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Autore: Walpurgisnacht    12/01/2015    0 recensioni
Terza parte dell'epopea di Secrets. Perché non è vero che le cose belle durano poco. E noi, senza falsa modestia, siamo bbravi e bbelli e ci diamo da fare per voi.
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Non c'è ombra di maretta sulla nuova Nerima. Tizio con Caia, Sempronio con Asdrubala e Bertoldo con Cacasenna. Tutti felici e contenti, tutti accoppiati, tutti soddisfatti.
Sì, certo. Come no.
[Seguito di Secret of the Heart Split in Two e Two-Part Secret Heart, di Subutai Khan e Mana Sputachu]
Genere: Azione, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Akane Tendo, Ranma Saotome, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Secretception!'
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Obaba osservò un secondo la cornetta del telefono prima di riporla.
A quanto pare a casa qualcuno tiene molto alla nostra sopravvivenza. Non sarò io a non ringraziarlo.
Aveva ricevuto altre informazioni direttamente dal centro della rivolta, là a Joketsuzoku. Il suo interlocutore, che non era stata in grado di riconoscere anche per la brevità della comunicazione, aveva ritenuto opportuno metterli al corrente sullo svolgimento della loro temeraria azione sovversiva. E non solo.
Con in mano simili notizie si disse la vetusta donna possiamo forse chiudere una volta per tutte questa storia. Possibilmente senza rimetterci le penne.
Non perse ulteriore tempo e lasciò in fretta e furia il Nekohanten, direzione casa Tendo.

Nella quale casa Tendo, nel frattempo, una coppietta di fidanzati stava affrontando e parzialmente ricucendo la prima grande frattura della loro vita assieme.
Ukyo e Ryoga si stavano guardando in silenzio da qualche minuto, entrambi non particolarmente desiderosi di dire qualcosa. Lui perché, nonostante le parole accomodanti di poco prima, si sentiva ancora mostruosamente in colpa per quanto aveva fatto, o per meglio dire non aveva fatto; lei perché stava ancora facendo internamente a botte con la voglia di rifilargli uno sganassone, prendere il suo corpo incosciente e scaricarlo nella più vicina pattumiera.
Ok, ok. È vero, era arrivata con intenti tutto sommato pacifici e voleva sanare, non distruggere. Però, proprio come gli aveva fatto presente a chiare lettere, era ancora imbufalita e ferita per quanto accaduto e, conoscendosi, non le sarebbe passata istantaneamente. Anzi.
Se però sei venuta a parlargli per cercare di metterci una pezza, Kuonji, devi riuscire a superare questo momento critico. Avrai tutto il tempo poi per fargliela pagare nella maniera più consona.
Sbuffò internamente, ancora combattuta. Ma determinata a non lasciarsi sopraffare dall’istinto, dato che aveva deciso così e così si sarebbe comportata.
Pertanto, per dare peso al pensiero appena formulato, si trovò ad offrirgli la mano per aiutarlo ad alzarsi. Il gesto lo meravigliò non poco, visto e considerato che non si aspettava niente del genere da lei in quella specifica situazione.
“Ma…ma...”.
“Te l’ho detto, sono ancora nera. Ma ti meriti una seconda possibilità, anche perché ti credo sul fatto che non era premeditato”.
“Tu… hai un cuore grande, Ukyo…”.
“Non grande quanto mi piacerebbe, ma cerco di fare del mio meglio. Ora alziamoci, su. E ricordati bene queste mie parole, Hibiki: se vuoi che questo incidente venga catalogato come un aneddoto che fra vent’anni racconteremo ridendo ai nostri figli… vedi di alzare il culo e andare a chiedere scusa a quella poveretta di Akari, non appena sarà possibile. E di dirle tutto su me e te, senza girarci attorno e senza mezze verità. Le devi dire che non la ami, che non l’hai mai amata, che stai con me e che hai intenzione di continuare a farlo”.
A Ryoga balenò, per circa un centesimo di secondo, l’idea di ritrattare l’affermazione sulla grandezza del suo cuore. Perché in quest’ultima frase ci aveva visto una certa dose di crudeltà, per quanto giustificata e comprensibile nel suo attuale stato psicologico. Ma per una volta riuscì a non rovinare tutto e a tacere, acconsentendo con un cenno della testa.
“Bravo bimbo. Ora andiamo dagli altri”.
“Non… non credo sia necessario”.
“Uh? E perché…”.
“Guarda” disse lui indicando davanti a sé, quindi dietro di lei.
Ukyo si voltò e vide, malamente nascosto dalla porta, un ciuffo di capelli blu.
Tendo, te l’ha mai detto nessuno che origliare è da maleducati?
“Akane, da quanto sei lì?” chiese avvicinandosi.
“Da… un pochino” rispose l’interpellata, spalancando l’ostacolo che la separava dai due. Aveva lo sguardo colpevole. Entrambi lo trovarono appropriato.
“Scusatemi, non avrei dovuto” riprese rapida, dopo un istante di incertezza “ma… io volevo solo assicurarmi che le cose fossero andate per il meglio…”.
“Beh, tutto considerato direi che puoi stare tranquilla. Come avrai sentito l’uomomaialino non è ancora del tutto salvo dalla spellatura, però le premesse sono buone”. E condì le ultime parole con un sorriso, rivolto ad Akane ma in realtà dedicato a Ryoga.
E con questo Ukyo si defilò, lasciando un Ryoga più confuso che persuaso insieme ad un’imbarazzata Akane – a cui diede un leggero pizzicotto prima di fuggire in corridoio: la tensione era tanta e lei aveva ancora necessità di schiarirsi le idee.
Rimasta sola con Ryoga, Akane si avvicinò a quest’ultimo e azzardò: “Allora… com’è andata?”
Il ragazzo inarcò un sopracciglio: “Come, credevo avessi sentito…”
“Ho detto che ho sentito un pochino!” replicò lei, giustamente imbarazzata. “E comunque… mi chiedevo più che altro come ti senti tu, a prescindere dall’esito della vostra discussione…”
Ryoga la osservò in silenzio per qualche istante, incerto sulla risposta da dare; in effetti, nemmeno lui era del tutto sicuro di cosa stesse provando.
“Se vuoi la verità, Akane… non ne ho idea” rispose, facendo spallucce. “Intendiamoci, sono davvero contento che Ukyo mi abbia fatto capire che ci tiene a recuperare il rapporto. Solo che…”
“Solo che…?”
“...ho idea che non sarà più come prima” disse, cominciando a camminare su e giù per la cucina. “Dannazione, dovevi vedere con che occhi mi guardava! Era furiosa!”
“E le dai torto?” replicò lei, pacata. Ryoga ebbe il buon gusto di incassare il colpo in silenzio.
“Io non so cosa fare” proseguì lui, sedendosi nuovamente su uno sgabello, “come faccio a recuperare la sua fiducia?”
Akane, intenerita, si sedette accanto a lui: “Non sarà facile, lo sai anche tu. Ci vorrà tempo e pazienza, ma vedrai che le cose si sistemeranno… e non è detto che il rapporto vada recuperato. Anzi, alle volte è meglio ricominciare tutto daccapo.”
Mentre Akane gli sorrideva, Ryoga si sentì più sollevato – anche se non era del tutto sicuro di aver capito la differenza di sfumature in quella frase.

“Come sta andando?”
“E che ne so? Mica riesco a sentire bene da qui!”
“Dovevamo avvicinarci di più.”
“Sì, magari farci notare come ha fatto Akane?”
Ranma sbuffò all’affermazione di Mousse, finendo per reprimere la sua indole da portinaia.
Avrebbe chiesto direttamente ad Akane, dopo.
Si lasciò scivolare sull’erba con la schiena contro la parete, accanto alla porta della cucina che dava sul giardino; Mousse rimase in piedi accanto a lui, fissando un punto a caso di fronte a sé.
“Tra un po’ tocca di nuovo a te.”
Mousse non rispose, limitandosi a un cenno della testa.
“Come credi che sarà stavolta?”
Il cinese inspirò: “Onestamente… non ne ho idea. Non so cosa aspettarmi. L’unica paura che avevo l’ho già affrontata” proseguì, pulendosi le lenti con una manica. “Stavolta non so proprio cosa mi troverò davanti…”
Ranma rimase un po’ in silenzio, poi aggiunse: “Te la caverai. Ce la caveremo tutti.”
Mousse sorrise malinconico: “Mi piacerebbe riuscire a crederti, Saotome.”
“Su su, non fasciarti la testa prima di essertela rotta. Qua siamo più o meno sopravvissuti tutti e…”.
“Da quando ti lanci in metafore azzardate? Sei sicuro di potertele permettere, col tuo basso quoziente intellettivo?”.
“Grunf. Va bene, me ne lavo le mani. Cavatela da solo, cinese orbo”.
“Scusa. È che sono nervoso e faccio poco filtro fra cervello e bocca”.
Al vederlo così intimorito persino Ranma Saotome, la Boria Personificata™ dovette intenerirsi. Gli cinse le spalle con un braccio e proseguì nelle rassicurazioni. Solo che, esattamente come quelle fatte poco prima a Ryoga, erano più vacue di quanto gli sarebbe piaciuto.
“Cosa fate, voi due grassatori? Origliavate?” li fulminò Akane mentre li raggiungeva all’esterno, accompagnata da un mugugnante Ryoga.
“Non farci la paternale, Akane. Eri la prima ad allungare l’orecchio” la rimbeccò Ranma, divertito. La ragazza accusò il colpo e si ritrasse leggermente, salvo poi ricambiare il rimarco con un sorriso furbetto.
“Beh, io sono una femmina e posso”.
“Ah davvero? Non me la conti giusta, Tendo”.
“Perché, sai anche contare Saotome?”.
“Uh, colpisci sotto la cintura. E va bene, va bene. L’hai voluta tu!”.
Si misero a darsi pizzicotti e buffetti ridicoli, ridendo come due scolaretti che si contendono amichevolmente il box sabbia dell’asilo.
L’uomomaialino non reagì allo spettacolo, perso com’era nei suoi pensieri di devastazione e dolore incombenti -scenari che prevedevano una litigata epica con Ukyo, dove con litigata si intende la cuoca gli spacca la faccia e lui subisce passivamente, una defenestrazione dal secondo piano dell’okonomiyaki-ya come neanche quella di Praga e un ometto con la bandana che riprendeva a vagare da solo per il Giappone, triste e sconsolato-, mentre Mousse li osservava chiedendosi silenziosamente come quei due potessero saltare dal serio al faceto con tanta semplicità.
Beh anatroccolo, tieni presente che loro hanno già superato la rispettiva prova e hanno indubbiamente l’anima più leggera della tua. Cioè, saranno anche preoccupati per te ma… il loro peggio è passato. Lasciando dei segni profondi, specialmente sul viso di Akane, ma comunque passato.
Sospirò, augurandosi che tutto andasse per il meglio anche nel suo caso.
Lasciò la coppietta intenta al suo finto battibecco e Ryoga perso nei suoi deprimenti pensieri, decidendo di fare due passi in giardino per schiarirsi le idee.
Non aveva idea di cosa aspettarsi dalle amazzoni, stavolta: come aveva detto a Ranma poco prima, pur con tutta la buona volontà non riusciva proprio a trovare qualche altro dettaglio che poteva essere usato contro di lui, e la cosa lo innervosiva. Significava farsi cogliere impreparati, e nella loro - anzi, nella sua situazione era impensabile.
“Tutto solo?”
La voce di Shan-Pu lo distolse dai suoi cupi pensieri.
“Tu piuttosto, come mai in giro?” rispose nella sua lingua natia.
“Non ho molto da fare in casa, e Ukyo non è la migliore delle compagnie al momento…” rispose lei con un’alzata di spalle. “Mi sembri teso… stai pensando al prossimo scontro?”
“Sfortunatamente non ho altro a cui pensare” sospirò Mousse “e la cosa che più mi manda in bestia è che… non so davvero cosa aspettarmi.”
“Ne sei sicuro?”
“Sicurissimo. La paura di essere rifiutato da te è una cosa morta e sepolta ormai, ed era l’unica cosa che potevano usare contro di me… se fossero arrivate prima. Ma adesso...” allargò le braccia. Le ipotesi scarseggiavano, e il tempo anche.
Shan-Pu fece una smorfia, forse cercando le parole più adatte da dire, o qualche suggerimento utile… ma nemmeno lei aveva qualche asso nella manica, apparentemente.
Mousse inspirò, stanco. Si lasciò distrarre dalla brezza fresca e dagli odori che trasportava: un aroma dolce di mandorle gli solleticava il naso, provocandogli un fastidioso pizzicore.
“Beh, allora forse la bisnonna si è sbagliata nel dire che ti sarebbe toccato un supplemento...” azzardò lei, evitando volontariamente di guardarlo negli occhi. La cosa gli fece male ma non lo diede a vedere.
“Conosci la vecchia… ehm, la nobile Cologne. Se dice qualcosa ha un buon motivo per farlo”.
“Ci puoi scommettere, oca spennacchiata” giunse una voce nota da… sopra? Sì sì, veniva proprio da sopra.
I due alzarono lo sguardo e videro la sopracitata Cologne squadrarli come uno sparviero che osserva la preda prima di sbranarla. Stava appollaiata sul tetto, apparentemente senza intenzione di scendere da lì.
“Bisnonna! Cosa ci fai lassù?” chiese l’amazzone più giovane, non aspettandosi di vederla lì.
“Non posso osservare ogni tanto i piccioncini?”.
Piccioncini? Cosa sta dicendo?
Il gargoyle balzò giù e li raggiunse.
“Ebbene, non avete niente da dirmi voi due?”. Il tono era molto calmo ma Mousse, non spiegandosi come, ci colse una nota accusatoria.
“Cosa dovremmo dirti, nonna?”.
“Oh, non so. Tipo che vi intrattenete piacevolmente assieme la notte?”.
Le mandibole di entrambi i ragazzi si aprirono di trenta centimetri buoni.
“Co-come… lo… lo sai…”.
“I giovinastri non imparano mai e non si rendono conto che nulla, fra le mura del Nekohanten, sfugge alle mie sensibili orecchie piene di rughe. Potrei quasi descrivere i singoli atti nel dettaglio, con tanto di posizioni e feticci che prediligete”.
Che… che cosa? Lei… sa tutto questo?
Scambiò un’occhiata veloce con Shan-Pu, a sua volta ammutolita dall’imprevisto sviluppo appena emerso. Fra l’altro le parole di Obaba erano suonate… velenose. Non sembrava apprezzare.
“Sto aspettando una spiegazione”.
Spiegazione? Che spiegazione pretendi? Io e tua nipote ogni tanto ce la spassiamo sotto le coperte. È per caso vietato da qualche parte?


Oh. In effetti…
“Nonna” subentrò Shan-Pu “stai forse cercando di dirci… che disapprovi?”.
“Ci mancherebbe che disapprovo! Tu e Mu-Si non potete consumare un matrimonio che ancora non c’è stato!”.
“Ma… ma…”.
“Niente ma, signorinella. Da questo momento vi vieto espressamente di fare sesso. Se dovessi venire a sapere che avete trasgredito a quest’ordine… non esiterò a farvela pagare. Salata. Molto salata”.
Senza aggiungere una sola, ulteriore parola spiccò un balzo e si dileguò, lontano dai loro cuori in subbuglio.
Io… lei… noi… non capisco…
“Shan-Pu” trovò la forza di dire “cosa… è appena successo?”.
Lei non ebbe di che rispondergli, se possibile ancora più sconvolta.
Rimasero lì come due baccalà, non capendoci nulla.

È questione di poco, si disse.
Le notizie che erano giunte dalla Cina potevano rivelarsi di vitale importanza, e non avrebbe permesso a niente e nessuno di rovinare tutto.
Obaba inspirò, pensando a cosa doveva fare - a cosa era giusto fare.
Un movimento quasi impercettibile alla sua destra la distolse dai suoi pensieri.
“Hmph. Lo sapevo.”
   
 
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