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Autore: Rohchan    19/11/2008    2 recensioni
Il respiro le raschia nella gola, come un animale imprigionato che si guadagna la liberà graffiando tutto ciò che trova.
Il suo respiro si ferma, gorgogliandogli nella gola come l’acqua buttata in fretta in una vasca.
Il mercenario ha guadagnato cinquecento scudi d’argento.
Genere: Generale, Malinconico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Allooooora...
credevo di aver esaurito la benzina con 'La Stella Cadente', ma mi sbagliavo...
Eccovi una shot frecsa fresca, ispiratami da un pezzo di musica che si intitola, appunto, "Requiem for a Dream".
Tra gli avvertimenti c'è, appunto, song fic. Non a caso.
Questa storia è stata concepita e scritta sulle note di quel pezzo, e ho fatto del mio meglio per cercare di far coincidere determinati brani dello scritto con la musica.
Per questo vorrei che provaste, se possibile, a leggerlo ascoltando la musica...su youtube si trova abbastanza facilmente.^^

Ed ora, la dedica...
a quattro persone davvero speciali...

a SCINTIL92, perchè è tornata. Lei sa che significa. Ti ho aspettata un sacco, bimba...^_^ e questa è tutta per te.

ad ALEXYS88 (oddio...spero di aver scritto giusto^^) perchè è una persona speciale. E ha una cosa importante da festeggiare. E allora glie la regalo, questa storia.

ad ONIGIRI perchè è sempre gentile, attenta ed affettuosa. Ed è stata la mia beta per questo scritto...

e infine (ma non per ultima) a SERENA. Inutile che spieghi perchè, finirei solo per annoiarti ripetendomi.^_^

Buona lettura a tutti!!!
E lasciate commenti, che voglio capire se l'esperimento è riuscito...
la vostra Rohchan.

REQUIEM FOR A DREAM

Una ragazza è inginocchiata in una cappella, nella torre di un castello a malapena distinguibile nelle ombre della notte.
Indossa una camicia da notte di spessa lana bianca, con una sopraveste di velluto verde scuro. Le ampie maniche si poggiano a terra in grosse pieghe, ed i lunghi capelli rosso scuro tremano con il suo respiro, quasi infuocati dalla luce delle candele vicine.

Fuori, la luna illumina decisa un destriero impaziente, tenuto fermo da uno scudiero poco più che ragazzo. Il cavallo sbuffa e batte gli zoccoli sulla terra resa molle dalla pioggia del giorno precedente, ed il vapore del suo fiato caldo sembra nebbia.

Ad un tratto, si sente un vociare agitato lungo i corridoi del castello, misto al suono metallico della camminata di uomini in armatura.
Il più anziano di loro è un uomo sui trent’anni, con i capelli scuri lunghi fino alle scapole e gli occhi come brace. Ascolta i suoi compagni, ma procede spedito verso l’uscita dal castello.
Pronuncia qualche parola, forse un ringraziamento allo scudiero, quando giunge nel cortile.

Lei lo sente dalla cappella, e scatta in piedi. Ha gli occhi castani lucidi, ma non piange.
Si volta, e senza nemmeno segnarsi esce dalla cappella ed inizia a scendere i gradini a rotta di collo.
La sopraveste le si gonfia dietro, come un’enorme ala scura.
La pietra fredda le gela i piedi nudi, ma lei non sembra nemmeno rendersene conto.
Esce nel cortile.
Sembra sconvolta, e il fango le risucchia i piedi, facendola inciampare e sporcandole gli abiti.

Lui la vede.

Lei se ne accorge, perché vede brillare per un attimo i suoi occhi, e le spalle di lui si piegano, come sotto un peso. Gli si avvicina, senza parlare. Lo guarda, allungando una mano verso le briglie del cavallo.
Lui la guarda, mentre lei cerca di non piangere.
È poco più di una bambina, la sorella del figlio maggiore del Signore di quel castello, e lui non dovrebbe nemmeno conoscere questa creatura dai capelli come fili di rame bruciato.
Ma lei si affaccia spesso a guardare gli allenamenti di quello che un giorno sarà il suo Signore.
E non trasale quando ad essere colpito è il fratello, ma quando lo è il suo maestro.

Si china su di lei senza parlare. Le sfiora il viso, quasi una carezza, e quando lei cerca di trattenere la sua mano lui le fa scivolare qualcosa tra le dita. È una collana, a maglie spesse, cui è legato un anello con una pietra chiara.
Qualcuno abbaia un ordine, e il cavaliere si solleva sulla sella e prende le redini per girare il cavallo.
Lei stringe la collana tra le mani, mentre lo guarda andarsene.

***

All’alba scoppia la battaglia in campo aperto. Lui combatte per il suo Signore, mentre lei, sulla torre più alta del castello, guarda nella direzione in cui lui è sparito.
Un giorno.
Due.
Tre.
Lei non lo vede tornare, ed una notte, poco prima dell’alba, quando il peso dell’anello al suo collo sembra farsi insopportabile, prepara un rituale antico.
Sorride quasi, mentre con mani svelte dispone delle candele, alcuni fiori, ed una ciocca dei suoi capelli al posto giusto.
Se venisse scoperta, sarebbe bruciata sul rogo come strega.

La luna non c’è, questa notte.

La luce polverosa dell’aurora inizia appena a rischiarare il cielo, quando lei sente l’anello tra le sue dita come fosse vivo.
Capisce.
C’è riuscita.
Si sente trasportare lontano, più lontano, da qualche parte a nord del castello.
Si sente come se il corpo fosse incatenato a terra, e l’anima invece potesse volare libera.
E poi…
Eccolo.
È seduto fuori dalla tenda del Signore suo padre, vigile ed attento, gli occhi puntati ad est, dove ormai l’aurora sta diventando l’oro fuso dell’alba.
Ed in un momento gli è addosso.

Un uomo, un mercenario armato, sbuca da alcuni cespugli poco distanti, e silenzioso come un predatore lo sorprende con la guardia abbassata e lo attacca.

Lei vede quello che accade, e d’istinto solleva un braccio, spostando il peso a sinistra, cercando di fare scudo a quel maestro d’armi.
Sembra posseduta, in quel castello lontano miglia e miglia dal campo di battaglia, ma nessuno la vede.

Lui sente improvvisamente qualcosa.
Come una folata di vento, impossibile nell’aria cristallina e gelida del giorno appena nato.
È solo un istante.
Un’esitazione fatale.

Il mercenario trova l’errore nella guardia dell’uomo, ed affonda la spada nel suo fianco.
Dritto, giù, fino all’elsa, passandolo da parte a parte.

L’anello le cade dalle mani. Si sente trafitta, ma non ci sono armi tra le sue mani.
Si lascia scivolare a terra, mentre si apre la sopraveste verde per vedere cosa succede. La sua camicia da notte è macchiata di sangue, e lei si rende conto di quello che sta succedendo.
L’anima le torna indietro, prepotente, come la corda di un arco tesa allo spasimo prima dello scoccare della freccia, che poi torna al suo posto con uno schiocco.
Ansima.
Il respiro le raschia nella gola, come un animale imprigionato che si guadagna la liberà graffiando tutto ciò che trova.

Il suo respiro si ferma, gorgogliandogli nella gola come l’acqua buttata in fretta in una vasca.

Il mercenario ha guadagnato cinquecento scudi d’argento.

E loro non dovranno mai più nascondersi da nessuno.

  
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