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Autore: Alvin Miller    13/01/2015    2 recensioni
Sembrava un compito così facile, vero? In fondo si trattava soltanto di badare alla Carousel Boutique per un pomeriggio e una notte. Fare le pulizie, annaffiare le piante, nutrire quel dispotico esempio felino di Opalescence.
Unica raccomandazione: stare alla larga da quella gemma recapitata stamani a casa Rarity; pena, il disastro!
Tutto sommato un giochetto da puledrini, eh Spike...?
Genere: Azione, Comico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Pinkie Pie, Rarity, Spike, Twilight Sparkle
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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5: An Ordinary Epilogue


Entrò nella stanza con la sgradevole sensazione di avere gli occhi di tutti puntati addosso.

Due file parallele di manichini, disposti come a formare uno schieramento di Guardie Reali in una sala imperiale, culminavano lungo il finire della stanza con la Mimic ben adagiata sul suo trono, che attendeva l’arrivo del suo giovane ospite.

Sorrideva mostruosamente, curvando i bordi dello scrigno in un modo che dava a Spike più di un brivido di timore.

Tra gli abiti, chi non era uscito per affrontarlo in precedenza, ora attendeva in disparte il proprio momento, e un gruppo più corposo circondava la piattaforma sulla quale erano adagiate le due pony.

Vedere le sue amiche in quello stato pietoso gli provocò una lacerante fitta di dolore al cuore, e si ripromise, ora e per sempre, che mai al mondo avrebbe permesso alla gemma di adempiere al suo piano crudele con loro.

Avanzò con prudenza, seguendo il percorso che stavano delimitando i manichini; la gruccia-arco, pronta a colpire, gli dava un’illusoria sensazione di coraggio.

La Mimic lanciò un segnale a uno dei finti equini, e questo si spostò accanto al suo corpo-divano. Allora cominciò a battere ritmicamente gli zoccoli anteriori, completando quel gesto che i pony sono soliti fare quando devono applaudire a qualcosa.

«Ho combattuto contro i più potenti maghi unicorni di tutta Equestria.» Cominciò lei, ordinando di cessare i battiti. «Il fatto più divertente è che nessuno di loro era mai stato capace di sorprendermi. Persino nella sconfitta, già sapevo che nessuno sarebbe tornato a cercarmi. Ma tu, Spike, cucciolo di drago, che hai trovato il coraggio di fare ciò che invece gli altri avevano sempre evitato… mi sento quasi onorata di averti incontrato.»

Spike strinse tra i denti il rubino intagliato a ciliegia, guardandosi attentamente dall’abbassare la guardia verso i nemici attorno, ma contemporaneamente, cercando di imporsi la calma. Sapeva benissimo che se avesse attaccato per primo, probabilmente non gli avrebbero concesso uno spiraglio di fuga.

Spezzò il “dolcetto” in piccole parti, e lo mandò giù prima di decidersi a parlare. «Sono qui per riprendermi le mie amiche! Non m’importa di te o di quali siano le tue intenzioni!» Cercò di apparire posato.

«Le riavrai, come ti ho già detto. Il tempo di consacrare il mio ritorno e non avrò più ragioni per trattenervi.»

«E poi che farai? Invaderai il regno e ti prenderai tutta la Magia dei pony? No, grazie. Ci siamo già passati.»

Lei si mise a sogghignare con poca convinzione, come dopo una barzelletta di mediocre qualità.

«Se anche fosse, cosa ti aspetti di fare? Ti stai barcamenando in un’impresa che va oltre la tua portata. Alla fine, tutto il dispiego di energie che ti è costato sarà valso a niente, e finirai per fare del male soltanto a te stesso!»

Nel frattempo i manichini ruppero lo schieramento e si andarono a disporre alle spalle del drago. Lui se ne accorse, e li intimò di stargli alla larga sbuffandovi un arco di fuoco.

«I-io… non riesco a capirvi.» Balbettò guardandosi intorno.

La Mimic mugugnò perplessa.

«Voi “cattivi”, intendo… avete sempre tutto questo potere… potreste compiere imprese leggendarie se soltanto lo desideraste! Essere ricordati nei libri di storia per il vostro buon cuore! Ma allora perché scegliete sempre la strada del Male! Per quale motivo? L’odio? Il disprezzo? Perché sentite sempre il bisogno di distruggere ogni cosa?! Non potreste semplicemente per una volta, che ne so… amare?»

Tra i manichini si accese una muta discussione, e gli abiti gesticolarono.

La Mimic chiuse il coperchio, assumendo un atteggiamento serio, pensoso.

«Non hai tutti i torti, in effetti… » disse «… mi fai rammentare quella volta, quando la mia famiglia decise d’invadere il Regno del Grande Freddo… »

Spike non capì a quale regno si riferiva, ma di certo non poteva trattarsi dell’attuale Regno di Cristallo, perciò…

Oh! Non divaghiamo!

«… quattro delle mie sorelle vennero annientate… » continuò «distrutte dai Cavalieri dell’antico ordine dell’Armonia…»

Anche qui, il nome non lo rimandava a nulla che avesse presente.

«… bada, non è che non avessero un piano! Si erano infiltrate a corte come gioielli della corona Reale, e mirarono a conquistare l’impero attraverso il controllo sulle menti dei regnanti. Un piano perfetto sulla carta, ma commisero l’errore di farsi scoprire, e quando entrarono in campo i Cavalieri dell’Ordine, l’incantesimo denaturalizzante fece per loro il resto. Erano i primi anni dall’inizio delle persecuzioni delle Mimic, e quelle sciocche non avevano fatto altro che inasprire ulteriormente le tensioni tra i pony e la nostra razza. Il lato divertente è che credo siano ancora incollate a quella corona.»

Il drago ascoltava perplesso la storia della gemma. «Perché mi stai raccontando questo?»

«Noi obbediamo al nostro potere, piccolo Spike.» Rispose. «Manipoliamo e soggioghiamo la materia perché questo è ciò che la nostra natura ci impone di fare. Non provo odio verso i maghi unicorno che secoli fa mi hanno imprigionato in questo scrigno. In verità, non mi sento neppure animata da alcun sentimento di vendetta.»

La nota di rammarico nelle sue parole accese nel rettile una luce di speranza, ed era come se tutta la stanza brillasse un poco di più. «Vuol dire che hai cambiato idea? Non t’interessa più conquistarci?»

La Mimic voltò lo scrigno-testa da un lato, guardando verso un gruppetto di posseduti. «Sei coraggioso e anche saggio, piccolo eroe. Potresti essere un grande esponente della tua razza un giorno… »

Per la prima volta, la gruccia smise di puntare il bersaglio, e si rilassò.

«Peccato che non arriverai mai a vedere quel giorno.» Minacciò a bassa voce.

La gruccia si raddrizzò.

«Cosa?! M-ma… io pensavo che… »

«Non avere timore, mi ricorderò di te come di un’amabile distrazione lungo la scalata della mia ascesa. Ma ora, per cortesia, vedi di farti catturare, e non intralciarmi mai più!»

I posseduti presero a muoversi reagendo al cenno della loro padrona.

«Maledetta! Sei sleale, sei una vigliacca!»

«No! Sono una Mimic! Sono uno spirito maligno che abita il nucleo di una gemma stregata! Non ho bisogno di un corpo di carne che limiti la mia eternità, tantomeno di un cuore buono che m’imponga come comportarmi!» E concluse la frase con una risata isterica.

Di nuovo punto e a capo: i serventi si avventarono su Spike, obbligandolo a combattere per la vita.

Per un po’ si limitò a eludere i loro assalti, sgusciando sotto gli zoccoli dei manichini e allontanando gli abiti troppo audaci con incerti sbuffi di fuoco, che erano per lo più fumo; non poteva fermarsi a mettere a segno un colpo di freccia o estrarre un’altra arma.

Il suo corpo minuto, per lo meno, lo rendeva un bersaglio difficile da agguantare.

Tentò un ripiego verso la porta, e per poco non si tagliò la pianta del piede con i cocci dello specchio quando vi passò sopra, ma questo gli diede anche lo spunto per una nuova, disperata idea.

Curvò all’indietro e si diresse a tutta birra verso un altro specchio, che angolò sul supporto in modo che il riflesso puntasse verso il centro della stanza. Lì evitò di essere afferrato da una delle vesti cerimoniali, scoccando l’unico ago che tendeva sul filo della gruccia.

Allora si precipitò verso un altro specchio, ruotandolo allo stesso modo del primo, e ripetendo la medesima operazione con tutti gli altri sei attorno alla stanza, evitando ogni volta la cattura per il rotto della cuffia.

Da parte loro, la Mimic e i suoi schiavi stavano allentando l’impeto con il quale tentavano di bloccarlo, incapaci di visualizzare l’ignoto disegno che si stava tracciando nelle sue azioni.

Quando finì, non cercò la salvezza attraverso la ritirata, bensì, fece ritorno al centro della sala.

Aveva il fiatone e i nervi tesi come le corde di un violino, ma anche un sorriso che gli coloriva l’espressione.

«Ebbene, e con questo che hai dimostrato?» Gli domandò la Mimic, ancora dubbiosa.

Il sorriso gli si dilatò fino a spalancarsi. «Ma come? Non eri tu quella che non si sorprende mai? Tipico dei cattivi! Parlate e parlate, ma quando si tratta di agire, siete soltanto fumo e niente arrosto!»

«Pensi forse di incutermi timore con le frasi da repertorio? Io ho un’intera armata dalla mia parte, e tu? Quanti ancora pensi di riuscire ad abbatterne prima di esaurire tutte le frecce al tuo stupido arco?»

«Ed è qui che ti sbagli, mia cara!»

«Uhm?!» Mormorò la Mimic, inarcando la parte destra del coperchio. «Intendi fare il misterioso ancora per lungo?»

«Non ti preoccupare di questo, bella. Anzi, il meglio deve ancora arrivare!»

E schioccò le dita.

Fu allora che la gemma, spostando lo sguardo in direzione di uno degli specchi, ne comprese le reali intenzioni: i riflessi del drago proiettati all’interno delle lastre si animarono di vita propria, scostando quelli degli abiti che si frapponevano fra loro e il bordo esterno delle stesse, uscendo dal loro mondo a due dimensioni per entrare in quello dello Spike originale, al quale si unirono raggruppandosi al centro.

«Come la mettiamo adesso?» Chiese il drago originale, sghignazzando.

La Mimic digrignò la “bocca”, esitando un istante, per poi prorompere con tutta la potenza di un grido: «Attaccateli!! Fateli fuori tutti!!».

Strillò così forte che buona parte del suo esercito sobbalzò di paura.

«Forza, ragazzi! Facciamogli vedere chi siamo!! All’attacco!!» Incitò lo Spike originale, e le copie si dispersero avventandosi contro i serventi della gemma stregata.

Fu una battaglia senza esclusione di colpi, durante la quale i combattenti di una e dell’altra sponda cadevano e si rialzavano in continuazione sotto colpi di zoccoli, artigliate, morsi e strozzamenti che piovevano da ogni dove e che si avventavano su ogni cosa.

Dalla loro, i posseduti avevano i numeri nettamente superiori, ma i draghi avevano il fuoco, e se un posseduto cadeva ferito a morte dalle copie-Spike, questi ultimi, al contrario, parevano praticamente invincibili, incassando colpi su colpi e tornando in carreggiata come se niente fosse, con più grinta di prima.

«Non così!! Gli specchi, dovete distruggere gli specchi!!»

La Mimic trottò col suo corpo-divano verso uno dei supporti, e lì scagliò un colpo di gamba che finì per aprire una profonda spaccatura sulla superficie della lastra.

In quell’esatto momento, una delle copie-Spike si ruppe in mille frammenti, sfumando in una vampata di essenza magica.

«Avete visto?!? È così che dovete fare!! Fermateli prima che mandino tutto in malora!!»

Qualcuno colse il suo messaggio, e nei minuti seguenti il numero di specchi era già drasticamente diminuito, così come le copie di Spike.

Anche la fazione della Mimic aveva però subito delle perdite considerevoli: gran parte degli abiti erano stati stracciati o arsi “vivi”, e oramai solo i manichini proseguivano la lotta contro i cloni del drago.

La Mimic puntò di fretta verso un altro specchio, quando uno degli Spike tentò di balzarle addosso per coglierla di sorpresa.

Rovesciò il corpo-divano esattamente di novanta gradi facendosi leva su due gambe e sollevandosi per aria, evitando il suo assalto.

Tornata dritta, rimasero a fissarsi per qualche secondo, odiandosi reciprocamente e augurandosi l’un l’altro la disfatta, mentre intorno la battaglia infuriava senza dare segno di fermarsi.

Il drago la puntò con occhi feroci, mostrandole la dentatura aguzza e affilata; in mano teneva la gruccia tesa e in carica.

La gemma capì allora di trovarsi dinanzi allo Spike originale.

«Finiamola qui, Mimic! Questa follia è durata anche troppo!»

Lei quindi gli rise addosso, nel suo tipico modo di fare da cattiva esaltata. «Il buio ti rende cieco, piccolo! Io non ho neppure cominciato a mettermi in mostra per intero!» Come ulteriore sfregio, abbatté lo specchio che aveva adocchiato in precedenza, togliendo di mezzo un altro clone. «Prima di quanto immagini, striscerete ai miei piedi invocando il mio perdono! E io ve lo negherò col supplizio!! Patirete – ve lo prometto – nei fiumi che avrete riempito con le vostre lacrime, fino quando la vita non avrà deciso di abbandonare per sempre i vostri miseri corpi di carne e sangue!!»

Era impazzita, nel modo più assoluto, totalmente fuori controllo e smarrita nei dedali della sua stessa boria! Secoli d’isolamento l’avevano privata della pur minima traccia di coscienza, riducendola a una voce che vomitava calunnie ad un mondo che non le era mai appartenuto.

Ma era un mondo che bramava, e che desiderava conquistare per riscattarsi di una famiglia che l’aveva da sempre accentuata come l’elemento più debole del clan.

Una piccola gemma destinata al nulla, e che malgrado ciò, su tutti avrebbe prevalso.

Ma questo Spike non poteva saperlo. Non poteva comprendere la tristezza del suo passato e il dolore che aveva patito ogni volta che aveva appreso della scomparsa di un suo famigliare. Gli stessi che si burlavano di lei ad ogni piè sospinto, ricalcando la sua inferiorità, seppure lei li scongiurasse in ogni momento di darle retta.

Distratto dalle sue parole, Spike non si accorse che la Mimic aveva approfittato di quel momento per evadere dal laboratorio.

Fece per seguirla, ma un manichino gli sbarrò la strada frapponendosi fra lui e la porta.

Con una zoccolata, il sintetico era pronto a pestarlo, quando una copia-Spike intervenne da fuori montandogli in groppa e stringendolo per il collo.

Lo Spike originale approfittò di quel momento per piantare un nuovo dardo sulla fronte del posseduto, che si “spense” rimanendo immobile in quella postura.

«Grazie dell’aiuto!» Disse, battendo con il suo clone un cinque. «Teneteli a bada mentre sto via, che nessuno esca di qui!»

La copia taciturna annuì, lanciandosi immediatamente verso il prossimo bersaglio.

La Mimic corse, per quanto le esili gambe le consentivano, ma era ugualmente lenta, e presto Spike riuscì a raggiungerla.

Si trovarono nella Hall, a pochi metri dall’uscita della boutique.

Il drago frugò nella bisaccia, estraendovi il phon. Era il più pericoloso dei gadget che teneva con sé, ma nulla se messo a confronto con il pericolo di lasciarla uscire dal negozio; era un azzardo che andava corso per forza!

Chi poteva predire quali conseguenze avrebbe prodotto su Ponyville se le avesse concesso il tempo di raggiungere l’esterno!

Prese dunque la mira, augurandosi di centrarla al primo colpo, altrimenti avrebbe dovuto giustificare a Rarity l’ennesimo enorme crepaccio scavato sul pavimento della sua casa.

Deglutì quanto gli restava nella gola secca e trattenne il fiato per bilanciarsi, spingendo la sua concentrazione oltre il limite mai raggiunto, supplicando Luna e Celestia di essere caritatevoli con lui quella sera.


*SWISS!*

*CRASH!*


Il fascio di plasma troncò di netto uno dei piedi del divano, carbonizzandolo come sterpaglia, e lo scrigno fu scalzato via dal suo corpo, rimbalzando bruscamente per alcuni metri sulle piastrelle.

La Mimic finì scaraventata fuori dalla fodera, e Spike la poté udire mentre rantolava di dolore stramazzando.

Si avvicinò a lei, con attenzione. Nell’impatto, la cerniera arrugginita dello scrigno aveva definitivamente ceduto alle intemperie del tempo, ed ora il coperchio giaceva all’insù strappato dal resto del contenitore. Un po’ come la Mimic, che “smembrata” dal corpo, ora sembrava a tutti gli effetti una misera ed indifesa gemma acquamarina.

Spike si chinò per prenderla, ottimista e convinto di averla finalmente in pugno.

Ma che successe? La gemma si rianimò, emettendo una serie di gemiti doloranti!

Per un istante fu come se si girasse per esaminare il drago, quindi, cogliendolo impreparato, iniziò a rotolare in direzione del corridoio alla fine della hall (in questo, la sua forma ovale le semplificò di molto la fuga).

Spike fece per afferrarla con un salto, ma si rese conto, suo malgrado, che qualcosa gli stava tenendo bloccati i piedi: era lo stesso pavimento, che per volontà della Mimic stava agendo su di lui come una colla a presa rapida!

Vani si rivelarono i molti tentativi di staccarsi, e se la Mimic avesse trovato il modo di fuggire, altrettanto lo sarebbero stati tutti gli sforzi compiuti per fermarla!

Bloccato in una posizione che era tutta fuorché comoda, sfilò dalla spalla la sua leale gruccia e – neanche a farlo apposta – prese dal puntaspilli l’ultimo ago che gli era rimasto a disposizione.

Lo scocco fu preciso al millimetro, quasi come se la freccia seguisse un binario prestabilito dall’arciere, che collegava l’arco al suo bersaglio ultimo, infallibile nonostante le tante piccole variabili che avrebbero potuto alterarne la traiettoria. Ma quando, infine, l’ago arrivò al guscio lucente della fuggiasca nemica, esso ne venne sbalzato all’indietro come respinto da un campo di forza opponente, sussurrando un timido tintinnio prima di trovare quiete nel più completo silenzio a terra.

La Mimic si arrestò e si mise diritta, e voltandosi su di lui reagì come se aveva appena assistito all’azione più sconsiderata compiuta sulla Terra.

«Fai sul serio?!» Chiese per mezzo di una voce eterea che scaturiva dal nucleo della pietra. Aveva lo stesso timbro che dava suono alla bocca dello scrigno, ma senza i clangori del metallo ossidato che s’intercalavano alle parole. «Davvero pensavi che un banale spillo potesse intaccare il mio guscio?! Svegliati, sono una gemma! Sono fatta dei materiali più duri al mondo, hahaha!!»

Giusto! Era stato un ingenuo a illudersi che bastasse così poco per metterla K.O., stupido che non sei altro, Spike! Non sei riuscito a combinarne una giusta neanche stavolta! Twilight aveva ragione a dubitare di te!

Ah, se soltanto ci fosse stato qualcosa che avresti potuto fare per rimediare al tuo casino!

Come? Ce l’hai?! E cosa diavolo… oh, già!


Ebbene, ricordate quando vi era stato accennato che nella borsa vi erano contenuti tre oggetti ingombranti?

L’allisciacriniera (la lama) era stata la prima a essere rivelata. Il phon (l’arma da fuoco) la seconda. Ma come ogni buon cacciatore sa, per catturare la preda, a volte ci vuole anche… la rete.


«Una gemma, già.» Ripeté Spike, contemplando il pavimento. «E immagino che sei anche di ottima caratura… »

«La più sgargiante del vostro miserabile regno!» Rispose vanagloriosamente la Mimic.

Spike increspò leggermente le labbra.  «Quindi immagino che non ci siano problemi se per esempio ti mettessimo alla prova… » e lì estrasse il Terzo oggetto «… con questo!»

Si trattava di un utensile elettronico di forma rettangolare, lungo sui quindici centimetri, con una scocca nera che terminava con una punta a penna e un piccolo indicatore pieno di luci, che si estendevano per tutta la sua lunghezza: un tester di purezza per diamanti.

Per un attimo la Mimic passò dal suo splendido riflesso acquamarina e viola, ad una tonalità più opaca e smorta. «No! Non puoi farlo! Non osare!!»

«Oh sì invece! Coraggio, vieni da Papà, fatti esaminare!».

Quando lo attivò, il tester si mise in funzione, e un fascio di luci cominciò a salire attraverso l’indicatore a lato del dispositivo.

La Mimic tentò la fuga, sbraitando e lottando, ma fu trattenuta da un reticolo di filamenti di Magia che si avvolsero intorno a lei risucchiandola sempre più vicino a Spike, tagliando uno per uno i metri che li separavano dalla resa dei conti.

Il drago si sentì i piedi liberi di muoversi; la gemma doveva aver pensato che in questo modo avrebbe potuto svincolarsi più facilmente dalla cattura, ma ogni suo impeto non portò a nulla.

Alla fine, Spike la bloccò a terra con un piede, confutando il risultato del tester dopo che questi ebbe emesso alcuni bip.

«Come pensavo, sei solo bigiotteria da due soldi!» La schernì con orgoglio.

Sotto la pianta, lei si dibatteva ancora. «Credi di avermi battuto, povero illuso! Guardati in giro! Guarda dove sei!»

Guardò, e non si sa come, né quando, il corridoio si era affollato di nuovi serventi della Mimic.

Stavolta la gemma non aveva assunto il controllo solo degli abiti e dei manichini rimasti, ma anche di tutto l’arredo facente parte del negozio.

I robusti armadi e il solido tavolo in legno della cucina, in particolare, erano le entità che più di tutti gli dettero ragione di preoccuparsi, qualora avessero deciso di attaccarlo in gran massa.   

«Ho il controllo su tutta la casa!» Gridò la catturata. «Anzi, no! Io SONO la casa!! Qualsiasi cosa tu faccia non varrà NIENTE in confronto al mio potere!! NIENTE!! Hai perso, piccolo Spike!! Hahahah!! Oh, e scordati pure di rivedere le tue amiche salve!! Quando avremo concluso con te, le divorerò in un sol boccone, e di loro… non si saprà… più… NIENTE!!!»

Un altro “niente” e avrebbe dato di stomaco.

Oh, ma stai zitta un po’!”

Ad un certo punto decise di prenderla tra le mani, senza proferir parola…

«C-che vuoi fare?! Mettimi subito giù, è un ordine!!»

Ma poteva strillare quanto voleva.

Spike, senza tanti complimenti, se la infilò in bocca e la “divorò in un solo boccone!”

Masticò di fretta, sbriciolandola tra i denti prima che qualche servente prendesse l’iniziativa di entrare in azione.

Lo volete sapere? Era deliziosa, esattamente come gli era parso la prima volta. Sfortunatamente, però, il tempo per godersela gli era disdetto.

Trangugiò l’impasto di granuli e saliva e si rannicchiò per terra in posizione fetale, aspettando chissà quali ripercussioni dal mobilio furente.

Ma non accadde nulla.

O meglio, avvertì nello stomaco una sgradevole sensazione di fastidio simile al brontolio avvertito quel pomeriggio, ma nessuno che sembrava avere intenzioni ostili verso di lui.

La Hall era silente, quindi si azzardò a sollevare lo sguardo, accorgendosi che nulla, ma proprio nulla si muoveva più nei dintorni, da quando la Mimic aveva trovato nuova culla nel tiepido torpore del suo pancino.

Era finita per davvero stavolta. Distrutto il burattinaio, non c’era più nessuno a tendere i fili dei posseduti.

Gli abiti volanti e le folli bramosie di conquista della pietra erano ora solo un ricordo del passato. Dello Spike del passato.

“CI SONO RIUSCITO! DA SOLO!! HAHAHA, MITICO!!! COME LA METTIAMO ADESSO, TWILIGHT?? CHI E’ L’INAFFIDABILE?!?”

Poco importava se mentre esultava per tutta la stanza, urtava contro il disordine e i rimasugli della battaglia che aveva ingaggiato pocanzi.

“Aspetta un momento…” si ricordò in quel momento “Twilight!… Pinkie! O.O !! Devo andare da loro!!”


Le trovò sedute lì dove le aveva lasciate, con le teste che danzavano frastornate.

L’alicorno si massaggiava una tempia con uno zoccolo, mentre un gruppetto di stelline brillanti ruotavano intorno all’orbita della pony rosa.

«Ragazze, ditemi qualcosa! State bene?!» Chiese Spike, percuotendo la Principessa sul fianco.

«C-cred-o d-di s-s-sì.» rispose, scostandolo subito per riuscire a parlare. «Dov’è la Mimic adesso?»

«Distrutta per sempre! Ci ho pensato io!»

Twilight allargò gli occhi perplessa . «Tu? Non è possibile! Come ci sei… »

La interruppe subito e le fece un rapido resoconto di tutto ciò che aveva passato fino a quel momento, compresa l’abilità con la quale era riuscito a servirsi dei suoi poteri, e la drastica soluzione adottata alla fine.

Questo diede tempo alle due giumente di rimettersi in sesto sulle proprie zampe.

«Te la sei mangiata?!» Commentò la Principessa al termine. «Sei proprio incorreggibile, Spike!»

«Ma sono stato bravo, non è vero?» Sorrise squeettendo.

“Certamente!”, se si sorvolava sulla causa dell’incidente, ma questo Twilight scelse di non dirlo. Malgrado tutto, se l’era giostrata bene, anche senza il suo aiuto.

«Sì!» Si limitò a rispondergli con un dolce sospiro, sfregandosi la guancia contro la sua. «Ma adesso dobbiamo rimettere tutto in ordine prima che torni Rarity!»

«Sono d’accordo. Metà della sua casa è in fiamme, l’altra metà a pezzi… *gulp!*… non oso pensare a cosa sia peggio: una Mimic con manie di conquista... o Rarity inferocita!»

«Un modo lo troveremo, non disperare. La notte è ancora giovane.» Disse l’amica, mentre urtava accidentalmente un manichino privo di vita, che cadde spezzandosi a metà una zampa.

«*stragulp!*… Pinkie, non è che per caso possiedi un cannone in grado di riordinare le stanze in un attimo?» Chiese il drago, che a quel punto stava già considerando di compilare la lista delle sue ultime volontà.

«Oh, aspetta un po’ che controllo!» La pony cavò dal nulla il suo consueto party cannon, ma quando fece per sparare l’unica cosa che ottenne fu di riempiere il laboratorio di coriandoli, addobbi e festini, sconquassando ancora di più la stanza.

Con la medesima tranquillità, lo fece sparire tra le pieghe della sua ombra, rispondendogli poi: «No, mi dispiace, l’ho lasciato a casa!»

“*ultragulp*!”

Oramai al drago non gli rimaneva quasi più niente da deglutire.

«Lascia perdere, Spike. Ho io quello che ci vuole qui, stai a vedere… »

Twilight allora si cimentò in un nuovo tipo d’incantesimo: il manichino azzoppato fu riportato in posa eretta, issato da un sottile alone dell’incanto levitazione. La stanza poi si riempì di luce, costringendo i presenti a coprirsi gli occhi con quel che potevano. Quando tutto finì, l’assistente osservò che l’equino sintetico non solo era di nuovo integro, ma addirittura era tornato a posare sorretto dalla sua piantana.

Ma Twilight Sparkle non si limitò soltanto a quello! Lo stesso incantesimo lo ripeté anche ad alcuni stracci spappolati, da cui rivoli di fumo scaturivano dalle pieghe in disfacimento, e anche a uno degli specchi sfondati durante la rissa. Due forti espansioni di luce ed entrambi tornarono com’erano in origine.

Twilight si strofinò il sudore, e Spike ammirava il realizzarsi di quel miracolo con le lacrime che gli gonfiavano gli occhi. «È la cosa più bella che abbia mai visto… » disse commosso.

«Davvero pensavi che ti avrei lasciato badare al negozio senza prepararmi una contromisura?» Insinuò lei.

In effetti…


Riordinarono per buona parte della notte da soli, senza prendersi quasi mai un momento di riposo.

Pinkie aiutò Spike lì dove era richiesto spostare i mobili, e per ripulire da terra lo sconquasso (e la sua folta criniera, stile “panno elettrostatico”, era l’ideale per raccogliere la polvere anche negli angoli più impossibili), mentre Twilight aggiustava per mezzo della magia qualsiasi cosa fosse andata distrutta durante gli scontri.

Ma il lavoro si rivelò molto più arduo di quanto temessero.

Dopo tre ore di pulizie ininterrotte e neanche metà del lavoro concluso, votarono all’unanimità (a Pinkie sarebbe andata bene qualsiasi decisione, poiché in ogni caso si divertiva un mondo) di rivolgersi a un’agenzia specializzata in interventi domestici e incidenti casalinghi.

Gli unicorni in divisa blu che si presentarono alla Carousel Boutique un quarto d’ora più tardi presero il loro posto con il quintuplo dell’efficienza e un decimo del tempo, e con le medesime formule riuscirono ad aggiustare anche i più pesanti danni edili, restituendo al negozio il suo splendore naturale.

Al sorgere dell’alba, nessuno avrebbe sospettato che durante la notte, tra quelle mura ora linde ed intonse, si era combattuta una lotta senza quartiere contro una gemma con manie di grandezza e il suo esercito di leccazoccoli ambulanti.

Ogni manichino era ricostruito e riportato in stanza, ogni abito ricucito e riposto negli armadi, aghi e grucce recuperati e riappese.

Il conto delle ricostruzioni fu salato, ma Twilight deglutendo la bile si prese l’impegno di accollarsi tutta la spesa, fino all’ultima moneta.

Sapeva già quale punizione avrebbe inflitto a Spike per farsi sdebitare: presto altri libri si sarebbero aggiunti a quelli già stipati in biblioteca, e senza l’aiuto della sua magia, gli ci sarebbero voluti dei mesi per mettere in ordine ogni singolo volume nel giusto ripiano.

Mandati via gli unicorni delle pulizie, il trio passò in rassegna stanza per stanza, per verificare che fosse tutto in ordine.

«È perfetta!» Commentò Twilight trottando tra Spike e Pinkie Pie. «Sembra come nuova!»

«Ed è stato arci-super-spassoso! Vi andrebbe di rifarlo da capo?»

«Ahm… magari la settimana prossima, Pinkie.»

«Hmm, non saprei.» Disse il drago dubbioso «Qualcosa non mi torna. È come se mi stessi dimenticando… » poi si batté la fronte con il palmo della mano «Per Celestia, Opal!!» E corse via.


«Da quanto tempo è chiusa lì dentro?!» Domandò la Principessa, di fronte alla porta dello sgabuzzino.

«Ti dirò, è stata la prima cosa che ho incontrato stanotte quando tutto è cominciato… »

«Allora sarà furente, fai attenzione!» Si raccomandò, arretrando d’un passo insieme alla pony di terra.

Spike allungò la mano verso il pomello, girandolo con molta cautela.

Sì aprì un varco che dava ad un anfratto buio e nefando, e vide i segni dei graffi che ricoprivano non solo l’interno della porta ma anche per terra, dovunque la luce del giorno rifletteva con i suoi raggi solari.

Due occhi gialli, dalle pupille a taglio, strette e penetranti, si agganciarono a Spike da dietro un ripiano in alluminio.

«Opal… ehm… sono qui per farti uscire… » tartagliò Spike, stretto su di sé «scusami se ti ho chiuso qui dentro, io… n-non sapevo come altro fare… mi dispiace davvero, io … so che puoi capirmi, e so anche sicuramente mi hai già perdonato… in fondo… s-siamo amici… non è vero?» Per essere più convincente, allungò verso di lei anche il palmo della mano, con molta reticenza «…non è vero?»

Opal però non si fece incantare da quelle parole. In quell’istante riuscì soltanto a pensare a una cosa: VENDETTA!

Balzò fuori dallo stanzino gridando la sua collera con il sangue negli occhi, rovesciando dietro di sé un secchio e un paio di scope.

Anche Pinkie balzò, nel suo caso, in braccio a Twilight. «Ahh, aiuto!!! È ancora posseduta!!»

Ma Spike tenne a precisare. «No, non lo è. È soltanto affamata.»

Opal, infatti, dopo essere uscita, voltò il capo dall’altra parte, offesa col gruppo, e se ne andò in cucina, snobbandoli completamente.

Un’ora dopo.


«Com’è che si dice in questi casi? Tutto è bene quel che finisce bene?» Chiese Spike, mentre con Twilight si trovavano fuori dal negozio in attesa del ritorno di Rarity.

«Certo che hai una bella faccia tosta a parlare così dopo quello che hai combinato!»

«Ssì, mi sembra di ricordare qualcosa del genere.» Asserì, accucciandosi per raccogliere una foglia dal prato. «Ma guarda i lati positivi: la Mimic non c’è più e il negozio è tornato in ordine. Merito mio, modestamente, che sono riuscito da solo a salvare la situazione!»

«Oh, già, lode al grande guerriero!» Ruotò gli occhi «ma non dimenticare che una volta tornati a casa non esci da lì finché non avrai catalogato la biblioteca da capo a zoccoli!»

«Farò questo sforzo, che sarà mai? E poi, con questi poteri sono certo che finirò in un lampo… » lanciò la foglia verso la corteccia di un albero, dove si piantò come la lama di un coltello. «Centro!» Esultò alzando i pugni.

«Ho deciso, da oggi ci sarà un nuovo supereroe ad Equestria! Correrò tra i tetti di Manehattan! Salverò pony indifese dai vicoli malfamati! Avrò anche un’identità segreta… e tu, Twilight… » la puntò contro il dito «sarai la “mia assistente! Ti occuperai di relazioni pubbliche, parlerai coi giornalisti, e se per caso qualcuno dovesse andare vicino a svelare la mia identità, tu negherai tutto!»

«Oh, non vedo l’ora!» Finse entusiasmo, mentre si fece comparire alle spalle un arcano tomo d’incantesimi dimenticati.

«… ah! E dovrò chiedere a Rarity di prepararmi un costume su misura! La calzamaglia tutta colori col mantello rosso ormai è fuori moda, meglio uno oscuro trench da vigilante tenebroso. Già mi ci vedo! Mi chiamerò… Squama Nera! E probabilmente faranno di me anche dei fumetti, magari in collaborazione con i Power Ponies! Potrei prendere il posto di Humdrum e diventare la loro nuova spalla!»

«Hehe, guarda qui piuttosto, stupidone!»

Twilight attese che il draghetto si girasse e a quel punto gli toccò la fronte con il corno.

Un’irradiazione magica lo ricoprì sollevandolo temporaneamente da terra, e quando ricadde, a Spike fu sufficiente esaminare il pesante volume portato dall’alicorno per capire che cosa gli era successo.

«M-ma… perché?» Piagnucolò gettandosi sulle ginocchia.

«Pensaci, non ti ha insegnato niente quest’esperienza?»

Spike ci rimuginò sopra. «Beh… immagino che la lezione sia… “che certi poteri, specie se non si sa controllarli, è meglio perderli che trovarli…”»

«Sbagliato! “Non assaggiare le cose degli altri senza permesso”. Questa è lezione, non te lo dimenticare la prossima volta!»

La foglia impiantata sulla corteccia si ammosciò sotto il suo sguardo abbattuto. «Se lo dici te, Twilight… »

C’era di buono che per lo meno ora non si sentiva più lo stomaco sottosopra… anche se gli era tornato l’appetito.

Poco dopo, una batteria di zoccoli in avvicinamento cominciò a farsi udire dal sentiero che dall’aperta campagna si dispiegava su Ponyville.

Rarity si stava sporgendo dal vano sinistro del cocchio, e salutava la coppia di amici con aria radiosa.

«Yuhhuu!»

Scendendo dal mezzo, li accolse calorosamente tra le sue braccia, manifestando la sua gioia. Era al settimo cielo.

Scambiati i convenevoli, quando Twilight le chiese come fosse andata la presentazione, lei subito si accinse a rispondere:

«Oh amici, non potete immaginare! È stata davvero… com’è che direbbe Rainbow? DI.VI.NA!! I clienti sono rimasti estasiati dalla nuova linea e mi hanno richiesto ordinazioni per tutto l’anno che verrà!» Continuò ancora: «Ci pensate?! Grazie a questo forse riuscirò finalmente ad ampliare la mia attività, estendere il negozio!»

E qui Twilight e Spike si lanciarono un’occhiata furfante.

«Hehe-ehm… sono proprio contenta, Rarity. Te lo sei meritato!» Rispose l’alicorno, mettendosi indosso la più plateale faccia di bronzo che mai le si era visto fare da tempi immemori.

«Naturale, mon trésor, del resto quando una ha occhio per la bellezza!»

Agli stalloni chiese garbatamente di scaricare le sue valige, quindi tornò a dedicarsi a loro. «Amici, c’è qualcosa che non va? Vi vedo un po’ tesi? Opal vi ha creato problemi forse?»

Twilight e Spike si affrettarono a negare.

«E con la gemma com’è andata? Te ne sei occupata, Twilight?»

La Principessa s’irrigidì, come se un grosso calabrone le avesse appena punto il didietro. «Certo che sì, è lì in casa che ti aspetta!» Sorrise tanto forzosamente che le gengive iniziarono a dolerle. A Spike era invece tornato il brontolio alla pancia.

«Oh magnifico! Non vedo l’ora di mettermi al lavoro! Sarà l’abito più sensazionale della storia degli stilisti di Equestria!» Disse, non sospettando di nulla.

Il cocchio era ripartito, e la unicorno dal manto perla si stava avviando verso l’entrata della Carousel Boutique.

«Spikey tesoro, ti dispiacerebbe portare le mie valige in casa? Sai, lo farei io, ma sono troppo impaziente di ammirare la mia splendida pietra!»

«Oh… ehm, sì… nessun problema.» Bofonchiò il piccolo assistente, mentre la guardavano allontanarsi oltre la porta canticchiando.

«È FINITA, SONO UN DRAGO MORTO!!» Scattò per aria stropicciandosi le creste tra le mani.

«Che scema che sono stata!! Ero così impegnata con le pulizie che mi sono completamente scordata della Mimic!!»

«E ora che cosa si fa?! Dove mi nascondo?!»

«Tranquillo, Spike, una soluzione la troveremo, vedrai che… »

Sia il drago che la pony udirono distintamente la voce di Rarity chiedere a gran voce dove fosse.

«Ok, ho un piano… tu trattienila quanto più a lungo puoi… »

«E tu che farai invece?!»

«Mi cercherò una barca e salperò per l’oceano!»

In quel momento le fitte allo stomaco si fecero più acute, e un rigurgito convulso gli risalì lungo il gargarozzo espletandosi in un baritonale rutto: *BURP*, seguito da una fiammata verde e dalla comparsa di una pergamena di Celestia.

Ma non fu questo per lui una ragione per provare sollievo, perché insieme ad essa ne venne fuori, accidentalmente rigurgitata, anche una piccola, infinitesimale (ma cacchio se eloquente!) scheggia di Mimic, in cui erano inconfondibili sia la prevalenza dei riverberi acquamarina, che le sfumature violette.

«Mi potreste dire dove l’avete messa, ragazzi?» Arrivò Rarity, ripetendo la domanda, giusto in tempo per vedere Twilight prendere la pergamena e svanire alla loro vista teletrasportandosi via. «Mi sono appena ricordata che ho delle faccende importanti a castello, ci vediamo più tardi!» Annunciò, un momento prima di svignarsela.

«No, non mi lasciare solo con lei, Twilight!!»

Ma era inutile lamentarsi, perché Twilight era ormai bella che lontana.

«Che le è preso?» s’interrogò la unicorno, accorgendosi solo ora di avere pestato qualcosa con lo zoccolo.

«Ma questa è… »

Spike non seppe descrivere l’insieme di sensazioni che lo investirono in quel momento, né l’enorme massa di materiale indefinito che deglutì subito dopo.

«Rarity… t-ti giuro che… p-posso spiegarti tutto… perché non andiamo a-a fare c-colazione, t-t-ti va?»

Rarity osservò a lungo quella cosa per terra senza emettere verso...


«TORNA SUBITO QUI DELINQUENTE DA STRAPAZZO!! CRIMINALE!! MOSTRO!!» Gli corse dietro per tutto il villaggio.

«Ti prego, cerca di calmarti!! Non è come credi!!»

«VOLEVI LA COLAZIONE?!? VOLEVI MANGIARE?!? ECCO, TIENITI QUESTA, BON APPÉTIT!!» Preso con il corno un intero tavolo all’aperto di un bar, Rarity glielo scagliò contro completo di sedie, e se non fosse stato per la pratica appresa in combattimento durante la notte, quasi sicuramente l’avrebbe steso. Ma lui riuscì ad evitarlo, e al suo posto venne colpito un ignaro pony di terra dal manto verde che passava di lì solo per caso.

«Ma perché capitano tutte a me!! Che ho fatto di male per meritarmelo?!? Rivoglio i miei poteri!! Rivoglio la mia gruccia!! TWIIILIIIIGHT!!!»

E si rincorsero così a lungo, ancora per molte ore.

Secondo le leggende che si narrarono negli anni a seguire, Rarity ad un certo punto riuscì ad acciuffarlo, e preda della rabbia, chiese a Celestia di bandirlo per sempre sulla luna, dove da allora lui risiede, piangendo la fame che ancora oggi non trova sollievo.

Qualcuno, invece, tifando per lui, è pronto a giurare che alla fine raggiunse la costa, e imbarcandosi in fretta e furia per il grande mare, trascorse il resto dell’esistenza navigando sui flutti e scoprendo così nuove terre oltre l’orizzonte.

Altri invece, più razionali, sostengono che alla fine l’equivoco si sia chiarito, e che il piccolo Spike trascorse il resto dell’anno a riordinare la biblioteca del Castello dell’Amicizia, col divieto assoluto di rivolgere la parola alla pony bianco-perla fino a data da destinarsi.

A detta di lui, questa fu la peggiore punizione che avessero mai potuto infliggergli.


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THE HAPPY ENDING
   
 
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