

 

All’alba del giorno dopo Daphne si svegliò di soprassalto. 
Durante il giorno era difficile concentrarsi su qualcosa, come le comuni attività scolastiche, semplicemente per il fatto che ogni suo pensiero era completamente assorbito da Draco Malfoy. Daphne non ne parlava, perché sapeva di essere strana. Vederlo equivaleva sentirsi bruciare i vestiti addosso, pensarlo mentre era da sola equivaleva a stringere forte le cosce e a darsi piacere: dopo l’orgasmo rimaneva spossata, stanca, distrutta, sfibrata. D’altra parte non farlo sarebbe stato peggio: non sarebbe riuscita a combinare assolutamente nulla nella sua giornata. Sapere che Draco si trovava nei paraggi, ammesso lei riuscisse a sottrarsi al suo sguardo, significava chiudere gli occhi e vederlo esplodere al di sotto delle palpebre in diverse scene che alternavano passione sfrenata ad amore idilliaco. Tutto questo era straziante, perché Daphne non credeva che sarebbe mai riuscita a gestire l’immane senso di colpa che provava nei confronti di Astoria. Se il giorno era veramente arduo da affrontare, la notte era praticamente insormontabile e Daphne si svegliava sempre più spesso chiedendosi quando sarebbe arrivata ad un tracollo di nervi. La verità è che lei aveva sempre avuto un debole per Draco Malfoy, soltanto che da qualche mese era diventata una vera e propria ossessione. Non ne parlava con nessuno non soltanto perché si rendeva conto che ciò che provava era insano, ma perché temeva che parlandone non avrebbe fatto altro che amplificare qualcosa che già senza parlarne le sembrava incommensurabile.
Anche quella notte, per esempio, Daphne era entrata ed uscita da un sonno agitato. Nel caleidoscopio dei suoi sogni si susseguivano immagini sfocate e veloci che non avevano altri protagonisti se non Malfoy. Ammesso esista qualcosa di più spietato, spregevole e sprezzante del giudizio altrui, beh, quello è il nostro. L’inconscio di Daphne la puniva, nei sogni, mentre il suo corpo cercava di godere quanto più possibile di quello che la realtà non le concedeva. Era proprio nel momento clou, dunque, mentre Draco la chiamava per nome prima dell’orgasmo, che il suo inconscio la trasformava in sua sorella: in fondo i cambiamenti da fare non erano neppure poi molti. 
Oh, Astoria, ti amo.
Daphne decise di farsi una doccia, si sentiva così svuotata che se fosse stata meglio forse avrebbe trovato la forza di piangere.
Mentre passava la spugna sul suo corpo nel tentativo di riappropriarsi di se stessa, Daphne pensò per l’ennesima volta in quei mesi che non esisteva oggetto o situazione che non evocasse Draco Malfoy nella sua memoria, così come non esisteva momento in cui lui non irrompesse nei suoi pensieri per totalizzarli. Per quanto fragile e insicura, Daphne non era una stupida: aveva capito che, in un modo o nell’altro, dovesse farsela passare. Non c’era di mezzo soltanto il suo benessere, ma anche e soprattutto quello di Astoria. 
Mentre Daphne ascoltava l’acqua scioglierle la tensione via dalle spalle, rifletteva su quanto fossero stati inutili i tentativi di distrazione su cui si era provata a concentrare in quei mesi tribolati. Lo studio, ad esempio, era una sua enorme passione e applicarcisi alacremente aveva sempre dato i suoi frutti. Quando i suoi compagni di Serpeverde volevano lodarla davanti ai Grifondoro -Daphne era un vero e proprio Snaso per procacciare punti per la sua Casa-, non a caso prendevano come termine di paragone Hermione Granger.
«Noi abbiamo la Greengrass, scaltra come la Granger ma con una vita»
Daphne, infatti, per quanto insicura e fragile, era una ragazza assolutamente normale. Non era una sgobbona come la Granger, che non vedeva al di là della sua pergamena di Artimanzia, no. Daphne aveva molte amiche, con cui si concedeva lunghe passeggiate sulle sponde del lago Nero e lungo i confini della Foresta Proibita nonostante gli esami, le verifiche e i compiti; aveva avuto persino qualche ragazzo.
Dopo che Malfoy era entrato così prepotentemente e inaspettatamente nella sua vita, Daphne poteva dire di aver provato veramente di tutto per farsela passare.
Aveva provato a concentrarsi sullo studio, ma niente sembrava funzionare davvero, specialmente se era sola e la sua fantasia poteva galoppare senza interruzioni di sorta. Aveva provato a rilassarsi con le amiche, a prendere il sole nel parco, a fare shopping ad Hogsmade, ma si sentiva isolata. Non a causa delle sue amiche, ovviamente, ma a causa sua e del fatto che non voleva condividere con nessuno la sua ossessione per Malfoy. Le sembrava che parlandone sarebbe diventata ancora più reale.
Infine ci aveva provato, veramente, a farsi piacere qualcun altro. Trascorsa qualche settimana in cui la relazione fra sua sorella e Malfoy si era assestata e a tutti apparve chiaro che non fosse una semplice avventura, Daphne aveva cercato rifugio nel sesso per non pensare a Malfoy. Era la sua ultima speranza. Desistette piuttosto immediatamente, a dir la verità, perché proprio a letto con gli altri tante volte finiva con il pensarci più del solito. Era accaduto spesso che dovesse mordersi le labbra a sangue per impedirsi di urlare il suo nome con il povero mal capitato di turno. Uscita dalla doccia e vestitasi di tutto punto, Daphne si guardava allo specchio ma non si riconosceva. Indossò il suo solito sorriso insieme con le sue scarpe preferite e si diresse in Sala Grande.

 

I pasti erano forse i momenti che Daphne più odiava, almeno per due ragioni.
La prima era che, da che Hogwarts era Hogwarts, lei e sua sorella sedevano vicine, mentre da quando si frequentava con Malfoy la cosa le era diventata francamente insopportabile. La seconda era che, dai pasti, Daphne non poteva scappare. Non si perdeva le occhiate perse ed ammirate che la sorella rivolgeva a Malfoy, né quelle brucianti e desiderose di lui per sua sorella. Probabilmente era frutto solo della sua immaginazione, ma spesso Daphne aveva la sensazione che Malfoy guardasse lei un secondo prima di baciare Astoria. Scacciati quei pensieri, francamente ridicoli, Daphne sedeva a tavola nel tentativo di buttare giù qualche boccone senza farselo andare di traverso. Vedere sua sorella innamorata e felice, invece che scaldarle il cuore, la faceva inspiegabilmente infuriare. Daphne non stava bene, non ne parlava perché non sapeva neppure cosa dire. La verità è che non si riconosceva più. Sognava sempre più spesso di ingannare Malfoy, di toglierlo a sua sorella e questi sentimenti cattivi erano francamente anche ingiustificati. Fra lei e Astoria c’era sempre stato un rapporto che in molti invidiavano; era trasparente, sincero, totalmente scevro da invidie, franco.
Dunque, se Daphne non tentava di ferire sua sorella in alcun modo era perché sapeva che fosse sbagliato, che razionalmente la sorella non le aveva fatto assolutamente nulla. Però aveva cominciato a desiderarlo. 
«Daphne-di-vetro, ma come fai ad essere così contenta tutti i giorni che Merlino manda in terra?» le stava chiedendo Pansy Parkinson, mentre le versava una generosa dose di pasticcio.
«Non so Pansy», rispose lei, disimpegnata e sorridendo lievemente «sarà che ho delle amiche meravigliose?»
Chiunque si fosse trovato nella circostanza di dover descrivere Daphne Greengrass avrebbe sicuramente detto che era una persona dolcissima, delicata, fragile. 
Semplicemente, non capivano più.  La sua insicurezza le impediva di aprirsi con chicchessia, ed era la sua stessa fragilità a farla sorridere sempre, a farla apparire rassicurante, così da sviare sospetti e domande. Nessuno si preoccupava di chiederle come stesse veramente, in fondo Daphne era sempre contenta, non poteva esserci nulla che non andava, giusto? Soltanto Astoria la capiva, ma adesso le sembrava una sua nemica.
Merlino, Daphne, basta adesso, continuava a ripetersi, Astoria è tua sorella, sai che si merita tutta la felicità del mondo e che non ha fatto nulla contro di te.
Certo, a parte scoparsi Malfoy sotto al tuo naso, le suggeriva sempre più frequentemente una vocetta interiore che lei non conosceva e che la stava francamente mandando fuori di testa.
Ma no, che c’entra, argomentava lei in preda al panico, volevo dire ad Astoria che mi piaceva un po’ Malfoy, ma lei ebbe un colpo di fulmine tale che non me la sono mai sentita di…
Eppure lei se l’è sentita, mi pare. Vogliamo pensare a come ti sei sentita quel giorno in cui hai trovato l’armadio di Astoria stipato di ampolle vuote? Davvero non ricordi cosa contenevano?
Il singhiozzo che le uscì dalle labbra non riuscì veramente a frenarlo.
«Sei tremenda! Sempre la nostra solita Daphne-di-vetro» rideva contenta Pansy; ormai i singhiozzi le uscivano ad ogni pasto e lei non riusciva a fermarli, erano coltellate continue vedere come Astoria orbitasse attorno a Malfoy senza neppure accorgersi di lei. 
«Ma come mai ti strozzi ad ogni pasto?» 
Daphne, in realtà, si era abituata a non essere capita; la realtà è che all’inizio provava l’esigenza di spiegarsi, mentre adesso… 
«Lo sai quanto sono distratta Pans, persino mentre mastico penso ad altro» mentire le risultava così semplice che il sorriso le stirava le labbra senza che lei se ne accorgesse. Iniziava a piacerle che lei avesse un mondo interiore che nessuno conosceva. Che nessuno riusciva a capire.
«Merlino, Daphne! Ma a cosa penserai, poi? Non è che tu abbia chissà quale vita interessante».
Malfoy
Malfoy
Malfoy
Forse stava veramente diventando pazza; per questo sorrise a Pansy senza neppure prendersela, ed era un sorriso buono, dolce, affettuoso. 
«Non è la domanda giusta, Pansy. Piuttosto dovresti chiederle a chi pensa tutto il giorno» tuonò fra tutte proprio quella voce che le faceva rizzare tutti i capelli sulla nuca. Benché Daphne si compiacesse della facilità con cui da qualche mese indossava maschere senza destare sospetti, nessuna delle sue esperienze riusciva a trarla in salvo quando si trattava di Malfoy.
«Draco» intervenne immediatamente con voce calma e ferma Astoria. Faceva sempre la cosa giusta al momento giusto.
So difendermi da sola, stupida ragazzina, cosa credi?
Lo sbocco di acredine nei confronti di sua sorella la fece sentire ancora peggio. 
Come era arrivata a tanto?
Un poco per volta, Daphne. Sei stata brava, per di più: tutti sono convinti che tu sia sempre la solita, fragile, Daphne-di-vetro e invece…
«Hai ragione, Draco» rispose ridendo brevemente «Ultimamente Piton mi dà un sacco a cui pensare». 
Il suo tono era così leggero, così limpido, che nessuno vi fece caso e tutti tornarono a mangiare. Tutti tranne Malfoy, che la fissava in maniera indecifrabile e che restava in piedi nonostante Astoria lo tirasse giù per la manica della divisa.
Chissà se guarda anche Astoria come guarda me. 
Malfoy sembrava quasi… ammirato.

 

Le lezioni erano faticose, specialmente quelle pomeridiane, ma erano forse gli unici momenti della giornata in cui Daphne riusciva a tenere relativamente sotto controllo la sua ossessione per Malfoy. Ciò non significava che non lo pensasse, ma che, invece che produrre pensieri coerenti come faceva nel resto del giorno, affiorava di continuo nella sua mente sotto forma di immagini, flash, fulmini che le entravano nella testa e le facevano dimenticare completamente quello che stava scrivendo. Quando questo accadeva, si risvegliava dal torpore soltanto perché si accorgeva che la chiazza di inchiostro che cadeva dalla sua piuma sospesa stava imbrattando la pergamena e rendeva pressoché illeggibili le parole limitrofe. 
Quel giorno, però, era diverso dagli altri, perché Daphne si poneva delle domande su cui solitamente non rifletteva. Perché Draco la provocava? Perché Draco ascoltava le sue conversazioni con le altre compagne di Casa? Perché ultimamente le sembrava che Draco non la guardasse più con l’indifferenza che le riservava prima? 
Daphne stava camminando lungo il corridoio, sbattendo forte i piedi per tentare di coprire quei dannati pensieri nella sua testa.
Forse mi vuole…Che fare con Astoria? Non posso farle del male.
Certo che puoi…Come lei ti ha già fatto.
Ma Astoria non lo sapeva!
Ah no? Ammesso non lo sapesse prima, una volta capito cosa provavi avrebbe potuto lasciare Malfoy.
Questo non ha senso! Astoria sapeva che io non avrei mai fatto niente con lui perché lei ne è innamorata, lasciarlo sarebbe stato inutile.
Infatti, inutile per l’economia generale, Daphne. Non per te. Perché tu ti sei sacrificata per lei e lei non per te? È da qualche anno che ti piace Malfoy…
Appunto, qualche anno! Astoria ne è innamorata da sempre! Non c’è paragone.
Vero, vero… Ma tu, Daphne Greengrass, immaginati la situazione al contrario; pensi sul serio che saresti rimasta con Malfoy?
… No.
Pensaci, Daphne. Pensaci. 

 

«Greengrass» il tono era così definitivo che per un folle secondo le sembrò che Draco Malfoy la stesse aspettando da tempo, nascosto in un corridoio secondario e buio.
«Mi hai spaventata, Malfoy» Daphne cercò di accelerare il passo, in fondo stava pensando a certe cose che l’avevano mandata così in confusione che temeva di non riuscire ad essere padrona di se stessa.
«Scappi, adesso? Eppure non mi sembra che ci sia Piton nei paraggi…» Malfoy aveva una voce strana, bassa, gutturale, come se stesse facendo le fusa. 
«Non sono mai abbastanza al sicuro, in effetti. Starò tranquilla solo arrivata al dormitorio, Piton è sempre bravo a sbucare nei luoghi più impensati».
Improvvisamente Malfoy la strattonò per un braccio e la tirò contro di sé.
«Ti stavo aspettando, Daphne». 
Dunque è vero, urlò trionfante dentro di sé.
«Perché mai? Non ho visto Astoria, mi spiace, non so come aiutarti»
«Chi ti ha detto che cerco lei? Ti ho appena detto che aspettavo te»
«Beh, solitamente state sempre appiccicati» seppe di essere caduta nella sua trappola da come lui sorrise con la medesima soddisfazione di un gatto che ha chiuso il topo in un angolo. Malfoy era pericoloso. Molto pericoloso.
«Quanto risentimento, Daphne» il suo braccio iniziò a scenderle lungo la schiena -come ci fosse arrivato era di fatto un mistero.
«Nessuno» disse lei un po’ troppo velocemente «È solo la verità»
«Non vuoi proprio capire, allora? Stavo aspettando te»  
«Perché?»
«Questa domanda è già più sensata».
Un campanello d’allarme trillò dentro al petto di Daphne, ma era decisamente fievole rispetto a tutto il resto che provava quando Malfoy le era così vicino -le volte si contavano sulle dita di una mano, e una di queste era accaduta appena un giorno fa: ancora non si era ripresa.
«Ma purtroppo, mia cara Daphne, non ho la risposta a tutto. Ho seguito un impulso, piuttosto»
«Non è vero: tu sei un manipolatore e non lasci mai niente al caso»
«L’avrei preso come un complimento, se tu non avessi avuto un tono tanto risentito».
Stava tirando le cose per le lunghe e a Daphne non piaceva, perché sentiva le sue resistenze cedere.
Fallo per Astoria.
Astoria chi? La sorella che ti ha messo da parte per un’avventura con un ragazzo?
«Arriva al dunque, Malfoy»
«Daphne, mi ferisci! Non potrei voler passare del tempo con te?»
«No, non hai mai voluto farlo ed è per di più una cosa scorretta» 
«Nei confronti di…?»
«Non prendermi in giro, Malfoy»
«Astoria non c’entra nulla, adesso. Siamo solo io e te»
«Astoria c’entra sempre: è mia sorella ed è quanto di meglio io abbia»
«Davvero? Nonostante tutto?»
«Tutto cosa, Malfoy?»
«Beh, facciamo così: se io avessi saputo prima di interessare a te, tua sorella non l’avrei neppure guardata»
«Ma che dici? Tu non mi interessi»
«Ah no?» replicò lui con un tono così genuinamente stupito che se Daphne non avesse saputo che lui era un attore consumato, ci sarebbe cascata con tutta la scopa.
«Posso sapere chi dice queste idiozie?»
«Scusa, errore mio. Non dovrei dare spazio alle voci di corridoio. Effettivamente se ne sentono di ogni genere… Ti ricordi quando venne fuori che Zabini aveva sentito che delle matricole di Tassorosso avevano visto insieme la Sprite che amoreggiava con Hagrid? Mi vengono i brividi solo a pensarci»
«Non tentare di cambiare discorso»
«Non sto facendo nulla di simile… soltanto, Daphne, vere o non vere queste voci mi hanno colpito e volevo sapere se…»
«Che ti interessa saperlo? Adesso sei con mia sorella e non vedo perché una notizia come questa, vera o non vera che sia, debba turbarti così tanto».
Daphne, effettivamente, non sapeva da dove proveniva tutta questa forza di resistere a Malfoy. Forse, adesso che lui era veramente così vicino a lei, l’amore per sua sorella e il riflesso incondizionato di proteggerla stavano prevalendo.
«Non capisci, Daphne?» rispose Malfoy in tono accorato, lasciandola andare bruscamente. Lei rabbrividì per il fresco improvviso e perché sentiva che stava per succedere qualcosa.
«Io e te siamo uguali. Quando ieri ti ho detto quelle cose, pensavo che tu agissi per fare un dispetto a lei per motivi che io non conoscevo. Pensavo anche che ti stessi prendendo gioco anche di me pur di colpire lei. Quando poi ho sentito che io ti piacevo da tempo, che allora anche tu provavi quello che provavo io, non sono più rimasto lo stesso»
«E ancora mi parlavi se pensavi che io agissi in maniera così spregevole e indiretta?» 
«Spregevole e indiretta? Assolutamente no, Daphne. Io direi ponderata ed attenta: avevi tutta la mia ammirazione» 
«Comunque parli come se ancora pensassi che queste sciocche voci di corridoio siano vere»
«Puoi dire quello che vuoi, Greengrass» il ritorno al cognome la spiazzò per un istante «Ma i tuoi occhi mi dicono altro» 
«Non dire idioz…» 
Daphne Greengrass si era immaginata molte volte un ipotetico primo bacio con Draco Malfoy. Talvolta lo aveva pensato irruente, violento, maldestro; altre volte passionale, doloroso, perfetto. Adesso non sentiva niente, o meglio, sentiva soltanto la bocca di Malfoy premere contro la sua, forzare un po’ l’accesso per cercarla con la lingua, sentiva la sua saliva, i suoi denti sulle labbra, ma… al di là del registrare le sue reazioni fisiche, Daphne non provava nulla. La sua mente era come accecata, il suo petto ovattato: l’emozione era stata troppa, per questo si era come scollegata da se stessa. Pensava solo, vagamente e in lontananza
Astoria
È giusto, così doveva andare.
Astoria.
Sapevo che non potevo essergli indifferente: io e mia sorella ci somigliamo troppo.
Astoria.
E adesso?

Quando Malfoy si scansò da lei, Daphne notò con distacco che aveva un’aria compiaciuta. Forse un po’ troppo per aver baciato una ragazza che aveva appena detto gli piacesse molto. Ad ogni modo, non era quello il momento di pensarci.
«Sappi che tale idiozia non si ripeterà mai più» disse una voce che proveniva da se stessa, ma che non le sembrava neppure di controllare.
Il sorriso di Malfoy vacillò per un istante «Mi spiace che tu pensi sia un’idiozia»
«Che vuoi fare con Astoria?» 
«Vuoi forse dirle quello che è successo, Daphne?» riprese lui per nulla turbato. «Adesso ci lega anche un segreto, lo sai» 
«Questo è senza dubbio vero,» gli rispose lei tormentandosi una ciocca di capelli «Ma ciò non significa che antepongo il nostro segreto al bene di mia sorella, Malfoy. Lei potrà anche odiarmi in un primo momento, ma poi capirà che…»
«Merlino, Greengrass! Come diavolo fai ad essere così cieca? Come puoi essere così accecata, così fragile, da non vedere?»
«Di che stai parlando?» Daphne iniziava ad agitarsi, poche volte aveva visto Malfoy così sconvolto, alcune ciocche erano persino sfuggite dalla severa pettinatura che portava durante la settimana.
«Tua sorella non è la persona che credi che sia!» 
Sembrava che dire quelle cose gli costasse molto, tanto è vero che poi chiuse la bocca come disgustato da ciò che aveva appena detto.
«Non dirmi come è mia sorella, Malfoy!» 
«Se soltanto tu sapessi, Daphne…»
«Sapere cosa? Parla una volta per tutte o taci per sempre!» 
Per tutta risposta, Malfoy si liberò della sua presa e sembrò dissolversi nel corridoio buio. 
Daphne, furiosa e frastornata, si diresse a passo di marcia verso il dormitorio di Serpeverde. Una volta entrata nella Sala Comune, ci mise un po’ di tempo a realizzare che il silenzio era sceso proprio da quando lei aveva messo piede al di là del passaggio segreto. 
«Cosa succede?» nessuno le rispose, ma Tracey le passò un anonimo pezzo di pergamena: Daphne notò in quel momento che la Sala Comune ne sembrava invasa.

Caro Diario, oggi è il 30 settembre e io mi sento morire. Draco mi ha aiutata a potare una delle diavolerie della prof.ssa Sprite e… non ti dico neppure cosa mi sono messa a pensare mentre lui era accanto a me. Ti dico solo che non potevo fare a meno di immaginare come avrei voluto che lui buttasse tutti i vasi per terra e mi prendesse lì, in quel momento…

Il pezzo di pergamena si concludeva così. 
Il mio diario. È una trascrizione del mio diario.
Daphne barcollò e si mise a sedere. Nella Sala Comune nessuno si mosse. Cercò istintivamente sua sorella con lo sguardo e notò che non c’era. 
Malfoy scelse quel momento brillante per entrare dal passaggio. Immediatamente gli misero in mano un altro frammento e Daphne si chiese in trance quale gli fosse capitato. 
Malfoy era pallidissimo e dall’aria tremendamente seria. Dopo averla guardata brevemente, uscì di corsa, probabilmente a cercare Astoria.
Il brusio a quel punto si era fatto a stento sopportabile. Un paio di braccia -che lei non si prese la briga di identificare- la sollevarono per le spalle e la trascinarono nella sua stanza, senza dire una parola. Daphne gliene fu grata, chiunque fosse. 
Inutile analizzare come si sentiva in quel momento, perché probabilmente non c’era neppure un modo corretto per dirlo. Al di là dell’epica figura che aveva fatto con i suoi compagni di Casa, c’era solo una cosa che riusciva a pensare adesso.
Astoria.
Astoria.
Astoria. 
Daphne era così sconvolta che non riusciva neppure a piangere; soltanto un ronzio continuo e bianco nella testa le faceva da sottofondo. 
E adesso? Come potrò guardare in faccia mia sorella? Come ho potuto rovinare a tal punto il nostro rapporto? L’ho persa per sempre. Lei, l’unica persona che sapeva esattamente tutto di me.
Come, per esempio, sussurrò quella voce sconosciuta nella sua testa, dove tenevi il tuo diario, piccola e ingenua Daphne.
La rivelazione le colpì le tempie come una coltellata. Daphne si alzò in piedi, di scatto. Si diresse a passo malfermo verso la piccola scrivania comune dove le ragazze tenevano la cancelleria. Daphne prese in mano una piuma dall’aria vetusta, spuntata e piena di polvere. Con un rapido movimento di bacchetta, trasfigurò l’oggetto nella sua forma originale: una scatola. Le sue mani si muovevano febbrili e, una volta aperta la scatola, Daphne la trovò vuota come si aspettava. Sapeva di aver applicato un incantesimo di Disillusione al suo diario, più che una forma precauzionale era perché quell’incantesimo le piaceva e così poteva esercitarcisi.
«Morgana, Daph!» rise contenta Astoria «Ma sei davvero sicura che tutte queste protezioni non siano eccessive?» 
«Non ti ricordi l’insegnamento di mamma? Fidarsi è bene…»
«… Ma non fidarsi è meglio. Lo so» 
«Ecco perché soltanto tu sai dove si trova…»
Astoria rise brevemente «Così se qualcuno ti ucciderà, io potrò leggere dal tuo diario la lista dei sospettati»
«Precisamente». 
Quella scatola era inequivocabilmente vuota. 
L’umiliazione, la vergogna, niente, non le era rimasto più nulla: con un colpo di spugna tutto era sparito, gli unici sentimenti che le erano rimasti erano una furia cieca e il desiderio di sparire per sempre.
Fu in quel momento che Daphne capì che una parte di lei era morta per sempre. La voce, quella strana, quella che non le apparteneva, sgorgò con violenza e lei non tentò neppure di arginarla.
Beh, vedila così: hai già avuto parte della tua vendetta, Daphne-di-vetro. Non trovi sia il momento di agire? Quanto tempo hai già perso?
Sei andata in pezzi come il materiale che sei, ma lo vedi? Le schegge di vetro hanno delle diverse proprietà. Feriscono profondamente, Daphne, provocano dei fori piccoli, eppure profondi; se ci passa la luce in mezzo conservano comunque la loro bellezza. Non lo vedi? Sei tu. Adesso sei un insieme di schegge, ma hai un bel margine di manovra.
Era giunto il momento di risorgere da tutto quello.

Era arrivata davanti alla camera della sorella senza neppure accorgersene. La bacchetta che aveva stretto in pugno sprizzava delle scintille rosse che erano andate a bruciare il legno della porta: le bastò sollevarla per fare in modo che saltasse dai cardini. Astoria era nel letto e piangeva con forti singhiozzi che squassavano tutta la sua piccola figura. Malfoy non c’era.
«D… Daphne?»
«Come hai potuto?» Daphne urlava e gli oggetti all’interno della stanza avevano preso a vibrare violentemente.
«Fare cosa?»
«Non mentirmi, idiota! In piedi!» con un gesto della bacchetta le tolse le coperte di dosso. Il pigiama con i gufetti che indossava Astoria le strinse il cuore per un momento. Sembrava così fragile, adesso.
Oh no, non lo è.
«Solo tu Astoria, e ripeto SOLO TU» cominciò Daphne facendo fatica a non mordersi le labbra dalla rabbia «Sapevi dove io tenevo il mio diario»
«Ma di che parli? Come pensi che io…»
«Bugiarda! NESSUNO lo sapeva, nessuno!»
«Non sono stat…»
«Non mentirmi!» la foga con cui le uscirono le parole di bocca provocarono un’ondata di magia che spinse di nuovo Astoria sul letto.
«Ma come pensi che io abbia potuto mettere in giro quelle cose?» reagì finalmente Astoria «Draco è il MIO ragazzo, come hai osato scrivere certe cose di lui sapendo che stavamo insieme?»
«I sentimenti che ho per lui non li controllo, piccola stupida! Pensi che non avrei voluto scordarlo? Pensi che non avrei preferito innamorarmi di chiunque altro? Eppure, come una scema, ho tentato di starci alla larga, e l’ho fatto solo per te! Ma tu che cazzo ne puoi sapere?» 
«Appunto!!! Io pensavo ci dicessimo tutto! Tu non mi hai detto mai quello che provavi per Draco! Avevo capito che un po’ ti piaceva, ma non immaginavo che…»
«Cosa sarebbe cambiato, Astoria? Ragiona per Merlino! L’ho fatto per te, per proteggerti, perché volevo che tu fossi felice! Ho cercato di reprimere quello che provavo per te! Adesso hai ottenuto la tua sporca vendetta, ti senti meglio?»
«Daphne, questo è troppo! Dopo tutto quello che abbiamo passato insieme, come pensi che io veramente possa fare una cosa simile?»
«Sei sempre stata vendicativa ed indiretta! So quanto tieni a Malfoy, ecco perché l’hai fatto!»
«Io non ho fatto nulla!»
«Eri l’UNICA che sapeva dove lo tenessi, Astoria! L’unica persona di cui io mi sia mai fidata!» 
«Adesso basta! Non starò qui a farmi insultare da te!»
«Tu mi hai tradita!» 
«NO! Lo hai fatto tu! Se pensi che io abbia potuto farti una cattiveria del genere, significa che in tutti questi anni insieme tu…»
«Tu non hai capito nulla di me, Astoria! Tu non hai voluto vedere come guardavo Draco per non dover rifletterci sopra!»
Astoria a quel punto sollevò la bacchetta «Everte statim».
Come presa da un pugno nello stomaco, Daphne volò dritta addosso al corridoio, mentre con un incantesimo Astoria aveva ripristinato la porta e si era sigillata all’interno della sua stanza.

 

Daphne si svegliò la mattina del giorno dopo con un gran mal di testa: qualcuno l’aveva misericordiosamente portata a letto, probabilmente dopo aver sbattuto al muro aveva perso i sensi. Fortunatamente era sabato, quindi non c’erano lezioni da seguire e lei poteva tranquillamente morire in pace. 
Pace che, in effetti, non durò molto a lungo. Dopo qualche minuto, qualcuno entrò nella stanza e parlò «Non possiamo andare avanti così, Daphne».
Era Malfoy. Non se l’aspettava, in effetti. Ad ogni buon conto, non rispose.
«Astoria piange da ieri notte»
«Appunto. Va’ a consolarla»
«Sei una persona acuta, Daphne, eppure continui a non notare le cose più evidenti»
«Taglia corto Malfoy, non sono dell’umore»
«Come vedi sono da te, Daphne, e non da lei».
Senza neppure un fruscio, lui si chinò su di lei e la baciò con tremante eccitazione.
Il suo corpo, non che Daphne riuscisse a controllarlo, si tese immediatamente, come se il loro primo bacio fosse, a conti fatti, quello. 
Il primo bacio della nuova me.
Ma sì, chi se ne frega. Voglio iniziare a vivere per me. 
Eadem mutata resurgo.
«Magari all’inizio possiamo vederci di nascosto, per aspettare che si calmino un po’ le acque»
«Perché no?».
Eadem mutata resurgo. Faceva bene ripeterselo come un mantra.
«Ci vediamo questa sera nell’aula dove Vitious tiene tutti i suoi ammennicoli per le lezioni? Ci sono molti cuscini, da quel che ricordo» ammiccò lui con aria maliziosa.
«Molto bene, a che ora?» 
Eadem mutata resurgo.
«Ci vediamo alle 21 lì davanti», le diede un bacio a fior di labbra e uscì dalla stanza.
 

***
 

«Non ci credo» continuava a ripetere Astoria «Lei non lo farebbe mai» 
«È così Astoria, posso provartelo»
«Come? Ma chi ha trovato il suo diario e messo in giro le sue cose? Lo ammazzerei con le mie stesse mani» 
«Smetterai di difenderla dopo stasera. Non sopporto che tu hai ancora questa idea di lei, Astoria. Non hai capito che non è la Daphne-di-vetro che tutti conoscono? Devi vederlo con  tuoi occhi per capirlo: so che l’incantesimo di Disillusione è al di sopra della nostra portata, ma sarà buio quindi anche uno non perfetto sarà sufficiente»
«Vengo solo per dimostrarti che hai torto, Draco. Conosco mia sorella».
 

***
 

Pensando a quanto fosse soddisfatta della se stessa che stava costruendo, Daphne non riusciva a smettere di guardarsi allo specchio. Si stava facendo bella, quella sera sarebbe stata per lei un battesimo, una rinascita. Una nuova sé. Doveva essere in forma.
«Vai da qualche parte stasera?» le chiese Tracey.
«Sì, mi vedo con un ragazzo»
«Ma come? Dopo lo scandalo, sicura che te la senti?»
«Ma sì. Poi Serpeverde sa tenere i suoi segreti, questo ragazzo è di Tassorosso».
Eadem mutata resurgo.
«Ah. Beh, buona fortuna. Dicono che i Tassorosso siano piuttosto noiosi, agli appuntamenti»
«Beh,» cominciò Daphne passandosi il rossetto sulle labbra «Spero che non parleremo molto, onestamente».
 

***


Goyle aveva sempre saputo che Malfoy era un tipo… strano. Non avrebbe saputo dire perché, ma il suo sesto senso -che sua nonna sosteneva lui avesse così sviluppato per compensare le sue scarse qualità intellettive- gli aveva suggerito che era meglio non averlo come nemico. Così era nata la loro amicizia, o quello che era. Goyle, insieme a Tiger, non si facevano mai troppe domande su quello che Malfoy architettava. Loro, semplicemente, eseguivano. Eppure questa volta era stata diversa, Malfoy stava progettando da tempo qualcosa che, con il suo sesto senso, Goyle aveva percepito essere veramente grosso. Da mesi lo vedeva rimestare pozioni nella loro camera ma -come Tiger- anche lui non aveva avuto la curiosità né tantomeno il coraggio di chiedere. D’altra parte Malfoy non parlava molto con loro. Se aveva bisogno di qualcosa era lui che li cercava, mai il contrario. Probabilmente riteneva che loro non capissero appieno il senso di quello che faceva.
E non ha tutti i torti, in effetti, rimuginava Goyle mentre addentava un panino. Ma se c’era qualcosa che si sentiva in dovere di fare era informarsi se quello che Malfoy stava architettando c’entrasse in qualche modo con il pandemonio scoppiato il giorno prima fra le sorelle Greengrass. Solitamente Malfoy mieteva le sue vittime al di fuori della propria Casa, cui lui era intimamente legato, e solitamente non faceva che vantarsi delle sue malefatte. Questa volta era diverso, sembrava… concentrato e soddisfatto, eppure Goyle percepiva che qualcosa di grosso era nell’aria e stava per accadere.
Merlino compensa sempre l’intelletto con l’intuito, si ripeteva nella testa le parole che sua nonna gli diceva con un affetto un po’ grezzo, carezzandogli una guancia.
Per questo Goyle aveva imparato ad affidarsi al suo istinto. Anche perché gli pareva proprio che alcune pozioni che avevano sobbollito per settimane nel loro dormitorio, fossero pozioni che lui conosceva. Decise di prendere il problema di petto, una volta che si trovarono da soli in camera.
«Che cosa stai preparando?»
«Un piano, Goyle, mi sembra ovvio»
«Di cosa si tratta?» 
Malfoy sembrava concentrato nella scrittura di alcuni appunti, per questo sbottò infastidito «Sai che se ho bisogno del tuo aiuto te lo chiedo, Goyle»
«Infatti, ma dato che mi sembra di conoscere la pozione che hai fatto bollire qualche mese fa nella nostra stanza, mi chiedevo se…» e a questo punto inspirò profondamente per infondersi coraggio «… c’entrasse qualcosa con le sorelle Greengrass».
Malfoy sollevò gli occhi dal proprio taccuino, sinceramente stupito «Tua nonna mi aveva detto che il tuo istinto era leggendario, Goyle. Cosa ti fa credere, comunque, che ti dirò qualcosa?»
Ricattare Malfoy non era una scelta saggia. Tentò allora una strada più battuta, che lui per primo era solito percorrere «Sai che mi interessano i tuoi piani diabolici, anche se non ti serve il mio aiuto sono comunque curioso di saperli. Mi stupiscono sempre e sono molto divertenti»
«Mio caro Goyle, sai che sono sensibile ai complimenti! Comunque apprezzo il tuo tentativo di manipolarmi, qualcosa evidentemente sono riuscito a insegnarti».
Goyle sapeva che Malfoy se la prendeva quando non c’era da prendersela e interpretava alcuni insulti come complimenti, quindi, come sempre, non si scompose più di tanto.
«Vedi, qualche mese fa, qualcosa mi è scivolato nel succo di zucca della Greengrass»
«Astoria?» 
«Ma no, pezzo di scemo. Daphne». 
Goyle aggrottò le sopracciglia: certi piani erano troppo complicati per lui.
«Che cosa era?» 
«Amortentia» 
«E perché mai?» Goyle era sempre più confuso, in fondo Malfoy stava con Astoria che era una delle ragazze più belle di Serpeverde. 
«Ti è mai capitato di scagliare un Incendio a un formicaio, Goyle? Vedere quelle formiche tutte prese nelle loro monotone attività quotidiane, felici nelle loro misere e povere certezze? Quando il fuoco arriva tutto muta»
«Sì» capitava spesso che Goyle non avesse idea di dove Malfoy andasse a parare, per questo con il tempo aveva imparato ad aspettare i suoi tempi.
«Bene, le Greengrass sono il mio formicaio personale. Ovviamente penso che Astoria sia carina, ma ho sempre trovato rivoltante il loro modo pulito e trasparente di essere sorelle, vomitevole questa certezza assoluta che nessuna avrebbe mai fatto male all’altra. Cazzate. La vita non è quella vista dalla prospettiva delle formiche».
Goyle continuava a non capire «Ma che c’entra Daphne?» 
«I rapporti sociali sono il fulcro di tutto. Amo smascherare la loro fragilità, amo vedere crollare in pezzi le illusorie verità che tutti si costruiscono con fatica. In realtà ci credono solo perché hanno bisogno di credere in qualcosa. Come quelle due sciocche delle sorelle Greengrass. Voglio essere lo spettatore privilegiato, voglio vedere il loro legame andare in pezzi sotto ai miei occhi; perché, guarda un po’!, la pietra dello scandalo sono io. Io sono il fuoco nel loro piccolo e laborioso formicaio. Dunque è stato facile: mi è bastato versare qualche goccia di Amortentia nel calice di Daphne. Ne ho versato poco, altrimenti lei non sarebbe riuscita a contrastare così bene la forza dell’infatuazione artificiale e si sarebbe insospettita. Un paio di mesi prima mi sono forzato a intraprendere quella farsa con Astoria, tanto per non destare sospetti.
È stato facile gabbare Daphne, d’altra parte tutti sanno che è sempre stata un po’ fragile, molto sveglia, ma insicura. Mi è bastato osservarla un po’ per notare che talvolta il giovedì, oltre ai suoi libri, portava con sé anche uno sciocco diario da ragazza, sul quale aveva cominciato a scrivere forsennatamente di me come ogni femmina infatuata in questa dannata scuola. È stato semplice prendere l’abitudine da inizio anno di portarle i libri dall’aula di Pozioni al dormitorio: il giorno che è sparito il suo diario, mi è bastato lanciarle un lieve incantesimo Confundus per farle scordare che quel giorno lo aveva portato con sé»
«Allora sei stato tu a mettere in giro i ritagli del suo diario?»
«Vedo che mi segui, Goyle, complimenti. Credo che scriverò una lettera di encomio a tua madre più tardi» a questo punto aggrottò le sopracciglia come nello sforzo di ricordarlo. Non c’erano dubbi che quella lettera l’avrebbe scritta sul serio. «Ah, ho anche baciato Daphne, iniziandole a mettere dubbi sulla bontà di sua sorella. Astoria la lavoro da molto più tempo, ma lei è meno manipolabile perché non è sotto l’influsso della mia pozione e, cosa più importante, non è fragile quanto Daphne. Ad ogni modo, adesso sono in ritardo. Si dia inizio alle danze»
«Che intendi dire?» 
«Intendo dire che ho un appuntamento, Goyle. Con Daphne. Indovina chi sarà la special guest
Goyle non capiva.
«Astoria Greengrass», gli venne in soccorso Malfoy e il sorriso che gli lanciò lo raggelò sul posto. Era malvagio. «Voglio che vedano Goyle, capisci? Voglio che vedano che il loro mondo è fragile, finto, finito. Che nessun rapporto tiene nonostante le avversità. Che persino due sorelle come le Greengrass, se io lo voglio, smetteranno di rivolgersi la parola».


***


«Disillio» sussurrò Astoria guardandosi allo specchio. Il risultato non era dei migliori -d’altra parte lei non era certo Silente- ma era tutto sommato accettabile: era buio pesto e quindi il suo incantesimo di scarso livello sarebbe stato comunque sufficiente. Si guardò di nuovo. Adesso che i suoi lineamenti si erano fatti più confusi, sarebbe stato impossibile per chiunque dire se si trattasse di lei o di Daphne.
Daphne, mia sorella. Non mi farebbe mai del male, anche se adesso è arrabbiata. 
Rinvigorita da questi pensieri, Astoria si allacciò gli alamari del mantello invernale e uscì dal dormitorio.
Il castello era uno spettacolo commovente di notte. Astoria non lo aveva visto molte volte; non aveva l’attitudine a rompere le regole della scuola -al contrario di quei svampiti del Grifondoro-, ma adesso doveva ammettere a se stessa che, qualsiasi fosse il motivo che li spingeva a farlo… beh, ne valeva la pena. Le luci tremolanti delle candele si riflettevano incerte sugli essudati delle pietre grosse del castello. I sotterranei erano la parte più umida del castello, ma a lei piacevano. Guardava ammirata i giochi di luce che danzavano sopra le mura e, adesso che c’era un silenzio totale, le sembrava veramente di stare in una bolla nelle profondità oceaniche. 
Erano le 21:15 quando Astoria arrivò nel luogo fissato dell’appuntamento. Il suo stomaco danzava come le fiamme incerte delle candele e il lucore vago che emanava dalla sua persona la faceva confondere con la vaghezza dell’illuminazione notturna. La porta era socchiusa e Astoria poteva sentire delle risatine sommesse provenire dall’interno dell’aula.
No.
Ebbe l’impulso di fuggire via, perché forse non era pronta a perdere le due persone più importanti della sua vita in un unico, mortale colpo. 
Aspetta.
Se lo doveva. A lei stessa, a Malfoy e alla sua Daphne. Raccolse le forze da chissà dove e spinse la porta socchiusa quanto bastava per vedere l’interno dell’ambiente.
L’aula era ampia, gremita di oggetti che giacevano dappertutto con la distratta noncuranza tipica del professor Vitious. Al centro c’erano loro due, Draco e Daphne, abbracciati. Il cuore di Astoria prese a battere come un tamburo e lei ebbe paura che potessero in qualche modo sentirlo. Malfoy era di spalle, ma lei poteva vedere comunque il suo viso appuntito: si trovava di fronte ad uno specchio.
Forse lo ha fatto apposta a mettersi lì.
La luce che filtrava dalle ampie finestre bagnava i capelli biondi di Malfoy di riflessi abbacinanti, dolorosi nella loro purezza. Quelli di sua sorella erano sempre biondi, ma più scuri. Il riflesso era più tenue, morbido. Astoria non poteva udire quello che loro dicevano; parlavano a bassa voce con un tono così carezzevole che lei iniziava a sentirsi di troppo.
Devo andare via, prima che sia troppo tardi.
Fu un attimo: Malfoy, che si aspettava che qualcuno arrivasse, la vide. Una delle sue  due mani grandi e pallide, che intrappolavano la vita di Daphne, prese a salire lungo la sua schiena per posarsi lieve sul mento di sua sorella. Le sollevò così il viso, per posizionarlo in modo tale che la sua bocca fosse raggiungibile.
Astoria credette veramente che sarebbe svenuta.
Draco Malfoy, il suo ragazzo, aveva iniziato a chinarsi lentamente verso la bocca socchiusa di sua sorella, forse per farle capire bene cosa stesse succedendo. Lo slancio con cui Daphne si sollevò sui talloni e gli buttò le braccia al collo fu veramente troppo.
Astoria guardò per un’ultima, disperata volta, il viso di Malfoy. Lui la guardava.

Prima di andarsene non poté fare a meno di notare il balenio dentro i suoi occhi chiari: un crepitante, puro, trionfo.



Fine



Note:  1) Risorgo uguale eppure diversa. Per ulteriori info su questa bellissima citazione qui: http://it.wikipedia.org/wiki/Eadem_mutata_resurgo
2) J.K. Rowling, Harry Potter e il Principe Mezzosangue, Salani editore, 2006. Cit. da pag. 176.


Questa storia partecipa al contes indetto da Mary Black, Ossessioni e vetri infranti, che potete vedere qui http://freeforumzone.leonardo.it/d/10935889/Ossessioni-e-vetri-infranti-IV-edizione/discussione.aspx/1 
Come sapete, se volete lasciare una recensione di qualsiasi tipo, è più che bene accetta :) Volevo scusarmi per il font di questa pagina, non mi soddisfano gli spazi interlinea e spero non vi affatichino troppo. Purtroppo non sono molto esperta, quindi non so neppure come porvi rimedio.

Questo contest è stato veramente interessante. Non è facile parlare di un’ossessione senza cadere nei cliché più consumati. Per quanto riguarda i tre spunti a cui attenerci, vorrei spendere due parole per un aspetto che ho faticato ad inserire, ma che spero venga comunque apprezzato. Daphne, secondo la traccia assegnatomi, dovrebbe essere dolce e fragile. Io ritengo che una delle spie della fragilità e dell’insicurezza risieda proprio nel cadere in un’ossessione (e parlo per esperienza personale, ahimè) e che possano portare, se esasperate, alla cattiveria. L’idea generale che governa il mio racconto è un progressivo mutamento nel personaggio di Daphne, un peggioramento. Essendo però una one-shot, non ho potuto inserire, per evitare di appesantire eccessivamente il racconto già carico, episodi che mi aiutassero a esprimere forse meglio quello che intendevo dire. La Daphne che presento è di per sé fragile e insicura, ma è anche dolce, comprensiva, antepone anche se stessa per il bene della sorella, come spero emerga nella prima parte della one-shot. Tutti hanno questa immagine di lei. Qui entra in gioco l’ossessione che la consuma, che, facendo leva proprio sulle sue insicurezze e fragilità, la fa guastare progressivamente: Daphne diventa intimamente insofferente alla sorella e alla situazione contingente. I fattori di stress scatenanti -il diario, la pozione, il bacio e tutto il resto- la portano a diventare diversa da quello che era al principio. La fragilità di Daphne risiede proprio nella facilità con cui tutto il suo sistema di certezze viene messo in crisi. 

Nel frattempo, per cercare di attenermi a livello più letterale alla traccia, ho pensato che il cambiamento di Daphne fosse tutto interiore. Il resto dei personaggi, in effetti (Malfoy escluso, ma per motivi che spero che alla fine del racconto siano ovvi), non sospetta nulla. In questo modo, cioè mantenendo Daphne-di-vetro fragile e dolce agli occhi di tutti fino alla fine, spero di essere riuscita comunque a rispettare l’idea che si era fatta la Giudicia del personaggio assegnando una tale traccia.

 

Alyssa

 

  
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