Era solo questione di tempo.
Avevano indagato su rapimenti, omicidi, attentati; fianco a fianco, avevano risolto centinaia, forse migliaia di casi; avevano avuto a che fare con la feccia dell'umanità. A volte, erano sopravvissuti per pura fortuna.
La fortuna non può durare in eterno.
Li avevano messi in guardia: Lestrade, la signora Hudson, Molly...perfino Mike Stamford aveva cercato di convincerli a non accettare casi troppo pericolosi, più grandi di loro, sfide che rischiavano di trasformarsi in trappole mortali. Ma John e Sherlock non si erano fermati, non avevano desistito, pur sapendo che era solo questione di tempo.
Avevano accettato anche quel caso. E lo avevano risolto. Ma a che prezzo?
John era disteso su un pavimento gelido e liscio, di un colore scuro indistinguibile alla luce fioca che proveniva dall'altra parte della stanza. Da una candela? Forse era una lanterna, o una lampadina. La vista di Watson era sempre più annebbiata, ma riusciva ancora a distinguere le due figure nei pressi della fonte di luce.
Sherlock era ancora in piedi; più o meno: erano le corde a tenerlo su, scavandogli grossi solchi nei polsi. Qualcuno lo stava torturando: il detective si era spinto troppo in là, e adesso doveva pagare.
John non ricordava chi fosse l'altro individuo, la sua mente cominciava a perdere lucidità; l'unica cosa che sapeva di lui era che doveva morire tra atroci sofferenze per quello che stava facendo a Sherlock. Se ne sarebbe occupato lui stesso, ma non poteva alzarsi: il pavimento era scivoloso. Una pozza di liquido caldo si allargava a vista d'occhio sotto di lui.
Mentre la sua vita lo abbandonava attraverso il foro di un proiettile, John ebbe il tempo di formulare un ultimo pensiero: ti prego, Dio, fallo vivere.