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Autore: Crystal25396    13/01/2015    10 recensioni
Raccolta di Oneshot sulla coppia AixMitsuhiko.
Le storie possono essere considerate come racconti separati o collegati fra loro, ponendo come base la prima storia, che di fatto dà il nome alla raccolta.
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Dalla prima storia:
«Mitsuhiko... Sono io.»
Non è Ran che parla. E' un ragazzo. Mi sembra di aver già sentito quella voce e riesco ad intuire facilmente di chi si tratti. Dallo strusciare sulla porta, capisco che si è messo nella mia stessa posizione: seduto per terra con la schiena poggiata alla porta.
«Conan?» chiedo per avere conferma.
«Si, sono io.» mi risponde dopo una breve pausa.
«Anche se immagino che ora il tuo nome sia Shinichi Kudo.» replico con un tono di amarezza mal celato nella voce.
«Già...» conferma lui.
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ai Haibara/Shiho Miyano, Mitsuhiko Tsuburaya, Nuovo personaggio, Shinichi Kudo/Conan Edogawa
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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RATING: Verde
GENERE: Introspettivo, Sentimentale
NOTE: Nessuna
AVVERTIMENTI: Nessuno
PERSONAGGI: Ai Haibara/Shiho Miyano, Mitsuhiko Tsuburaya, Shinichi Kudo/Conan Edogawa
TRAMA: L’antidoto per l’APTX4869 è pronto ed è giunto il momento di tornare alla vecchia vita.
Purtroppo, però, Mitsuhiko ascolta involontariamente una conversazione fra Ai, Conan e il dottor Agasa, scoprendo così tutta la verità sui suoi due amici. Come reagirà alla notizia? E come si comporterà davanti alla persona per cui da tempo ha iniziato a provare dei forti sentimenti?













 

CONTINUARE A VIVERE
 







Sono uno stupido.
Me lo ripeto ormai da giorni, senza stancarmi.
Sono uno stupido.
Mi sono innamorato della ragazza sbagliata e ora sento un dolore terribile al cuore. Ho anche perso l'appetito.
Sono un vero stupido.
Probabilmente la cosa migliore da fare sarebbe dimenticarla, ma non ci riesco. Vorrei farlo, vorrei poter ricominciare da capo, come se niente fosse accaduto. Ma è più forte di me, non ce la faccio.
Mi chiedo cosa possa pensare di me dopo quello che è successo. Probabilmente mi odierà.
No, forse no.
Sono quasi sicuro che stia ridendo di me. Perché sono un bambino, un moccioso ai suoi occhi. Un piccolo ficcanaso che ha origliato una conversazione fra lei, il dottor Agasa e Conan. Sempre che possa chiamarlo ancora così. Forse anche lui si sta prendendo beffe di me. Lo hanno fatto entrambi. E io che mi fidavo di loro. Pensavo di conoscerli, invece mi sbagliavo. Io non sapevo niente di loro.
Niente.
Quando si sono accorti che avevo ascoltato tutta la loro conversazione, sono scappato via. Non sono più uscito di casa da quella volta. I miei genitori e mia sorella credono che io sia malato. In realtà sto bene fisicamente, ma dentro sono a pezzi.
Ayumi e Genta sono venuti a trovarmi ieri dopo scuola. Hanno provato a chiedermi come sto e a tirarmi su di morale, ma non ci sono riusciti.
Ad Ai e Conan, invece, non ho nemmeno aperto la porta. Non ho voluto vederli, ne tantomeno parlare con loro, in particolar modo con Ai.
Ho bisogno di stare da solo e di pensare.
Mi sento tradito.
Mi sento a pezzi.
Mi sento preso in giro da uno dei miei migliori amici e dalla persona di cui mi sono innamorato. Perché adesso non so più cosa pensare di loro.
Ho riflettuto a lungo sulle parole che si sono detti. Faccio ancora fatica a crederci. E' tutto così irreale, mi sembra di essere finito in un film. Però ha un senso. E' come se fosse la formula risolutiva di un puzzle. Adesso molte cose mi sono più chiare e finalmente riesco a rispondere a tutte quelle domande che mi ero posto in passato e a cui non ero mai riuscito a dare una risposta. Domande e ipotesi che mi ero fatto tante volte, ma che alla fine avevo sempre scacciato dalla mia mente perché troppo assurde.
Invece, ciò che pensavo non era tutto completamente sbagliato.
Conan non è un bambino. Non è un semplice studente delle elementari appassionato di gialli e dal quoziente intellettivo molto alto. Lui è un liceale, il ragazzo che Ran ha aspettato senza sapere che in realtà non l'ha mai lasciata. Il detective del liceo Teitan, lo Sherlock Holmes del terzo millennio. Ecco perché sa così tante cose. Ecco perché parla come un adulto. Ecco perché usa un modulatore di voce a forma di farfallino. Ecco perché tiene così tanto a Ran e cerca di ignorare i sentimenti di Ayumi. Perché lui è Shinichi Kudo.
E non è l'unico. Perché anche Ai non è come noi. Non è una bambina che ama comportarsi da adulta. Lei lo è proprio. Lei è una ragazza, molto più grande di me. Una scienziata, da quel che ho capito.
E' la ragazza di cui mi sono innamorato, che mi ha conquistato con la sua grinta, la sua forza, i suoi sorrisi così rari ma belli da mozzare il fiato e l'alone di mistero che l'ha sempre circondata, fin dalla prima volta che l'ho vista.
E adesso mi ha spezzato il cuore. Perché io sono un bambino e lei è una donna.
Non si potrà mai innamorare di uno come me.
 
-Mitsuhiko! C'è Ran che è venuta a trovarti con un suo amico!
 
La voce della mamma mi arriva alle orecchie destandomi dai miei pensieri.
Ran.
Lei non sa niente. Chissà come si comporterebbe se fosse nei miei panni. Potrei chiederglielo. In fondo, lei potrebbe capirmi, anche se la sua situazione è opposta alla mia. Ma non ho intenzione di svelarle la verità. La farei solo soffrire e capendo ciò che si prova, non voglio che ciò accada.
 
Sento bussare alla porta della mia stanza e una voce femminile dire:
-Mitsuhiko, sono io, Ran. Sono venuta a vedere come stai. Sai, credo di capire cosa stai passando. Ti manca Conan, vero?
 
A queste parole mi alzo dal letto su cui sono seduto e mi avvicino alla porta. Voglio sentire quello che ha da dire.
 
«Sai, manca tanto anche a me» continua lei quando sente che mi sono appoggiato con la schiena alla porta.
«Per me era come un fratellino e anche se sono passati solo tre giorni da quando ha raggiunto i suoi genitori in America, non c'è un solo momento in cui io non pensi a lui. Però devi capire che bisogna andare avanti. I tuoi amici sono in pensiero e lo sono anche io, perché mi sono affezionato a tutti voi della squadra dei Giovani Detective. Mi dispiace vederti così giù. Vorrei poter fare qualcosa. Ti va di parlare?»
 
Non rispondo subito alla domanda. Mi prendo qualche secondo per rielaborare ciò che ha detto. Come mi aspettavo, Conan non le ha detto niente. Sa la stessa cosa che sanno anche a scuola: Conan è tornato in America dai suoi genitori. Crede che io stia male per questo, ma non è così. Conan non se n'è andato. Non veramente. E' tornato ad essere quello che era una volta. Un liceale. E' tornato ad essere Shinichi Kudo.
 
«Mitsuhiko?» mi richiama lei. Sento che poggia una mano sulla porta, come per farmi sentire che mi è vicina.
 
«No.» dico senza nemmeno accorgermene.
«Scusa Ran, ma non mi va di parlare.»
 
La sento allontanare la mano dalla porta e parlare a bassa voce con qualcuno. Poi dei passi che scendono le scale. Ran deve essere tornata al piano di sotto. Mi dispiace di averla trattata in modo brusco, ma non avrei saputo come comportarmi davanti a lei.
 
«Mitsuhiko... Sono io.»
Non è Ran che parla. E' un ragazzo. Mi sembra di aver già sentito quella voce e riesco ad intuire facilmente di chi si tratti. Dallo strusciare sulla porta, capisco che si è messo nella mia stessa posizione: seduto per terra con la schiena poggiata alla porta.
 
«Conan?» chiedo per avere conferma.
«Si, sono io.» mi risponde dopo una breve pausa.
«Anche se immagino che ora il tuo nome sia Shinichi Kudo.» replico con un tono di amarezza mal celato nella voce.
«Già...» conferma lui.
 
Rimaniamo in silenzio ancora per un po'. Ran ha ragione, inizio a sentire il bisogno di parlare con qualcuno. Ma non con una persona qualsiasi. Ci sono due persone con cui ho bisogno di sfogarmi e di ascoltare ciò che hanno da dire. Una di queste due persone è Conan.
 
Mi alzo in piedi e apro la porta.
Avevo visto Shinichi solo un paio di volte, ma era esattamente come lo ricordavo. La copia esatta di un Conan adolescente senza occhiali. Come avevamo fatto tutti noi a non notare la somiglianza? I capelli tagliati nello stesso identico modo, gli stessi occhi colorati di un blu acceso, l'espressione esattamente uguale a quella che prima apparteneva ad un bambino di 7 anni.
 
Shinichi mi guarda fisso, senza dire una parola, aspettando che sia io a fare la prima mossa. Lo faccio entrare e richiudo subito la porta. Vado a sedermi sul letto e lui sulla sedia della mia scrivania, ponendola esattamente davanti a me.
Nessuno dei due parla. Io non so' che dire. L'avevo fatto entrare perché sentivo il bisogno di parlargli, ma ora non ho idea di come comportarmi. Non so cosa dire e lui pare essere nella mia stessa situazione. Entrambi senza parole, ma con una valanga di domande, risposte, dubbi e confessioni che vorticano nella nostra testa.
Mi decido ad alzare lo sguardo che prima avevo tenuto fisso sulle miei mani che si stavano torturando già da cinque minuti, e lo fisso su Conan.
Devo rompere il ghiaccio. Non l'ho fatto entrare per poterlo guardare e rimanere in silenzio.
 
«E'… Strano.» esordisco con voce tremante.
«Fa uno strano effetto sapere che sei sempre tu.»
 
Lo vedo accennare un sorriso.
«E' strano anche per me parlare liberamente con te, ora che ho recuperato il mio vero aspetto. Specialmente perché adesso sai tutta la verità.» dice.
 
Passa qualche altro secondo di silenzio, poi ricomincia a parlare.
«Chiedi pure.»
«Cosa?» domando sorpreso da quell'affermazione.
«Quello che vuoi. Immagino avrai tante domande da farmi.» risponde.
 
E' vero, ne ho moltissime da fare, ma ora non so che cosa dire. Le domande sono talmente tante che in questo momento non me ne viene in mente nessuna. Nella mia testa sono tutte sottosopra. Intrecciate e accavallate fra di loro. Devo riflettere. Andare per gradi. So che posso farcela.
 
«Sai, ci ho pensato molto in questi tre giorni. Devo esserti sembrato molto patetico. In fondo sono solo un ragazzino paragonato a te. Lo siamo tutti: io, Genta e Ayumi.» inizio a dire. Lo vedo aprire la bocca per replicare, ma riprendo subito la parola, non lasciandogli il tempo di parlare.
«Però... Forse questo è stato in particolare all'inizio. E' tanto tempo che sei uno di noi e conosco molto bene Conan. Lui ci vuole bene, siamo i suoi amici e non ci abbandonerebbe mai. Per nessun motivo. Quindi la mia prima domanda è questa: Shinichi e Conan sono molto diversi tra loro? Non mentirmi però.»
 
«Non avrei motivo di mentire.» afferma con quello sguardo serio e determinato che ormai ho imparato a conoscere.
«E' vero, all'inizio vi consideravo una palla al piede, dei bambini curiosi con l'innata capacita di cacciarsi nei guai. Ma poi vi ho conosciuti bene. Mi avete accettato nel vostro gruppo. Puoi immaginare quanto sia stato difficile per me far finta di essere un bambino, dover continuamente recitare con tutti. Eppure con voi tre ho scoperto di non esserne capace. Riuscivo ad essere me stesso. Quindi no. A differenza di altri, voi Giovani Detective avete conosciuto il vero me stesso.»
 
«Tornerai mai ad essere Conan?» chiedo di getto.
«No.» risponde senza mezzi termini.
Una stretta al cuore. Fa male. Cerco di trattenere le lacrime. Non voglio piangere, non davanti a lui.
«Quindi ti dimenticherai di noi?» domando con voce roca.
«Questo mai. Non potrei mai farlo. Resterò con voi, solo con un corpo e un nome diverso.»
 
Tiro su rumorosamente il naso. Ho gli occhi lucidi, ma sono riuscito a trattenere le lacrime. Faccio un respiro profondo, per cercare di calmarmi e finalmente pongo una domanda che mi frulla per la testa da quando abbiamo iniziato a parlare, ma che non ho ancora avuto il coraggio di porre.
 
«Lei chi è veramente?»
Conan mi guarda inizialmente spaesato, ma subito riesce a capire a chi mi sto riferendo.
«Il suo vero nome è Shiho Miyano. E' una scienziata.»
«Ha già preso quel farmaco che vi restituisce il vostro corpo o volete aspettare qualche giorno per non destare sospetti a scuola?» chiedo.
«Nessuna delle due cose.»
 
Spalanco gli occhi. Credo di aver capito male, ma lo sguardo di Conan mi dice che invece ho capito benissimo.
«Cosa significa?» domando confuso come non mai.
Conan mi sorride comprensivo.
«Significa che non prenderà l'antidoto dell'APTX4869, il farmaco che ci ha trasformati in due bambini.»
 
Non riesco a stare fermo e salto giù dal letto, avvicinandomi a passi lenti verso Conan. Mi fermo quando ormai siamo a pochi centimetri di distanza l'uno dall'altro.
«Cosa vuoi dire... Perché non lo prenderà?
«Dovresti chiederlo direttamente a lei.» mi risponde incrociando le braccia al petto.
«Non voglio parlarle.» sussurro abbassando la testa.
 
Fra di noi torna il silenzio.
No, non voglio vederla. Non ancora. Non me la sento, non ce la faccio.
 
«Ora posso fartela io una domanda?» mi sento domandare. Annuisco con la testa.
«Perché sei scappato dopo aver ascoltato la conversazione fra me, Ai e il dottor Agasa?
Mi stringo nelle spalle. Non ci avevo mai pensato. Perché ero scappato? Sarebbe stato più logico rimanere e farmi spiegare tutto. Invece no, quando il dottor Agasa aveva aperto la porta e gli occhi di tutti e tre, terrorizzati, si erano puntati su di me, ero scappato.
«Non lo so...» ammetto.
«Come non lo sai?» dice con un tono di voce sorpreso che mi fa improvvisamente saltare i nervi.
«Ho detto che non lo so, va bene!? Dimmelo tu, visto che sei un detective!» gli urlo in faccia senza controllarmi.
 
«E' successo qualcosa fra te e Ai, giusto?» afferma con calma. Quelle parole mi provocano un brivido dietro la schiena. Rivedo improvvisamente i suoi occhi spaventati che mi fissano. Erano quelli che avevano più di tutti attirato la mia attenzione. Quelli che mi avevano spinto a correre via.
 
«Credo che tra te e Ai sia successo qualcosa, qualcosa che già di suo ti fa sentire imbarazzato, ma che sommato a quanto hai scoperto, ti mette talmente a disagio che non hai il coraggio di guardarla negli occhi. Ho ragione?»
Non rispondo alla domanda, ma il rossore che invade il mio volto parla da se.
«Cos'è successo fra voi?» chiede poggiando i gomiti sulle gambe e allungandosi in avanti.
«Non ci arrivi?»dico sentendomi avvampare ancora di più.
«Per quanto sia bravo nelle deduzione, dal punto di vista sentimentale sono molto più imbranato di quanto sembri.» mi spiega con un tono che non riesce a celare una nota di disapprovazione. Conan odia ammettere le sue debolezze. Deve aver fatto uno sforzo enorme per dirmi quella piccola frase.
 
«E' successo una settimana fa.» dico con il cuore che batte all'impazzata. Sento che potrebbe uscirmi dal petto da un momento all'altro.
«Eravamo entrambi i responsabili della classe quel giorno, quindi eravamo da soli.» continuo a raccontare.
«Era qualche giorno che pensavo di dirglielo, così mi sono fatto coraggio e lungo la strada di ritorno, quando ci stavamo per separare... Ecco, io… Mi sono dichiarato.»
 
Silenzio. Conan mi guarda allibito e io sento le guance andarmi a fuoco.
Lo vedo mettersi più comodo sulla sedia, poggiare una mano sotto il mento e chiudere gli occhi, esattamente come quando sta riflettendo sulla risoluzione di un caso.
«Ora è tutto chiaro.» dice dopo un po' aprendo gli occhi ed alzandosi in piedi.
«Chiaro cosa?» chiedo curioso.
«Avevo ragione prima. Dovresti parlare con lei.» afferma con convinzione.
«Ma sei matto? Morirei di vergogna ancor prima di parlare!» esclamo.
«Lei non ti ha risposto, vero?» chiede cercando conferma.
«No. Ha abbassato lo sguardo e se n'è andata. Non mi ha detto più niente e da allora mi ha ignorato.» rispondo ricordando la sua figura che si allontana dandomi le spalle.
«Se la mia deduzione è corretta, devi andare da lei e parlarle. No Mitsuhiko, le mie labbra sono cucite.» mi anticipa intuendo la domanda che sto per porgli.
«Vai da lei e parlate. Sia dei tuoi sentimenti, sia del perché non vuole prendere l'antidoto. Sono sicura che è esattamente questo che lei sta aspettando.»
 
Mi ha convinto. Senza pensarci su due volte mi tolgo il pigiama e mi infilo il primo paio di pantaloni e la prima maglietta che mi capita. Conan ha ragione. Devo parlare con lei, chiarire la situazione. Non posso continuare a rimandare, o ci starei male ancora di più.
 
Apro la porta e scendiamo di corsa le scale.
«Mitsuhiko!» esclama mia madre appena mi vede.
«Scusa mamma, devo uscire un attimo.» le dico guardandola serio.
Vedo Ran avvicinarsi a Conan. Lui le dice qualcosa all'orecchio e sul suo volto si dipinge uno sguardo prima intenerito e poi determinato.
«Non si preoccupi signora. Ci pensiamo noi a riaccompagnarlo a casa.» afferma rassicurando mia madre. Poi mi prende per mano e seguiti a ruota da Conan, usciamo di casa e iniziamo a correre verso la casa del dottor Agasa.
 
Corro a per di fiato, fiancheggiato da Ran e Shinichi, entrambi con un sorriso sul volto. Ma sono troppo occupato a correre il più veloce possibile per preoccuparmene. Ci vogliono dieci minuti, ma alla fine arriviamo davanti la casa dove abita.
Voglio parlarle ora, prima che cambi di nuovo idea. Mi scambio uno sguardo d’intesa con Conan, che non perde tempo e suona il campanello.
 
«Shinichi! Ran! Mitsuhiko! Che ci fate qui?» esclama sorpreso il dottor Agasa facendoci entrare. Quando la porta viene chiusa alle mie spalle, Ai entra nel salotto.
In quel momento, tutto attorno  a me svanisce. Le gambe iniziano a tremarmi e le mie convinzioni a cedere.
Lei mi guarda con quegli occhi che non fanno trapelare la minima emozione. Occhi azzurri. Occhi in cui solo ora noto una luce molto più adulta e matura per appartenere ad una semplice bambina di otto anni.
Mi accorgo che Conan e Ran hanno trascinato via il dottor Agasa, lasciandoci soli, solo quando lei mi invita a sedermi sul divano accanto a lei.
Sento le guance tingersi nuovamente di rosso, ma nonostante le gambe tremanti faccio come mi ha detto.
 
«Da dove vuoi cominciare?» chiede lei guardandomi come se niente fosse. La invidio. Io non riesco a staccare gli occhi dalle mie scarpe. Vorrei poter celare i miei sentimenti e le mie emozioni come lei, ma è più difficile di quando immaginassi.
«Conan mi ha detto che non vuoi prendere l’antidoto per tornare normale.» inizio col dire.
«Si, è vero.» mi conferma.
«Posso sapere il perché?» domando alzando leggermente lo sguardo.
Ai ci mette qualche secondo prima di rispondere.
«La mia vita non è stata esattamente il massimo che uno possa desiderare. I miei genitori sono morti quando ero piccola, mia sorella maggiore è stata uccisa e io costretta a studiare e lavorare per un’organizzazione che non ci ha pensato su due volte prima di rinchiudermi in una cella, mentre discutevano sulla mia sorte. Sono cresciuta senza l’affetto di nessuno se non quello di mia sorella. E non ho mai avuto degli amici. Da quando sono diventata Ai Haibara, però, le cose sono cambiate. Il dottor Agasa mi ha accolta in casa sua e adesso è come un padre per me. Sono andata a scuola e mi sono fatta degli amici. Mi sono divertita, ho vissuto tante piccole avventure e finalmente ho iniziato a vedere il mondo a colori. Sai Mitsuhiko, quando la tua vita è priva di emozioni e sentimenti, se non quello dell’odio e dell’invidia, tutto ti appare grigio. Vivere o morire non fa alcuna differenza. Voi Giovani Detective, il dottor Agasa, Ran, la signorina Kobayashi, Sonoko, i nostri compagni di classe, tutti voi mi avete fatta sentire amata. Ho iniziato a vivere dal momento in cui Shiho Miyano ha lasciato spazio ad Ai Haibara. Anche se adesso non corro più alcun pericolo e gli uomini che mi cercavano sono stati annientati, non ho intenzione di tornare adulta. Voglio continuare a vivere questa vita come sto facendo adesso e ricominciare da capo. Voglio continuare ad essere Ai Haibara.»
 
Durante il suo discorso, noto una luce nuova nei suoi occhi, una luce mai vista prima. Occhi che brillano di felicità, di speranza. Non immaginavo che la sua vita fosse stata tanto difficile, ascoltare anche se brevemente la sua storia mi ha fatto capire quanto quella ragazza sia forte. Me ne sono innamorato ancora di più.
La guardo ammirato, letteralmente a bocca aperta. Lei mi sorride. Un sorriso vero, puro, sincero.
 
«Quindi non tornerai adulta?» chiedo conferma, perché in verità ancora non ci credo. Sembra troppo bello per essere vero.
«No, Mitsuhiko.»
«E rimarrai con noi? Con me, Genta e Ayumi?»
«Si, esatto.»
 
Non riesco più a trattenermi a quelle parole. La vista mi si appanna e sento le guance bagnarsi. Sto piangendo. I singhiozzi si fanno sempre più forti. Provo ad asciugarmi gli occhi con la manica della maglia, ma non c’è niente da fare, perché appena le asciugo queste si ribagnano subito. Non c’è verso di fermare i singhiozzi e le lacrime. Le ho trattenute troppo a lungo in questi ultimi giorni e ora ho bisogna di sfogarmi.
«Ai…» dico tra un singhiozzo e un altro mentre tento di asciugare le lacrime con il dorso della mano.
«Che c’è?» chiede lei, che nel frattempo ha continuato a guardarmi con uno sguardo così dolce da farmi esplodere il cuore.
«Posso… Posso abbracciati?»
 
Lei non mi risponde, ma si limita ad allargare le braccia e stringermi forte, mentre io mi lascio completamente andare, ricambiando l’abbraccio e affondando il viso sulla sua spalla. Tra un singhiozzo e l’altro continuo a pronunciare il suo nome, come se il solo dirlo mi infondesse coraggio. Perché lei è il mio primo vero amore, una delle mie migliori amiche, e perché non ci lascerà. Continuerà a stare con noi, ad essere la nostra Ai.
 
Quando le lacrime smettono finalmente di scendere e riesco a calmare i singhiozzi, io e Ai sciogliamo quel lungo e confortevole abbraccio.
Ha gli occhi lucidi. Credo di averla fatta commuovere.
Rimaniamo in un silenzio imbarazzante per qualche minuto. Io sono ancora scosso da piccoli singulti e ho gli occhi tutti arrossati.
Ai fruga nella sua tasca e tira fuori un fazzoletto che mi porge. Lo prendo e mi soffio il naso. Ne avevo bisogno. Ora sto meglio.
Faccio per alzare lo sguardo per mostrarle che sto meglio e che ora i miei sorrisi sono più tranquilli, ma qualcosa di morbido mi tocca l’estremità dell’occhio, dove una lacrima era rimasta attaccata alle ciglia.
E’ Ai. Mi sta dando un bacio.
Non riesco a muovermi, paralizzato dalla sorpresa. Quando il suo viso si allontana dal mio, la vedo sorridere dolcemente, mentre il mio volto è tornato nuovamente ad infuocarsi.
 
«Siamo ancora troppo piccoli per essere fidanzati.» dice improvvisamente, cogliendomi totalmente di sorpresa. Si alza dal divano lasciandomi di sasso e dirigendosi verso la scala che porta alla sua stanza. Prima di salire i gradini, però, si volta nuovamente verso di me, prendendo nuovamente parola:
«Per il momento vorrei che rimanessimo amici, proprio come lo siamo stati fino ad ora. Fra qualche anno, però, se ciò che provi per me sarà ancora vivo, accetterò volentieri di diventare la tua ragazza, perché credo che io stia cominciando ad innamorarmi di te.»

 
 
 



***
Angolo dell’autrice.
Questa fic è il risultato di un’ispirazione che mi è venuta un fine settimana, mentre sarei dovuta essere con la testa china sul libro di chimica e non a soddisfare la mia sete di scrittura davanti al PC.
Spero che la storia sia piaciuta. Ho sempre amato la coppia Ai x Mitsuhiko, anche se non sempre viene ben vista dai fan, ma io la trovo davvero bella. Tra l’altro non ne ho trovata nemmeno una su di loro, quindi spero di essere stata all’altezza delle aspettative di chi ama questa coppia come me.
Prima che me lo diciate, voglio specificare che Mitsuhiko continua a chiamare Shinichi “Conan” perché è abituato e non riesce ancora a riferirsi a lui con il suo vero nome. Mettetevi nei suoi panni: già uno dei vostri migliori amici è diventato improvvisamente un diciassettenne, non vi suonerebbe ancora più strano chiamarlo con un altro nome?
E poi sono curiosa di sapere cosa ne pensate della scelta su Sherry, del fatto che abbia deciso di continuare a vivere come Ai Haibara.
Spero di poter leggere qualche recensione. Nel frattempo, io torno a studiare. Ciao!
 
-Crystal-
   
 
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