Fanfic su artisti musicali > One Direction
Ricorda la storia  |      
Autore: heitslottie    11/01/2015    3 recensioni
Harry si era dimenticato come ci si sentiva a essere amati, Caterine si era dimenticata come fosse bello essere stretta così forte a qualcuno, come se la vita dell'altro dipendesse da lei e da quel bacio, da quell'abbraccio. Caterine voleva qualcuno che potesse tirarla fuori dal buio della vita.
-
Het, Harry.
Per una delle ragazze più belle del mondo.
4.2k words
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Scrivere è la mia vita
e oggi sto scrivendo per lei.
Quindi anche lei
è un po' la mia vita.
https://www.youtube.com/watch?v=kkFvST4t6tQ
"Son qui perché se mi arrendo questa volta
mi arrendo tutta la vita."
cit. Alessandro Baricco.
-

La pioggia di Londra era una di quelle cose così tristi, ma allo stesso tempo così belle, che era carica di emozioni fino all'ultima goccia. Quell'atmosfera opaca, con il cielo terso di un grigio carico di promesse, il rumore scrosciante della pioggia che si riversava sui tetti delle case, sulle automobili, sulle strade non trafficate; quello stesso rumore che rimbombava sulle finestre di ogni casa, a ricordare che una cosa ad unire la città c'era sempre stata. 
Per quanto riguarda Caterine, c'era solo una cosa che in quei giorni di pioggia, con la febbre a trentanove -perché davvero era capace di ammalarsi anche con un paio di gradi in meno e due goccioline d'acqua- gli piaceva fare. Si sdraiava sul divanetto sotto la finestra, con il ticchettio ritmico della pioggia sul davanzale a fargli da sottofondo, con una coperta, un libro e una cioccolata calda. E alternava il libro al pianoforte, giusto per non finirlo troppo in fretta. Probabilmente avrebbe vissuto così tutta la vita, non chiedendosi mai se avesse potuto fare qualcosa in più di quello. Ma lei non avrebbe mai detto che quello che trovava leggendo non gli sarebbe bastato, perché poteva trovare nemici, amici, persone da amare e mille avventure da vivere. Caterine era una ragazza di 19 anni, che avrebbe volentieri passato la sua vita in una sola stanza, se piena di libri e di uno stereo per ascoltare la musica. Non c'era niente al mondo che la facesse sentire più viva di così, anche se, inesorabilmente, moriva di giorno in giorno.
Andava avanti così da più di sei anni ormai, da un'eternità. Aveva tredici anni quando la sua migliore amica era morta. Un ubriacone l' aveva presa a tutta velocità con la macchina, le avevano detto. Era morta in un batter d'occhio, senza soffrire, avevano poi assicurato. Come se questo potesse servire a farla stare meglio. Lei era come una sorella, facevano tutto insieme e insieme condividevano qualsiasi cosa, e ora lei non c'era più. Non poteva farcela a vivere in quella cittadina dove ogn singola cosa e ogni singolo luogo gliela facevano tornare in mente, quindi si era trasferita a Londra, dove abitava suo fratello Richard con la moglie, ed era diventata un po' come parte del mobilio. Richard usciva la mattina per andare a lavoro e trovava Caterine seduta su quel divanetto, e quando rientrava la rivedeva in quella stessa posizione e nello stesso posto, solo con la copertina di un libro diverso tra le mani. Si sentiva sola come nessuno si era mi sentito, e avrebbe potuto metterci la mano sul fuoco. Lei non aveva nè un futuro brillante nè una carriera e una famiglia in via di sviluppo; mentre si ostinava a mangiare da sola dove leggeva, e a cercare sempre meno la compagnia di quella che era ancora la sua famiglia. Era così tanto che non si siedeva a tavola con il fratello che aveva cominciato anche a dimenticare come fosse quella sensazione piacevole di avere qualcuno con cui condividere un pasto. Aveva solo i suoi amati libri e la sua amata musica, che però non bastavano a colmarle il vuoto che si sentiva dentro.
Aveva conosciuto Harry in libreria. Aveva appena finito il sesto libro di Harry Potter e cazzo, doveva sapere come andava a finire tra lui e Ginny - e soprattutto tra Ron e Hermione- .Camminava diretta verso la libreria fantasy, dove sapeva che avrebbe trovato l'edizione meno costosa, e davvero non aveva visto quel ragazzo sullo sgabello che si sporgeva per sistemare un libro un po' troppo in alto.
Si era limitata ad andargli addosso, facendo rovesciare lo sgabello e facendolo cadere rovinosamente con il culo a  terra, meritandosi anche un "porca puttana" borbottato poco finemente.
Ma non era un semplice ragazzo. Era uno dei ragazzi più belli che avesse mai visto, forse il più bello in assoluto. Pelle chiara, tratti inglesi spigolosi ma non troppo, occhi a mandorla così verdi e così accesi che si chiese se magari gli ci fosse cresciuto un albero dentro, e dei capelli castani lunghi, dotati di ricciolini davvero davvero disordinati, in parte nascosti da un cappello. Era anche l'ultimo tipo di persona che si sarebbe immaginata di veder lavorare in una libreria: maglione largo con le maniche rialzate a mostrare i tatuaggi, jeans così stretti da torgliere il fiato, quel cappello poggiato disordinatamente sulla testa e  un cipiglio tra il curioso e l'imbarazzato, che la scrutava mentre di alzava dal pavimento.

"Scusami."- era solo riuscita a borbottare, prima di proseguire verso lo scaffale con il libro che stava cercando.

Aveva una dannatissima voglia di tornare a casa con quel maledetto libro e tirare giù tutti i santi del mondo se quei maledetti protagonisti non si fossero messi insieme, ma una parte di lei, quella che poi prevalse sull'altra, la costrinse ad imparare a memoria quasi tutti i titoli sugli scaffali, per rimanere un po' di più nell'enorme libreria e osservare di nascosto quel ragazzo, manco fosse una stalker. Notò come la sua mano raggiungesse spesso i capelli per spettinarli e poi risistemarli, come i suoi occhi si muovessero di scaffale in scaffale con velocità, come riordinasse tutti i libri con sicurezza, come era familiare nel toccare le copertine o nel sfogliare le pagine. A quel ragazzo piacevano i libri e piaceva leggere, ci avrebbe giurato. Notò quanto spesso guardava l'orologio, all'incirca ogni cinque minuti, o come fosse magro ma ben proporzionato. Notò anche quando si avvicinò a lei, incastrando i suoi occhi nel suo profilo.

"Hey. Mi chiedevo se ti servisse una mano. Sei qui da parecchio." - le disse.

La prima cosa che pensò fù: "Porca puttana, che cazzo di occhi." ma invece disse -" In realtà non avevo voglia di stare a casa. Con un libro sono andata sul sicuro, un altro lo devo scegliere."

"Sei indecisa tra quali?"- chiese.

Alzò due libri -" Smith & Wesson di Baricco, o Orgoglio e pregiudizio della Austen."

Il ragazzo sorrise. -"Baricco. Assolutamente e senza pensarci una volta in più, quel libro è qualcosa di meraviglioso."

Caterine sorrise, un secondo imbarazzata. Era tanto che non parlava davvero con qualcuno come se fosse una cosa normale. Era stato costretta da Richard a uscire parecchie volte per incontrare persone o per andare a delle feste di lavoro con lui, ma era davvero così difficile sentirsi normale dopo essere stata chiusa in casa per anni. Forse non si sarebbe mai più sentita normale come in passato, ma le piaceva pensarlo. Caterine comunque non rispose, insicura su cosa dire, gli sorrise timidamente e si diresse verso la cassa per pagare i due libri che quindi aveva intenzione di comprare.
Rimarrà un segreto lo sguardo intenso che il ragazzo le impresse sulla pelle mentre se ne andava, come rimarrà un segreto il fatto che lei iniziò prima il libro di Baricco che quello per cui era andato effettivamente in libreria, anche se fremeva per saperne la fine.
Inutile specificare che impiegò all'incirca quella sera e il giorno dopo per terminarlo, inutile dire che dovette concordare con il ricciolino in fatto ad aggettivi per il libro, inutile dire che ne rimase colpita, e che sottolineò giusto un paio di frasi con il suo evidenziatore preferito.
Caterine aveva appena finito il libro, aveva ancora quella sensazione di emozioni aggiunte che aveva nello stomaco ogni qual volta ne finiva uno, quando venne chiamato da Richard.

"Caty, la cena è pronta! Te la porto lì?"

Sorrise. -"No, apparecchia anche per me. Mi lavo le mani e arrivo."
-

Harry ci era rimasto di sasso. Nel più normale dei casi avrebbe tirato un ceffone  chi, come quella ragazza, avesse osato farlo cadere con il culo a terra, e se ne sarebbe pure fregato, uomo o donna che fosse. E invece no, quella aveva borbottato qualcosa che non aveva capito e lui si era anche ritrovato a fare il carino con lei dopo poco tempo, consigliandole per giunta il suo libro preferito.
Harry ci era anche rimasto di sasso quando un paio di giorni dopo la ragazza era tornata per acquistare un semplice segnalibro da due sterline, o quando cinque giorni dopo si era fatta rivedere, con un leggero rossetto sulle labbra, per comprare un altro libro di cui non riuscì a identificare il titolo. 
Ma rimase ancora più sconvolto quando una settimana e mezza dopo qualcuno aveva bussato alla porta di casa sua, e lui aprendola l'aveva riconosciuta, con quei capelli scuri e quel solito rossetto tenue sulla bocca.

"Che ci fai qui?" - chiese.

"Ehm. Sono Caterine, mi ha chiamato una donna due giorni fa, oggi devo fare lezioni di pianoforte a una ragazza delle superiori di nome Gemma."

Harry sorrise. -"E' mia sorella!"

Caterine arrossì. -"Uhm quindi.."

Harry si riscosse e le fece spazio attraverso la porta. -"Eh? Sì, certo. Scusa, entra pure."

Sorrise ed entrò nella casa. Non troppo grande ma abbastanza spaziosa, con un salone a vista provvisto di camino e quello che, ne era sicura, era il pianoforte più bello del mondo. A coda, bianco, lucente, fantastico. L'idea di dare lezioni di pianoforte era stata sua, almeno avrebbe potuto raccogliere un po' di soldi per non chiedere sempre tutto a suo fratello, e lui l'aveva subito appoggiata, entusiasta che volesse fare qualcosa all'infuori dello stare in casa o dell'andare in libreria. "Conosco una mia collega di lavoro che ha una figlia che ha da poco perso il suo insegnante, ti faccio sapere." le aveva detto Richard. Ci erano voluti due giorni e mezzo per rintracciarla, e nemmeno una settimana e mezza per organizzare la prima lezione.

"Quanto è piccolo il mondo vero? Io sono Harry, comunque."

Si ritrovò a sorride. "Già, davvero piccolo."

Harry le rivolse un sorriso tutto denti e fossete. -"Mia sorella è di sopra, la vado a chiamare, nel frattempo puoi togliere la giacca e metterla anche sul divano, come preferisci."

Non dovette aspettare neanche due minuti prima di vederli scendere dalle scale.
La sorella di Harry era una ragazzina di 14 anni, con un sorriso contagioso e dei lunghissimi capelli biondo cenere. Assomigliava molto al fratello per le stesse labbra fini, per gli stessi occhi espressivi, ma di un colore diverso, e per gli stessi tratti. 
Gemma non si presentò con una semplice stretta di mano, ma l'avvolse in un abbraccio caloroso.

"Sono tipo troppo felice che sei giovane. Il mio vecchio insegnante era una noia assoluta, ed era vecchio quasi quanto il Colosseo." - le disse.

Harry alzò gli occhi al cielo, ma lei sorrise alla battuta.

"Prima di iniziare mi suoni qualcosa tu? Ti prego."- aggiunse poi.

Caterine non se l'aspettava, davvero. Ma il sorriso entusiasta della bambina era davvero troppo dolce per dirle di no, e si ritrovò troppo presto seduta sullo sgabello del pianoforte con le dita sui tasti, senza bisogno di uno spartito, non per quella canzone. 
Perse la cognizione del tempo e dello spazio non appena chiuse gli occhi e non appena sfiorò il primo tasto, nel momento in cui la prima nota della sua canzone preferita usciva fuori dallo strumento. Not About Angels. Non era difficile da suonare al piano, la prima parte soprattutto, ma aveva una melodia così dolce, così lenta e così espressiva che le era piaciuta dalla prima volta che l'aveva ascoltata. Mentre suonava non le importava che fosse una delle canzoni più depresse della storia, perché quella canzone era il ritratto esatto dei suoi sentimenti da quando aveva tredici anni -quando l'aveva sentita per la prima volta- e tutt'ora si sentiva così: come una melodia triste ma che esplode di energia. Anche un po' strana come definizione.
Terminò la canzone e aprì gli occhi nello stesso istante, incontrando quelli sgranati della ragazzina, che aveva cominciato ad applaudirla.
Spostò lo sguardo su Harry, che invece era serio, ma le sorrise non appena i loro occhi si incontrarono. Verde e marrone che scoppiarono d'energia come quella canzone aveva appena fatto.

"Haz. Vattene via che se no non mi concentro. Caterine, con che cosa iniziamo? Che mi fai suonare? Quella canzone era stupenda!"

I loro sguardi non si staccarono un secondo, almeno finché non si girò per salire le scale.
-

Era passato un mese. Harry si era abituato a vedere Caterine seduta al pianoforte con sua sorella, due volte a settimana, e si era abituato a vedere quest'ultima urlare di gioia poco prima dell'arrivo dell'insegnante. Caterine si era abituata alle cioccolate calde che il ragazzo le offriva puntualmente ogni pomeriggio in cui era a casa sua, si era abituata a parlarci di libri e di musica - di cui avevano gusti simili, come Ed Sheeran - e si era abituata a sentire quella specie di nodo allo stomaco che lui le procurava ogni volta che la sfiorava, la guardava, le sorrideva, le parlavano.
Harry era la cosa più vicina ad un amico che avesse mai avuto a distanza di sei anni.
Caterine per Harry era un angelo sceso dal cielo. Non tanto per lui ma quanto per la sorella. Gli piaceva vederla felice grazie  quelle lezioni, che erano l'unica cosa nella famiglia che i loro genitori, durante il divorzio ancora in corso, non avevano distrutto. Gemma non era stupida e non lo era mai stata, tentava di nascondere al fratello il suo stare male per quella situazione un po' come faceva lui con lei, per non farle vedere che soffriva, e in tutto questo Caterine era considerata l'ancora di salvezza di entrambi. Di lei per la musica, e di lui perché rendere sua sorella felice era sinonimo di rendere felice lui stesso. E Caterine nemmeno lo sapeva, l'unica volta che aveva visto la loro madre era quando lei ogni due settimane si faceva trovare in casa per darle i soldi delle lezioni, senza lasciare trapelare nient'altro che non fosse attinente a tutto ciò.
Accade un mese e mezzo dopo l'inizio delle lezioni. Che bussò alla porta, un Harry in lacrime le aprì e le disse che sua sorella non era in casa, che la lezione sarebbe stata rimandata.

"Harry ma.. che succede?"

"Io.." - si passò una mano sul volto e tentò di asciugarsi le guance al volo. -".. andiamo via da qui."

Si chiuse la porta alle spalle e quasi corse sul vialetto di casa verso il marciapiede, con lei che lo seguì a ruota.

"Che c'è che non va? Puoi dirmelo. Non lo dirò a nessuno."

Lui sorrise, un sorriso amaro. -"Come se non lo sapesse nessuno. Credo lo sappia tutta Londra ormai. I miei stanno divorziando, e Gemma sta ogni giorno più male, e loro se ne sbattono altamente... e questo mi fa incazzare da morire."- si girò di scatto, diede un calciò al muretto sul marciapiede. -"Non so neanche perché sto ancora in quella casa di merda che di famiglia non ha assolutamente nulla. Non so neanche perché ancora non me ne sono andato a fanculo."

"Io lo so Harry."- disse  -"perché ami tua sorella più di quanto ami qualsiasi altra persona, come è giusto che sia. E perché vuoi proteggerla, e andartene non farebbe altro che farla stare male ancora di più."

Lui sospirò, e uno sbuffo di aria fredda fece condensa nell'aria dal suo sospiro. -"Lo so, hai ragione.. ti va una cioccolata calda?"-

Sorrise. -"Dovrai spiegarmi un giorno quest'ossessione per le cioccolate calde."

Lui le tenne aperta la porta del piccolo bar davanti al quale erano capitati. -"Sono ossessionato dalla cioccolata"- le disse -"non ci vedo nulla di male, anzi!"

Il bar era piccolissimo, con dei tavoli in legno così stretti che una volta che Harry le si sedette di fronte, i loro volti erano davvero davvero vicini. E i loro occhi così inevitabilmente.. insieme. Le luci del locale erano pallide, molto invernali, avvolte intorno alle porte e alle finestre, e gli conferivano un'aria natalizia che la fece sentire quasi come a casa. Una musica leggera in sottofondo, che usciv fuori da chissà dove andava a completare il tutto, creando il perfetto mix di romanticismo e serenità.
Harry chiamò la cameriera non appena si sedettero, e ordinò due cioccolate calde, di cui una con i Mashmellows immersi. O "affogati", come aveva detto. 

"Harry posso chiederti una cosa?"

"Certo che puoi."

Esitò. -"Perché sei qui?"

"Oh. Sai com'è? Quando due persone si sono sposate e decidono di fare l'amore potrebbero avere dei.."

"Harry! Non intendevo quello!" - avvampò, e diventò molto simile al colore del suo rossetto.

Harry scoppiò a ridere, sfoderando le sue adorabili fossete, la sua risata roca e muovendo tutti i suoi ricci. -"Scusa, dovevo farlo. Dovresti vederti ora, sei tutta rossa, oddio."

"Dai Harry ero seria." - suo malgrado sorrise -"Intendevo dire perché sei qui con me e mi stai offrendo una cioccolata. Perché hai detto a me dei tuoi problemi e non ai milioni di amici che sicuramente hai."

Lui tornò serio. -"E tu? Perché sei qui e ti stai facendo offrire una cioccolata calda? Perché sei qui con me e non col milione di amiche che sicuramente hai?"-

Lei puntò i suoi occhi nel bicchiere, mentre un'ondata di brutti ricordi le attraversò la mente. -"Sono qui perché me lo hai chiesto tu, e non ho amiche o amici che siano con cui stare, non qui."

"E dove sono?"

"Mi sono trasferita qui da mio fratello sei anni fa, qui non ho amici. La mia migliore amica morì in un incidente d'auto."

"Io.. scusa."

Gli sorrise, per quanto riuscisse a farlo. -"Sono passati sei anni e sono riuscita un po' a farmene una ragione. E poi non scusarti, non è colpa tua. Ma non stavamo parlando di me, mi sembra."

Era sempre stata pessima ad alleggerire le situazioni complicate, ma almeno ci aveva provato.

"Okay. Beh, la cioccolata te l'ho offerta perché semplicemente ne avevo voglia, come si ha voglia di uscire con una bella ragazza. Per quanto riguarda il parlare.. eri e sei la persona giusta al mometo giusto. E con i miei amici non parlo mai di queste cose, mai."

Non chiese perché, si sentì già felice che lui si fidasse così tanto da dirle queste cose. Strinse la tazza tra le mani e l'avvicinò alla bocca, lasciando che il sapore del cioccolato le scendesse per la gola riscaldandola tutta e lasciandole sulle labbra quel sapore di cioccolata che la faceva impazzire. Nel frattempo Harry era davvero buffo, mentre cercava di mangiare i Mashmellow senza sporcare il tavolino.

"Questa cioccolata è davvero buona. Hai ottimi gusti, Harry."

Lui le sorrise. -"Lo so, grazie."

"Quale modestia!"

"Il meglio per il meglio"- disse riferendosi ovviamente a se stesso.
 -

Sono a casa da solo. I miei per non dormire nella stessa casa se ne sono andati dai nonni, e mia madre di è portata via Gemma. Ti prego, vieni a dormire qui.

Per poco non collassò sul proprio letto mentre leggeva il messaggio di Harry, ma cercò di non farsi prendere dal panico. Aveva stretto amicizia con Harry, si erano raccontati cose che nessuno dei due aveva mai rivelato a nessuno e avevano condiviso due delle cioccolate calde più buone e meno annacquate sulla faccia del pianeta. Poteva farcela, doveva solo stare calma. 

Solo se prometti che non mi stupri. x

Inviò il messaggi col sorriso sul volto, afferrò uno zainetto nero trovato nell'armadio e vi infilò le prime cose utili che le capitarono a tiro. Prese il cappotto e se lo infilò al volo insieme alle scarpe.

Non ti prometto assolutamente niente, ma grazie.

Scese le scale e attraversò il pianerottolo praticamente correndo verso la porta.

"Caterine? Ma dove stai andando?"

"Cazzo, Richard." - pensò. -"Ehm, scusa mi sono scordata di dirtelo prima. Stacy, l'amica di Harry che lavora in libreria mi ha chiesto di andare a vedere un film e dormire da lei. Posso vero? Non sono una bambina."

La carta della bambina funzionava sempre.

"Non mi ricordo di averti mai sentito parlare di una certa Stacy."

"Ma sì, Rich. Ci ho preso la cioccolata al bar con Harry quel pomeriggio che sono tornata un po' più tardi, non ricordi?" - non aveva mai creduto di essere così brava a inventare bugie.

Richard scosse le spalle. -"Va bene vai, ma scrivimi domattina se vuoi che ti vengo a prendere."

Gli sorrise, gli stampò un bacio sulla guancia sentendosi leggermente in colpa e poi uscì di casa di corsa, praticamente correndo verso quella di Harry. Probabilmente neanche Bolt ci avrebbe impiegato così poco tempo, non seppe mi se per la paura del buio o se per la voglia di vederlo. 
Suonò al campanello, e l'Harry in tuta più bello di sempre le aprì la porta, facendola entrare. 
Le piaceva il sentirsi a suo agio con Harry intorno, le piaceva il riconoscere bene la casa e sapersi come muovere.

"Scusa per l'ora" - le disse mentre salivano le scale -"ma continuavo a chiedermi se saresti venuta, in caso avessi chiesto. Speravo non dormissi già."

Lei gli diede un colpetto sulla spalla. -"Non fare l'idiota, sapevi che sarei venuta."

Lui gli sorrise e le porse la mano, stringendola e portandola con se fino davanti alla porta di una delle poche stanze della casa in cui non era mai stata.

"Pronta a ricevere il grande onore di entrare nella mia stanza? Pochi possono raccontare di averlo fatto."- le sussurrò nell'orecchio.

Caterine sorrise e annuì, poi Harry aprì la porta e entrambi entrarono.
Era esattamente come se l'era immaginata: poster di cantanti di ogni genere ovunque, una libreria davvero notevole per un ragazzo di vent'anni, un letto a una piazza e mezzo, un armadio abbastanza grande e una scrivania con un pc e dei fogli sparsi sopra. 

"Incantevole"- gli disse.

Lui sorrise e andò verso il comodino vicino al letto, e accese una lampadina e spense la luce grande. Afferrò da una sedia una maglia grigia e il pezzo sotto di una tuta nera. Poi camminò verso di lei e gliele porse. 

"Dormi con questi se preferisci, giuro che non guardo mentre ti cambi."

Lei sorrise. -"Fila a letto, Styles. E mentre mi cambio stai sotto le coperte."

Lui scoppiò a ridere come un bambino. -"Ai suoi ordini, Capitana."

Harry si mise davvero sotto le coperte fino a coprirsi anche il volto, lasciandole un paio di minuti di libertà per cambiarsi. Si guardò allo specchio: era un po' come indossare i vestiti di suo fratello, solo che questi le stavano praticamente tre taglie più grandi.

"Stai una favola, ora vieni qui."

Non potè fare a meno di sorridere, cercando di non farsi notare, mentre raggiungeva il suo letto e ci si infilava dentro. Harry non perse tempo. Avvolse un braccio dietro la sua schiena e l'attirò a sè il più possibile, le loro gambe finirono intrecciate l'una con l'altra in un groviglio perfetto, e il volto di lei si rannicchiò sul suo petto, godendosi il caldo che il suo corpo emanava.

"Grazie per essere qui."

Sentì il volto di Harry avvicinarsi a suoi capelli, su cui appoggiò il mento. La sua mano sul suo fianco creava piccoli cerchi caldi sopra la maglietta, facendole allentare la tenzione e il possibile, ma davvero inesistente, imbarazzo.
Allora alzò lo sguardo dal suo petto e incastrò i suoi occhi nei pozzi verdi del ragazzo.

"Non fare il cretino, Harry. Sono felice di essere qui."

Non seppe come, non seppe perché, non seppe quanto veloce e non fece in tempo a rendersene conto. Seppe solo che un istante dopo le labbra di Harry erano sulle sue, e che entrambi avevano chiuso gli occhi. Il suo cuore perse un battito mentre realizzava ciò che era appena accaduto. Non si scansò. Non si preoccupò. Si abbandonò alla dolce sensazione delle sue braccia che la stringevano, delle sue labbra morbide che poggiate sulle sue, aspettavano il suo via per andare avanti. Toccò il suo petto e strinse la sua maglietta nello stesso secondo in cui la mano di lui le sfiorò il volto in una carezza e le loro bocche si schiusero l'una sull'altra. Harry si era dimenticato come ci si sentiva a essere amati, Caterine si era dimenticata come fosse bello essere stretta così forte a qualcuno, come se la vita dell'altro dipendesse da lei e da quel bacio, da quell'abbraccio. Si baciarono una volta per tutte come desideravano fare da quel pomeriggio in libreria, e si strinsero e si esplorarono, e si sentirono uno parte dell'altro. 
Dovettero scansarsi dopo poco per riprendere fiato.

"Dormi" - le disse -" abbaimo tutti i giorni per essere così. Ti ho baciata perché se mi arrendevo stavolta con te, lo facevo per tutta la vita."

E lei sorrise sul suo petto, mentre chiudeva gli occhi, col suo sapore sulle labbra, mentre sentiva le parole di quella buonanotte diventare la ua frase preferita del libro di Baricco che Harry stesso, per primo, le aveva consigliato.





-----------------------
Hey!
Prima di tutto: Caterina (@morehaz) ti voglio bene, questa è per te, e sai quanto mi costa scrivere qualcosa su un Harry non gay! Tu ce lo vedi? Non credo. Beh, neppure io. Spero ti piaccia davvero.
Spero piaccia anche a voi (recensite, non vi ucciderà nessuno!).
Scusate evuntuali errori di battitura.
Ringraziamento speciale ad Alessia che mi ha ispirata la frase di Baricco, grazie! 
horanschip xx


















   
 
Leggi le 3 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > One Direction / Vai alla pagina dell'autore: heitslottie